L’IRRIDUCIBILITA’ DELLE DIFFERENZEIL CONFLITTO DI GENERE Nell’ambito
della relazione di genere si denota oscillazione nella
bipolarità tra conflitto ed intesa in cui il disaccordo,
il contrasto è il dato di fatto di cui l’intendersi
è cifra esplicativa e progettuale. La conflittualità
scaturisce dall’irriducibilità delle differenze
nella vita privata e pubblica dove si palesa, si insidia
il conflitto sempre concreto, mai astratto, e collegato
con l’esistenza pratica. La
competitività è qualcosa di non superabile che
confligge, da “confligere” “stato
permanente di forze contrastanti che obbediscono a spinte
di attrazione e rifiuto”. Il conflitto può essere
inibito, esagerato, esasperato ed il problema vero sorge
quando lo si vuole appianare perché è affrontato in
termini gerarchici nell’ambito di un dualismo che è
dominio e sopraffazione. Di fronte alla rilevanza del
conflitto si adottano mezzi di prevenzione, accettando il
disaccordo come dato “violento” anche sul piano
sottilmente psicologico e per attraversarlo occorre
cambiare modo di pensare e di essere. Dal conflitto di
genere deve scaturire l’intesa “tendere a”
“concentrarsi verso”. Non si tratta di sanare
il conflitto ma di attraversarlo, valorizzando la
differenza, formulando obiettivi comuni. Deve prevalere
la comune umanità, puntando su finalità e progetti
costruttivi comuni. Le coordinate dell’intendersi
consistono nel ·
rispetto delle differenze, ossia lasciare parlare e
ascoltare con attenzione chi ha voce in capitolo anche
per l’esperienza, indipendentemente dall’età o
dal sesso e non attribuire alle donne per concessione
ciò che loro spetta di diritto ·
sostituzione dei rapporti gerarchici con relazioni di
interdipendenza, ossia creare sentieri di solidarietà in
cui si coglie il bisogno e la ricchezza insita
nell’uno e nell’altro. La coscienza di
interdipendenza consiste nel rispetto delle esperienze e
nel superamento delle difficoltà comuni ·
recupero di umanità in un mondo regolato sui
particolarismi e dinamiche di individualismo esasperato,
per cui occorre la riscoperta della matrice umana, anche
del ritorno all’archetipo femminile, alla madre. L’amore
deve basarsi sul riconoscimento e la valorizzazione
dell’identità reciproca. L’Utopia
di Tommaso Moro, cittadino e visconte di Londra, trae
importanti conclusioni per cui una tale forma di Stato
deve essere almeno considerata. Non
solo è legittimo ma doveroso prospettare il presente con
uno stato ideale, un’utopia la cui realizzazione
anche se possibile è improbabile per i difetti
dell’uomo. In tale stato di utopia Tommaso Moro pone
come connettore la componente culturale. Cultura come
rielaborazione di esperienze, insieme di pensieri che si
confrontano su una base democratica di diritto. Qual è
stato il contributo delle donne allo sviluppo culturale? Naturalmente
il raggiungimento delle pari dignità tra uomo e donna,
il riconoscimento della soggettività femminile come
valore nella differenza, la constatazione che la mancanza
di certezze sull’essere ci spinge all’avere, e
l’eccesso di informazioni toglie strumenti alla
rielaborazione del pensiero Le
donne si incamminano verso un nuovo umanesimo,
moltiplicando la sinergia e l’interazione con una
diffusa domanda di legittimità ed eticità. Il complesso
di atteggiamenti della cultura dominante si riscontra
all’interno della famiglia,
dell’associazionismo, del partito, della chiesa. La
differenza di sesso subisce maggiori attacchi in cui il
rispetto del riconoscersi, del confermarsi è un processo
profondamente culturale. Le
relazioni sociali e di genere prevedono un’icona
trinitaria io-tu-noi, in cui vivere significa costruire
relazioni con ciascuna delle parti Si riconosce
l’altro anche come essere sessuato per cui
“solo” non esisto, ma ho bisogno del mio tu.
L’incontro rivela l’identità e la differenza
dell’”io sono” “tu esisti”, pari
e diversi. La differenza può comportare conflitto per
cui si risale al contenuto biblico dell’agape:
io accolgo la tua differenza tu la mia, secondo il
principio inviolabile dell’amore, per cui ognuno
accoglie l’altro lasciandolo diverso. Ogni
atteggiamento che ignora la soggettività calpesta il
contributo che ciascun individuo può offrire,
danneggiando l’umanità. Ma
la donna è proprio se stessa nell’ambito delle
istituzioni? La donna ricompone i pezzi della vita del
ruolo familiare, lavorativo, sociale, faticando ad
assorbire i costi che l’impegno comporta, da cui
scaturisce il conflitto con se stessa,
nell’aspirazione alla realizzazione oltre
l’ambito familiare. La crisi delle donne scaturisce
dal fatto che aspirano ad essere soggetto pubblico. La
battaglia, la rivendicazione del neofemminismo non è
più contro l’uomo, ma dentro le istituzioni sociali
poco aperte alla parità, all’accettazione e
condivisione delle differenze. Dunque noi donne utilizziamo la categoria concettuale dell’utopia come critica dell’esistente. L’intendersi risulta un processo utopico perché non ne sono presenti i presupposti nella cultura dominante e nelle istituzioni. L’intendersi è il riconoscersi reciproco nella verità della differenza. Aristotele
in un passo della Metafisica sostiene che per procedere
alla soluzione del problema è necessario attraverasare
le difficoltà che esso comporta. Occorre che le donne
riconoscano una propria identità, ricreando immagini di
sé attuali, inserite nelle nuove dinamiche sociali.
Devono smantellare i falsi ruoli femminili imposti dalla
stantia cultura vigente. Occorre
una rielaborazione mondiale del rapporto di genere, come
base precipua di tutte le differenze relative
all’umano. |