Così Giuseppe Salerno in
catalogo:
“Se
molta arte contemporanea pone interrogativi,
Lughia crea piuttosto luoghi che, nel soddisfare
un bisogno profondo di spiritualità, vanno
incontro a quanti, in questa società inquieta,
sono alla ricerca di risposte a domande spesso
non formulate. Dai suoi lavori traspare la gioia
e la serenità di chi non ricerca ma, con
semplicità, esprime verità assolute che
travalicano la sua stessa coscienza.
In
una terra antica, la sua Sardegna, l’artista
affonda radici che, ignorando i confini lambiti
dal mare, ristabiliscono in profondità
collegamenti con mondi lontani un tempo connessi.
Un DNA, il suo, nel quale si racchiude
l’intera vicenda umana, della terra e del
cielo. Affioramenti inconsapevoli, generati da
una coscienza silente di appartenenza e di
imprescindibilità, connotano i suoi lavori.
Lughia
produce arte che, svincolata da ogni
progettualità, è frutto di visioni illuminanti
alla cui rappresentazione perviene attraverso
processi complessi, gestiti in modo spontaneo,
istintuale. Incurante della tecnica, il suo fare
è una sorta di vortice pronto a risucchiare ciò
che incontra. Una sperimentazione che,
finalizzata a dare consistenza
all’originaria visualizzazione, mai si
risolve in pura ricerca.
Il
suo è un viaggio nell’assoluto, lì dove
non c’è dubbio, non c’è inquietudine,
non c’è evoluzione, né involuzione. Un
assoluto che tutto comprende e a tutto dà una
risposta sempre uguale.
Di
fronte alle “Architetture di sabbia”
precipitiamo dolcemente nelle dimensioni
dell’eterno e dell’infinito dove si fa
strada la consapevolezza che la realtà intorno a
noi è in progressiva, inarrestabile
trasformazione e che la fine apparente di ogni
consistenza prelude, senza soluzione di
continuità, a manifestazioni sempre diverse di
energia che si rinnova. La pietra si sfalda e nei
millenni produce sabbia che, ricompattandosi,
genera forme prima inesistenti e pronte, infinite
volte ancora, a lasciarsi consumare.
In
Lughia c’è la consapevolezza che la realtà
non può essere oggetto di possesso esclusivo e
“per sempre” da parte di alcuno.
Destino d’ogni “apparenza” è
accompagnare per un breve tratto chi, concentrato
su se stesso, di essa non avverte l’anima.
Quei
merletti di sabbia che l’amore di Lughia
realizza, pronti a dissolversi al più lieve
tremore, ad ogni alito di vento, sono
testimonianza dell’impossibilità di
lasciare tracce esenti da ogni divenire.
L’azione umana si vanifica nel tempo ed ogni
parto sempre torna alla terra che tutto genera.
L’eterno
manifestarsi in tempi, luoghi e sembianze diverse
di energie partecipi di un’unica natura,
riconduce al “divenire” tout
court il senso profondo della vita.
Agli
occhi di Lughia lo stesso essere umano, con il
suo desiderio di scalfire l’universo, si
rivela piccola cosa, destinata
anch’essa a confluire in quel tutto che
ignora ogni gerarchia.
Così
le “Tracce antropozoiche”, astrazioni
simboliche, memorie di un corpo e di un luogo,
sono il tentativo vano di assicurare permanenza,
attraverso le generazioni, ad una troppo breve
apparizione sulla terra.
Al
rapporto tra l’uomo e l’assoluto
l’artista dedica i cicli
“Memorie”, “Osmosi” e
“Il grande nero del silenzio”.
L’incontro tra interiorità e mondo
circostante segna il corpo di ciascun individuo
in modo assolutamente unico. Infiniti i percorsi
ed ogni esistenza è la risultante di un cammino
irripetibile. Donne e uomini ineluttabilmente
destinati (vedi la sequenza di opere nere
“L’eterno cammino in salita verso il
dissolvimento”) a riconfluire rendendo nulla
ogni diversità.
Gli
“Andamenti collettivi, lenti ed
ineluttabili” sono invece una sequenza di
tele dove un gran numero di presenze, eppur
sempre le stesse, convergono in un moto comune,
continuo ed inarrestabile. Una confluenza che dà
consistenza a flussi dove la materia perde peso,
il portamento avvolge il pensiero e
l’energia trova rappresentazione. Un muovere
“verso” che non si presta a letture
superficiali di tipo causale. Un procedere di
masse che diviene piuttosto rappresentazione
della potenza che governa l’eterno divenire
per ricondurci, ancora una volta, al rapporto
diretto con l’assoluto.
In
tutto ciò a noi spettatori è dato viaggiare,
immobili, al centro di noi stessi.”
Contatto:
Giuseppe
Salerno Salernogiu@tiscali.it tel. 3391700429
Ottagoni
tel. 3393834673
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