La storia è " sempre ora "

Gli schok scioccanti , la decurtazione delle garanzie giuridiche , l’incubo di uno stato di guerra permanente , l’uso indiscriminato e selvaggio della violenza , le distorsioni dell’ordine globale , la deregulation generalizzata , spingono a rievocare la giornata della memoria e i toccanti appelli lanciati dalle vittime della Scoah . S. Veil , ex ministro del Parlamento Europeo ed ex deportato di Aushwitz , ha affermato : " Mai più questo deve diventare realtà in un mondo di tolleranza ".

In effetti , al di là di una evanescente retorica umanitaria , si registra una sorta di coazione a ripetere , che sia pure in guise diverse, si ripresenta con macabra puntualità .

La storia , dunque , è " sempre ora " , anche se viene camuffata dai consulenti globali delle menzogne istituite . Ciò è suffragato dall’inferno iracheno e dalle vittime civili che subiscono i ripugnanti soprusi dell’arroganza statunitense . Queste considerazioni non discendono, come sostengono i volgari e rozzi piazzisti dell’Italietta , da un dietrologico antiamericanismo , ma scaturiscono da una oggettiva valutazione della verità effettuale .

Ovviamente , considerato l’argomento , è quasi doveroso un breve riferimento alla drammatica vicenda di Giuliana Sgrena , ovvero una donna tenace , onesta e sovversiva , che , fuori dai rituali della società dello spettacolo, persegue con determinazione la verità rivoluzionaria . Per dirla altrimenti , Giuliana rappresenta una magnifica eccezione in un’epoca come la nostra , dominata dall’urgenza di esibire un’immagine promozionale e patinata di se stessi . Ciò detto , senza entrare nei dettagli dell’obbrobrioso episodio , penso che la licenza di uccidere dei ragazzi del New Jersey o della Florida sia preventiva e intrinsecamente incorporata alle dinamiche di una guerra inedita . Quest’ultima , infatti , scardina categorie acquisite e mostra lo scenario devastante di uno stato di eccezione .

Va aggiunto che i ragazzi dal grilletto facile non solo sono addestrati sommariamente ,ma operano anche in un contesto legittimamente ostile . Di più : occorre tener presente che " gli ordini del Pentagono sono chiari : nell’ordinaria amministrazione è in vigore la tattica morbida, "sparare a tutto quello che si muove ", in casi di emergenza scatta la tattica dura , "sparare anche a tutto quello che non si muove " ( M. Serra ) .

Inoltre , non si può sottovalutare il fatto che i militari statunitensi fanno uso di appaltatori militari privati , che , naturalmente , non hanno le stesse responsabilità dei militari in servizio attivo . Un altro aspetto da considerare è che le forze armate sono formate , in gran parte, dai segmenti più svantaggiati della popolazione .

Questa commistione di elementi genera un’intollerabile carneficina di civili iracheni , di donne e bambini .

Per quanto concerne il vergognoso omicidio di Nicola Calipari , ritengo che siano necessarie alcune osservazioni . Pur non condividendo l’organizzazione del Sismi , e pur disapprovando la lettura convenzionale della parola "eroe " , penso che l’agente segreto sia un esempio di grande umanità .

Intanto colgo l’occasione sia per abbracciare affettuosamente Giuliana , sia per manifestare la mia incondizionata ammirazione per una donna che , fuori dai parametri del mondo spettacolarizzato , ricerca la ragione delle cose e il senso della vita .

A questo punto , riprendendo il filo del discorso , vorrei tentare una decostruzione critica e propositiva per ribadire che la barbarie è "sempre ora " e impone sia il riscatto del presente, sia il recupero del rimosso . Da qui l’esigenza di rigettare la retorica balbettante della memoria condivisa per ricorrere , invece , al futuro anteriore , ossia " a un passato in cui tutto era possibile " . In altri termini , bisogna " reinventare il passato , passarlo a contropelo per scovarne l’incompiuto che attende il compimento ".

Pertanto , al di là delle formali commemorazioni dei professionisti della politica ufficiale , giova porre il seguente interrogativo : " C’è un’altra strada per fare i conti con il passato ? "Sì , basterebbe prenderlo sul serio , cogliervi la compresenza atroce di torto e diritto, sapere che il primo non annienta il secondo , che il secondo è tutt’altro che roseo , che la storia è tragedia di incomponibili e non ponderato superamento dialettico . Occorre guardare a fondo nell’orrore e sapere che può ripetersi . Non c’è un’unica memoria condivisa più di quanto non ci sia un tempo vuoto omogeneo e una storia universale – quella in cui la Weltgeshichte era Weltgericht aggiustato ai padroni di turno "( Augusto Illuminati- "Revenge").

Le feconde osservazioni di A. Illuminati evidenziano che per non tollerare l’incommensurabile barbarie odierna , bisognerebbe rifiutare vuoi il modello messianico , vuoi la concezione del tempo-misura . Un approccio controfattuale mostra , infatti, che la favola postmoderna della memoria condivisa si rivela un’eclatante impostura , perché di fatto il tempo è pregno di anfratti , di pieghe e di sequenze eterogenee . Ne consegue che la visione acritica di una presunta memoria condivisa comporta inevitabilmente un’ambigua adesione a tutte le regole dei poteri costituiti . Sicché , al di là della dilagante retorica buonista e di un evanescente riformismo, si dovrebbe redimere il passato oppresso e censurato e , al tempo stesso , si dovrebbe alimentare la rivincita di coloro che sono stati sconfitti . In quest’ottica parlare di futuro sarebbe erroneo , perché per attivare "le possibilità interrotte " e per ritrovare i significati perduti , occorre demistificare le dinamiche fuorvianti di un revisionismo fittizio e deteriore .

In effetti , pare che i crimini siano ripuliti da quelli che vengono dopo . Le autoflagellazioni diventano così mezzi ipocriti per legittimarsi a gara nel ruolo di nuovi padroni del mondo. (A . Illuminati ) .

La storia , dunque , non va intesa nè come una sorta di ordine cimiteriale , né come scienza positiva "assiologicamente neutra ", ma va percepita come futuro anteriore , nella consapevolezza che esso procura la prospettiva controfattuale del presente contro gli imperativi dominanti . Pertanto , per scongiurare il pericolo che la storia sia scritta ancora dai vincitori , bisogna rimuovere le menzogne convenzionali dei contabili del dominio imperiale.

Da qui la necessità di valorizzare il tempo materialista , per dissolvere anche la ripugnante equiparazione tra Nazifascismo e Comunismo . Difatti , senza giustificare le devastanti derive del socialismo reale , è bene precisare che il nazifascismo è un’ideologia fondata , tout court, sul totalitarismo , invece , le istanze liberatorie del comunismo sono intrinsecamente e perennemente incorporate al tempo della liberazione .

