FRANCIA:
FINCHE’ C’E’ RIVOLTA C’E’
SPERANZA
La rivolta
che sta scuotendo la Francia (quasi
trecento i comuni toccati dalle sommosse) e’ un
fatto di enorme importanza. Lo e’ per le oligarchie
europee (in preda al panico), lo e’ per le mafie
politiche tutte (in preda al panico), lo e’ per le
sinistre antagoniste che balbettano.
La decisione governativa di concedere a sindaci e
prefetti di dichiarare il coprifuoco (ricorrendo
ad una legge coloniale che autorizza a vietare
manifestazioni, riunioni, comizi, ecc.), ovvero lo Stato
d’emergenza, segnala emblematicamente
l’enormita’ di cio’ che sta accadendo in
Francia.
Segnaliamo
subito i fatti obbiettivi, non
senza sottolineare che l’obbiettivita’ e’
per sua natura partigiana, nel senso che lo sguardo sulla
realta’ sociale non e’ mai neutrale, in quanto
l’osservazione implica un punto di vista, oltre che
un protocollo investigativo e interpretativo.
C’e’ un punto fermo difficilmente discutibile.
La rivolta avviene nei quartieri piu’ degradati ed
emarginati delle citta’ francesi, giovani e
giovanissimi ne sono protagonisti, anzitutto di quelli
piu’ poveri. I quasi mille fermi di polizia compiuti
lo attestano senza possibilita’ di smentita.
Come
minimo essa e’ un J’Accuse contro
l’ingiustizia sociale. Il
quotidiano francese Liberation, che non sta certo
con i ribelli, parla di vera e propria Intifada (ovvero: Intifada
9-3, novantatre è il numero di codice del
dipartimento della Seine-Saint-Denis, subborghi Nord-Est
di Parigi, dove e’ iniziata).
Il discorso si fa controverso sulle cause di queste
sommosse.
Le destre, Le
Pen in testa, hanno subito
vomitato la loro xenofobia, tirando in ballo i soliti
discorsi sull’irriducibilita’ dei negri, degli
africani, degli arabi, dei musulmani rispetto alla
cultura occidentale, chiamando i bianchi ad arruolarsi
volontari per combattere la guerra di civilta’ ormai
giunta nel cuore dell’Europa, invocando alla fine
non solo il ripristino dell’ordine sociale ma lo
sfratto coatto per tutti quanti.
La sinistra per
bene denuncia che
vent’anni di politiche neoliberiste, stimolate sia
dalla destra che dalla sinistra, con il loro portato di
tagli alle spese sociali, di riduzione dei salari reali,
di disoccupazione massiccia e di sfrenata
precarieta’, sono le cause della sommossa.
La sinistra
radicale, al carro di quella
per bene, si limita ad aggiungere che responsabile
e’ altresi la politica biecamente sicuritaria dei
governi francesi, sia di sinistra che di destra, fatta di
controlli asfissianti ad ogni angolo di strada, ad ogni
stazione delle metro, di incursioni militari spietate nei
subborghi, di cui i giovani piu’ poveri sono state
le vere vittime. Tutti chiedono le dimissioni del
ministro dell’interno Sarkozy per la sua spavalderia
repressiva, ma Sarakozy non fa che applicare le norme
esistenti, affermando (Cofferati docet!), che <il
rispetto della legalita’ viene prima d’ogni
altra cosa .
Lasciamo parlare
una mamma qualunque dei subborghi parigini: <Ieri sera ho discusso a lungo con mia
figlia. Ha 15 anni e dice che quelli che appiccano il
fuoco hanno ragione. Io le ho risposto che quei ragazzi
non sanno quello che fanno. Mi ha detto lei: ottengono
piu’ loro in una settimana che i pacifisti in una
vita di dibattiti>. Una direttrice di una scuola
materna: <Adesso il mondo si accorge di noi? Solo
adesso che stiamo bruciando? Sono anni che cerco di
attirare l’attenzione sui problemi del nostro
quartiere, anni che parlo al vento. Ora sono io che non
ho piu’ voglia di parlare.
Detto questo
siamo ancora solo ai bordi dell’abisso, ai confini
della realta’.
