intervista alla pittrice ALESSANDRA ATTIANI

Alessandra Attiani pittrice informale, astratta. Vedendo le sue opere lei utilizza diverse tecniche perché e quali?

 

Per dipingere uso il materico, gesso, sabbie, foglie d’oro, d’argento bruciate con anelina, tessuti, iuta, però, la cosa importante è che uso tecniche accademiche, non sono una che butta tutto sulla tela che fa delle prove perché ho visto quadri di amici che con il tempo hanno subito delle modifiche e quindi questo movimento mi dispiacerebbe. Il quadro non dovrebbe modificarsi cambiare tono, spaccarsi, insomma le tecniche sono quelle accademiche quelle che mi ha insegnato il mio professore in accademia, posso variare qualcosa è ovvio, faccio anche delle modifiche mie, però cerco di non fare troppi tentativi.

 

Che studi ha fatto?

 

Ho iniziato con la fotografia pubblicitaria poi mi sono canalizzata nel ritratto bianco e nero stampavo e sviluppavo le mie foto, poi c’è stata la volontà di laurearmi  in lettere moderne e durante gli anni universitari mi ricordo questo particolare: chiesi a mia madre in regalo per il compleanno una cassetta di colori ad alio che li ho lasciati lì per sei sette anni circa. Poi un giorno l’ho aperta.

 

Quando faceva ritratti cosa ritraeva?

 

Vedevo dei soggetti che mi interessavano  e li ritraevo avevo proprio uno studio mettevo le luci stampavo, ero molto attenta ai toni, ai grigi.

 

Quali sono gli artisti che l’hanno influenzata fino ad oggi?

 

Io sono il frutto di tutti gli studi che ho fatto da quando sono adolescente, l’arte è stata sempre la mia passione, sono andata a vedere miriadi di mostre gli ultimi che mi sono piaciuti sono Burri,  Pizzicannella, Scialoia.

 

Burri si sente nella sua opera. Come mai nella sua opera ha deciso di fare l’astratto?

 

Diciamo che con la fotografia il ritratto era tutto altro che astratto. Nella pittura tutto ciò che rievoca la realtà mi infastidisce se faccio un quadro e vedo che c’è qualcosa che somiglia al reale lo modifico.

 

E perché?

 

Non lo so, vado proprio al di là di ciò che è riconoscibile.

 

Siamo arrivati alla video arte, non riusciamo ad andare oltre perché secondo lei?

 

Non so se non andiamo oltre …secondo me di oltre ci sono le persone, la comunicazione, le loro opere…non credo che ci fermeremo alla video arte…spero di no!

 

L’artista ha bisogno del critico e il critico ha bisogno dell’artista

 

Si l’artista ha bisogno soprattutto che le proprie opere vengano viste da persone competenti . Questo è un problema serio perché spesso i quadri vengono visti solo da amici e conoscenti… quindi c’è una critica, può darsi anche di livello, perché non è detto che chi compra un tuo quadro non sia una persona avveduta, però all’artista serve una critica importante, senza voler essere ambiziosa.

 

Ma questo accade ultimamente?

 

No assolutamente i quadri li vedono in accademia, nei circuiti aperti, spesso bisogna pagare il critico che visiona il tuo quadro e l’idea di pagare qualcuno che guardi il tuo quadro e che scriva il pezzo è allucinante ! Secondo l’esperienza a me più vicina, le persone che sono andate leggermente più avanti e quindi  sono riuscite ad avere cataloghi firmati da critiche degne di nota hanno pagato e anche bene. In questo modo sono riuscite ad avere un catalogo più di livello.

 

E’ giusto che anche l’arte vada avanti in questo modo così come potrebbe andare avanti un supermercato, una bancarella?

 

Assolutamente no, infatti, noi rimaniamo in ombra, a parte il circuito che ognuno di per se si crea  rimane fermo lì.

 

I suoi rapporti con le gallerie?

 

E’ la stessa cosa. Se riesci ad avere dei soldi per pagarti una galleria riesci a far vedere i tuoi quadri e forse a vendere qualcosa altrimenti rimani in un ambito circoscritto.

 

Lei in tutti questi studi che ha fatto, in tutti questi passaggi, vive di arte?

 

 No non vivo di arte però è quello che mi piacerebbe fare nella vita. Comunque riuscendolo a fare non so quanto sei riconosciuta dalla società c’è una battuta napoletana che mi dice sempre un’amica che dice “ sei vo’ morì de fame sposate o pittore”.

 

Che cosa la spinge a dipingere?

 

La mia passione ma se poi non riesco a far vedere i miei quadri a venderli mi deprimo. Come sosteneva Picasso vendere un quadro è importante per poter continuare a fare, è un riconoscimento visto che la critica è abbastanza latente, vendere è un riconoscimento importante. Ti è piaciuto un quadro, ti ha emozionato e lo compri addirittura, spendi dei soldi questa è una grande soddisfazione che serve a dipingere è una questione psicologia che da una forte carica emotiva.

 

Si può dare un valore economico ad un opera?

 

Ci sono quadri che potrei svendere  e altri che non venderei a nessun prezzo piuttosto li tengo io. A me ha aiutato a quotarli il mio prof Lino Tardia che mi ha spiegato che c’è anche una valutazione emotiva del quadro da prendere in considerazione.