A questo punto , ribadendo che la barbarie è "sempre ora " , vale la pena insistere sulla decostruzione controfattuale per mettere in luce le caratteristiche salienti del mondo globalizzato .

Ciò rimanda all’impianto paradigmatico della mondializzazione capitalistica , che notoriamente produce "vite di scarto " e affabulazioni neoliberiste prive di senso . Evitando di cadere nelle trappole di ideali utopistici , e optando per la disutopia materialista , si dovrebbe quindi ridefinire un’altra mondializzazione . Si pongono così alcuni quesiti : come avversare il megacapitalismo finanziario ? Come rifiutare lo scenario allarmante della guerra e dei soprusi globalizzati ? Come impedire che l’Occidente , "civile e democratico " , continui a devastare geografie umane e culturali ? Come democratizzare le frontiere ?

L’idagine è scabrosa , lo so , anche perché emergono destabilizzanti e deboli griglie interpretative, basti pensare che si considera la cosiddetta democrazia partecipativa una sorta di panacea di tutti i mali . In realtà , i tratti della suddetta democrazia si rivelano piuttosto sfuggenti e nebulosi , tant’è che stanno consentendo a Bertinotti di affermare che "Rifondazione è una forza non solo essenziale ma partecipativa ".

Sinceramente , se questo fosse il crocevia dell’alternativa , si dovrebbe concludere che la politica di Palazzo è un male inestirpabile .

Valicando i confini del teatrino della politica ufficiale ,vorrei rispondere agli interrogativi posti precedentemente . Assodato che oggi non si può prescindere dalla problematizzazione del presente , ritengo che sia indispensabile un approccio critico e variegato . Partendo da quest’ottica conviene fermare l’attenzione su alcuni concetti , come "Occidentalismo " , post-colonialismo , neo-colonialismo .

In effetti , l’Occidente , generando una sorta di categoria dello spirito , ha creato una netta linea di demarcazione tra Oriente e Occidente .

Edward Said , già nel 1978 definiva questa categoria "un’invenzione dell’Occidente" legata a una questione di potere e di dominio . L’Oriente , dunque , come vuole E. Said , non è un inerte fenomeno naturale , perché è stato di fatto creato . Da qui la rappresentazione di un’alterità separata ed assoluta , che , oggi, si ripresenta come una sorta di rimosso coloniale. Ciò vuol dire che è proprio l’arbitrarietà del concetto di "occidentalismo "che consente la recrudescenza del populismo , del nazionalismo e del razzismo . E’ evidente che l’idea stessa di occidentalismo rivela " una forma di violenza molto particolare che ha costituito la posta in gioco di un Noi occidentale e dell’Altro colonizzato " (Carla Pasquinelli ) .

Ne deriva che i fenomeni del colonialismo , dell’imperialismo , dell’occidentalismo , rimandano a una violenza strutturale, che ha generato e genera un meccanismo di rifiuto dell’Altro .

Vero è che i fenomeni suddetti vanno contestualizzati nell’assetto odieno . Difatti , la violenza strutturale attuale , peraltro camuffata dal multiculturalismo , mostra nuove dinamiche di esclusione e di "razzizzazione ". Ciò è suffragato dalla segregazione istituzionale degli immigrati , dalla presenza di "stranieri residuali ", dalla guerra ai clandestini , dalle pratiche di sicurezza ossessiva , dalle forme di apartheid crescente .

Inoltre , si ripresenta non solo "la metafora della vecchia dicotomia antropologica di "natura " e "cultura" , ma vengono anche reintrodotti e naturalizzati , sia pure in guise diverse , i retaggi culturali del colonialismo . Ciò significa che i talebani occidentali , in virtù della retorica del multiculturalismo , ripropongono le categorizzazioni del colonialismo . Difatti , l’ideologia del mercato , avvalendosi di una funzionale "politica delle differenze ", genera meccanismi di inclusione nell’economia e di esclusione della cittadinanza . Da qui , come sostiene E . Balibar, forme di razzismo differenziale e di razzismo senza razza .

A questo punto , si pone perentorio un interrogativo : come attivare un’altra mondializzazione? Innanzitutto , per costruire un "comunismo di singolarità " e per appagare l’incommensurabile desiderio di libertà , si dovrebbe promuovere una feconda resistenza teorica e pratica , in vista di una politeia planetaria altra e di una universalità policentrica .

Va precisato che le alternative plausibili non possono discendere da un discorso utopico o dalla massimazione dell’economicismo . E’ pertanto necessario valicare sia l’immaginario economicista , sia il cosiddetto universalismo occidentale .

A questo proposito Jean Baudrillard ha scritto : " Mondializzazione e universalità non procedono di pari passo , tenderebbero piuttosto a escludersi reciprocamente . La mondializzazione è quella delle tecniche , del mercato , del turismo , dell’informazione . L’universalità è quella dei valori , dei diritti dell’uomo , delle libertà , della cultura , della democrazia . La mondializzazione sembra irreversibile , l’universale sarebbe invece in via di scomparsa ".

In realtà , imperversa un universalismo istituzionale astratto , che , paradossalmente , riduce ad unità la specie umana . Il che non solo obnubila le differenze , ma propone anche un’idea di eguaglianza assai opinabile . Da qui forme di normalizzazione che di fatto incentivano un vasto sistema di esclusioni .

Constatando, dunque , il carattere composito dello status quo , ritengo che sia necessario anche confutare la deformante fascinazione di alcuni concetti . In altre parole , occorrerebbe una radicale ricognizione cognitiva per demistificare vuoi il mito dello sviluppo , vuoi l’deologia dello sviluppo capitalistico . Ma c’è di più , penso che sarebbe opportuno rifiutare l’idea ambigua di sviluppo sostenibile , perché questo fuorviante ossimoro , escludendo la possibilità di un mondo altro , vede la mondializzazione capitalistica come un processo irreversibile . Inoltre , bisognerebbe evitare di cadere nelle facili lusinghe del cosiddetto riformismo pragmatico .

Che fare dunque ? " In primo luogo , l’obiettivo non è quello di interrompere il processo secolare di mondializzazione : non è né possibile né auspicabile ! Si tratta piuttosto di ridefinire un’altra mondializzazione , in totale rottura con la logica che è attualmente al centro del capitalismo azionario e mondializzato " (Dominique Plihon ) .

Ma continuando ad auspicare rotture radicali , penso che sarebbe opportuno rimuovere l’ideologia capitalistica della crescita , nella convinzione che la crescita autentica è quella del bene comune .

Ciò significa che sarebbe utile attivare " una diseconomizzazione delle menti ", per ridefinire l’idea di sviluppo , per negare la prassi dell’efficienza e della competizione selvaggia . In altre parole , per esprimere un progetto altro si dovrebbe avversare sia l’idea che la crescita del Pil sia il misuratore di tutte le problematiche sociali , sia la logica di valorizzazione/sfruttamento del capitale .

