Trecento sono stati firmati da tutti i capigruppo Legge Cirami: 400 emendamenti dell'opposizione Il centrosinistra ha presentato le sue proposte di modifica al disegno di legge:

«Non si applichi ai processi in corso» ROMA - Sono 400 gli emendamenti al disegno di legge Cirami presentati dalle opposizioni di centrosinistra. Circa 300 proposte di modifica sono firmate congiuntamente dai capigruppo di Ulivo e Prc, e a queste se ne aggiungono un centinaio depositate da singoli deputati del partito di Bertinotti.

«RIDUZIONE DEL DANNO» - I 300 emendamenti firmati dall'intero centrosinistra toccano i punti della legge Cirami più contestati, e su ciascuno di essi sono o interamente sostitutivi, o migliorativi del testo, all'insegna del principio della «riduzione del danno», come hanno spiegato Giuseppe Fanfani (Margherita), Carlo Leoni (Ds) e Buemi (Sdi).

ELIMINAZIONE DEL LEGITTIMO SOSPETTO - Innanzi tutto essi tendono a modificare il primo comma, eliminando del tutto il concetto di legittimo sospetto sostituendolo con formulazioni prese dalle sentenze della Cassazione; altre proposte di modifica, invece, mirano a «tipizzarlo», vale a dire a darne una definizione meno vaga. Numerosi emendamenti eliminano poi l'automatismo nella sospensione dei processi, il punto su cui il Quirinale ha sollevato le maggiori perplessità. Vengono previsti casi di sospensione decisa dalla Cassazione, a cui si affiancano delle norme più stringenti per la sospensione contemporanea dei termini di prescrizione dei reati e di quelli della custodia cautelare. Infine Ulivo e Prc propongono di modificare il punto riguardante la validità degli atti del processo che viene rimesso a una nuova sede: una serie di emendamenti ne prevede la validità in ogni caso, altri chiedono che a sceglierli sia la nuova sede giudicante (il giudice «ad quem» nel linguaggio giuridico), altri, infine prevedono che le parti, cioè accusa e difesa, possano chiederne la «rinnovazione», cioè di farli acquisire nuovamente nel dibattimento del nuovo processo.

«LA NUOVA LEGGE NON SI APPLICHI AI PROCESSI IN CORSO»
Ma «la vera battaglia - ha detto Fanfani - la condurremo sulla norma transitoria, per la quale chiederemo che la nuova legge non si applica ai processi in corso». Anche qui ci sono una serie di emendamenti meno radicali che prevedono che le norme si applichino ai processi già avviati, ma in ogni caso non a quelli entrati nella fase del dibattimento: quindi anche in questo caso non si applicherebbero al processo Imi-Sir. 16 settembre 2002

Segnali nell'aria
RICCARDO BARENGHI


Quel che accadrà oggi pomeriggio in piazza san Giovanni a Roma non è un girotondo, nel senso di quelle manifestazioni di sarcastica protesta che abbiamo conosciuto in questi mesi. Non è un girotondo non perché i partecipanti non si prenderanno per mano ma perché è molto di più: la più grande manifestazione politica di opposizione (23 marzo a parte) al governo Berlusconi, annessi e connessi. Nata sull'onda della ribellione estiva contro la legge Cirami, la manifestazione di oggi ha via via cambiato natura: Se la giustizia è stata la sua molla d'origine ed è giustamente rimasta una delle questioni principali che animano l'iniziativa, è ormai tutta la politica della destra che governa a finire in piazza, dall'art.18 alle impronte agli immigrati, dalla «riforma» televisiva al conflitto di interessi. Fino alla guerra prossima ventura, contro la quale non è un caso che in Italia, ma anche in Europa, si stiano mobilitando forze e persone che su altre guerre e in altri momenti avevano preso posizioni decisamente diverse, spesso opposte.

Schroeder «rischia» di vincere le elezioni tedesche solo grazie al suo no alla guerra; la sinistra dei laburisti inglesi ritrova una sua vitalità solo grazie al suo no alla guerra; in Italia migliaia di persone firmano appelli e si schierano, perfino un Ulivo che pure aveva partecipato direttamente al conflitto del Kosovo, addirittura ideologizzandolo (la guerra umanitaria), e non aveva certo osteggiato quello afghano, oggi si dichiara contrario all'intervento militare in Iraq. Per non parlare della Cgil, che proprio ieri ha diffuso un documento di durissima opposizione a qualsiasi guerra come mezzo di soluzione dei problemi del mondo.

Oggi le centinaia di migliaia di persone che si troveranno in piazza avranno visto nei telegiornali di ieri sera e letto sui giornali di stamattina i titoli su Berlusconi che all'Onu mette l'Italia in prima fila (o forse in seconda, meglio non rischiare troppo i nostri ragazzi) accanto a Stati uniti e Gran Bretagna; ma anche quelli sul ministro Castelli che, con una scelta di tempo invidiabile, non ha trovato di meglio da fare che accusare la sinistra di fomentare le rivolte (quali?) nelle carceri, «dopo i moti di piazza della Cgil». Altri due buoni motivi, semmai ce ne fosse bisogno, per riempire come un uovo san Giovanni.

