Vi allego copie di articoli di giornale, risposta dell'antitrust ed esposto predisposto dall'avv. Provenzano, insieme con il Consigliere Regionale Carlo Madaro, di Italia dei Valori, che hanno presentato all'AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO.
La vicenda merita il giusto approfondimento, in quanto involge aspetti particolarmente delicati, che riguardano direttamente i cittadini. In altri termini, un ex dipendente di primaria compagnia d'assicurazioni ha segnalato l'alterazione, da parte della Compagnia di assicurazione da cui dipendeva, dei dati relativi ai sinistri, il che innestava una serie di processi dai quali molti ricevevano vantaggi ingiustificati, il cui costo andava a ricadere sui cittadini-consumatori .
Il prefato dipendente per non aver accettato di adottare simili procedure è stato licenziato; innanzi la Procura di Lecce e quella di Milano, pende indagine penale tendente ad accertare la sussistenza, in quanto denunciato , di estremi di reato.
L'Autorità Garante, a seguito dell'esposto presentato, ha aperto un procedimento del cui esito ancora non abbiamo notizia.
Resto a disposizione per quanto dovesse ancora occorrere ovvero per chiarimenti ed approfondimenti.
Distinti saluti


Giovanni D'Agata


La concentrazione dei servizi

di liquidazione dei sinistri:

un nuovo caso di violazione

della normativa antitrust?

Nel nostro Paese l’assicurazione della responsabilità civile degli autoveicoli è obbligatoria dal 1969, ed il suo costo pertanto grava su ciascuno di noi al pari di un vero e proprio tributo, dovuto verso la collettività per garantire la pacifica circolazione dei veicoli e quindi le comunicazioni ed i trasporti. Chi acquista un’automobile spesso investe un capitale consistente, o si accolla mutui onerosi, e ponendola sulla strada la espone al rischio di poter essere seriamente danneggiata, se non distrutta, senza che in alcun modo egli possa fare nulla per evitarlo; cosa ancor più grave, il responsabile di tale danneggiamento potrebbe essere assolutamente impossidente ed insolvibile, per cui il suddetto incolpevole proprietario si vedrebbe irreparabilmente privato del frutto del cospicuo investimento effettuato.

L’assicurazione obbligatoria è il rimedio avverso tale rischio, ed il relativo onere, molto spesso corrisposto "a vuoto", cioè senza che l’assicurato abbia provocato danni ed abbia pertanto avuto un ritorno effettivo in termini di garanzia, copre non solo il costo della diretta responsabilità di ciascun automobilista, ma anche la quota, che su tale automobilista ricade, di una sorta di "responsabilità collettiva", derivante dalla necessità, per la collettività stessa, di salvaguardare non solo la libera circolazione dei veicoli ma, a monte di essa, la stessa produzione e vendita di questi. Certamente l’acquisto di una autovettura costosa sarebbe fortemente condizionato, se non fosse coperto, attraverso la obbligatorietà dell’assicurazione, il rischio del suo danneggiamento o della sua perdita a causa di persona insolvibile.

Questa condizione ibrida, a metà tra il contratto di diritto privato ed il tributo, che ha pertanto assunto il contratto di assicurazione per la responsabilità civile obbligatoria, ha necessariamente comportato una rigida regolamentazione dello stesso, ed in particolare delle sue tariffe, determinate legislativamente a seguito di verifiche ed accertamenti in linea di principio rigorosi (art.14 L.990/69); si riteneva giusto, infatti, che il premio di assicurazione, proprio per la sua natura di carattere pubblicistico, dovesse essere autoritativamente determinato con provvedimento del Governo nell’interesse dei cittadini. Una tale situazione non poteva, però, mantenersi immutata nel tempo, in quanto veniva via via mutando lo scenario internazionale, il mercato interno e, conseguenza di entrambi i mutamenti, la normativa applicabile; si è pervenuti, pertanto, ad un sistema di liberalizzazione delle tariffe, che nelle aspettative avrebbe dovuto stimolare la concorrenza, migliorando il servizio e facendo ridurre i costi per il cittadino.

