GUERRA IN GEORGIA



Speriamo che la guerra in Georgia sia davvero finita, anche se la sua
storia passata ci fa pensare che questa pace, come questa guerra,
ripetute molte volte negli ultimi secoli e sempre ardenti sotto le
ceneri, siano destinate a ripetersi. Oggi però il conflitto fra
Georgia e Russia, cioè fra Sud Ossezia e Abkhasia in quell'area
cardine che è il Caucaso, minaccia gli allineamenti politici ed
economici non solo fra Nord e Sud, ma anche fra Est e Ovest. Nel
magico e propizio momento per i cinesi dello scoccare del 08.08.08,
mentre la maggioranza delle popolazioni mondiali seguiva l'apertura
dei Giochi Olimpici a Pechino, con una mossa vecchio stile Mosca ha
ricominciato ad asserire la sua volontà egemone sullo scacchiere mondiale.


La Russia ha ricoperto nel piccolo e confinante stato caucasico un
ruolo fondamentale durante tutti i trascorsi 225 anni. Infatti nel
1783 Caterina la Grande di Russia offrì la sua 'protezione alla
Georgia a fronte di una minaccia d'invasione congiunta persiano/turca,
senza poi muovere un dito quando prima i persiani, poi gli ottomani,
la invasero. La situazione cambiò leggermente nel 1801, quando
l'ultimo re georgiano Giorgi I offrì il suo regno allo Zar Paolo il
Pazzo in cambio di protezione. Ciò avrebbe dovuto avvenire a certe
condizioni, e cioè il riconoscimento di certi diritti alla popolazione
e il riconoscimento dei titoli della nobiltà.

Alla morte dello Zar
Paolo il Pazzo suo figlio Alessandro I stracciò il trattato e l'anno
stesso annesse la Georgia al suo impero. La resistenza alla
russificazione, causata dalla sostituzione della lingua georgiana col
russo nelle cerimonie liturgiche e dall'imposizione di una schiavitù
stile russo ai coltivatori della terra, furono alla base di una
rivolta contadina nel 1820. Essa fu soppressa brutalmente dal generale
russo Ermolov al grido: 'Li puniremo con una povertà estrema'. E così
fece.


Negli anni successivi Il Caucaso, e con esso la Georgia, terre baciate
dal sole adagiate sulle pendici meridionali di torreggianti montagne,
divennero il rifugio romantico di ricchi turisti e scrittori inquieti
dell'impero zarista. Laggiù si beveva ottimo vino e tutto profumava di
poesia.


Nel frattempo la Georgia diventava anche il punto di partenza per la
conquista russa dei territori a sud del Caucaso, come l'Armenia,
l'Azerbaigian e molta della attuale Turchia nord-orientale, terre
rette dai Kagiari persiani e dai turchi ottomani, con la scusa di fare
loro del bene. Esattamente come è avvenuto recentemente con la
'Rivoluzione delle Rose' a Tbilisi, che portò al potere l'attuale
Presidente Mikheil Saakashvili, e fu fomentata dal finanziere
americano George Soros.


Dopo i giorni felici nella seconda metà del 19° secolo, quando alcuni
grandi della letteratura russa come Leone Tolstoi col suo 'Prigioniero
del Caucaso' e Lermontov col suo 'Hagi Murat' cantavano le bellezze
del Caucaso, arrivò la prima guerra mondiale. La Georgia, o meglio
quella parte dell'impero zarista racchiusa più o meno entro i confini
odierni, trovandosi alleata degli anglo-americani contro la Germania e
l'impero ottomano, servì come base militare all'esercito russo. Quel
ruolo fu troncato dalla caduta dello Zar a Pietrogrado, seguito,
nell'ottobre dello stesso anno, dalla guerra civile fra 'rossi' e
'bianchi'.


Seguì un periodo di grande confusione.
Col supporto della Germania e della Turchia ottomana le tre etnie
della cosiddetta 'Transcaucasia' e cioè i georgiani, gli armeni e i
tartari mussulmani vennero obbligati alla convivenza all'interno di
un'unica entità politica.

Ciò creò una conflittualità totale fra le
etnie, la prima delle quali era quella, antica, basata sull'identità.
Era meglio far parte della Grande Russia, zarista, repubblicana o
sovietica che fosse, oppure si sarebbe dovuto dividere l'immenso
territorio in dozzine di mini e maxi-staterelli indipendenti, tutti
basati sul nebuloso concetto di 'auto-determinazione'? Il concetto di
autodeterminazione derivava dalla necessità di risolvere il nodo dei
cosiddetti 'circassi', una realtà che comprendeva una grande quantità
di gruppi etnici assolutamente diversi fra loro per religione, lingua,
cultura ecc, come gli àvari, i balkari, i ceceni i daghestani, i
kabardini e una serie illimitata di altre etnie minori. Alcune di esse
si riunirono per fondare l'Emirato Islamico dei Montanari del Caucaso
del Nord', che però fu di breve durata.