Piazza difficile, meta di centinaia di manifestazioni della sinistra, appuntamenti oceanici (il 24 marzo dell'84 contro il decreto Craxi, i funerali di Berlinguer l'anno dopo), piazza che si presta a paragoni rischiosi. Eppure, se chi ha lavorato a organizzare quest'iniziativa a un certo punto l'ha scelta, preferendola alla più piccola e rassicurante piazza del Popolo, evidentemente avrà avuto qualche segnale incoraggiante. Segnali che del resto si sentono nell'aria, si vedono a occhio nudo. Difficile, per esempio, che un cittadino di Roma, mediamente democratico, oggi non faccia almeno un salto a san Giovanni; così come è molto improbabile che quello stesso cittadino non abbia la casa invasa da amici o parenti venuti da fuori per l'occasione. Non è più il popolo dei girotondi, quello che si sta muovendo: è il popolo dell'opposizione, politica, culturale e anche sociale.

Se due, trecentomila, mezzo milione di persone arriveranno a Roma chiamate non dal proprio partito o sindacato ma mosse solo dal desiderio di dire qualcosa contro quel che fa e soprattutto disfà chi le governa in Italia e nel mondo, questo è di per sé un fatto straordinario. Al quale qualunque dirigente di sinistra dovrebbe guardare con estremo interesse e partecipazione, invece di commentare acidamente, guardare dall'alto in basso, far finta di niente. O addirittura rifugiarsi in impegni precedentemente presi e fuggire nelle proprie roccaforti piuttosto che, a costo di qualche fischio, misurarsi con quelli di cui si pretenderebbe leader.

il mattino

La piazza e la politica

Quelli e altri illustri dirigenti comunisti fecero della piazza romana di San Giovanni in Laterano il più gigantesco ritrovo di popolo nei momenti cruciali della lotta politica italiana dei passati decenni. A quelle ossa inquiete è arrivata la voce che il palco da esse calcato in giornate storiche della sinistra italiana sarà oggi appannaggio di Nanni Moretti, Pancho Pardi, Paolo Flores d’Arcais, Michele Santoro. Intellettuali di storia e interessi diversi uniti non solo dall’ intento del tutto legittimo di manifestare contro il cavalier Berlusconi, ma di scalzare - per ora solo moralmente - gli attuali titolari politici della sinistra italiana dalla leadership dell’opposizione per «manifesta incapacità».
D’Alema si è rifiutato di essere presente. Franco Marini, l’esponente più democristiano della Margherita, ha detto di volersi assicurare che dei giovani ex popolari a San Giovanni non andrà nemmeno uno. Ma alla manifestazione parteciperanno Fassino, Rutelli , Arturo Parisi e una colonna di dirigenti dell’Ulivo con bandiera, mentre la sede della Margherita ha assicurato a Nanni Moretti due stanze della propria sede come base logistica. Nessun politico salirà tuttavia sul palco. Perché ? Mai come in questo caso la forma diventa sostanza. Scrive infatti sull’ultimo numero di Micromega Flores d’Arcais che tra gli obiettivi del movimento c’è la demolizione della «figura del politico di mestiere e dell’apparato burocratico del moderno partito di massa». Nell’ottica di chi oggi salirà sul palco, i leader che staranno sotto dovrebbero scomparire. Con un doveroso scatto d’orgoglio, Piero Fassino ha ricordato a Flores di essere legittimato dai propri elettori e di non avere dunque bisogno della benedizione di Micromega. Ma allora perché egli benedice quelli dai quali non vuole essere benedetto e che, a quanto pare, non hanno alcuna intenzione di farlo?
Il problema dell’opposizione è tutto qui. Sentire una intera piazza gridare contro Berlusconi può essere indubbiamente molto eccitante. Ma è noto che le piazze non costruiscono linee politiche, semmai le sostengono. Dove mirano gli organizzatori del Grande Girotondo d’Autunno che considerano debole, sbagliata e ininfluente la linea politica dell’opposizione? Qualcuno vede in fondo alla strada la costruzione del partito Sacher, dal nome dello storico cinema romano di Nanni Moretti. Primo appuntamento, le elezioni europee del 2004 in cui il voto proporzionale misura la forza effettiva di ogni partito. E poi? Nel 2006 il leader del centrosinistra alle elezioni politiche sarà Romano Prodi. E il leader della sinistra Sergio Cofferati.
Ecco perché alle pie donne che oggi passeranno accanto ai sepolcri di Berlinguer e gli altri vecchi dirigenti del Pci tendendo l’orecchio ai movimenti delle ossa inquiete sembrerà di sentire qualcosa come «Attenti, compagni, vi state scavando la fossa». Ma forse, per l’emozione e lo spavento, avranno capito male.

 

 

 

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