IL NUOVO OPPIO DEI POPOLI

IL NUOVO “OPPIO DEI POPOLI”

di lucio garofalo

E’ stata davvero impressionante l’orgia nazionalista che ha invaso la nazione in seguito al trionfo calcistico in Germania, che non ha precedenti o eguali in altri casi del genere.

Penso, ad esempio, al vittorioso mondiale spagnolo del 1982, che vide in Pertini e Spadolini i protagonisti istituzionali della campagna di strumentalizzazione orchestrata in quell’occasione.

Penso alla propaganda strumentale attuata dal regime mussoliniano dopo le vittorie della nazionale di Pozzo ai campionati del mondo del 1934, in Italia, alle Olimpiadi di Berlino, nel 1936, e ai mondiali del 1938, in Francia. Si trattò di “trionfi sportivi” che tornarono utili alla retorica sciovinista, militaristica ed imperialistica impiegata dal regime fascista. Il quale, non a caso, in quegli anni era impegnato in alcune campagne militari e coloniali, e nel 1940 si adoperò per giustificare ed esaltare l’intervento (rovinoso) nella seconda guerra mondiale.

Penso ad esempi storici che hanno riguardato anche le altre nazioni.

Rammento la campagna di propaganda nazionalistica organizzata in Germania dopo la vittoria ai campionati del mondo disputati in Italia, nel 1990: si trattò di manifestazioni e celebrazioni che per dimensioni ed effetti mediatici superarono addirittura l'esaltazione della riunificazione tedesca avvenuta dopo la caduta ’opera di del muro di Berlino, nel 1989.

Ebbene, tutti i precedenti menzionati impallidiscono di fronte all’imponente campagna di strumentalizzazione messa in atto dall’attuale governo di centro-sinistra, sfruttando in maniera cinica ed opportunistica l’eccezionale ondata di euforia e di festa popolare. In tale circostanza i protagonisti e gli artefici istituzionali sono stati Giorgio Napolitano, Romano Prodi e il ministro dello sport Giovanna Melandri, che hanno goduto del concorso dell’intera stampa di regime, compresa Liberazione. Francamente, mi ha molto inquietato e disgustato vedere come la sinistra al potere, inclusa Rifondazione, si sia rivelata più nazionalista dei nazionalisti, più populista di Berlusconi, più sciovinista dei fascisti, insomma più realista del re!

La rinnovata vocazione ed inclinazione nazionalista, sciovinista e militarista dell’Italia non risulta una novità, anzi. La storia degli ultimi 25 anni lo dimostra ampiamente.

Tuttavia, mentre nel 1982 il neoimperialismo italiano si presentava ad uno stadio ancora embrionale, oggi è pervenuto alla sua maturità ed è pronto a nuove imprese espansionistiche e neocolonialistiche. Si legga in questa ottica la questione del voto parlamentare per il rinnovo dei finanziamenti alla spedizione militare in Afghanistan che sta lacerando i partiti della sinistra radicale e il movimento pacifista, nonché il sostegno ad un’ipotesi interventistica in Libano, seppure sotto l’egida delle Nazioni Unite. Basti pensare che l’Italia, dopo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, risulta essere storicamente lo stato con più presenze militari nel mondo.

Il potere economico del calcio

Per quanto mi riguarda, non sono in discussione il successo e il titolo di campione del mondo dell’Italia calcistica. I valori squisitamente tecnici, atletici ed agonistici della nazionale di Lippi sono evidenti e incontestabili, ed io non intendo metterli in dubbio come, invece, qualcuno ha tentato di fare, sia in Italia che all’estero. Tanto meno voglio criticare o disprezzare il moto spontaneo di gioia e di festa del popolo italiano dopo il successo della nazionale.