Di più : giova anche riflettere attentamente sul concetto di progresso e sul "dolore del negativo ". A questo proposito Nietzsche afferma che " il progresso è soltanto un’idea moderna , cioè un’idea falsa "( L’Anticristo , 1888) .

In realtà , " il progresso non è dato , non è programmato , può risultare unicamente dallo sviluppo degli antagonismi che costituiscono il processo e di conseguenza esso è sempre relativo a loro . Il processo non è né un concetto morale ( spiritualistico ) , né un concetto economico (naturalistico ) , è un concetto logico e politico . ( E . Balibar ) .

Vero è che lo scenario globale rende di fatto inattuale il concetto logico e politico , soprattutto se si osservano le carnevalate istituzionali . Pertanto , nella consapevolezza che nè la fine del berlusconismo , né l’avvento del prodismo , cambieranno il corso del mondo , auspico lo sviluppo degli antagonismi antisistema . Per scongiurare possibili fraintendimenti tengo a precisare che il ripugnante dispotismo berlusconiano va demonizzato tout court , non sottovalutando , però, che lo spazio locale , regionale o nazionale non è più il riferimento pertinente per comprendere le sfide del presente , perché l’essenziale avviene altrove . Diviene, pertanto, di particolare importanza mettere all’ordine del giorno la questione meridionale , per rilevare che essa è una questione falsa . Non senza ragione Niklas Luhmann sosteneva che i Sud sono costrutti della modernità , sicchè , schivando le argomentazioni semplicistiche intorno al tema , conviene sottolineare che le possibilità alternative risiedono nella capacità di interrompere l’interdipendenza globale dell’esclusione e dell’emarginazione.

Ciò detto , rimane aperto un problema cruciale , ossia quello dello sviluppo non capitalistico . Difatti, al di là dell’esempio della Comune di Parigi , le dure lezioni della storia mostrano che il sogno iniziale di democrazia libertaria si è via via trasformato nella cupa realtà del socialismo reale .

Dobbiamo dunque concludere che il " regno della libertà " è solo una confortante utopia ? In effetti , non solo esiste un passato oppresso da recuperare , ma è bene anche tener presente che l’insurrezione liberatrice è " sempre ora " . Ciò rimanda alla " conoscenza teorica delle condizioni materiali del presente ", alla capacità di promuovere una rigenerazione culturale e politica , a una propositività progettuale che sia in grado di dissolvere la tendenza predatoria del potere biopolitico . Ciò vuol dire che il desiderio incommensurabile di giustizia e di libertà implica la necessità di un coordinamento efficace di azioni collettive , non gerarchizzate dalla governance imperiale . Altrimenti detto , si dovrebbe operare un salto di paradigma , atto a costruire una democrazia non rappresentativa che garantisca a tutti la cittadinanza universale . Da qui l’esigenza di avversare perentoriamente tutte le pratiche istituzionali dell’esclusione e tutte le perverse dinamiche del FMI , della Banca mondiale , del WTO . Le promesse di un’altra mondializzazione , però , non possono prescindere da un’analisi adeguata e consapevole di una società estremamente complessa .

Difatti , l’assetto odierno non consente nè di massimizzare alcuna variabile , né di assumere spiegazioni mono-causali , sia perché il globalismo è attraversato da variabili ignote , sia perché "nei sistemi complessi la parte non può controllare il tutto ".

Ne consegue che non basta parlare di globalizzazione solidale e non gerarchica , se poi si enfatizzano personaggi come Lula .

Sicché , constatando che le gestazioni in corso di una mondializzazione alternativa non sembrano arrestare l’arroganza dei poteri costituiti , è bene porre un interrogativo : qual è l’idea di progresso dei desideranti ? In verità , il problema si rivela assai complesso , basti pensare alle considerazioni di Leopardi , che nello Zibaldone sostiene : " I progressi della ragione e lo spegnimento delle illusioni producono la barbarie ". D’altra parte , il concetto illuministico di progresso poggia sulla negazione del legame necessario fra progresso della conoscenza e progresso dell’umanità . La riduzione critica del concetto di progresso mostra , dunque , che l’ottimismo idealistico si rivela quanto mai opinabile , e ciò è suffragato dalla terribilità e dalla ferocia delle guerre , dalla prospettiva della distruzione del pianeta , dagli effetti devastanti della cosiddetta società dei consumi .

Inoltre , va precisato che il progresso , inteso come direzione necessaria della storia , può avere senso solo nell’ambito di un obsoleto provvidenzialismo storico . Di più : il progresso della scienza e della tecnica non può produrre automaticamente né un incremento di civiltà , né lo sviluppo della reciprocità .

Pertanto , per evitare , come vuole Nietzsche , che la storia si riveli " una clessidra continuamente rovesciata ", si dovrebbe recuperare il passato oppresso , non sottovalutando che lo stato di eccezione attuale richiede profondi esercizi di senso . Da qui la necessità di rifiutare vuoi i principi universali astratti e vaghi , vuoi le ricorrenti robinsonate della politica ufficiale .

Vero è che l’etica materialistica della liberazione incontra non pochi impedimenti , ciononostante la passione politica dei desideranti non intende cedere al pessimismo della ragione .

Ne consegue che l’ipotesi di una mondializzazione alternativa dovrebbe delegittimare il terrorismo economico-politico , negare l’ingiustizia globalizzata e la ricolonizzazione della forza-lavoro , rifiutare categoricamente lo stato di guerra permanente .

Quest’ultimo è indubbiamente l’elemento più inquietante , sia perché la mondializzazione poliziesca e bellica si prospetta infinita e preventiva , sia perché essa è intrinsecamente legata al bisogno di un definitivo dominio imperiale . In un contesto siffatto guerra e terrorismo seguono lo stesso movimento : in altre parole , siamo immersi in un terrore asimmetrico .

Ma , per evitare che il terrorismo odierno sia percepito come forza di liberazione , va aggiunto che " esso è di fatto un sottoprodotto di un’autentica azione politica "( A .Negri ).

A questo punto si pone un quesito : come incrementare " una guerra di movimento " per la costruzione di una nuova modalità di pensiero e di senso collettivi ? Edgar Morin , evidenziando le difficoltà del parto , sottolinea i notevoli impedimenti per una nascita di una cittadinanza mondiale . L’autore citato scrive : " Dove trovare i fermenti di questo spirito del mondo in marcia ? Nelle buone volontà che si mobilitano nel quadro delle associazioni , delle ONG e della società civile mondiale , senza dubbio . Ma ciò lascia senza risposta due domande ineluttabili : in che modo le ONG si inseriscono politicamente nel gioco decisionale mondiale ? Di quale rappresentanza dell’umanità e della società-mondo sono effettivamente portatrici ? " .

