La ruota e la sega La ruota e la sega, due antichi terribili strumenti di tortura



Questo supplizio, utilizzato soprattutto in Germania ed in Francia, consisteva in due fasi: la prima pubblica, per fornire gli opportuni esempi, in cui alla vittima venivano spezzati degli arti, la seconda in cui, legata la persona alla ruota e issata su un palo, veniva lasciata in balia di volatili e roditori. La sega è stato un altro assai comune strumento di tortura e di morte. La vittima era tenuta capovolta perché il dissanguamento fosse più lento, perché il maggiore afflusso di sangue al cervello acuisse la sensibilità al dolore. Venivano puniti con la sega coloro che si erano macchiati di ribellione, coloro che avevano disubbidito agli ordini militari, coloro che venivano accusati di stregoneria, oltre agli omosessuali a cui venivano devastati i genitali.

La sedia inquisitoria Uno dei più comuni strumenti di tortura usato dai Tribunali dell'Inquisizione, era quello della sedia inquisitoria

La sedia inquisitoria era normalmente adoperata dai Tribunali dell'Inquisizione. Era una poltrona arricchita da tanti aculei sulla quale veniva immobilizzata la vittima tenuta stretta da fasce e barre alle gambe, al torace, ai polsi. La sedia aveva anche dei fori, sotto al sedile, che consentivano il posizionamento sotto la vittima di bracieri che provocavano ustioni assai dolorose. Sempre presenti, come di norma, chirurgo e notaio, per registrare ogni cosa e per intervenire in caso di "incidente", una volta sperabilmente risolto il quale, si riprendeva alacremente. La sedia inquisitoria, alla stessa stregua degli altri strumenti di tortura, aveva la duplice valenza di un effetto psicologico preventivo e di una dura punizione successiva. Per la sua efficacia veniva usata in Germania, in Spagna, in Francia, in Inghilterra, oltre che in Italia.

La culla di Giuda Uno dei tanti, antichi, terribili strumenti di tortura



L'ideazione del sistema detto "culla di Giuda" viene attribuita ad Ippolito Marsili ed appare come un concentrato della più orribile delle crudeltà. Il torturato era tenuto sospeso, attraverso un complesso sitema di corde, al di sopra di un cavalletto con la punta acuminata. Muovendo la corda principale, si operava la penetrazione della punta acuminata nei genitali o nell'ano. Ma questa orribile tortura non sembrava sufficiente perché il sitema determinava una veglia permanente, da qui il nome dello strumento, giacché il cavalletto non consentiva il rilassamento del corpo della vittima. La "veglia" era il risultato di una applicazione malefica dell'ingegneria atta a determinare il complesso sistema di corde e di movimenti. La penetrazione del cuneo era preordinata in modo tale da non provocare la morte, ma svenimenti o dolori indicibili. Un medico e un notaio dovevano assistere all'operazione, il primo per far ristabilire la vittima in caso di prossimità alla morte, onde poter far ricominciare la tortura, il secondo per verbalizzare ogni singolo momento degli accadimenti.

Il tondolo Nell'antica legislazione bolognese era compresa, fra le torture da infliggere, anche quella del tondolo o del tirello



La legislazione bolognese dei tempi medievali prevedeva, fra gli altri strumenti di tortura, il tondolo o tirello, peraltro utilizzato anche in altre realtà. L'accusato, come ricorda la dottoressa Maria Venticelli, con le mani legate dietro la schiena, veniva sollevato ripetutamente in aria, attraverso un complesso gioco di carrucole. Diversi erano i livelli di tortura che potevano essere inflitti attraverso il tondolo. Si passava dalla "terrizione reale", che più che altro era una sorta di supplizio psicologico consistente nel mostrare gli strumenti e ciò che stava per materializzarsi, alla tortura vera e propria, che poteva essere aggravata da pesi di vario genere ai piedi dell'imputato. Quest'ultimo in talune occasioni veniva catapultato di schianto fin quasi a terra e gli venivano dati diversi tratti di corda, sistemi di tortura talmente incisivi che inducevano molto spesso l'accusato a non negare più la propria colpevolezza vera o presunta.