Così, invece, non è stato; o, meglio, così non è stato in Italia. La liberalizzazione, infatti, in altri Paesi ha portato gli effetti auspicati, mentre invece in Italia le tariffe per l’assicurazione della responsabilità civile autoveicoli sono cresciute all’inverosimile.

 

(Fonte:AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO- Indagine conoscitiva 17/04/2003)

Come si può agevolmente desumere dalla tabella sopra riportata, infatti, nell’ambito temporale 1994-2001 i premi in Italia sono cresciuti dell’84,4%, a fronte di un incremento dei costi dei sinistri, nel medesimo periodo, pari al 68,1%; emerge un divario pari quasi ad un 20% assolutamente ingiustificato, tanto più se si rapportano i suddetti dati a quelli riscontrati negli altri Paesi europei. Nel periodo 1996-2002, i premi in Italia hanno avuto un incremento del 96,7%, a fronte del 19,7 % registrato in Germania, del 35,6% in Spagna e addirittura di un -8% in Francia! Nel medesimo periodo, l’incremento medio registrato nei Paesi dell’Unione europea ammontava al 28,4% (il dato del Regno Unito, che, pur a distanza, si avvicina a quello italiano non è attendibile in quanto fortemente influenzato dall’andamento della moneta britannica, notevolmente apprezzatasi nel periodo in esame, con conseguente incremento del costo della vita).

La liberalizzazione, in altri termini, nel nostro Paese non ha assolutamente favorito la concorrenza e la conseguente diminuzione delle tariffe, e di tanto ha dovuto pubblicamente dare atto perfino lo stesso prof.Giuseppe Tesauro, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il quale, in una intervista al giornale "Il Mattino" in data 26/09/2002, affermava:"La Rc auto è senza concorrenza".

Non spetta certo a noi indagare i motivi di fondo che hanno provocato tale fenomeno anomalo né questa è la sede per farlo; senza compiere grandi indagini, tuttavia, alla comprensione della vicenda può dare un contributo determinante la sonora stangata inferta dall’Autorità garante ad un cospicuo numero di Compagnie di Assicurazioni, che nell’insieme rappresentavano la gran parte del mercato nazionale, per violazione della normativa sulla concorrenza.

Nel 2000, infatti, l’Autorità garante, esaminando i comportamenti delle Compagnie di assicurazione presenti sul mercato, ed in particolare l’andamento delle tariffe praticate in regime di liberalizzazione e le modalità di determinazione delle stesse, ha rilevato un andamento anomalo di tali processi ed una sincronia quanto meno sospetta nell’innalzamento delle tariffe in determinate aree. Ha, pertanto, individuato, a monte di tali processi, l’esistenza di un accordo finalizzato all’eliminazione della concorrenza tra le varie Compagnie: in altri termini, le Compagnie, secondo l’Autorità garante, lungi dal comportarsi come soggetti che agiscono in regime di libera concorrenza, mantenendo innanzitutto il segreto sui propri dati e rilevamenti interni, si scambiavano liberamente tali dati, il che aveva loro consentito di evitare il prodursi dell’effetto principale della concorrenza, e cioè la diminuzione delle tariffe.

Le Compagnie, secondo l’Autorità garante, avevano costituito un "cartello", tramite il quale procedere allo scambio di informazioni sensibili riguardanti le tariffe, che pertanto risultavano stranamente uniformi tra le varie Compagnie, nonostante le evidenti diversità soggettive tra le stesse e le diverse condizioni di mercato in cui operavano. La conseguenza fu una maxi multa di ben 700 miliardi di lire (all’epoca correnti) nei confronti di ben trentotto Compagnie per violazione della normativa in materia di concorrenza.

Il provvedimento fu confermato dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio e successivamente dal Consiglio di Stato, anche se, alla fine del naturale quanto prevedibile iter giurisdizionale, il numero delle Compagnie sanzionate fu ridotto a diciassette, ritenendo il Giudice amministrativo estranee all’accordo le altre ventuno.