In realtà , i tratti ambivalenti della moltitudine associata non spingono all’ottimismo , anche perché le dinamiche di sussunzione e le derive sono decisamente palesi . D’altro canto , soprattutto nel nostro paese , il movimento è stato ed è vittima della retorica allettatrice di alcuni leader pseudorivoluzionari che praticano la politica " di lotta e di governo " .

Inoltre , per ridimensionare lo slancio utopico , occorre domandarsi se " il divenire soggetto dei migranti " possa realizzare la globalizzazione dal basso . In verità , si debbono avanzare delle riserve , perché i proletari postmoderni , pur essendo oppressi dal sistema sicuritario e dallo sfruttamento , non possono essere percepiti come forza automatica di un radicale mutamento.

Conviene poi rilevare che " le moltitudini sono asincroniche " , ossia " non una , ma diverse. Scandite da tempi non concomitanti . Disperse geograficamente e divise in se stesse . Depositarie di una potenza fratta e segnate dalla costitutiva impotenza che inerisce a ogni latenza indifferenziata . Pur tuttavia unico appiglio contro il tempo ingessato della storia universale " ( A . Illuminati- " Revenge ") . " La moltitudine , dunque , incontrollabile con i vecchi sistemi , produce derive altrettanto incontrollabili " .

Le osservazioni di A . Illuminati si rivelano acute , feconde e profondamente veritiere , vuoi perché non sono viziate da un ottimismo acritico , vuoi perché spingono ad intravedere la speranza del possibile , senza cadere , però , in una retriva visione escatologica .

Vero è che la speranza di un mondo altro si imbatte in una dura realtà fattuale . Difatti , le catene visibili e invisibili della bestialità globalizzata , le manipolazioni delle verità ufficiali , l’inquinamento della coscienza individuale e collettiva , le trappole passatiste e recuperatrici , inficiano di fatto un autentico progetto alternativo e sovversivo . Bisogna quindi riconoscere che oggi si impone un’inedita forma di totalitarismo globalizzato , che , manipolando bisogni e desideri , determina una destabilizzante mercificazione sociale .

Senza indulgere al catastrofismo , e fidando nella speranza rivoluzionaria , giova porre un quesito : esiste un filo rosso che collega il passato al presente ? In effetti , uno sguardo retrospettivo mostra che non sono mancate dirompenti istanze rivoluzionarie , basti pensare alla Comune di Parigi . Sicché " ritrovare oggi le tracce dello spirito profondamente libertario della Comune di Parigi significa ritrovare il filo conduttore di una storia umana la cui prospettiva resta sospesa " ( Sergio Ghirardi – " Non abbiamo paura delle rovine ") .

Ovviamente il filo conduttore non può prescindere né dalle iniziali prospettive delle rivoluzioni tradite , né dalla Resistenza , ovvero un momento storico in cui i combattenti della libertà sacrificarono anche la loro vita in vista della liberazione e della fondazione di un mondo nuovo .

Purtroppo , gli ideali della Resistenza sono stati rimossi per via dei numerosi compromessi della politica di Palazzo . Siamo giunti così ad un ambiguo e strumentale processo di pacificazione . Difatti , un opportunistico revisionismo storico ha operato una perniciosa confusione tra vittime e carnefici , tant’è che i ragazzi di Salò e i partigiani sono stati fagocitati da una sorta di Assoluto in cui tutte le vacche sono nere .

Pertanto , non può destare stupore che , oggi , i sepolcri imbiancati della pseudosinistra siano intervenuti per consentire ad Alessandra Mussolini di continuare la campagna elettorale .

Assodato che dalla frutta siamo passati al dessert , bisogna prendere coscienza che il populismo demagogico di destra e di "sinistra " sta obnubilando ogni capacità critica . In realtà , le dinamiche ripugnanti e perverse del circo mediatico-politico perseguono un unico obiettivo , cioè la salvaguardia della vuota liturgia del voto . Per quanto concerne quest’ultimo va precisato che il principio "una testa un voto " viene attualmente privato del suo valore , sia perché esso è di fatto mutilato della sua valenza etica , sia perché è diventato un mero principio di legittimazione esteriore e , al tempo stesso , una funzionale formula politica . In altri termini , come voleva Gaetano Mosca , il voto si è trasformato in un inganno .

E’ evidente che contro la palese putrefazione della politica ufficiale , occorre seguire il filo rosso del gioco rivoluzionario . In tal senso il richiamo al situazionismo si rivela particolarmente significativo . A questo proposito penso che il libro di S . Ghirardi precedentemente citato sia degno di nota . Difatti l’autore , dopo aver fatto una puntuale analisi delle diverse fasi dell’Internazionale Situazionista , incentra l’attenzione sulla pratica situazionista del 68 , non trascurando di valorizzare "La società dello spettacolo " di G . Debord . In effetti le categorie teoriche di quest’ultimo sono di grande attualità , perché mostrano i tratti peculiari del capitalismo odierno . Ciò emerge dalle seguenti considerazioni : " Lo spettacolo non può essere compreso nella sua totalità è nello stesso tempo il risultato e il progetto del modo di produzione esistente . Non è un supplemento del mondo reale , la sua decorazione sovrapposta . E’ il cuore dell’irrealismo della società reale ". Lo spettacolo , dunque , è l’altra faccia del denaro , è la totalità del mondo mercantile : in altre parole , è l’astrazione reale , è la spettacolarizzazione di molteplci aspetti della vita sociale .

Partendo da queste categorie concettuali S . Ghirardi sottolinea che" l’Internazionale Situazionista è stata l’unica avanguardia a considerare la questione sociale dal punto di vista della totalità della vita concreta , introducendovi la critica della vita quotidiana ". Sono , quindi , queste significative rotture che hanno contribuito a generare il grande movimento del 68 .

Di più : la critica situazionista ha espresso il rifiuto del lavoro salariato e nel contempo ha delineato la possibilità di un esodo autenticamente rivoluzionario . Esodo , che peraltro si è manifestato in altre voci critiche . Mi riferisco a Raniero Panzieri , a Sohn -Rethel , ad Antonio Negri , a Mario Tronti .

Dalle argomentazioni fin qui condotte emergono alcuni elementi , ossia che tutte le chances di liberazione risiedono nel rifiuto di alcuni paradigmi , cioè il mito della rappresentanza , la logica della delega , il feticcio delle istituzioni , l’enfatizzazione del formalismo giuridico .

Ciò significa che per socializzare i desideri , i bisogni , le differenze , occorre demistificare l’opportunismo politico , i dibattiti di basso profilo della politica ufficiale , l’inquietante fenomeno del daltonismo generato dagli strumenti psicagogici di massa .

