intervista all'artista CARLO PAGLIARI

Siamo qui con Carlo Pagliari, autore di opere di grafica notevolmente belle che ci ricordano Escher ma anche alcuni quadri di Surrealisti. Carlo, come nasce una Sua opera?

Bah, devo dire che casualmente, parlando proprio con degli amici ultimamente, rispetto, per esempio, alle ultime opere, che sono costruzioni che si ripetono, sono reiterate diciamo, nello spazio in cui ci sono dei cortili che all’apparenza non hanno altre vie d’uscita se non quella di essere dei cortili separati l’uno dall’altro, che non è proprio un labirinto però è collegato un po’ a un’infanzia. Io sono nato in un quartiere umbertino che era Piazza Vittorio e, per una serie di circostanze, ho vissuto, diciamo, questi ambienti, nelle scuole, nelle abitazioni che ho vissuto, in cui diciamo, questi enormi palazzoni, questi cortili che sono poi riusciti nel tempo, chiaramente rivisitati con un significato diverso, in una difficoltà di vita e di rapporti col prossimo, diciamo che un po’ riassumono la nostra società attuale, le difficoltà di comunicazione, le difficoltà di risolvere i problemi individuali. Diciamo che un cortile rappresenta una situazione di stallo, superata quella ce ne è un’altra da superare: ecco, un po’ una metafora.

La vita…

E’ la vita, diciamo, proprio così.

Senta, perché scegliere il Figurativo in un periodo in cui la Storia dell’Arte, seppure si è bloccata alla Videoarte, comunque ha fatto Astratto, Informale, sperime ntazioni in tutti i campi e di tutti i tipi ?

Mah, io devo dire, e questo non è che l’ho notato solo io, che negli ultimi anni è vero che l’Arte ha un tracciato che, per un periodo, sembrava mettere un po’ da parte il Figurativo… Poi è rientrato in qualche modo: oggi l’arte, magari,in qualche maniera, ha rimesso in ballo un po’ tutti i modi di esprimersi. E’ anche vero che nel mio Figurativo- non in tutti, negli ultimi anni- però si tende ad usare il mio Figurativo anche in una dimensione quasi astratta. Se non ci fossero dei riferimenti di tipo prospettico, mettiamo anche delle finestre- questo inserire le finestre all’ultimo piano- io non so se si vede, se ha l’immagine oppure se Le ricordi, ma, comunque, c’è un dissolvimento, poi, lento e non so dove arriverà, in cui delle volte il quadro è anche visto capovolto e ciò non toglie nessun pathos all’intendimento figurativo iniziale. Quindi, in qualche modo, anche questa…

Forse le ultime opere che ci ha inviato, tendono molto sull’astratto… però, nelle precedenti, c’è anche un richiamo ad Eschner, non possiamo negarlo, così come al Figurativo-Surrealista, insomma: la giacca appesa, ripetuta tantissime volte…

Sì, beh lì c’è un legame con un tema che mi era tanto…e lo volevo anche un pochettino più fruibile: per me era necessario che quel discorso fosse comprensibile immediatamente. Devo dire che è davvero difficile toccare quell’argomento, che è poi l’Olocausto o tanti altri…per esempio, lì si parla di Giordano Bruno, in un quadro, anche se non si vede; diciamo, di quegli Olocausti che nel tempo si sono creati per motivi religiosi, politici o…

…. Economici…

Economici, certamente, anzi, adesso economici forse lo saranno sempre di più. Però, quello che volevo lì rappresentare era questo conservare le cose e non le persone a cui appartenevano, ecco, far diventare qualche cosa…Chiaramente, con questi abiti posati lì, che hanno avuto una loro appartenenza…E’ poi è molto bello reiterare certe immagini: ci si gioca anche sulla linea, sul disegno…

Senta, che tecnica utilizza ?

Beh, diciamo che il mio lavoro è molto grafico, molto disegno. Ci sono molti pastelli ma poi vi sono sovrapposti dei passaggi a tempera, se non addirittura, finali, ad olio: io uso un olio molto diluito, qualcosa che viene assorbito dal legno, che dà risultati col colore sottostante…diciamo ci sono passaggi…

Quanto sono grandi ?

Beh, ultimamente lavoro su quadri abbastanza grandi, considerando 1m e 50 per quasi 2 e, quindi, col tipo mio di lavoro diventa anche un pochettino da certosini mettersi lì e però comunque…le ultime misure sono così…

Il supporto è sempre tela?

No, il supporto per la maggior parte è su legno, multistrato perché mi permette di fare una preparazione sulla superficie, diciamo, ispessirla, dove io posso poi anche togliere oltre che aggiungere, quindi lumeggiare togliendo…insomma, fornisce tante possibilità quel tipo di supporto che uso.