Per me è in discussione ben altro, a cominciare da un elemento che mi pare alquanto oggettivo e inoppugnabile, ossia che il calcio è da diverso tempo un fenomeno non più solo e semplicemente sportivo, ma rappresenta qualcosa di più complesso, un valore sommo, sacro ed inviolabile. Il calcio, non solo in Italia ma nel resto del mondo, è ormai diventato una grande, ricca e imponente industria, dominata dalla dittatura di sponsor economici di dimensioni multinazionali e da alcune potenti società per azioni quotate in borsa.

Nel nostro paese il calcio appare tra le prime tre o quattro voci più rilevanti e determinanti dell’economia nazionale, ed è così anche in altre nazioni del mondo.

Il potere economico-finanziario del calcio ha ormai assunto dimensioni colossali e smisurate non solo in Italia ma su scala planetaria. In particolare in Italia esso è diventato un incontrollato e incontrollabile fenomeno di corruzione economico-affaristica e politica, come si evince chiaramente dallo scandalo di “calciopoli” e, ancor più, dall’inversione di rotta dei mass-media e della magistratura sportiva, che ha mitigato le pene previste dalle sentenze al fine di arginare e ridurre i rischi di un tracollo finanziario delle società sportive quotate in borsa.

Sempre a proposito dell’importanza economica del calcio, riporto un altro dato significativo.

Secondo autorevoli esperti internazionali di economia, la vittoria della nazionale italiana di calcio potrebbe favorire e generare un incremento, in termini percentuali, di almeno lo 0,7% del P.I.L., cioè della ricchezza economica complessivamente prodotta dai lavoratori del nostro Paese. Tradotta direttamente in soldi, tale crescita ammonterebbe ad almeno 7 miliardi di euro, vale a dire la stessa cifra che il governo Prodi prevede di incassare attraverso la manovrina finanziaria varata dal ministro dell’economia Padoa-Schioppa.

Allora, mi domando, perché non ci risparmiano i duri effetti di tale provvedimento governativo?

Si afferma che il “trionfo berlinese” procurerà una vera iniezione di fiducia e di ottimismo in tutta la nazione e verso il nostro Paese, incentivando i flussi turistici, le esportazioni dei prodotti made in Italy, ecc., ma a me pare che questa sia stata soprattutto una mega-iniezione di morfina o di eroina spirituale, una colossale “pera” metaforica in grado di stordire e narcotizzare la coscienza collettiva di un’intera nazione.

Il fenomeno non è soltanto italiano, ma di proporzioni planetarie.

Ad esempio, nel 1950 in Brasile, dopo la finale persa contro l’Uruguay di Schiaffino, si registrarono numerosi suicidi e casi di depressione. Cito questo dato assai estremo per evidenziare in modo emblematico i comportamenti di isteria e patologia collettiva che sono connessi al calcio, non solo in Italia o in Brasile ma nel mondo intero.

E’ un’enorme ingenuità pensare che il calcio sia soltanto uno sport. Se così fosse, non assisteremmo alle esasperazioni morbose, alle forme di isterismo e teppismo collettivo, alle violenze di massa cui ormai siamo assuefatti e che nulla hanno a che spartire con lo sport, mentre appartengono ad un fenomeno alienante e ad un business di portata mondiale.

Il calcio appassiona, travolge, emoziona, coinvolge, trascina e mobilita vaste moltitudini popolari come, anzi più delle religioni e delle guerre medesime. Basti pensare che la finale del campionato mondiale di calcio è stata seguita in televisione anche nei territori arabo-palestinesi che sono teatro di un vero e proprio massacro completamente ignorato e dimenticato dai mass-media e dall’opinione pubblica internazionale.

A proposito, durante lo svolgimento del mondiale tedesco mi chiedevo che fine avesse fatto il movimento pacifista… Invece di scendere in piazza per protestare contro i crimini israeliani, esso si mescolava e partecipava ai festeggiamenti popolari per il “trionfo azzurro”, assistendo con colpevole inerzia e senso d’impotenza a quanto accadeva (ed accade) in Medio Oriente.