A questo punto sorge spontaneo un interrogativo : esiste la soggettività politica sovversiva ? Evitando di prendere lucciole per lanterne , e rigettando le violente semplificazioni di alcune chiavi di lettura , conviene prendere coscienza che manca di fatto il soggetto rivoluzionario . Sicché , per non inquinare l’etica della liberazione sono necessarie alcune precisazioni . Da qui l’esigenza di superare le pulsioni irriflesse per rilevare che non si può definire rivoluzionario né il funambolico Bertinotti , né l’istrionico Vendola .

La verità è che stiamo passando dal relativismo al nichilismo assoluto , il caso Vendola docet .

Il suddetto personaggio è indubbiamente uno dei più autorevoli rappresentanti di un pernicioso populismo demagogico , ma il fatto più destabilizzante è che le suggestioni indotte sortiscono effetti davvero devastanti , tant’è che un deprecabile travisamento allucinatorio associa " Nikita " a Pasolini .

In effetti , l’analogia è priva di senso , infatti , se l’omosessualità accomuna lo scrittore eretico e Vendola , è altresì vero che oggi molti pregiudizi sono caduti , infatti , l’omosessualità non è più la bestia da stigmatizzare .

Ciò detto , per recuperare la ragione analitica e la "ruminatio " , è lecito rivisitare brevemente la vita del poeta maledetto .

Pasolini , fuori dai cori , incarnava l’esempio dirompente dell’intellettuale critico , del marxista eterodosso scomodo : in altre parole , rappresentava il pre-giudicato per eccellenza . Le sue intenzioni erano chiare . Egli ,infatti , intendeva smascherare l’ipocrisia , il conformismo,l’ostracismo borghese ,il familismo amorale , i compromessi di tutti i poteri costituiti .Inoltre, egli era "il difficile compagno di strada di un Pci sempre in via di sviluppo e di involuzione , di una cultura sempre in via di crescita e sempre pericolosamente arretrata " ( M . Bettarini ) . In breve , egli opponeva un anarchico rifiuto alla corruzione di una società repressiva , menzognera e fuorviante . Da qui l’efferato omicidio di Stato .

A questo punto vorrei fare un’ipotesi : come si comporterebbe Pasolini in un ‘ epoca in cui trionfa la politica-spettacolo ? Certamente , da uomo in stato di guerriglia permanente , non avrebbe aderito all’"Unione , nè avrebbe accettato i farraginosi e strumentali meccanismi elettorali : in altri termini , l’artista sovversivo avrebbe seguito ancora una volta circuiti radicalmente alternativi . Per chiudere l’argomento vale la pena di riportare alcune considerazioni dello scrittore . " Passare dalla pre-rivoluzionarietà naturale di chi dà scandalo alla rivoluzionarietà vera e propria , il passo è breve , e dipende solo dalle circostanze reali dell’esterno . l’"impegno", ossia la coscienza di tutto ciò , è la mediazione tra contestazione (naturale) e rivoluzionarietà ( cosciente ), tra ambiguità assoluta e ambiguità relativa ; tra enigma e profezia . La Rivoluzione , Poi ,Si Fa Con L’AZIONE " ( P.P. Pasolini ,da Empirismo eretico).

Ciò detto , va aggiunto che sovente le maschere pseudorivoluzionarie cercano di vendere l’ultima edizione di una fantomatica rivoluzione , e così facendo ostacolano l’iter di un’autentica rottura intellettuale e politica e , al tempo stesso , provocano una perversa confusione tra "gruppi soggetto" e " gruppi assoggettati ".

Ma come impedire che i desideri di liberazione si trasformino nel loro contrario ? Come evitare il plagio dei manipolatori di idee ? Come promuovere una rivoluzione culturale-politica cosciente ? Come dissolvere la repressione sociale edipicizzante ? Innanzitutto , a mio avviso, sarebbe bene rimuovere le astuzie degli affabulatori , nella consapevolezza che un mondo altro non può essere definito dal potere costituito . Ciò vuol dire che per liberare i desideri stuprati " la sola possibilità degli uomini è nel divenire rivoluzionario. Solo così possono scongiurare la vergogna o rispondere all’intollerabile " ( G. Deleuze ) .

Vero è che le macchine desideranti sono esposte a perversi meccanismi di schiacciamento ,

ciononostante l’irruzione del divenire rivoluzionario è sempre possibile , il 68 docet .

Per evitare confusioni , però , è bene operare un distinguo tra ribellismo autolesionista e divenire rivoluzionario . Da qui la necessità di un approccio controfattuale , che ovviamente non può prescindere da un’analisi critica pertinente del contesto odierno . Non senza ragione E. Balibar , invertendo l’enunciato di Marx , sostiene che il mondo è stato "trasformato" abbastanza , è tempo di "interpretarlo".

Ne deriva che , pur riconoscendo le possibilità alternative dell’intellettualità di massa postfordista , il divenire rivoluzionario deve fare i conti non solo con la rete dei poteri globali , con l’unilateralismo degli Stati Uniti e con l’impotenza dell’Europa , ma anche con le manipolazioni dei falsi profeti e con le insidie occulte del leaderismo narcisistico . Vale a dire che bisogna avvalersi di criteri di discriminazione del reale non equivoci , sia per orientarsi nell’epoca postmoderna dei furfanti , sia per creare identificazioni politiche forti, sia per minare la struttura sociale del potere . Il che rimanda all’esperienza militante dell’insurrezione e , nel contempo , all’esigenza di una progettualità radicalmente alternativa che sia in grado di affrontare le complesse problematiche del presente .

La passione politica delle macchine desideranti deve quindi valutare le oggettive difficoltà della società del rischio . Si pone , pertanto , un interrogativo : come promuovere processi efficaci di liberazione ? La risposta è :" diserzione , diserzione – infinita diserzione , continua diserzione . Diserzione come solo eroismo possibile . E ancora diserzione come sola possibilità di ricostruire la vita, di essere vita " ( Antonio Negri ) .

Ne consegue che i militanti biorivoluzionari , ossia i disobbedienti , per sacralizzare i desideri , dovrebbero assolvere la funzione di animatori della dissidenza e della diserzione . D’altronde il desiderio gioioso dei corpi , mostrando la dignità reale di resistere all’imbarbarimento planetario , potrebbe capovolgere la situazione esistente . A ragion veduta Spinoza sostiene : " Voi non sapete quanto il corpo sia potente " .

Per evitare che lo slancio schizo- rivoluzionario dei desideranti sia frustrato , occorre però decostruire la società del "sorprendente " . In realtà , pur rilevando l’eccedenza espressiva del lavoro vivo, bisogna riconoscere che " la frammentazione postfordista produce biografie incompiute , personalità interrotte , sicché il vero scarto consiste nell’incapacità di narrazione " ( A . Illuminati ) . E’ proprio questa incapacità che consente di riproporre le categorie inattuali del marxismo-leninismo e della presa del potere .

Per non generare fraintendimenti va detto che la voce marxiana continua a lanciare messaggi , ma questi ultimi dovrebbero essere decodificati all’interno di un contesto radicalmente metamorfosato . Il che impone l’assunzione di categorie interpretative adeguate e innovative .

