Guerra preventiva e militarizzazione planetaria

Wanda Piccinonno

Considerando l’orgasmo febbrile della follia bellica e constatando l’orgia mediatica delle menzogne , si impone una riflessione critica sul pericoloso ed inedito concetto della guerra preventiva . Nella consapevolezza che gli eventi vanno contestualizzati , conviene ripercorrere brevemente l’iter della cartografia imperiale , per prendere atto che dopo la mitica caduta del Muro , la guerra ha assunto una valenza sconcertante e complessa . Ciò significa che la guerra non può essere più essere intesa , come voleva Clausewitz , " la continuazione della politica con altri mezzi " , perché il contesto storico è mutato, tant’è che politica e guerra procedono all’unisono . In realtà , dopo il crollo dell’impero sovietico e dopo la fine della guerra fredda , il capitalismo transnazionale ha aperto una nuova era , caratterizzata dalle guerre unipolari , globali , ordinative . Difatti , con le guerre del Golfo , dei Balcani , dell’afghanistan , via via si è imposta la geopolitica di guerra . Assodato , dunque ,il connubio simbiotico e mortale tra guerra e politica , non può destare stupore che sia stato legittimato l’uso della forza e che siano stati giustificati massacri di innocenti , in nome di una bizzarra pretesa umanitaria o in nome del retrivo principio della guerra giusta . Ma , al di là degli ossimori , degli eufemismi e dei sentieri tortuosi degli inganni , il sistema di global security ha generato il vuoto di coordinate storiche , tant’è che sono cadute le distinzioni classiche tra guerra e pace , tra diritto e arbitrio , tra giustizia e ingiustizia . La situazione , peraltro già abbastanza inquietante , ha toccato i vertici dell’intollerabile con la cesura dell’11 settembre , infatti , la categoria del terrorismo e la costruzione di nemici evanescenti hanno egemonizzato l’immaginario collettivo e sussunto l’universo-mondo . Non senza ragione Giorgio Riolo sostiene che la guerra ha assunto anche una valenza pedagogica , perché " insegna a stare al proprio posto , a non disturbare, a essere comandati , a essere manipolati " . L’evento degli eventi , dunque , ha intensificato la prassi di guerra e i dispositivi di controllo , dissolvendo ulteriormente ogni vincolo , ogni principio etico e inficiando ogni pensiero critico . Da qui un ributtante scenario , che ingloba la commistione guerra e mercato e , al tempo stesso , legittima gli imperativi delle cosche mafiose neoliberiste . Preso atto che ormai , come vuole Zigmunt Bauman , l’umanità è segregata in una discarica , constatando l’esordio di una categoria inedita , ossia la guerra preventiva , è opportuno tentare una decostruzione critica sull’argomento . Innanzitutto conviene rilevare che questo mostro bellico non è solo caratterizzato dal keynesismo militare, ma anche da " un nuovo grande gioco " , ovvero dalla lotta per l’Impero . Ciò detto, analizzando l’arbitrio poliziesco, i variegati dispositivi di controllo sociale , l’escalation distruttiva dei terrorismi , si avverte la spiacevole sensazione che ci troviamo di fronte ad una sorta di scenario fantascientifico , che in nome della sicurezza , azzera ogni spazio di libertà . Sicché , rilevando che la realtà sta superando la fantasia e che il regime del controllo totale sta sussumendo l’immaginario collettivo , ritengo che sia illuminante e foriero di oscuri presagi il film " Minority report " di Spielberg , tratto da un racconto di Philip K. Dick , scritto nel 1954 , eppure di drammatica attualità .