La garrota La garrota è stato un terribile strumento di tortura, ai tempi dell'Inquisizione



La garrota fu uno strumento perfezionato in Spagna in cui venne utilizzato sino al 1975, anno dell'ultima esecuzione capitale. E' consistita in un palo infisso nel terreno a cui la vittima era accostata, legata per il collo. La corda viene stretta gradualmente, sino al soffocamento. La garrota ha subito delle modifiche nel tempo, venendo costituita anche da un anello fisso intorno al collo che teneva stretto la vittima, nel mentre una punta acuminata spinta da dietro consentiva di affondare tra le vertebre provocandone il distacco e una rapida morte.

L'impalamento e la cicogna di storpiatura Nel periodo dell'Inquisizione sono stati adoperati i più svariati strumenti di tortura, fra cui uno detto "l'impalamento" ed un altro chiamato "cicogna di storpiatura"



L'impalamento consisteva nel conficcare un palo dall'ano lungo la spina dorsale, fino alla fuoriuscita dalle spalle, evitando di lesionare gli organi vitali per prolungare l'agonia della vittima. Il sistema venne usato anche in paesi orientali: l'esposizione di prigioneri così ridotti terrorizzava i nemici. Anche l'Inquisizione spagnola se ne servì. La cicogna di storpiatura invece immobilizzava totalmente la vittima ed era costituita da un'asta che bloccava il collo, polsi e caviglie.

Diritti Umani - violenze fisiche con uso di armi da parte di attori statali



Negli ultimi mesi c'è stata un'enorme espansione dell'addestramento all'uso e dell'utilizzazione di moderne tecniche da parte delle forze di polizia e di sicurezza. Il numero dei paesi produttori e fornitori è aumentato da 30 negli anni '80 a più di 1300 nel 2000. La produzione, il commercio e la pubblicizzazione di equipaggiamenti che possono essere usati per torturare rappresentano un grnade business. E il commercio parallelo in addestramento nelle tecniche di tortura fisica e psichica può essere egualmente vantaggioso. Aziende e individui in tutto il mondo sono coinvolti nella fornitura di conoscenze e servizi progettati per il controllo del crimine e la sicurezza, ma che in pratica sono utilizzati per compiere abusi. E' un commercio internazionale, che coinvolge aziende sparse in tutti i continenti.



Il campionario dell'orrore



Manette, ceppi, serrapollici, catene e fruste sono tra gli strumenti di sicurezza più in uso. In ogni regione del mondo vengono regolarmente usati per violare i diritti umani dei prigionieri. Questi equipaggiamenti a bassa tecnologia sono trasferiti con pochissimo o adirittura nessun controllo governativo sui destinatari. La segretezza e l'assenza di controll facilita la loro fornitura a chi li utilizza per commettere torture. Alcuni di questi strumenti, come i ceppi, sono di per sé crudeli, inumani e degradanti e dovrebbero essere vietati. Altri, come i serrapollici, possono facilmente produrre violazioni di diritti umani. Nuove "armi non letali" vengono continuamente sviluppate e immesse sul mercato senza adeguati controlli sulle possibili violazioni dei diritti umani che possono esssere commessi con questi strumenti. Amnesty International ha raccolto molte prove sull'eccessivo uso della forza da parte di forze di polizia che hanno usato spray chimici e gas lacrimogeni direttamente sulla folla, in spazi angusti, mettendo in serie pericolo l'incolumità delle persone. Spesso l'abuso di tali prodotti ha avuto effetti mortali.