La vicenda pose al centro dell’attenzione il mondo assicurativo, reo di aver provocato, attraverso tali procedimenti non proprio ortodossi, un danno incalcolabile alla collettività ed in particolare ai consumatori. Trascuriamo di ripercorrere in questa fase la vicenda relativa ai rimborsi dei premi pagati in eccedenza proprio a causa della suddetta manipolazione, essendo questione ancora aperta, e dell’indecoroso comportamento del Governo italiano, che, attraverso il famigerato "decreto Marsano" introduceva una norma di procedura civile con l’unico spregiudicato fine di tutelare le Compagnie di assicurazioni verso le giuste rivendicazioni dei consumatori, che chiedevano la restituzione di quanto pagato in più a seguito del suddetto censurato comportamento delle Compagnie.

Rammentiamo che lo stesso ISVAP, istituto creato proprio per esercitare funzioni di vigilanza sulle assicurazioni, fu accusato di connivenza o quanto meno di omessa sorveglianza, e furono perfino avviati procedimenti penali a carico dei suoi dirigenti per l’accertamento dell’eventuale sussistenza di fatti rilevanti sotto tale profilo.

Ma l’intera vicenda, al di là del clamore sollevato, non diede gli effetti sperati; ed infatti, nonostante l’ormai definitivo accertamento dell’avvenuto accordo violativo della concorrenza, il consumatore non riuscì ad avvertire alcun concreto beneficio, poiché le tariffe continuarono a seguire il loro andamento precedente, aumentando costantemente, senza registrare in alcun modo variazioni conseguenti alle vicende esterne del mercato.

Nulla ha potuto tranquillizzare il consumatore in ordine alla circostanza che le Compagnie colte con le mani nel sacco possano essersi emendate, ed abbiano avviato processi virtuosi attraverso i quali determinare le proprie tariffe in maniera corretta e trasparente. La stessa introduzione della cosiddetta "patente a punti", che, quanto meno nel primo periodo di applicazione, ha portato a conseguenze benefiche per la collettività, riducendo considerevolmente il numero dei sinistri e la loro portata lesiva, non ha prodotto alcun risultato apprezzabile in ordine alle tariffe, che non hanno in alcun modo registrato alcuna riduzione conseguente alla suddetta riduzione dei sinistri.

La sensazione è che, nonostante la normativa che regola la concorrenza, nonostante la conclamata violazione della stessa da parte delle Compagnie, nonostante la liberalizzazione delle tariffe, e nonostante ogni altro evento che possa in qualsivoglia modo intervenire a modificare il processo di formazione delle tariffe, le Compagnie di assicurazioni, sfruttando la condizione di preminenza che riviene loro dalla stessa obbligatorietà dell’assicurazione, continuino in qualche modo a "fare cartello", scambiandosi informazioni sensibili che avrebbero in linea teorica dovuto coprire del più rigoroso segreto, e coordinando le rispettive azioni in maniera tale da determinare per sé stesse profitti sempre più cospicui, a danno della collettività. La sensazione è, pertanto, che i dati su cui le stesse si basano nella formazione delle tariffe siano, se non manipolati, quanto meno "pilotati".

Tale sensazione è stata confermata dai dati riportati nella tabella soprastante, estrapolata dalla relazione redatta il 17/04/2003 dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a conclusione dell’indagine conoscitiva sul settore della responsabilità civile auto, che ha espressamente rilevato un costante aumento dei premi di assicurazione, nonostante la liberalizzazione, a fronte di una scarsa innovazione e di una qualità sostanzialmente invariata dei prodotti. Tale fenomeno costituisce un’anomalia in campo europeo, dove invece le tariffe hanno risentito in maniera concreta del processo di liberalizzazione e di ogni altro evento idoneo a modificarle. I premi di competenza, nel periodo 1994 - 2001, si sono pressocchè raddoppiati (la percentuale è vicina al 90%), mentre il costo dei sinistri è cresciuto di una percentuale largamente inferiore, e vicina al 70%.