La conseguenza principale
della coabitazione forzata di queste etnie diverse fu l'opposizione
frontale di tutti contro tutti: cristiani armeni contro mussulmani
tartari (gli azeri), contro cristiani georgiani, contro le altre etnie
minori, fra cui gli abkhasi e gli osseti oggi alla ribalta mondiale.
Ma il problema principale fu creato dalle popolazioni numericamente
più importanti.

Alcuni, come gli armeni e i futuri azerbaigiani,
rimasero ambivalenti riguardo all'indipendenza, dichiarando di
preferire una forma di autonomia all'interno di una Russia unitaria ma
non bolscevica. I georgiani optarono per una scelta diversa.
Citando commi specifici, ma mai implementati, del Trattato di
Georgievsk del 1783 che stabiliva il primo protettorato russo, la
leadership di Tbilisi si dichiarò 'indipendente' da tutti gli altri e
annunciò la nascita della Repubblica Democratica di Georgia. Correva
il 26 maggio 1918, a tutt'oggi festeggiato in Georgia come 'Giorno
dell'Indipendenza'.


L'indipendenza effettiva al contrario, durò solo poco più di due anni.
Poi, mentre il mondo, sfiancato dalla seconda guerra mondiale, volgeva
gli occhi altrove e alcuni contratti sottobanco continuavano a far
fluire il petrolio dagli oleodotti di Baku sul Mar Caspio al porto di
Batumi sul Mar Nero, i bolscevichi s'impadronirono del potere prima in
Azerbaigian, poi in Armenia e finalmente in Georgia. Il 25 febbraio
1921 i capi politici georgiani fuggirono da Tbilisi e si rifugiarono a
Istanbul. Nel frattempo i commissari di Stain ripulirono da ogni
dissenso la sua terra natia, e raffazzonarono insieme la cosiddetta
'Repubblica Socialista Sovietica del Trans-Caucaso', che federava la
Georgia con il defunto Azerbaigian e la Repubblica Armena.
Nel gennaio del 1922 la neonata repubblica divenne membro fondatore
dell'URSS.


La Georgia era nuovamente scomarsa dalla carta geografica. Riemerse
solamente col crollo dell'URSS nel 1991.
Cos'ha a che fare tutto questo con gli avvenimenti che hanno invaso
questi giorni i nostri media?
Tutto.


Oggi pare che le truppe russe abbiano cacciato quelle georgiane
insieme alla popolazione non solo fuori dall'area contestata
dell'Ossezia del Sud, ma che si siano inoltrate profondamente
all'interno del territorio georgiano, conquistando Gori e Zugdidi.
Per giustificarsi Putin ha adottato il vocabolario dell'occidente
nella 'Guerra al terrore', applicando termini quali 'pulizia etnica',
'genocidio', 'terrorismo'. Ciò gli ha permesso di ammazzare oltre 2000
persone nelle prime 24 ore e di compiere vaste distruzioni in un paese
già di per sè poverissimo.


Un'altra delle sue giustificazioni è stata la guerra della Nato in
Kosovo, e la susseguente nascita e riconoscimento del nuovo stato.
Se questo va bene per l'Occidente, perché a lui non dovrebbe essere
concesso?
Se, con la scusa della guerra al terrorismo, la Nato ha mosso guerra a
Afghanistan e Iraq, perché a lui non dovrebbe essere concesso?
Perché le guerre per il petrolio sono giuste solo se combattutre
dall'Occidente?


L'attacco della Georgia all'Ossezia del Sud e all'Abkasia ripete
tristemente l'attacco di Saddanm Hussein al Kuwait, e viene usato
nello stesso modo per scopi egemonici.
Chi paga invariabilmente sempre il prezzo di questi giochi di potere
siamo tutti noi: la piccola gente.

piera graffer


membro di Central Eurasian Studies Society, Harvard, Msss. USA, e The
sdian Studies, ANU College of Asia and The Pacific, The Australian
National University, Canberra, Australia
autore di 'Caucaso' e 'Seppellisci il mio cuore alla radura dei cervi,
Diario di una ragazza cecena'.