Quali le cause piu’ profonde della rabbia sorda
e della guerriglia che fa assomigliare la periferia di
Parigi a Gaza o Bagdad? Come minimo un’istintivo
rifiuto dell’emarginazione sociale e
dell’oppressione, certo! Ma allora si abbia il
coraggio di dire che davanti ad una societa’
disumanizzata, davanti ad un popolo che tira a campare
come una massa di scimmie, questo <minimo> contiene
un massimo: indica che seguendo il loro istinto ribelle
quei giovani stanno riumanizzando se stessi e
l’intera societa’, dato che ribellarsi
all’ingiustizia e’ il primo elementare sintomo
che siamo in presenza non di zombies ma di esseri
umani, poiche’ l’uomo non si ciba solo di pane,
ma pure di liberta’. La rivolta mostra dunque che il
capitalismo non ha ancora spento l’Occidente, che
esso non ha portato a compimento la sua controrivoluzione
antropologica che consiste nel fare dell’uomo una
macchina da soma, un’anima morta, una protesi del
capitale.
Parafrasando
Marx, gli insorti <stanno
finalmente facendo ballare i mummificati rapporti sociali
cantando la loro propria musica, e insegnano al popolo ad
avere orrore di se stesso, per fargli coraggio. Per dirla
tutta: la rivolta giovanile e’ la sola fiaccola che
alimenta, in quest’Europa moribonda la speranza. Per
questo affermiamo: ficnhe’ c’e’ rivolta
c’e’ speranza. E la speranza e’ la cosa
piu’ preziosa per gli oppressi, per gli ultimi, per
i diseredati e tutti i dannati della Terra. I tiratori di
pietre palestinesi, i ragazzi iracheni che si scagliano
contro i tank americani, i ribelli del terzo mondo non
sono piu’ soli: qualcuno ha raccolto nel cielo
dell’Occidente il loro grido di rivolta e di
vendetta. Qualcuno sta tentando di abbassare il ponte
levatoio della fortezza imperialistica, di abbattere il
muro che separa l’umanita’ da se stessa.
La sinistra con
la puzza sotto il naso (la
stessa che faceva spallucce davanti alla Resistenza
irachena <dei tagliatori di teste e senza progetto
politico>, ha inesorabilmente finito per prendere le
distanze dalla rivolta francese: essa dice di comprendere
le ragioni dei giovani ma.... condanna le AUTO-distruzioni.
Arguisce infatti che questa sommossa si pregiudica il
consenso popolare, che spinge i cittadini nelle braccia
delle forze reazionarie, che suscita la guerra tra
poveri, che e’ una ribellione senza vie
d’uscita. Tratta i giovani da DISPERATI (nb: la
categoria morale della disperazione e’ la stessa a
cui i sinistri ricorrono quando non riescono ad ammettere
l’implacabile lucidita’ di uno shahid palestinese).
C’e’
qui tutta la vigliaccheria morale dei sessantottini pentiti, la sordita’ dei
comunisti rinnegati, dei riformatori in doppio petto,
davanti al grido degli insorti —che speravano di
aver rimosso per sempre il sogno della rivolta sociale.
La loro arguzia e’ un volgare politicantismo.
Fingono di ergersi a professori della rivoluzione, ma non
lo si puo’ essere se si sbarra il cuore alle ragioni
dei diseredati. C’e’ anche la loro
assoluta nullita’ cognitiva. Essi sono infatti dei
rimbambiti. Fanno le pulci politiche ai giovani
guerriglieri metropolitani ma sono i primi che sarebbero
bocciati ad un esame non diciamo di marxismo (Benjamin,
Sartre, Bloch, Marcuse, Fanon, Guevara, Debord, Foucault,
tutto gettato nella spazzatura!), ma di prosaica
sociologia universitaria. L’imperialismo ha
letteralmente resettato i loro cervelli.
A chi invece non abbia portato la testa all’ammasso,
ne’ gettato il proprio cuore nel congelatore della
modernita’; appare non solo comprensibile ma
legittimo il disprezzo verso una societa’ che mentre
ostenta la sua opulenza consumistica lascia marcire
un’ampia porzione di gioventu’ nella miseria.
Una miseria che definiremo postmoderna, dato che non si
misura, come nel terzo mondo, nella cruda penuria’
di calorie e proteine, quanto
nell’impossibilita’ di accedere al mondo fatato
dei consumi. Il sistema occidentale ha tirato su i
giovani inculcando loro che, liberati dai bisogni,
stracciate le utopie egualitarie, potevano dedicarsi ai
sogni. I giovani presentano il conto, denunciando che
quanto promesso si e’ inverato come incubo, che il
paradiso del benessere e’ un luogo infernale, ove il
profano Dio del denaro non giunge e invece di effondere
Grazia distribuisce una dis/grazia radicale, il piu’
cupo dei futuri.