 

Dai tempi di Picasso ad oggi cosa è cambiato secondo lei?

 

Manca l’attenzione secondo me siamo tutti impegnati in altre cose.

 

Lei nei suoi quadri usa dei colori abbastanza scuri, c’è un motivo?

 

Non so che quadri lei stia visionando comunque in questo periodo uso molto i toni del chiaro del bianco in un periodo usavo quasi solo toni scuri.

 

E che periodo stava vivendo in quel periodo?

 

Non lo so comunque sono passata da un periodo iniziale dove usavo dei toni scuri ad un periodo dove usavo solo toni chiari e non riuscivo proprio ad usarne altri. Non lo so non mi sono interrogata sulla ragione.

 

Per quale motivo nell’arte viene a mancare un impegno sociale. Dal 2001 , la tragedia delle torri gemelle, probabilmente voluta per poi scatenare la guerra in Iraq abbiamo tutta una serie di situazioni tremende che viviamo quotidianamente, la cassa integrazione, i licenziamenti, problemi del no global non ne parla nessun artista nelle proprie opere. Lei prima ha fatto riferimento a Picasso e lui è uno che ha fatto il Guernica, ha fatto riferimento a Burri che nell’ultima intervista, che forse avrebbe fatto meglio a non rilasciare, ha detto che era rimasto fascista, comunque tra le sue opere troviamo molto il sociale quello che lui sentiva e viveva.Per quanto mi riguarda c’è proprio una evasione dal sociale non mi va di rappresentare niente di quello che vivo, non voglio dare messaggi, una specie di arte per l’arte l’arte fine a se stessa io dipingo per tirare fuori me stessa non quello che ho intorno. Il senso sociale dell’arte è il fatto stesso di fare arte.Alessandra allora che facciamo l’impressionismo, l’espressionismo allora lo buttiamo?

 

No però c’è anche l’arte  fine  a se stessa .

 

Allora la mia domanda è questa perché c’è questa fuga dalla realtà?

 

Sinceramente a me non piace il mondo i cui viviamo per tantissimi aspetti perché dunque dovrei rappresentarla? Io quando mi esprimo forse, se ci riesco, tento di rappresentare me stessa libera da condizionamenti e da voler dire per forza qualcosa.

 

Di questo mondo cosa le piace e cosa non le piace?

 

Mi piace la collaborazione tra la gente la socialità tra le persone lo stare insieme il condividere non mi piace tutto ciò che è marcio, deviazione e ce n’è tanto.

 

Artiste al femminile ne abbiamo avute molte in questo concorso, con grandissimo piacere. Lei chi conosce di artiste al femminile?

 

Di artiste al femminile in questo momento non mi viene in mente niente a parte tante amiche non famose.

 

Che libri sta leggendo?

 

Ora sto leggendo un libro non inerente all’arte ogni tanto rileggo alcune biografie su Ricasso e ora sto leggendo “Il maestro e Margherita”.

 

E di che parla?

 

L’ho iniziato da pochissimo e non mi sembra nemmeno molo interessante. Ma a detta di un mio amico pare sia un libro molto bello…  finché c’era un dialogo tra due filosofi poeti mi interessava, poi è diventato abbastanza surreale e quindi sto vedendo se è il caso di andare avanti.

 

Ecco perché io spazio ovunque perché l’arte riportata è la vita dell’artista per cui bisogna ascoltare anche quella viverla per comprendere poi cosa c’è sull’opera d’arte e quindi non mi soffermo a chiederle solamente che pennelli usa ecc.

 

Ma dovremmo parlare chissà quanto tempo.

 

Per concludere  questa intervista riflessiva le volevo chiedere. Cosa pensa di lasciare attraverso le sue opere alle nuove generazioni?

 

Appunto niente. Se qualcuno guardando i miei quadri si emoziona a tal punto da comprarne uno e appenderlo in camera da letto, come è capitato, per me è una grandissima soddisfazione. Io lo faccio perché mi fa stare bene .

 

Ma lei non ha mai riflettuto che dal periodo scuro al periodo bianco non ci sia stato un cambiamento emotivo una riflessione  qualcosa che l’ha spinta a cambiare?

 

Sicuramente c’è stato un cambiamento nella mia vita sottile. Secondo me ci si riflette un po’ a pesteriori da lontano e io questo riesame della mia vita ancora non l’ho fatto. Perché i ritmi della mia vita sono abbastanza rigidi e quindi non ho avuto tempo di riflettere e guardare indietro dovrei aspettare un po’ e guardare da lontano per capire meglio.

 

Quante opere ha fatto fino ad oggi? Dico una cifra approssimativa forse 60, 65 opere.L’esposizione che ricorda con più piacere?

 

E’ stata sicuramente la prima stupidissima quella in accademia con tutti gli allievi dell’accademia, anche se mi rendo conto che poi ne ho fatte altre personali, avevo solo un mio quadro scelto dal maestro.

 

E il ricordo peggiore legato all’arte?

 

L’ultima mostra dove ho portato dei quadri dove mia sorella stava vivendo una situazione non proprio felice, ho portato dei quadri un po’ monotematici, tristi e non sono stata capita ovviamente solo io riuscivo a capire.