intervista alla pittrice  Paola Gamba

di Massimo D’Andrea

Siamo con Paola Gamba che ci ha mandato queste meravigliose opere. Vogliamo iniziare un attimino, lei è una pittrice, a parlare di come nascono queste opere informali, meravigliosamente informali?

Beh, intanto grazie per il “meravigliose”

E’ dovuto, non scherziamo…

Allora, le mie opere nascono dopo un lungo periodo di pittura figurativa. Ho fatto per anni studio della figura e del ritratto espressi con toni anche abbastanza drammatici; poi la figura pian piano ha cominciato a perdere il contorno che inizialmente era anche molto dettagliato; pian piano il contorno si è dissolto… io volevo proprio che questo succedesse…

volevo togliere tutto quello che mi sembrava inutile e sono arrivata alla quasi completa cancellazione degli elementi che permettono di riconoscere il reale; e mi sono ritrovata a pensare e a fare una pittura che è quella che io sento essere la pittura che mi è più congeniale veramente, perché mi fa stare bene. Mi permette di raccontare quello che sento e quello che io sono, non racconto quasi più qualcosa di esterno a me. Anche se so che i colori che io metto sui miei lavori e certi accostamenti di colore che preparo li devo aver pur visti in qualche modo …chissà dove…prima. Quindi rimane sempre alla fine una connessione con il mondo reale, io faccio da filtro ed esce questa pittura, una pittura informale

Certo, entra in gioco un discorso di profondità, di emozioni, di materializzazione, di inconsci, di accostamenti di colore che, tra l’altro io continuo a ripetere, sono molto drammatici, esattamente come quando lei dipingeva figurativo

Si, infatti è un informale espressionista, se si può definire così; e comunque, in questi accostamenti di colore e di segni io cerco sempre di esprimere equilibrio, perché è fondamentale in un’opera, sia che si tratti di figurativo o di astratto, è fondamentale che ci sia equilibrio nella composizione. Quando vediamo un’opera figurativa, non ci accorgiamo dell’equilibrio, perché la nostra attenzione va subito al contenuto, ma nell’opera astratta abbiamo bisogno per forza di coglierlo. Non possiamo godere della pittura astratta se questa non trasmette equilibrio e armonia… la nostra percezione ha bisogno di equilibrio… è naturale… non c’è una spiegazione a questo

C’era anche una spiegazione: in“Punto linea superficie “Kandinsky disse attentamente e scientificamente come gli spazi in un quadro, come dire, si determinassero e determinassero insieme una condizione visiva bilanciata


Certo

E, tornando alla drammaticità che queste opere comunque molto drammatiche…

Si? Sono drammatiche?

Certo, esatto… adesso io non ho i titoli delle opere, le vedo comunque scorrere davanti al mio computer.. però le sento molto drammatiche. Perché esprime questa drammaticità?

Perché questo è il mio modo di capire, di cogliere… ma, io non credo che sia poi così drammatico il messaggio…. Cerco di esprimere forza, cerco di esprimere energia, perché sono la mia energia, la mia forza che devono uscire dal quadro. Sicuramente non sono quadri calmi, sono quadri che certe volte, per gli accostamenti di colore , per la presenza dei neri, anche per il segno che è forte e incisivo suggeriscono di più appunto il dramma, sono anche i contrasti che determinano il dramma; ma questo è il mio modo di sentire, è la mia visione energica della vita; a me non piace la tranquillità; amo l’equilibrio e l’armonia, ma bisogna sempre che ci sia all’interno di una composizione qualche elemento che contrasti con  l’equilibrio e l’armonia, che faccia sì che il tutto diventi più interessante. Anche la vita, senza qualche elemento di rottura, diventerebbe, se restasse sempre perfettamente equilibrata e armonica, alla fine noiosa. Per me la pittura è come la vita, non deve diventare noiosa.

Certo,

Ci vuole solamente molta più pazienza e tempo nella lettura di un quadro astratto di quanto richieda il figurativo. A me viene spontaneo paragonare certe volte la pittura agli uomini, paragono i segni e i colori alle persone: quando noi siamo insieme e vogliamo dedicare attenzione a qualcuno, per farlo abbiamo bisogno di darci un po’ di tempo e si rimane molto delusi quando si vede che non ci sono delle persone disposte a prendersi un po’ di tempo per capire, per ascoltare.