Ad ulteriore conferma di tale sensazione vi è la constatazione che diversi gruppi assicurativi stanno in questi anni operando delle ristrutturazioni che appaiono in contrasto con i principi di razionale gestione delle risorse, e di contro tendenzialmente idonee a produrre un aggravio di costi, in luogo di benefici. Il riferimento è all’accorpamento ed accentramento del servizio di liquidazione dei danni, tramite uffici sinistri elefantiaci e "call center".

Le Compagnie in questione, che, guarda caso, rientrano tra quelle già sanzionate dall’Autorità garante, stanno gradualmente ristrutturando i propri servizi di liquidazione, o accorpandoli (vedasi Gruppo SAI-FONDIARIA, Gruppo TORO) ovvero creando società ad hoc alle quali demandare la gestione del servizio sinistri (vedasi G.G.L per il Gruppo Generali e RASSERVICE per il gruppo RAS).

La tendenza è confermata all’analisi delle strutture organizzative preposte alla liquidazione dei sinistri delle imprese operanti i Italia nel ramo R.C. auto, compiuta dall’ISVAP, e contenuta nella circolare n.535/S emanata in data 06/07/04, nella quale si evince come, alla data del 31/12/03, sia enormemente aumentato il rapporto tra veicoli circolanti e punti di contatto (cioè le strutture liquidative che hanno contatto con l’utente finale avente diritto al risarcimento) e quello tra il territorio ed i punti di contatto. Nell’arco degli ultimi tre anni, si legge nella relazione citata, il primo dei due rapporti è aumentato di oltre il 40%: si è passati, cioè, da un numero di veicoli circolanti per punto di contatto pari a 4.700 nel 2000 a 6.624 veicoli per punto di contatto nel 2003. Contestualmente è aumentata la superficie media del territorio assegnato a ciascun punto di contatto: da una media di km/q.38 nel 2000 per punto di contatto si è passati ad una media di km/q.45 nel 2003, con un incremento del 20% circa. E’ aumentato notevolmente, infine, il numero di sinistri gestito dai call center: da un numero complessivo di 728.136 si è passati a 926.191, con un incremento del 27% (tali dati sono riferiti ai call center la cui attività non sia limitata alla sola raccolta delle denunce ed all’attribuzione degli incarichi ai periti, e pertanto, considerando nel novero anche quelli che limitano la propria attività a questi aspetti, la percentuale è destinata ad incrementarsi ulteriormente).

La rete di uffici di liquidazione sul territorio viene progressivamente smantellata, per essere sostituita da una serie di uffici centralizzati e di dimensioni sempre maggiori. Il danneggiato non ha più un rapporto con una persona in carne ed ossa, ma deve chiamare un numero verde, che procede ad avviare la pratica assegnando il numero di sinistro, incaricando il perito, trasmettendo l’incartamento all’ufficio di liquidazione più vicino. Ovviamente, per poter essere funzionale ed efficiente, il call center deve essere dimensionato alle esigenze per le quali è creato (dimensione del territorio di competenza, numero di sinistri attribuiti ecc.); quando, come nella realtà avviene, tale dimensionamento è improntato all’assoluta insufficienza, il call center non è più uno strumento di razionalizzazione delle risorse, ma diviene un ingiustificato appesantimento della procedura ed aggravio dei costi. E questo è solo il primo ostacolo che il malcapitato danneggiato si vede frapporre rispetto il giusto quanto agognato risarcimento; volendo ipotizzare che, alla fine, il call center ha risposto, il numero di sinistro è stato attribuito e la perizia è stata effettuata, il nostro danneggiato, per poter apprendere il responso del perito deve recarsi presso il centro di liquidazione, che molto spesso si trova distante dalla sua residenza, essendo gli stessi centralizzati per province o regioni, fare una fila immensa, magari solo per sentirsi dire "torni la settimana prossima perché la pratica non è pronta". In alternativa, nel caso di trattazione telefonica del danno, deve provare e riprovare fino a trovare la linea libera negli orari previsti, e avere la disponibilità di fax, e-mail ed altri ritrovati tecnologici per poter compiutamente dialogare e dimostrare documentalmente la fondatezza dei propri assunti.