Purtroppo , invece , non solo dilaga un aberrante opportunismo politico , ma si registra anche la presenza di " maestri buonisti " che blaterano sulla non-violenza , sulla democrazia partecipativa , sul partito di movimento . Essendo la sottoscritta una seguace di tutti i " cattivi maestri "della storia sovversiva , ritengo che siano doverose alcune osservazioni sulla democrazia , perché di fatto risulta piuttosto bizzarro parlare di valori democratici in un partito in cui le minoranze vengono espulse , stigmatizzate , o accusate di stalinismo. Assodato che la fattualità più grezza celebra i suoi fasti , si dovrebbe prendere coscienza che la valenza intrinseca del concetto di rivoluzione implica un continuo esercizio di senso . Da qui , come vuole Foucault , la necessità di analizzare la linea di demarcazione tra la ragione e il suo doppio .

Per ridimensionare la vocazione messianico-rivoluzionaria , va aggiunto che nella società postfordista " il soggetto è scisso e , al tempo stesso , prodotto e potenziato " , sicché non può destare stupore che le maschere pseudorivoluzionarie strumentalizzino il linguaggio alter-globalizzato per esercitare una nauseante demagogia elettorale .

Il dettaglio non trascurabile è che vengono bandite alcune parole-chiave , come defezione, esodo , disobbedienza civile . Questa amnesia ovviamente non è casuale , perché l’assunzione di alcuni concetti nuocerebbe all’impianto paradigmatico della politica di Palazzo , cioè la rappresentanza , la delega , il rituale del voto , la spartizione di poltrone .

Pertanto , al di là delle emozioni indotte , peraltro prive di fondamento , bisogna riconoscere che si sta ripresentando lo storico scontro tra rivoluzionari e pseudorivoluzionari , anche se,oggi , il suddetto scontro si consuma in modo sotterraneo ed inedito .

A questo punto , superando la quotidiana corrida politica a colpi di pettegolezzi ,e per far luce sul bordello –Italia , occorre evidenziare che non basta porre fine al conflitto tra pubblici interessi e interessi imprenditoriali privati , se non esiste un’autentica alternativa . In effetti , weberianamente parlando , non si profila all’orizzonte lo scontro tra due modelli alternativi di società , anche perché le risse da cortile dei due poli , ripropongono , sia pure in guise diverse , l’impianto statualista . Il discorso meriterebbe un approfondimento , ma preferisco fermare l’attenzione sulla funzione politica dei parlamenti . Innanzitutto va precisato che nel contesto odierno le tesi dei sovranisti si rivelano inattuali , vuoi perché sono venuti meno gli attributi intrinseci della forma-nazione , vuoi perché la sparizione del popolo , classicamente inteso , comporta la perdita di senso del vecchio paradigma della cittadinanza . Ciò vuol dire che un pensiero costitutivo non può prescindere da un progetto di democrazia radicale e di cittadinanza globale . Preso atto che la democrazia , concepita in senso lato , non si è mai realizzata , va aggiunto che " la democrazia parlamentare , distribuita sul pianeta come antidoto di tutte le dittature , ha dimostrato di essere una superstizione pacificante per il potere moderno , per i suoi impiegati e sostenitori , piuttosto che la realizzazione dei principi di libertà e di uguaglianza " ( G . Ghirardi ) .

Inoltre , per non trascurare la dialettica tra senso e non –senso si dovrebbe rifiutare l’enfatizzazione del voto . Giova ricordare a questo proposito che Hitler e Mussolini conquistarono il potere con elezioni formalmente legittime , anche se entrambi gestirono le operazioni elettorali in modo ripugnante . Ma per rimuovere la deriva nichilista e per fare chiarezza , conviene rivisitare le campagne elettorali del secolo scorso quando il partito-Stato, ossia la Dc , manovrava il voto avvalendosi di becere forme di paternalismo e di clientelismo .

Per quanto riguarda lo scenario attuale la situazione si rivela decisamente inquietante , infatti, le campagne elettorali rappresentano emblematicamente una democrazia plebiscitaria e mediatica , che si affida solo al leaderismo , alla personalizzazione della politica , al protagonismo personale , alle schermaglie tattiche , alla demagogia elettorale . Ma per respingere l’intollerabile commedia degli equivoci va anche detto che permangono forme clientelistiche , tant’è che durante la campagna elettorale i comitati di destra e di "sinistra " sono stati gestiti in puro stile democristiano . Difatti , molti giovani sono stati allettati da prospettive lavorative. Ovviamente potrei fare esplicito riferimento a fatti e persone , ma alla polemica preferisco la problematizzazione .

Pertanto , per non consentire la riduzione della effettività del vero alla poltiglia mediatica , bisogna prendere atto che lo spazio politico è evanescente . Basti pensare alle forme corrotte di partitocrazia , all’ambiguità del concetto di sovranità popolare , alla crisi della funzione sindacale , all’incapacità politica di innovazioni significative , alla gestione strumentale degli apparati propagandistici .

Da qui l’esigenza di un esercizio critico collettivo , che dovrebbe insistere , come voleva Merleau-Ponty , su due temi : il ritorno della percezione e il senso o il significato della realtà .

I percorsi di libertà , dunque , impongono il rifiuto delle direzioni precostituite , delle false promesse dei professionisti della politica , della paternalistica protezione dei partiti . Ma c’è di più , un programma di liberazione dovrebbe rimuovere la logica del consenso . D’altra parte ," quest’ultimo , lungi dal costituire una condizione della democrazia , rappresenta una forma temibile di violenza politica che si esercita sulle opinioni , i costumi e i valori culturali " ( E . Balibar ) . Ciò vuol dire che la pratica della non-violenza dovrebbe assumere una posizione oppositiva a quella del parolaio Bertinotti . Detto altrimenti , si dovrebbe promuovere una lotta effettiva per negare la violenza della politica istituzionale, nella consapevolezza che la democrazia è ormai solo un rituale impolitico in cui la dimensione teleologica svanisce nel gioco strumentale della propaganda . Ma rilevando che dilaga un atteggiamento acritico e dimissionario va aggiunto che la violenza e il potere sono di fatto fenomeni correlativi . La verità è che i predicatori non-violenti sottovalutano un dettaglio non trascurabile , ossia che la violenza serpeggia nelle stanze di tutti i poteri costituiti , impedendo così la possibilità di un sostanziale cambiamento .

Ciò non basta , perché occorrerebbe anche rigettare le chiavi di lettura passatiste e inattuali , dal momento che esse ostacolano l’etica della liberazione .