Dick non è stato avaro di intuizioni , infatti , ha descritto con dovizia di dettagli , l’incubo del controllo , la manipolazione del consenso , gli attacchi alla privacy e alla libertà individuale e collettiva . Nella società di " Minority report " emergono fenomeni raccapriccianti , ma ahimè decisamente attuali , tant’è che in questa fantascientifica società, non esistono più " i deviati " , perché tutti i disadattati vengono arrestati preventivamente. Ma , dal momento che la fantasia sta assumendo connotati reali , è bene esplicitare il futuro immaginato da Spielberg . Il regista ha ipotizzato un sistema di scansione dell’iride capace di individuare l’esatta posizione di ogni cittadino , sicché l’unico rimedio per sfuggire al controllo sarebbe quello di farsi trapiantare occhi di altri .

Se questo è uno scenario fantascientifico , è altresì vero che l’apparato repressivo e l’uso militare della politica stanno emulando e anticipando la società ipotizzata dal film .

Ovviamente il riferimento al film non è casuale , perché persegue l’obiettivo di contestualizzare la guerra preventiva in un disegno globale , che avvalendosi della prevenzione , intesa tout court , intende annientare tutte le forme di dissenso .

Intanto , come sostiene Josè Saramago , " la giustizia continua a morire tutti i giorni ", mentre i governanti globali occultano scottanti verità . Continuando ad esplorare il labirinto delle nebbie globali e cercando le coordinate più adeguate per dipanare il bandolo della matassa , si evince che la guerra preventiva non è solo bagnata dal petrolio , ma s’incrive in un gioco molto più complesso . Inoltre , è bene evidenziare che in questo sottile gioco non esistono falchi e colombe , ma un conflitto per la conquista del trono imperiale .

In altre parole , ci troviamo di fronte ad una situazione ingarbugliata , che vede da una parte la tendenza imperialista e reazionaria dell’amministrazione Bush , e dall’altra una guerra per la leaderhip imperiale .

Per amor di patria , però , vorrei fare un breve cenno al politicismo rocambolesco , grottesco e furfantesco del nostro paese . D’altro canto , ciò non può stupire dal momento che il Bel-paese ha sempre sperimentato sul campo la politica delle menzogne , dell’opportunismo , dei misteri . Difatti da Portella della Ginestra alle stragi di Stato , si registra un inquietante continuismo , tant’è che sistematicamente " le verità politiche " hanno occultato mandanti ed esecutori . Sicché , non può sorprendere che i luoghi della politica siano occupati da saltimbanchi diessini , da Ulivi sconquassati , da Margherite evanescenti . Pertanto , pur rilevando che è doveroso avversare la sinistra maschera orwelliana del piazzista di Arcore e la banda mafiosa dei suoi adepti , occorre anche constatare che la sinistra virtuale non concede spazio all’ottimismo .

A questo punto , dal momento che si blatera tanto sull’art 11 della Costituzione, che notoriamente ripudia la guerra , conviene ricordare dettagli non trascurabili . Si dimentica , infatti , che "il Presidente " Massimo D’Alema ha già violato l’art 11 con la guerra in Kosovo . Inoltre , rimuovendo l’amnesia endemica dei politicanti , si dovrebbe ricordare che il " generale Max " , ossia l’arrogante e cinico D’Alema , non solo ha aderito con assoluta fedeltà alle decisioni prese dai potenti, al di sopra del diritto internazionale , ma ha anche proposto una riforma dell’ordinamento italiano in senso presidenzialistico, per fare in modo che in periodo di guerra le decisioni dell’esecutivo siano sottratte alla fragilità delle maggioranze parlamentari (D. Zolo).