Il risultato di questo procedimento sommariamente descritto è un peggioramento notevole, in termini di qualità, del servizio reso (un servizio al quale, è bene rammentarlo, il danneggiato ha già ampiamento contribuito, quale utente della strada ed in quanto tale certamente titolare di proprie polizze di assicurazione per la responsabilità civile obbligatoria), che costituisce comunque un risarcimento, e non una beneficenza. L’art.1182 del codice civile prevede che l’obbligazione risarcitoria vada adempiuta presso il domicilio del creditore, il quale invece in questo caso viene costretto non solo a recarsi presso il domicilio del debitore, ma a farlo in condizioni di disagio e di assoluta subalternità. La centralizzazione e la spersonalizzazione del servizio di liquidazione dei danni si risolve, in definitiva, nell’aggravamento del danno, poichè comportano il dilatarsi dei tempi di risarcimento e perdite notevoli di tempo per il danneggiato, e quindi un danno che non viene mai risarcito da nessuno.

Il danneggiato, di conseguenza, è portato a cercare di compensare tali perdite non risarcibili "gonfiando" artatamente la richiesta di risarcimento ovvero tentando di lucrare risarcimenti per danni inesistenti (ad esempio i famigerati "colpi di frusta"); è un comportamento certamente censurabile, perché contrario ai principi generali di lealtà e buona fede, se non addirittura a norme penali, ma è altamente comprensibile perché, in questo contesto, il comportamento della Compagnia di assicurazioni viene percepito come iniquo, con conseguente legittimazione di qualsivoglia altro comportamento altrettanto iniquo.

Riteniamo, di contro, che un comportamento altamente etico delle Compagnie potrebbe stimolare i danneggiati ad assumere un comportamento altrettanto etico.

Il sistema descritto provoca, peraltro, un altro effetto perverso e certamente contrario ai principi di economicità e razionalizzazione delle risorse per cui appare pensato: il danneggiato, a fronte di una prassi liquidativa per lui complicata e gravosa, è sempre più portato a non gestire personalmente la pratica di risarcimento, ma a rivolgersi a professionisti (avvocati, studi di consulenza), il cui intervento costituisce ineluttabilmente un ulteriore elemento di costo dei sinistri che potrebbe, di contro, essere agevolmente evitato. Non solo; ma gli stessi professionisti, di fronte alla prospettiva di perdite di tempo bibliche in attese a volte inutili, sono portati sempre più a risolvere le problematiche liquidative in sede contenziosa, con ciò aggravando gli uffici dei Giudice di Pace di ulteriore carico di lavoro ed i costi di liquidazione dei relativi oneri. Ciò si verifica in particolare per i sinistri di scarso valore, che costituiscono la gran parte del numero complessivo dei sinistri che periodicamente si verificano, in quanto il professionista è scarsamente motivato a perdere una giornata di tempo (cosa non rara nei grandi centri di liquidazione) per poter ottenere la liquidazione di un sinistro di scarso valore, dal quale potrà ricavare un compenso esiguo.

Il ricorso al contenzioso aggrava enormemente il costo del sinistro, e spesso le parecelle degli avvocati e dei consulenti tecnici, di parte e d’ufficio, superano largamente lo stesso costo puro del risarcimento. Non va dimenticato, poi, che tali costi crescono in maniera inversamente proporzionale ed incidono pertanto, in linea percentuale, in maniera più elevata nei giudizi di valore inferiore, rispetto a quelli di valore superiore. Entrando in dettaglio, dieci cause del valore di €.1.000 l’una producono costi, per compensi agli avvocati ed ai consulenti, superiori a quelli di un causa in cui si discuta di un risarcimento da €.10.000.

