Nero su bianco

 

Racconto inviatoci in e-mail da Carlo - il 15 Novembre 1999.

 

Nel passato, Ernesto Geppi e Giovanni Vannoli non si erano frequentati un granché, probabilmente per la diversa età che il tempo aveva reso meno diversa e forse per la diversa provenienza sociale, che il tempo aveva reso uguale a sé stessa. Tuttavia, nei giochi nel giardino di quartiere e nelle loro vite c'era qualcosa in comune, sfumature magari, ma significative: luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza, qualche amico, molte partite di calcio e di pallacanestro. Negli anni più recenti, negli occasionali discorsi da bar, Ernesto era di quelli che parlava molto, quasi arringava, con un barlume di cognizione talvolta, e comunque si legittimava con certe sicurezze che ostentava. Giovanni, oltre a essere molto più bravo a pallone (però non correva molto), era più "anarchico": non si sa se per scelta o per timidezza o per rassegnazione, ma partecipava poco agli infervoramenti che invece prendevano gli astanti; oppure, talvolta, prendeva posizioni provocatorie, tali da sembrare assurdo, al limite del ridicolo, e da suscitare lo scherno di qualcuno. Uno scherno quasi sempre troppo frettoloso.Giovanni infatti non diceva quasi mai apposta delle cazzate. Sì, gli davano fastidio le persone troppo sicure, a lui che sicuro non era quasi di niente e nessuno ha mai capito bene perché. Però non ci metteva rabbia, ci metteva sempre un po' di ironia, cosa che faceva molto irritare coloro i quali prendevano ogni tanto alcune cose (non tutte) forse troppo e ingiustificatamente sul serio. Ernesto apparteneva a quest'ultima categoria: gli piaceva scherzare ma gli piaceva anche infervorarsi e prendere le cose seriamente, assumendo anche atteggiamenti da imbonitore, nei casi peggiori. Non lo faceva per narcisismo, o forse semplicemente non se ne accorgeva. A lui gli urtava l'atteggìamento rinunciatario di Giovanni, ne era infastidito e preoccupato. Erano quei tratti di somiglianza che c'erano fra loro e fra gli amici comuni che suscitavano in Ernesto la necessità di stanare il fare rinunciatario e fatalista del suo amico Giovanni. E cascava puntualmente nel suo tranello: ma come? ma che dici? che stronzata è questa? E Giovanni rideva sotto i baffi: il bello è che Ernesto, una volta realizzata la faccenda, continuava lo stesso.A quel punto si era entrati in quello che qualcuno chiama mecalinguaggio: Giovanni e Ernesto si stavano parlando per metafore. Guarda che sei troppo seno e convinto, diceva nella metafora Giovanni a Ernesto. Guarda che a questo mondo bisogna darsi una sveglia e Avere atteggiamenti positivi, rispondeva nella metafora Ernesto. Alla fine, tutto sommato, si erario stati utili a vicenda, dando ciascuno all'altro il consiglio di non perdere il senso della vita.Un giorno, mentre erano seduti in un bar di San Lorenzo, i due si misero a parlare di scommesse. Giovanni era uno scommettitore, non di. quelli malati, ma quasi: totocalcio da piccolo, picchetto, cavalli, una volta anche i cani. Quel giorno parlavano di lotto. Erano dieci settimaine che Giovanni giocava il 4 sulla nuota di Palermo: ormai aveva superato le 100 estrazioni di ritardo e ogni settimana se lo giocava, e ogni settimana puntava di più: per rientrarci, diceva. Il 4 continuava a non uscire. Sei un fesso, gli disse tondo tondo Ernesto, lo sai benissimo che è una cazzata dire che è più probabile che esca il 4 solo perché ha tutto questo ritardo. E Giovanni insisteva non esce da troppo tempo, vuoI dire che sta per uscire- Ernesto continuava a ricordargli che la logica di quel ragionamento era sbagliata; gli faceva l'esempio del lancio del dado; gli traduceva in prosa le teorie che aveva appreso negli studi. Ma Giovanni niente, alle argomentazioni di Ernesto non contrapponeva altre argomentazioni se non la sua convinzione. Mentre argomentava sulla maggiore probabilità dell'uscita del 4 gli occhi gli brillavano febbrili.

Ernesto se ne accorse. Provo allora a convtncerlo in un altro modo. Lo sai perché sei uno stronzo a giocare al lotto e a pensare che è più facile che il 4 esca? Ti statnno fregando amico, stanno semplicemente fregando te o tanti altri farlocclii come te. Ma non l'hai ancora capito che il lotto

 

è manipolato con delle vere e proprie strategie di marketing: prima fanno grande pubblicità alle grosse vincite, così la gente gioca sperando di fare i miliardi; poi spargono un po' di adrenalina gestendosi accuratamente qualche ritardo, cosi' la gente gioca ancora di più. Ti stanno prendendo per il culo, e tu ancora non l'hai capito e continui a dargli i soldi: ce ne hai pure pochi! Il gioco è truccato, è gestito, con mani sapienti, da baro bravo, che non esagera troppo. del resto con gli scommettitori più malati non c'e' nemmeno bisogno di esagerare: se uno gioca sempre, finisce sempre col perdere di più di quanto guadagna, e tu sei uno che gioca sempre.Giovanni ne rimase colpito. Le parole di Ernesto avevano colpito giusto e duro. Tuttavia, non c'è bisogno di dirlo, Giovanni rimase comunque convinto, come un tossico, della sua idea, anche se il sospetto' di essere vittima di un raggiro, il gioco era per lui più che altro un certezza.La cosa divertente, della quale Ernesto si rese conto ripensandoci solo qualche giorno dopo, era che dopo tutto quel ragionamento non aveva fatto altro che dimostrare che Giovanni, del tutto inconsapevolmente (rispetto al modo di ragionare di Ernesto), alla fine aveva ragione a pensare che il 4 poteva essere più probabile. Infatti, se il lotto è truccato, come sosteneva Ernesto, allora la probabilita'; dell'uscita dei vari numeri va a farsi benedire. Allo stato, che gestisce il lotto, conviene non fare uscire il 4 per parecchie settimane tirando la corda e "costringendo" la gente a giocarselo tutte le settimane, e incassando così un sacco da soldi. Certo, non potrà tirare troppo la corda, prima o poi il 4 dovrà uscire. Se è così, allora è vero che, dopo un cospicuo numero di non uscite, è più probahile che il 4 esca. Così stindo le cose, un buon giocatore di lotto è colui che in parte supera e impara la gestione delle uscite dei numeri. E' giusto allora studiare i ritardi, la loro struttura, la loro sequenza. Cosa che fanno regolarmente tutti i giocatori più accaniti di lotto e che certi idealisti, come Ernesto, continuano a biasimare come stupida e assurda. Certo è, cercò di rassicurarsi Ernesto il quale era rimasto un po' scosso da questa banale scoperta, certo è che il lotto è una presa per il culo, e studiarselo è tutto sornmato da fessacchioni. Ernesto raccontò qualche giorno dopo a Giovanni di avere scoperto che aveva scoperto le ragioni del suo amico, mantenendo però la posizione sul fatto che il lotto era una fregatura. Giovanni non si mostrò nè colpito né sorpreso: non gliene importava molto, sembravi dire la sua faccia. E' un atteggiamento che avrebbe assunto comunque e non dipendeva dal fatto che non si era giocato il 4 alla penultima estrazione: per pigrizia, non aveva voglia di uscire di casa con la pioggia. E il 4, ovviamente era uscito, al centoventesimo ritardo. Ma questa è un'altra storia o forse e' la stessa.