Pur non volendo indulgere sulla commedia degli inganni della Quercia , anche perché vorrei evitare il turpiloquio , si impone un esplicito riferimento ad una recente performance del camaleontico e saccente M. D’Alema . Quest’ultimo , con l’abituale spirito bipartisan e con la consueta prosopopea , ha affermato che l’art 11 della Costituzione è zavorra passatista , perché il contesto è cambiato . Indubbiamente il contesto è cambiato , ma ciò che rimane invariato è il becero opportunismo e , al tempo stesso , il politicismo amorale , compromissorio e grottesco . Ma , constatando che nella fase odierna si invoca l’intervento dell’Onu , è bene chiarire l’effettivo ruolo delle Nazioni Unite . Innanzitutto vale la pena di evidenziare che ci troviamo di fronte all’eversione del diritto internazionale . Difatti , al di là della ottimistica asserzione fatta da Kofi Annan in occasione della guerra in Kosovo , ossia che " le Nazioni Unite erano risorte a nuova vita", si rileva che proprio l’ossimoro dell’intervento umanitario ha accelerato il processo di svuotamento dell’autorità e delle funzioni delle Nazioni Unite . Ne consegue che oggi più che mai l’Onu appare poco credibile , perché di fatto sono i protocolli siglati altrove che orientano le regole del gioco . Ciò significa che la funzione delle Nazioni Unite è ridotta a pura ratifica di decisioni prese dalla governance globale , ovvero una serie di organismi come il G8 , il Fmi , la Bm, il Wto , il club di Parigi , Londra , Davos , corporazioni capitalistiche transnazionali ecc .

Inoltre , conviene sottolineare che , con la guerra del Golfo , gli Stati Uniti hanno esercitato l’uso della forza , avvalendosi della provvidenziale copertura delle Nazioni Unite . Ma poi , oltre a queste considerazioni , è necessario porre il seguente quesito : può l’Onu essere percepita come la panacea di tutti i mali , quando si sono perpetrati ai danni dei popoli inconfessabili massacri e quando oggi assistiamo allo stillicidio quotidiano di morti palestinesi ? In realtà , risulta fuorviante fidare nel diritto internazionale , dal momento che sul piano fattuale l’Onu consente brutali soprusi , legittimando così la politica del terrore .

Constatata l’inefficacia del diritto internazionale e preso atto che via via si è imposta la prassi di guerra , senza focalizzare l’attenzione sugli scontati interessi petroliferi e sugli obiettivi strategici , vorrei esplorare le problematiche inerenti il terrorismo , il razzismo , il fondamentalismo , l’antiamericanismo .

Intanto , per quanto concerne il terrorismo , non si può fare a meno di sottolineare che l’attentato dell’11 settembre si è rivelato misterioso , infatti , come ha osservato anche Vittorio Agnoletto , " è difficile pensare che i servizi segreti fossero del tutto all’oscuro riguardo a quanto sarebbe successo ". Pur nutrendo legittimi dubbi sulle dinamiche dell’attentato , non intendo peccare di dietrologia né intendo fare illazioni . Pertanto , non avendo gli strumenti adeguati per poter esprimere un giudizio attendibile , vorrei incentrare l’attenzione sulla formula che si è diffusa : o si sta con gli Usa o si sta con i terroristi . In realtà , questa formula è strumentale , è finalizzata a provocare il consenso e ad espellere tutte le forme di antagonismo . La verità è che la guerra assolve una funzione regolativa e , nel contempo , è intrinsecamente connessa alla recessione globale , anche se , come osserva Vim Dierckxens , " non costituisce una strategia vincente nel lungo periodo per salvare il neoloberismo ". Difatti , la prassi di guerra , intesa come politica economica , non solo risulta inefficace , ma radicalizza anche una "geopolitica di esclusione e di emarginazione " : elementi questi che ovviamente incrementano la spirale della violenza . Al di là del gioco delle parti e delle menzogne istituite , si evince che esiste una forma becera di terrorismo ufficiale , che peraltro viene occultato da variegate astuzie politiche . Non senza ragione Immanuel Wallerstein sostiene : " Siamo entrati in un’era terribile di conflitti e di mali difficili da immaginare ". Grazie , infatti , alla figura evanescente di Bin Laden , l’amministrazione Bush si è data una sorta di missione trascendente , che inscrive nella sua agenda anche la guerra preventiva . D’altra parte , la guerra non solo occulta sistematicamente la verità , ma , come voleva Aristotele , " consente a chi domina di giustificare il proprio dominio , e permette ai tiranni di togliere la quiete ai loro sudditi e di imporre loro il bisogno costante di un capo " . Queste osservazioni sono indubbiamente veritiere , ma risultano riduttive rispetto alle caratteristiche peculiari delle guerre odierne . Difatti , le guerre globali , la vasta e nebulosa categoria del terrorismo, un opinabile e fuorviante manicheismo , impongono griglie interpretative inedite .