Senta, le volevo chiedere: tra i tanti artisti contemporanei, manca sicuramente un rapporto con la Società. Lei un po’ se ne è occupato parlando, appunto, di Olocausto. Perché c’è questa assenza secondo Lei ?

Per quanto riguarda per gli artisti?

Sì!

Mah, non lo so…Io faccio parte di una generazione che è stata molto toccata dall’appartenere ad una classe sociale , a…Io sono del 1951, quindi…

Lei pensa che le generazioni di adesso non sono toccate ? Precariato, guerre…

No, no! Io penso che tutto sommato…Per quanto mi riguarda, io penso che per la mia generazione è stata un’opportunità quella di accostarsi alla Politica con maggiore facilità, non lo so.Adesso mi sembra una società più distratta, anche qualora si è subalterni, si è sfruttati o che, si trovano soluzioni più individuali o non ci si accorge degli altri o si pensa soltanto alla propria situazione; oggi è una situazione che, sicuramente, non preferisco a quella del passato, le cose non sono migliorate affatto, anzi…Mi sembra, però, che la partecipazione ad un progetto collettivo si stia svalutando, io non lo vedo in atto; lo spero tanto, ma a me sfugge questa dimensione collettiva di uno stato d’animo, di un disagio, di una coscienza, ecco.

Senta, Le volevo chiedere: i critici hanno bisogno dell’Artista o è l’Artista che ha bisogno del critico ?

Mah, io non mi sono mai posto questo. Certo, se è un critico da me stimato, è una persona che apprezzo e che non è caduto in un cliché o in una possibilità di potere, mi tolgo il cappello nel dire che mi fa molto piacere se un critico di questo genere mi apprezzi: questo, voglio dire, se devo valutare un critico. Poi, certo, anche un critico di spessore, di valore anche se non apprezza le mie cose, voglio dire, non è detto che non lo sia; sono contento quando un critico è in sintonia anche con il mio modo di vedere, ecco. Stimo di più se mi stima un critico così.

Lei parla, però, di critici seri . In questo periodo ne abbiamo ?

Mah, io, devo dire che, nel mio piccolo, qualche persona- forse non era da prima pagina, da tavola rotonda in qualche salotto televisivo- però qualche persona…

… qualche persona saggia l’ha incontrata…

Sì, sì, qualche persona l’ho incontrata, qualche cosa si è mosso intorno a me, voglio dire, anche se io… io un piccolo percorso l’ho fatto e mi ha permesso di conoscere gente…poi anche di gente...però non mi va di dire superficiale, laddove, magari, non c’è stato un apprezzamento del mio lavoro perché era una persona che apprezzava altre cose; l’arte è anche così: ci si rivolge a 360° intorno ma poi ci si sofferma su quello che maggiormente si avvicina a…

Ma non manca la ricerca…? Noi abbiamo parlato dell’assenza sociale, ma bisogna parlare anche dell’assenza dei critici rispetto all’arte: non c’è più lo storico dell’arte che controlla, comunque, gli avvenimenti artistici…

Eh,Oddio, adesso queste persone, molto spesso, si muovono solo in determinati spazi, quelli che gli confermano…mi sembra che si muovano unicamente laddove….

…laddove riescono a piazzare i quadri…

oppure dove si sentono gratificati…diciamo che il lavoro cosiddetto "di ricerca" di quello che può offrire la realtà che si muove intorno, sono poche le persone che lo fanno, ecco…vogliono l’invito da chi loro ritengono sia degno di inviarlo, non so se mi spiego. C’è una forma di snobismo…

Io direi anche di ignoranza in generale…

Sì,sì! Snobismo, credo che tutto sommato…A me è capitato di conoscere una persona nota e proprio da questa persona nota mi aspettavo tantissimo snobismo e,invece, proprio in quel caso, forse perché questa persona aveva una capacità di discernimento, mi ha dimostrato che, delle volte, lo snobismo è una cosa che aleggia tra le figure di mezzo piano, né alto né basso.

Senta, Le volevo chiedere: quali sono stati i pittori che l’hanno influenzata o, comunque,

che Le piacciono ?