E’ evidente come tutto ciò produca una spirale perversa, che si traduce in un complessivo aggravio dei costi dei risarcimenti, che a sua volta produce un aumento delle tariffe, che pertanto vengono percepite sempre più come inique da parte dei consumatori, i quali, laddove se ne presenti l’opportunità, tenteranno di recuperare dalle Compagnie quanto ritengono sia stato loro iniquamente sottratto, il che produrrà ancora un aggravio dei costi per il risarcimenti, e così via……

Ma allora, se queste facili considerazioni sono alla portata di chiunque sia anche solo un poco addentro al mondo assicurativo o giudiziario, perché le Compagnie di Assicurazioni perseguono una politica che, in tutta evidenza, comporta per loro delle conseguenze così deleterie?

Le risposte a questa domanda, che possono essere molteplici ed articolate, non spettano certamente a noi, né tantomeno possono essere formulate in questa sede; all’uomo della strada viene comunque spontaneo rilevare come, se un’impresa commerciale in grado, per le sue dimensioni, di influenzare il mercato, compie una scelta di questo tipo, certamente auspica, se non ne ha la certezza, che le conseguenze negative di tale scelta non ricadano su di lei. In altri termini, i costi reali della scelta non vengono pagati, in termini di minore redditività, dalla Compagnia, ma ricadono, in termini di aumenti delle tariffe, sulla collettività.

Tale risultato può essere ottenuto tramite un controllo sulle tariffe, che viene operato dalle Compagnie, in violazione della normativa relativa alla concorrenza, non più tramite le acquisizioni sociali, sottoposte a rigorosi limiti e controlli, non più attraverso le comunicazioni di dati sensibili tra le diverse Compagnie, ma attraverso la condivisione dei centri di liquidazione e delle relative procedure informatiche.

In altri termini, le Compagnie oggi continuano a trasmettersi, in violazione della normativa sulla concorrenza e del provvedimento dell’Autorità garante, gli stessi dati sensibili che si passavano l’una con l’altra in precedenza, e per cui sono state sottoposte alla sanzione della predetta Autorità, solo che oggi lo fanno in maniera più subdola, utilizzando i dati dei sinistri di ciascuna.

Tali dati sono presenti nel sistema informatico della società consortile che gestisce i sinistri per conto delle Compagnie che l’hanno costituita, e sono facilmente accessibili nell’ambito dei grossi centri di liquidazione che altre Compagnie, senza ricorrere al predetto espediente, hanno comunque creato. Il "cartello" è ancora presente, e, per dirla con le parole del Garante Antitrust Tesauro, "un cartello non si fa per abbassare le tariffe". Attraverso la conoscenza dei dati relativi alla liquidazione dei danni presenti nei programmi informatici delle Compagnie che stanno procedendo a simili ristrutturazioni del servizio di liquidazione (che rappresentano una quota rilevante dell’intero mercato) le Compagnie medesime possono "pilotare" l’andamento delle tariffe, ottenendo che le stesse aumentino costantemente, ed attraverso tale aumento possono rastrellare sempre maggiori risorse finanziarie.

Il vero nodo della questione sta qui, ed altrimenti non si comprenderebbe il motivo per cui le Compagnie debbano rastrellare maggiori importi sotto forma di premi se poi devono pagare maggiori risarcimenti. Viviamo nell’era della economia virtuale e della finanza creativa, ed i recenti casi PARMALAT e BANCA 121, per rimanere al panorama italiano, lo insegnano. La ricchezza non si accumula più, o non solo, secondo i tradizionali processi produttivi: "spendo 5 per produrre, vendo a 7, guadagno 2"; parlando di società di dimensioni notevoli, tali da influenzare il mercato, e maggiormente di concentrazioni o cartelli tra esse, più che il guadagno sulla singola operazione conta il flusso finanziario che si riesce a creare, e l’uso che di tale risorsa si riesce a compiere.