Da qui l’esigenza di focalizzare gli operatori di dominazione per prendere atto che , dopo la caduta dell’Unione Sovietica , la sovranità va collocata a livello globale . Difatti , i processi di deterritorializzazione della produzione , le strutture centrali e periferiche del potere globale , la precarietà globale della forza-lavoro , l’ibridazione culturale , la rivoluzione informatica , la mobilità del proletariato mondiale , la governance imperiale ,la scomparsa del sistema westfaliano degli stati sovrani, spingono a rivedere l’idea di sovranità.

L’assetto decisamente metamorfosato , dunque , rimanda alla delegittimazione simbolica del concetto di popolo e alla improponibilità di una dialettica " tra potere costituente e potere costituito ".

Ne consegue che la difesa dell’architettura costituzionale risulta riduttiva . In effetti , " la varietà delle dinamiche storiche , politiche e culturali rende obiettivamente superati alcuni profili della Costituzione italiana …..La cessione di sovranità degli stati nazionali a vantaggio dell’Unione europea , la nuova disciplina della guerra entro il contesto giuridico dell’ingerenza umanitaria , la centralità assoluta irredimibile dell’economia di mercato , rappresentano altrettanti dati di fatto rispetto ai quali l’appello a riformare la nostra legge fondamentale suona del tutto persuasivo " ( Sergio Luzzato ) .

Fermo restando che l’architettura costituzionale non può essere percepita come la panacea di tutti i mali , occorre segnalare un persistente e abominevole revisionismo storico-politico che banalizza i caratteri antifascisti della Costituzione . Basti pensare all’inquietante episodio –Mussolini . Mi riferisco alla campagna elettorale e al supporto fornito alla nipote del duce dagli amministratori locali dei Ds , della Margherita e dell’Italia dei valori .

Ovviamente gli affabulatori di mestiere non hanno dato importanza al fatto , anche perché impegnati a prospettare il futuro eden .

Ma , per evitare una acritica enfatizzazione della Costituzione , bisogna riconoscere che la suddetta Costituzione , sia pure con alterne vicende , ha assunto via via una valenza formale . Non senza ragione Luciano Ferrari Bravo vedeva una sostanziale continuità fra l’ordinamento fascista e quello democratico- costituzionale del dopoguerra . Difatti , entrambi consideravano l’organizzazione capitalistica della società come insuperabile .

Inoltre , la strage di Portella della Ginestra , l’alleanza repressiva tra stato e mafia , l’iter unilineare del compromesso storico da Togliatti a Berlinguer , le stragi di stato , la ferocia nazional-popolare della repressione , il craxismo , la sequela di misteri irrisolti , i dettami del globalismo , il pateracchio di D’Alema in sede di Commissione bicamerale, la conversione dei politicanti al neoliberismo , hanno di fatto condannato all’asfissia la Costituzione .

Ma , rilevando che l’amnesia sta sortendo effetti nefasti , è lecito ricordare che il patto sociale di Treu è stato approvato anche da Bertinotti .

Le considerazioni inattuali non si fermano qui , infatti , bisogna registrare la rimozione dell’antifascismo .

Ciò è da imputare al trionfo dell’antipolitica , all’impianto di un abominevole e pressappochistico revisionismo politico , allo spirito compromissorio e corrotto del Belpaese , all’anticomunismo opportunistico e funzionale del piazzista di Arcore , alle perniciose conversioni degli ex comunisti del Pci , al gioco delle alternative surrettizie .

Vero è che non tutti i camuffamenti sono intelligibili , basti pensare ai falsi profeti della filosofia dell’avvenire e ai teatranti che divulgano il verbo pseudorivoluzionario .

E’ evidente che in un contesto siffatto non è necessario scomodare i posteri per formulare l’ardua sentenza , è sufficiente conservare la lucidità critica .

E quest’ultima spinge a constatare che l’antifascismo è ormai parte integrante di un nauseante folklore politico .

Pertanto , pur ridimensionando i miti resistenziali , sarebbe opportuno annoverare la Resistenza tra le rivoluzioni tradite . Da qui la necessità di rifiutare la banalizzazione del ventennio per valorizzare i tratti antifascisti della Costituzione , nella convinzione che essi possono contribuire a supportare i percorsi di liberazione contro le forme inedite dei fascismi postmoderni .

In altre parole , tutte le lotte di liberazione , censurate o rimosse , dovrebbero essere accumulate in vista di una radicale biorivoluzione globale .

A questo punto , nella consapevolezza che una democrazia a venire non può prescindere dal problema cruciale della laicità , è doveroso un riferimento alla estenuante rappresentazione mediatica della morte di Giovanni Paolo II .

Innanzitutto va precisato che non solo l’evento presenta allarmanti analogie con la fine dell’anno Mille , ma è anche la prova tangibile di una devastante regressione culturale e politica .

Ciò detto , ritengo che sia necessaria una valutazione complessiva del lungo pontificato di Karol Wojtyla . Si pone quindi un interrogativo : il papa polacco può essere considerato un innovatore ? Innanzitutto conviene sottolineare che Giovanni Paolo II è stato un abile esperto della comunicazione mediatica , anche perché ex attore di teatro. Da qui la spettacolarizzazione religiosa , " l’esteriorizzazione di una chiesa trionfante, populista , demagogica , televisiva . In qualche modo questo papa che ha combattuto i totalitarismi è rimasto anche affascinato da categorie totalitarie . Le adunate di massa le facevano Hitler , Mussolini , Stalin " ( Umberto Galimberti ) .

Vero è che il papa ha lanciato messaggi di pace , ha attaccato le dinamiche del capitalismo globalizzato , conservando , però , ottimi rapporti con i potenti della terra .

Di più : le presunte rotture assumono una valenza riduttiva se si pensa all’etica sessuale , alle crociate contro l’aborto e contro i gay , all’avversione per la teologia latinoamericana della liberazione , all’opposizione al sacerdozio femminile , e via dicendo .

Ma la sommaria ricostruzione del lungo pontificato non può prescindere da un inquietante episodio, ovvero l’incontro a Santiago del Cile tra Pinochet e Giovanni Paolo II .

Pertanto , pur riconoscendo che il suddetto pontificato può generare chiavi di lettura divergenti , ritengo che l’autentico innovatore sia stato Giovanni XXIII , vuoi perché con semplicità e coerenza ha interpretato lo spirito evangelico , vuoi perché si è impegnato concretamente nel rinnovamento dell’azione religiosa .