Così nella pittura è necessario che ci siano delle persone disposte all’ascolto, quindi a vedere e ri-vedere, per poter in qualche modo capire cosa c’è nella persona che dice quelle cose.

Certo, il tempo potremo paragonarlo all’oro, anche più dell’oro nel senso che ha un valore inestimabile e purtroppo in questa società dove sembra che si possa avere tutto, si brucia tutto immediatamente

E’ vero, invece la pittura non è una merce da consumare in modo veloce e questo bisogna farlo capire a chi si avvicina alla pittura, bisognerebbe insegnare queste cose ai bambini: chi si avvicina alla pittura deve darsi il tempo per vedere, capire, per pensare, per rivedere; invece l’atteggiamento molto spesso nelle esposizioni, anche alle mie, è quello di un fruitore che entra nella mostra, vede che si tratta di pittura astratta, quindi di una pittura “ che non si capisce”, fa un giro veloce e si allontana subito perché gli sembra che non valga la pena di perdere tempo per guardare e capire qualcosa…

Beh, forse possiamo dire che non ci siamo persi niente…Comunque , tornando a lei, i rapporti con i critici quali sono?

I rapporti con i critici…dipende dalle persone… non si può fare un discorso generale, si possono dire tante cose…

Allora mettiamola così: l’artista ha bisogno del critico?

Certo. Io credo che, se per critico intendiamo la persona che diventa il fruitore primo dell’opera d’arte quindi colui che cerca in qualche modo di capire, allora il critico è la persona di cui ha bisogno l’artista perché si componga quel dialogo fondamentale che deve esserci tra fruitore, quindi il critico, l’artista e l’opera d’arte,

Certo

Quando si uniscono i vertici di questo triangolo, si crea una comunicazione che rende possibile il fare arte

E’ anche un po’ un sogno perché vediamo ultimamente invece gli artisti che fanno fila dai critici…

Appunto e infatti i critici non ti corrispondono, ci sono molti critici che sono più interessati al mercato piuttosto che veramente a quello che fa l’artista e per l’artista è una grandissima frustrazione ; questo discorso comunque vale anche per le gallerie…

Certamente

Se paghi, sei sicuro che farai l’esposizione. Sono rare le gallerie serie,credo che ci siano tanti pittori bravissimi che non sono conosciuti. Come c’è stato nel passato, quando la critica non riconosceva i grandi pittori che poi invece il tempo ha recuperato. Solo che adesso gli interessi sono diversi

Certo

Comunque credo ci siano tanti pittori che sono rimasti sconosciuti al pubblico perché non hanno trovato qualcuno che in qualche modo li supportasse, li aiutasse, li capisse, quindi alla fine è anche una questione di fortuna , perché bisogna trovare le persone giuste. Non basta aver qualcosa da dire, se non c’è chi ti ascolta, il discorso cade nel vuoto. Anche se poi l’artista, l’artista che ama la pittura, che ama l’arte dipinge per necessità interiore e continua a farlo anche se non è aiutato.

Io credo che quando l’artista trova la persona che in qualche modo lo aiuta, lo spinge, allora poi la sua motivazione diventa maggiore . Si dovrebbe creare tra artista e critico una sorta di empatia

Si, una collaborazione, e questo c’era alla fine degli anno sessanta- settanta , questa collaborazione che poi è

E stata perduta?

E’ stata perduta …perché ?

Perché?

Perché a mio giudizio non si vogliono concedere questi spazi . La sottocultura è una macchina potente del potere per determinare poi una comunicazione di un certo stampo, perché tutto quello che sfugge … Allora, in questo nuovo vertice che si è creato abbiamo alla base l’artista che può dire e fare quello che gli pare , ma tanto, se poi non trova il gallerista e non trova il critico, difficilmente viene fuori. Possiamo aggirarli con internet, ma anche lì ci vuole oramai la cultura per fare le pagine web, per lavorare i video, per fare qualcosa, e in più ci vuole quella capacità di portare gente all’interno del proprio sito… E quindi se lasci la cultura allo sbando, come è quella televisiva, difficilmente le persona potranno remare contro il sistema

E facciamo dei danni incredibili, perché non proponiamo nulla , non proponiamo valori, interessi e situazioni in cui veramente stare bene, in armonia, proponiamo semplicemente denaro e affari

Esatto…interessi che ormai sono subentrati anche nell’arte. E questa è una cosa pessima, veramente pessima.