In altri termini, nell’odierno mercato globale e virtuale, la Compagnia di assicurazioni può non avere più interesse a guadagnare nella gestione di un ramo assicurativo, o nello stesso proprio esercizio dell’attività nel suo complesso, essendo sufficiente che dalla gestione di tale attività derivi comunque un cospicuo flusso di denaro, che di per sé comporta un apprezzamento in borsa del titolo della Compagnia che di tale flusso beneficia, e che costituisce valida base finanziaria per ulteriori manovre speculative.

In tale ottica, ad una Compagnia può non importare se il saldo netto tra premi acquisiti e sinistri pagati non sia eccessivamente remunerativo o addirittura sia passivo, poiché tra l’incasso del premio ed il pagamento del risarcimento corre comunque un lasso di tempo sufficiente perché il flusso finanziario determinato dall’acquisizione di premi sempre maggiori possa essere utilizzato in manovre speculative, determinando conseguenze favorevoli e comunque tali da superare le possibili conseguenze negative dell’eccessivo costo dei premi.

E’ una condizione precaria ed instabile, che nessuna economia sana può tollerare, e che qualsiasi evento imponderabile può far crollare, ma non è fantascienza: è quanto si è verificato proprio poco tempo fa e proprio a casa nostra, nei grandi scandali finanziari che ancora tengono banco sui vari giornali.

E’ per questo che, nella nostra qualità di cittadini attenti alle vicende del nostro Paese, che pongono al centro del proprio impegno politico il rispetto delle leggi e la tutela dei diritti dei più deboli, abbiamo deciso di formulare il presente documento, che non vuole costituire un atto di accusa verso nessuno, ma semplicemente vuole esprimere le libere considerazioni che un cittadino attento e responsabile formula rispetto determinati processi che si svolgono sotto i suoi occhi, ed un forte richiamo rivolto alle Autorità di vigilanza perché intervengano, evitando che si verifichi un nuovo caso PARMALAT.

Lecce, 10 settembre 2004

 

ITALIA DEI VALORI - LISTA DI PIETRO

(p. l’esecutivo provinciale)

avv.Piergiorgio Provenzano

cell.389/8066824

 

COMUNICATO STAMPA

Lecce, 11/09/04

Il recente caso PARMALAT, riflesso in ambito nazionale di altri fenomeni altrettanto inquietanti verificatisi sullo scenario mondiale, è l’ulteriore testimonianza di quanto la grande impresa attualmente non tenga in alcun conto la persona umana, i suoi diritti ed i suoi bisogni; tale aspetto è stato estremamente acuito dal fenomeno della globalizzazione, che in questi anni ha accelerato i processi di accrescimento delle imprese, che per poter essere competitive sul mercato mondiale sono costrette ad assumere dimensioni sempre maggiori, e maggiormente si disumanizzano.

ITALIA DEI VALORI è sensibile alle tematiche dei diritti del cittadino e della loro difesa, e nell’ambito di tale attività ha registrato numerose segnalazioni inerenti il mondo delle assicurazioni, e dellassicurazione obbligatoria degli autoveicoli in particolare, percepito sempre più come iniquo da parte dei consumatori. In particolare, nell’ambito di tale azione politica, è stato individuato un fenomeno che è stato ritenuto meritevole di segnalazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e che, laddove confermato, potrà dar luogo ad un nuovo procedimento di infrazione a carico di primarie Compagnie per violazione della normativa sulla concorrenza.

Il fenomeno, che riguarda la concentrazione del servizio di liquidazione danni, è stato descritto in un documento, a firma del Consigliere Regionale del nostro partito, dr.Carlo MADARO, e dal sottoscritto avv.Piergiorgio PROVENZANO, componente l’esecutivo provinciale del partito, e che, prima di essere inoltrato alla suddetta Autorità garante, sarà presentato alla stampa ed ai cittadini in occasione della

 

 

 

 

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