Spaventosa è stata, poi, in questi ultimi anni la diffusione di svariati modelli di armi elettriche, tra cui scudi, bastoni e le pistole "taser" che sparano ami appuntiti collegati attraverso fili che permettono a chi le usa di "sparare" la scossa a distanza. Queste armi vengono regolarmente utilizzate in molti paesi per infliggere torture e maltrattamenti, per estorcere confessioni e per intimidire gli attivisti per i diritti umani. Già dai primi anni '90 gli Stati Uniti non hanno impedito l'uso distorto delle moderne armi elettriche ad alti impulsi e alto voltaggio. Al contrario, le hanno esportate in paesi dove la tortura è assai praticata. Nel corso dell'ultimo decennio ne è stato fatto uso in prigioni, centri di detenzione e stazioni di polizia di oltre 60 paesi, molti dei quali in Africa. L'uso di tali armi è difficilmente individuabile. I torturatori spesso preferiscono usare la tortura con scosse elettriche proprio perché pensano che non lasci segni sui corpi delle vittime, impedendo a queste ultime di denunciare i crimini che hanno subìto. Gli effetti immediati di queste forme di tortura comprendono dolori atroci, perdita del controllo dei muscoli, nausea, convulsioni, svenimenti. Sono stati anche documentati irrigidimento dei muscoli e danni ai denti ed ai capelli, così come gravi lesioni mentali. Uno dei più drammatici sviluppi in questo commercio crudele è rappresentato dalle cinture elettriche, originariamente fabbricate negli Stati Uniti. Come afferma Dannis Kaufman, presidente della Stun-Tech Inc., una delle aziende che le producono, "l'elettricità parla tutte le lingue conosciute dagli uomini. Non servono traduzioni. Tutti hanno paura dell'elettricità, e con piena ragione". Il detenuto cui viene fatta indossare la cintura rimane fisicamente in contatto con essa per un tempo che può durare anche ore. Amnesty International ritiene che l'angoscia mentale causata dal solo fatto di indossare la cintura e la paura che venga azionata costituiscano, di per sé, un trattamento crudele, inumano e degradante. Solo per questo motivo il suo uso dovrebbe essere immediatamente bandito. La scossa elettrica può essere provocata da una guardia attraverso un meccanismo a distanza. Una volta attivata, la cintura scarica per otto secondi 50.000 volt nel rene sinistro del prigioniero. La scossa causa un'immediata perdita di controllo e sofferenze atroci che aumentano progressivamente.

Nel 1997 sono emerse prove che cinture elettriche fabbricate da aziende statunitensi sono state sperimentate in Sudafrica, un paese con persistenti problemi di tortura soprattutto nei confronti di detenuti in stato di fermo o in prigione. La produzione delle armi elettriche si è inizialmente sviluppata negli Stati Uniti. Ora tanti altri paesi, da cui arrivano numerose testimonianze di torture e maltrattamenti, hanno iniziato a fabbricarsele da soli. Una recente ricerca di Amnesty In ternational ha rivelato che, tra il 1998 e il 2000, 185 aziende di 25 paesi sono state coinvolte nella produzione, diffusione e intermediazione di equipaggiamenti che sono stati poi usati per infliggere torture. Gli Stati Uniti sono al primo posto tra le aziende produttrici di armi elettriche oltre che di ceppi, serrapollici e altri strumenti. Ma la produzione si effettua anche in Asia, Europa e in Sudafrica. Per quello che riguarda in particolare le armi elettriche, queste sono state prodotte e vendute, nel periodo preso in esame, da 42 aziende statunitensi, cui vanno aggiunte 30 aziende in Germania, 19 a Taiwan, 14 in Francia, 13 in Corea del Sud, 12 in Cina, 9 in Sudafrica, 8 in Israele, 6 in Messico, 5 in Polonia, 4 in Russia, 3 in Brasile e Spagna, 2 nella Repubblica Ceca. Questa espansione del mercato ha enormemente aumentato la disponibilità di armi elettriche di vario tipo, mentre i controlli sono sempre scarsi. Contemporaneamente, si è sviluppata la prassi di far passare queste armi attraverso triangolazioni o mediatori senza scrupoli che organizzano la spedizione e il supporto finanziario per questo commercio della vergogna.

Il 31 luglio 1996, 16 pendolari sono morti e altri 80 sono rimasti gravemente feriti durante una fuga di massa dalla stazione di Lembisa, a Johannesburg, in Sudafrica. Una commissione parlamentare ha investigato sulla tragedia e un mese dopo ha così concluso: "Le cause dirette e più immediate del disastro sono state le persistenti spinte e i colpi con bastoni elettrici ai pendolari da parte delle guardie private addette a/la sicurezza... in un modo crudele e inumano".
Il 31 ottobre dello stesso anno, gli addetti alla sicurezza dell'Università di Western Cape sono stati accusati di aver fatto uso di bastoni elettrici su una folla di studenti che cercavano di iscriversi per gli studi. Un testimone oculare ha parlato di "uno strano congegno color carbone rivolto contro gli studenti. Emetteva un suono come di un corto circuito e gli studenti indietreggiavano tra le grida della folla... "quando provavamo a riaprire la porta, le guardie ripetevano la stessa operazione."