Ecco, per esempio, la cosa strana è che tanti mi associano ad Escher: io non ero (sono) appassionato di Escher, veramente ! Tante volte è strano come le cose accadono , capitano. A me piaceva molto qualche cosa di figurativo, diciamo; io ho qualche anno, ma, voglio dire, poi l’Arte- quella con la "A" maiuscola- non ha questi problemi di porsi se "figurativo" o meno. Ma, per esempio, la Scuola Romana- Mafai - oppure quando ero ragazzo vidi lavorare Vespignani e devo dire che era molto bravo, ma era molto bravo come tecnica e forse oggi non mi piacerebbe più; però diciamo che gli Espressionisti tedeschi, Nolde o…è tanto il panorama…Ecco, per esempio, sono innamoratissimo di Burri. Burri mi piace tanto perché ha creato delle situazioni in cui uno, poi, si scava i paesaggi che vuole; però, devo dire, ha avuto la fortuna di intuire di usare dei materiali che oggi, sinceramente, sarebbe ridicolo riutilizzare perché lui li ha usati tanto bene. E’ vero, però, che guardare un Burri è come poter scegliere sia il Figurativo che l’Astratto, ognuno fa quel che gli pare.

Anche se poi gli rilasciò quella… per ritornare al tema sociale, rilasciò l’unica intervista, credo, al nipote…bruttissima, no?

Molto spesso capita…

Ma a prescindere da… bruttissima perché, comunque, ancora si dichiarava un Fascista picchiatore, ecc. ecc. , che uno dice: " Era meglio tacere!", no?

Sì, bè, indubbiamente se la poteva risparmiare…Ma io, una volta, sentii un’intervista di De Chirico, il quale mi piace ancora tuttora, in cui disse delle cose…

Vabbè, ma De Chirico, però, ci aveva abituato alla spettacolarizzazione: c’è stato un periodo in cui faceva la lumaca, strisciava dentro casa…

Sì, che, insomma, aveva perso un po’ la bussola…

Era, comunque, una persona che sapevi che tentava in tutti i modo di colpirti, no? Ogni tanto ne diceva una, per cui uno, alla fine, sapeva raccogliere il valore dei suoi interventi. Dire che insomma sei fiero di appartenere, ancora oggi, ai Fascisti picchiatori, uno dice: "vabbè…"

Quella è una cosa che mi sembrava, addirittura, ancora più grave del grave, non credo che tanto più in là si possa andare.

Però, da qua, Le faccio una domanda: quanto è più valida l’opera dell’ Artista o viceversa?

Secondo me, io non scenderei a compromessi. Per quello che faccio, se questo dovesse mettere di fronte a.. Per me ci sono delle cose che vengono anche prima dell’Arte; però, venendo prima di esprimermi attraverso i quadri, la mia realtà interiore, io la voglio scevra da qualsiasi compromesso. Siccome nasce da delle scelte di vita molto sentite, io penso che, comunque, poi la cosa si pareggia. Secondo me…Io la vivo così: per me è importante e sacra fintantoché esprime veramente quelle che sono… Per me viene prima la persona, che fa da tramite per raccontare una piccola verità.

Però non sempre è così,eh ! Noi, per esempio, amiamo tutti Pirandello e Pirandello era uno che, comunque, firmò il Manifesto Fascista, mentre altri intellettuali, da allora, scapparono tutti dall’ Italia per evitare questo disastro. Lui, invece, lo firmò, fece propaganda per la raccolta delle fedi da dare a Mussolini, quell’oro che, poi, non si sa che fine abbia fatto e che, comunque, doveva sovvenzionare la guerra…. Insomma, invece, però, al teatro Pirandello è uno di quelli che,ancora, è più riproposto: credo che poi le opere superino di molto l’artista…

Beh,Oddio, sotto l’aspetto letterario, per esempio, anche Cèline aveva delle contraddizioni enormi, però, io personalmente, forse ho sempre avuto una visione della società "così come la vorrei" ed è talmente prioritaria rispetto anche ai miei risultati personali, ai miei successi e ai miei insuccessi- Oddio, oramai saranno più insuccessi che successi- però non scenderei mai a compromessi. Il mio lavoro è importante: per me i quadri sono veramente come dei figli, li ho partoriti, ma, di fronte a certe scelte, non esistono neanche loro. Voglio essere coerente prima su altre cose perché, secondo me, quelle sono il frutto proprio di quella coerenza.

Senta, Le faccio una domanda cattiva,visto che lei ritrova in una galleria e, quindi, vediamo la Sua coerenza…

Sì,sì..Eh, qui sono in veste di amico personale della persona che ci lavora..

Senta, volevo sapere: alle gallerie, cosa manca, oggi ?

Io non bazzico molte gallerie. Da tanti anni lavoro con una galleria di Roma… Mah, mi sembra che anche (per) le gallerie (che), certi spazi espositivi finiscano per essere ingabbiati in un loro mondo, in una loro visione, che non devono contraddirla e poi, molto spesso, non guardano anche loro, sono un po’ come i critici, no? Si guardano l’ombelico, ecco.

La stessa pappa, insomma…

Sì, ma è la realtà che riguarda un po’ tutte le…Io penso che, comunque, qualsiasi persona di valore- facciamo un discorso generalizzato- che nella vita si sia dovuta imporre, non avendo dietro chissà che, abbia trovato sempre delle difficoltà.