In effetti , egli ha ridisegnato un nuovo volto della chiesa , non presupponendo il primato del cattolicesimo e puntando sul pluralismo religioso e sul dialogo con tutte le componenti umane , politiche e religiose, . Inoltre , l’enciclica "Pacem in terris " ha valorizzato il laicato , il rispetto assoluto delle minoranze , l’universalità dei popoli e la diversità delle religioni cristiane e non cristiane , non sottovalutando le problematiche relative alla pace , alla fame del mondo , all’analfabetismo . Ma per evidenziare lo spirito completamente nuovo di papa Giovanni vale la pena di riportare il giudizio di Pasolini . " Papa Giovanni XXIII non è stato semplicemente un buon papa , un’apparizione angelica , nella nostra società e nella nostra storia . E’ stato qualcosa di molto più profondo , di molto più definitivo …Papa Giovanni è stato il primo uomo della Chiesa a vivere al massimo livello , appunto , l’esperienza laica e democratica del nostro ultimo secolo . A vivere cioè quello che la borghesia ha dato di meglio , dalla Rivoluzione francese in poi " ( Conferenza di Brescia).

Non senza ragione il pontificato di Giovanni XXIII è stato avversato all’esterno e all’interno della chiesa .

Il che dovrebbe promuovere una riflessione , perché di fatto chi intende mutare lo status quo viene penalizzato e non beatificato .

Il papa buono , l’uomo del popolo , ha dunque operato rotture significative ,sia perché è stato l’autentico depositario del verbo cristiano , sia perché ha sostenuto le istanze del bene comune . Intanto , con l’elezione del nuovo papa si profilano all’orizzonte tempi sempre più oscuri . Difatti Joseph Ratzinger non ha solo il volto rugoso e conservatore della più retriva ortodossia cattolica , ma è anche un pericoloso integralista . Il che non concede spazio all’ottimismo .

In realtà , oggi , si registra l’uso deplorevole del cristianesimo , tant’è che esso viene strumentalizzato anche dai falsi profeti della " sinistra " nelle campagne elettorali .

La verità è che il cristianesimo è diventato il rifugio di " anime belle " e , al tempo stesso , un articolo di propaganda da spendere nel mercato politico-mediatico .

Sicché , per cercare di liberare Sisifo dagli inferi , si dovrebbe rompere il rapporto simbiotico tra pubblicità elettorale –religiosa e pubblicità commerciale .

Pertanto, per evitare di inquinare il messaggio di Cristo , sarebbe opportuno ascoltare la parola del messia , perché " la percettibile voce del Dio incarnato non spiega o descrive , ma realizza la presenza del verbo nel mondo , quella presenza che è , a un tempo , pegno di salvezza e salvezza effettuale "( Paolo Virno ) .

In effetti , la forza rivoluzionaria del cristianesimo , il conatus del materialismo delle origini e l’apertura illimitata del verbo , potrebbero disvelare , fuori dalla logica del potere , l’amicizia sovrana . Ma c’è di più , infatti , per rispondere alle sfide del presente occorrerebbe rivisitare la lezione spinoziana , perché essa valica l’istanza ascetica , sottolinea il carattere radicale della liberazione e prospetta la democrazia assoluta . Ovviamente quest’ultima rimanda alla laicità , che notoriamente è opposta ai confessionalismi , e più in generale a qualsiasi forma culturale e politica di dogmatismo .

L’istanza laica , dunque , è garanzia delle libertà e della civile convivenza sociale tra culture .

Purtroppo oggi , come sostiene Emanuele Severino , la laicità " è la forza che manca al mondo " .

Ciò e da collegare alla questione del deficit democratico , alle chiusure identitarie , all’incapacità di attivare una politica comunitaria fuori dalle categorie tradizionali formate nell’esperienza nazionale .

Da qui la recrudescenza del confessionalismo , del fondamentalismo , del fanatismo , del culturalismo e delle manifestazioni di esclusivismo religioso .

Ne deriva che, oggi, le istanze della laicità assumono solo una valenza formale . Basti pensare al ricorrente gergo ufficiale e al coro unanime dei politicanti in occasione della morte del papa . Ma a questo proposito è bene tener presente che " il gergo è lo strumento verbale dell’ipocrisia , e l’ipocrisia è il tributo che il vizio paga alla virtù " .

Intanto , non si intravede un modello alternativo di società che sia in grado di creare un’appartenenza non esclusiva e che sia capace di promuovere la prassi della differenza .

A ciò si aggiunge che l’ideologia dei poteri costituiti sta inficiando la possibilità di una narrazione rivoluzionaria , sicché per scongiurare il pericolo che la redenzione del passato oppresso e del presente censurato si traduca in una Estrema Unzione , bisogna rimuovere alcune categorie , come la rappresentanza , la sovranità nazionale , la delega , il rituale del voto . Per quanto concerne la sovranità ritengo utile ricordare un "cattivo maestro", cioè Luciano Ferrari Bravo . Quest’ultimo ha lucidamente osservato che essa è una figura double-face , infatti , la sovranità non può essere definita in maniera essenzialista , perché di fatto è una costituzione artificiale del rapporto tra chi comanda e chi obbedisce .

Sicché per " mirare al di là di ciò che esiste " , sarebbe auspicabile un nuovo approccio della scienza politica , perchè nè le clausole di un trattato , né un programma di partito o di governo " possono disegnare una nuova cartografia . L’inadeguatezza dell’ingegneria elettorale e istituzionale , dunque , dovrebbe spingere a dissolvere la razionalità strumentale del capitalismo maturo per promuovere forme alternative di comunità in vista della "costituzione" sociale sovranazionale . Lo sviluppo di traiettorie costituenti non può quindi prescindere dall’estinzione del concetto stesso di sovranità nazionale .

A questo punto si pongono alcuni quesiti : come si può rendere operante l’efficacia etica del materialismo ?Come si può accomunare l’economia politica e la realtà libidinale ? E soprattutto, come si può produrre una rivoluzione conviviale desiderante ? Le parole chiave sono : disobbedienza attiva , defezione , esodo . Ovviamente le pratiche disobbedienti dovrebbero assumere un atteggiamento costituente e ,al tempo stesso, dovrebbero creare forme auto-organizzative , fuori dalle dinamiche istituzionali , fuori dalla logica del potere e fuori dagli equilibrismi politici .

Intanto , mentre i leader della sinistra ufficiale , ossia i futuri " vincitori ", sono impegnati a decidere la spartizione delle poltrone , Luca Casarini e Francesco Caruso rischiano la galera .

Pur constatando il tramonto della dialettica tra senso e non senso , ritengo che il mondo non possa riprendere il suo corso , vuoi perché il contesto decisamente metarmofosato non consente la ripetizione stereotipata , vuoi perché non mancano i desideri di liberazione .

Pertanto , da spinozista irriducibile , auspico l’organizzazione della disutopia e spero , al tempo stesso , che esploda una soggettività biopolitica autenticamente rivoluzionaria .

Per coniugare desideri e verità effettuale , bisogna , però , tener presente che " la dismisura moltitudinaria è , per così dire , laterale , non sovraordinata , non onnipotente né soprastante il corso del mondo ….Non si fa soggetto, sebbene produca soggettività e prassi . Ma appunto : prassi senza soggetto " ( Augusto Illuminati – " Revenge ") .

Wanda Piccinonno

 

 

 

 

 

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