La sinistra dei
<compagni> con la puzza sotto il naso sostiene la propria posizione pusillanime
dicendo che la criminalita’ comune contamina ed
eterodirige i giovani in strada, che essi sono portatori
di una concezione comunitarista e autoghettizzante priva
d’ogni spinta universalistica e seriamente
liberatrice. Puo’ essere signori. Ma il truce
perbenismo proprietario del ceto medio non e’
meno spregevole del cinismo morale dei malviventi;
ne’ la spinta all’autodeterminazione, dopo un
lungo letargo, puo’ manifestarsi se non in forme
rudimentali e primitive. Il grave, semmai, non e’
che la criminalita’ comune stia dalla parte degli
insorti, ma che contro gli insorti si sia schierata tutta
la rispettabile societa’ civile. Il fatto e’
che questi <compagni>, dopo avere civettato con le
fantastiche moltitudini biopolitiche di Toni Negri, non
riescono a digerire che quello che sta insorgendo e
muovendo i primi passi e’ il proletariato reale, in
carne e ossa (il solo che potrebbe raccogliere il
testimone di quello vecchio, ormai imbastardito,
penosamente imborghesito, soddisfatto dell’elemosina
che il capitale ha elargito depauperando i tre quindi
dell’umanita’). Rincoglioniti dai miti sulla
classe operaia industriale dei tempi andati I
<compagni> non vogliono nemmeno ammettere che
quella che abbiamo di fronte e’ LOTTA DI CLASSE, che
come ogni lotta di classe si manifesta anzitutto sul
terreno <meschino> della riappropriazione del
reddito. E dunque, anche se questo giovane proletariato
metropolitano non riuscisse a diventare adulto,
gigante, agli antimperialisi non resta che sostenerlo e
difenderlo.
Se ce la
pigliamo con le elite di rinnegati del ‘68, non e’ per ripicca. E’ che essi sono
coloro che questo sistema manda avanti, che parlano dagli
schermi, che scrivono sui giornali. Essi sono i
veri ideologi del capitale, i piu’ potenti sacerdoti
del quieto vivere imperiale. Infatti a che assistiamo?
Che trastullandosi con l’estetica del cambiamento
tranquillo e dalle buone maniere, posti improvvisamente
davanti ad una insorgenza che lungi dall’essere
avvenente appare sgraziata e osa fare una sonora
pernacchia alle loro sollazzevoli cazzate di borghesi
piccoli piccoli; essi si vendicano facendo gli spergiuri
ergendosi a paladini delle <istanze di sicurezza dei
cittadini>. Quali cittadini?
Partiti,
sbirraglia, padroni e padroncini, associazioni no global, pacifisti, femministe,
preti e imam, comitati di immigrati: tutti a Parigi
condannano i moti, invocano <il ritorno alla
legalita’ e chiedono si ponga fine alle
violenze>. Incoraggiati da questo coro unanime e
bipartisan, in molti quartieri e citta’ si sono cosi
costituiti gruppi di autodifesa, ronde di quartiere,
comitati di vigilanza cittadini. Miliziani scesi in campo
a dare manforte alla polizia antisommossa, a pattugliare
strade e a difendere parcheggi, supermercati, scuole,
edifici pubblici e privati. L’ordine deve tornare a
Parigi, vetrina dell’Europa civilmente imperialista.
Cos’e’
questa se non una marmaglia plebea che fa blocco con l’aristocrazia patrizia
al fine di schiacciare la rivolta di Spartaco? In termini
moderni questo e’ fascistume legalizzato di secondo
tipo. Il primo tipo, quello mussoliniano, armava in
maniera extralegale e sovversivistica i piccolo borghesi
impoveriti per schiacciare la sovversione
bolscevica-proletaria allo scopo di ripristinare
l’ordine sociale e la sovranita’ dello Stato
capitalista. Questo fascismo postmoderno, di secondo
tipo, assolve la medesima funzione, pretende di riportare
l’ordine borghese, senza tuttavia nulla concedere
ne’ al sovversivismo ne’ al ribellismo. Questo
e’ il fascismo dell’uomo qualunque, che
non ha le palle per occupare la prima linea e sporcarsi
le mani del sangue dei propri figli e fratelli. Questa
e’ gente per bene, rispettosa della legalita’,
e dunque pretende sia Sua Maesta’ lo Stato a
sporcarsele soffocando le fiamme per restaurare
l’ordine sociale turbato con l’anelito pietoso
di tornare al solito avvilente tran tran.
Una controrivoluzione dal pugno di ferro ma con la faccia
pulita.
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