Oggi chi va a vedere le esposizioni fa fatica a capire, è disorientato, non può fidarsi dei critici, non può fidarsi dei galleristi, l’unica cosa è sperare che le persone comincino a pensare con la propria testa, e farsi guidare dalla propria cultura, dal cuore e soprattutto dalla propria intelligenza. Veramente si stanno mandando dei messaggi deviati; forse diciamo luoghi comuni, ma è proprio così.

Si è proprio così, anche se “sperare umano è”…Le torno a ripetere che la drammaticità nei suoi quadri mi coinvolge, perché poi la realtà, è una realtà da affrontare, ma è una realtà che diventa quotidianamente più drammatica di giorno in giorno. Allora, per concludere questa bellissima intervista, volevo sapere da lei perché l’artista è considerato comunque la diversità sociale, tra virgolette questa parola, diversità sociale perché distaccato dalla società, perché non la riporta, non la ritratta, non la persegue nei suoi quadri? Questo me lo deve dire lei. E poi voglio sapere in conclusione qual é la tecnica, non ho capito se questi sono acrilici, che materiali usa. E poi quale messaggio vuole comunque lasciare alle nuove generazioni attraverso le sue opere?

Allora: l’artista, anzi la persona che coltiva l’arte, che non sempre è un artista, sente la necessità di tirarsi fuori, ha bisogno proprio di pensare e di riflettere su quello che sente; per poterlo fare deve uscire, deve distaccarsi dalla realtà, proprio perché la realtà non gli trasmette quella tranquillità e quella serenità che gli permettono di fare il lavoro di scavo interiore necessario e di tirare fuori poi qualche cosa da se stesso. Quindi ha bisogno di uscire dal chiasso, c’è molto chiasso, molta confusione e lui dà l’impressione di esser cosi estraneo, di essere sopra le righe… E invece ha bisogno di trovare un ambito in cui poter meglio pensare e riflettere su se stesso e tirar fuori quello che sente, perché è spinto da un’urgenza interiore di dire, e se non si dà spazio a questa voce , si sta male…

Si sente che questa voce è forte e che forse qualcosa può dire agli altri; bisogna tirarla fuori altrimenti, si muore. La pittura è una ricerca continua e va avanti, non ha un punto d’arrivo , ci sono tante tappe nel percorso, ma non si arriva mai ,questo è il bello! Non si arriva mai, perché quando si pensa di essere arrivati da qualche parte, di aver trovato la strada, allora significa che non abbiamo più niente da dire!

Certo. La tecnica che lei invece utilizza?

Io utilizzo colori acrilici con la tecnica del collage e materiali diversi. Sono carte, sono cartoni , certe volte sono spaghi, stoffe, materiali poveri che io assemblo e che mi permettono di fare quelle textures o di dare quella matericità che dà forza al quadro. A me piace moltissimo cercare nelle mie passeggiate e trovare qua e là cose, materiali di scarto, e quando io riesco a inserirli nella mia pittura e vedo che quella cosa, quella carta, quel cartone insignificante che era stato buttato via comincia a dare un senso al quadro dico :“ ti ho fatto rinascere…”

Potrebbe essere diverso però: che quel pezzo, quella striscia abbiano fatto rinascere lei!?

Ah sì …può darsi…!

E’ un gioco continuo…un interscambio continuo con la pittura e con se stessi. Per concludere, in breve, due parole: che cosa vorrebbe lasciare con le sue opere alle generazioni future?

Ma, mi piacerebbe che guardando i miei quadri le persone si sentissero più vive; anche osservando i quadri che mi dicono essere un po’ inquietanti. Ecco, questa inquietudine è una inquietudine per me positiva, che significa: “ dai… vedi che ci sei, vedi che senti qualcosa, che guardando questo quadro tu provi un’emozione!” che se non ci fosse il quadro…


Non avresti…Cioè, voglio dire, lei non deve aver paura di questa inquietudine, prendiamo Guernica, prendiamo Munch, prendiamo “Il grido”, prendiamo quello che vuole, erano inquietanti e comunque sconvolgenti a livello interiore, era come uno scrollarci in continuazione perché certe situazioni non accadessero più

D’altronde io vivo in un momento di grande inquietudine e forse senza accorgermi ciò affiora nella mia pittura , sono inquieta io, ed è inquieta la mia pittura, ma significa che esistiamo…

E qui ci lasciamo, ci lasciano con un abbraccio. Grazie di tutto. Grazie per questa possibilità