Innanzitutto , considerata la complessa fase attuale , sarebbe opportuno rimuovere l’antiamericanismo di maniera , optando per un approccio critico ed onesto . D’altro canto , se la storia degli Stati Uniti si è svolta all’insegna dei massacri , dei genocidi e della devastazione , è altresì vero che la storia europea non è un esempio di virtù . A questo proposito Giulio Girardi ha osservato lucidamente che gli Usa hanno ereditato il progetto imperiale dall’ Europa , e direttamente dalla madrepatria , ossia dalla Gran Bretagna .

Inoltre , occorre sottolineare che l’imperialismo economico e politico degli Stati Uniti non è altro che il prolungamento dell’ideale cristiano , che ha notoriamente giustificato la conquista e la colonizzazione dell’America da parte dei paesi europei . Giova poi evidenziare che la "gloriosa " e superiore civiltà occidentale si è macchiata di atroci delitti nei confronti del mondo arabo e islamico . Da qui la necessità di un onesto ripensamento autocritico da parte dell’Occidente , per prendere coscienza di tutti i misfatti commessi ai danni di popoli e di altre culture .

Ciò detto , pur condannando il progetto imperialista e monocratico di Bush , è necessario rilevare che l’antiamericanismo finisce col rivalutare lo stato nazionale come trincea anti-imperialista . Inoltre , è bene rimuovere pericolose generalizzazioni , perché non si può confondere il pragmatismo brutale di Bush con l’America . In realtà , l’antiamericanismo può essere funzionale alla lotta per l’ Impero e , al tempo stesso , può distogliere da quelli che sono gli autentici problemi . A questo proposito risultano illuminanti le affermazioni di Samir Amin, che rileva l’emergere di un "imperialismo collettivo" composto dalla triade Stati Uniti , Europa , Giappone . E’ opportuno , inoltre, chiarire che la militarizzazione della globalizzazione non è iniziata dopo l’11 settembre , ma all’inizio degli anni Novanta con la guerra del Golfo . Le osservazioni fatte offrono , dunque , le coordinate per prendere atto che la guerra permanente e flessibile è intrinsecamente connessa al neoliberismo .

" Questa militarizzazione - afferma S. Amin - significa molto semplicemente che la mano invisibile del mercato non è più in grado di funzionare , ovvero che non ha più la possibilità di assecondare le esigenze del capitale se non ricorrendo all’uso della forza attraverso polizia ed esercito " . Inoltre , S. Amin precisa che la militarizzazione in atto non è il prodotto di un arrogante sogno dei soli Stati Uniti , ma rappresenta l’esigenza dell’imperialismo della triade .