Però, secondo me, la piramide è stata rovesciata : adesso, in cima, ci sono i critici; poi seguono le gallerie- che fanno quello che dicono i critici; in ultimo, seguono gli artisti. Invece, fino agli anni ’70, c’era anche la figura del mecenate, che, però, viveva ai bordi ; ricordiamoci l’attico di Sargentili, una grandissima galleria, che, comunque, ha lasciato libertà a tutto il movimento e lo ha fatto anche sviluppare in Arte Povera, cosa che non sarebbe mai avvenuta in Italia se non ci fosse stato un Sargentili. Prima la piramide era viceversa : prima c’erano gli artisti, quindi la ricerca; secondo, lo spazio, che, comunque, dava la possibilità alla ricerca; terzo, i critici bravi, che cercavano gli artisti, insieme alle gallerie, e offrivano alta qualità con coraggio. Adesso, parte un punto e si arriva a…

Però io ho l’impressione che quello sia stato, tutto sommato, un periodo anche epocale, nel senso che, oggi come oggi, chi dipinge, chi ha dei colori, chi ha un rapporto artigianale, diciamo, a parte i video o altre espressioni più ultime, più moderne, si trovi di fronte ad un mondo più distratto da altre cose: veramente, c’è un surplus di immagini che investe… Forse quello è stato un periodo in cui si decideva di passare a delle nuove visioni,cioè era stato uno di quei momenti di passaggio che hanno favorito anche…

…Eravamo negli anni ’70, la comunicazione già c’era: c’erano, è vero, solo tre canali in TV, anzi due, credo- c’era il 1° ed il 2°,con grande difficoltà- era tutto molto controllato, ma i giornali c’erano, i libri c’erano…. Insomma, l’Arte già passava in secondo piano anche rispetto all’immagine fotografica; voglio dire, una volta il quadro era anche un giornale, quindi…

Ma, comunque, oggi come oggi, rispetto a quegli anni lì, poi, magari, nel futuro…chissà cosa sarà il futuro. Indubbiamente, però, voglio dire, la distrazione è maggiore… ma per tutti, ha coinvolto tutti, anche chi non vuole, chi,magari, è rimasto più attento a certi fenomeni, però, chi è che non è saturo di troppa immagine ? Anche non volendo, è inevitabile… Poi, soprattutto chi può fare un raffronto: io, voglio dire, ho 56 anni e mi accorgo della differenza… Io mi ricordo, per intenderci, che da bambino, ancora, per quanto mi riguarda, a Roma si giocava per strada; in fondo non sono passati millenni, ma vallo a raccontare oggi, eh! Quindi, una volta, l’automobilista poteva porsi il problema che i ragazzini giocavano per strada, oggi, voglio dire, sarebbe una strage.

Esatto. Bisogna anche dire, però, che negli anni ’70 il quadro aveva già perso la sua funzione di giornale che c’era stata precedentemente e che, quindi, quel coraggio doveva essere, comunque, ripetuto; poi è vero che oggi, proprio perché abbiamo tantissimo, tutto si brucia e tutto si mangia in un solo giorno, no

Sì, sì, oggi, forse, ci sarebbe più bisogno di riprendere (?) il tempo, per dare forma a qualcosa; forse oggi… Chissà, dietro a tutto questo casotto che c’è in giro, forse, effettivamente, la rivalutazione di quello che non ha più tempo reale, no? Ecco, mi pare…

Quand’è che noi definiamo "opera" ? quando possimo dire Questa è un’ opera !

Qualche cosa che poi, secondo me, ha una sua esistenza, qualche cosa che,poi, si distacca da chi…

Dal tempo, no?

Sì, dal tempo. Io, per esempio, credo che alcune delle mie cose, laddove delle volte mi illudo di essere stato all’altezza con quello che vorrei essere, nel senso creativo- perché,voglio dire, l’infatuazione di sentirsi un attimo per la strada giusta- credo che alcune delle mie opere abbiano veramente la capacità di andare oltre il tempo, la mia esistenza.

Chiudiamo questa bellissima intervista con un’ultima domanda, risposta secca: cosa pensa di lasciare alle nuove generazioni con le Sue opere ?

Ma, una piccola verità. Vorrei aver lasciato l’impressione di un qualcuno che si è guardato un po’ intorno, non solo sé stesso, ma si è rapportato agli altri e, quindi, valutando sé stesso, la propria situazione di difficoltà e quella del suo tempo e degli altri nel suo tempo, ha cercato di dire, di urlare, di dire qualcosa, insomma.

Grazie a Carlo Pagliari, un abbraccio per le Sue opere.