Ma , per decostruire in modo adeguato l’assetto odierno , conviene rivisitare anche l’epoca del bipolarismo . Quest’ultimo notoriamente aveva inibito ogni sviluppo economico e, al tempo stesso , aveva ostacolato ogni processo democratico in vaste aree del terzo mondo, basti pensare ai territori di guerra dell’Angola , della Cambogia , dell’Afghanistan . In altri termini , Usa ed Unione Sovietica hanno alimentato guerre civili e devastazione , creando così le condizioni per la successiva diffusione di epidemie e di conflitti in Africa e nell’Asia sudorientale . Dopo la fine del bipolarismo e l’avvento del nuovo ordine , molti paesi , abbandonati all’arbitrio dei più forti , sono stati ulteriormente devastati e sono diventati preda di governi autoritari . Ma , per demistificare le menzogne di ieri e di oggi, è bene ricorrere alle osservazioni di Aminata Traorè , ministro della cultura del Mali nel 1997 . Questa splendida e coraggiosa donna , parlando della spoliazione del popolo del Mali e partendo dagli accordi di Bretton Woods , denuncia i crimini economici perpetrati ai danni del popolo africano . Per quanto concerne l’ultraliberismo , Aminata sostiene che , in nome dell’adeguamento strutturale e della forzata apertura al mercato , la situazione è peggiorata , e a questo proposito , smascherando l’ideologia ipocrita e cinica degli Usa e dell’Europa , afferma : " I padroni del mondo , pur continuando a versare lacrime di coccodrillo sugli strati sociali più deboli , pretendono dai nostri stati sforzi che impoveriscono e traumatizzano sempre più i nostri popoli " .

E’ evidente , pertanto , che il terrorismo ufficiale , incrementando l’ingiustizia planetaria , alimenta la spirale della violenza e l’intensificarsi dei conflitti .

Ma , al di là di queste considerazioni , occorre rimarcare che la guerra al terrorismo risulta un eclatante alibi per arginare la recessione e la crisi , sicché si può affermare che ci troviamo di fronte alla " compresenza di impero e crisi " .

A questo punto , considerando che un rompicapo continua ad infiammare dibattiti politici e culturali , è opportuno porre il seguente quesito : l’assetto odierno è traducibile in termini di impero o di imperialismo ? Pur riconoscendo la vocazione imperialistica e reazionaria dell’amministrazione Bush , a mio avviso , la fenomenologia attuale manifesta caratteristiche imperiali . Difatti , " le contraddizioni interimperialistiche sono superate in termini qualitativi", vuoi perché il capitale agisce come capitale collettivo a livello globale , vuoi perché , il mercato , a differenza del passato , sta diventando una struttura politica e giuridica . A questo proposito Toni Negri afferma : " Siamo in un interregno , o una transizione, che si dà fra uno sviluppo economico possente , indotto sul livello mondiale dall’azione multinazionale del capitale , e la costituzione di nuove forme politiche globali del comando capitalistico ". E’ proprio in questa transizione , a mio avviso , che occorre leggere l’esordio della guerra preventiva , i corollari ad essa connessi e la riproduzione dei rapporti di potere .

Difatti, dopo l’11 settembre , si registrano variazioni significative sul tema barbarie-postmoderna . Ciò è suffragato dal fatto che i processi diventano sempre più caotici , dinamici e caratterizzati da contraddizioni interne alle èlites capitalistiche . Per semplificare le complesse dinamiche , però, si può sostenere che si sta opponendo al biopotere imperiale una controtendenza , generata dalla politica reazionaria e populista degli Usa , che perseguono l’obiettivo di mantenere " alcune megastrutture del potere americano ". La guerra preventiva , dunque , va intesa come strumento di autolegittimazione e come disegno egemonico planetario . Il dettaglio non trascurabile è che le vocazioni imperialiste degli Usa risultano obsolete , perché non si coniugano col quadro neoliberista e con la logica di mercato . D’altra parte , la politica neoliberista si basa su una serie di accordi multilaterali di commercio e di finanza , basti pensare all’Organizzazione Mondiale del Commercio(OMC), al Trattato del Libero Commercio per il Nordamerica (Nafta), all’Accordo per il Libero Commercio delle Americhe (ALCA) .

Ciò detto , è necessario considerare un altro aspetto della fase odierna , ossia le ragioni per cui l’adesione alla guerra non è globale . Valicando la strumentale retorica e negando ,al tempo stesso, la lettura monocausale che enfatizza l’economia del petrolio , conviene rilevare che gli atteggiamenti cauti e prudenti dell’Europa non sono da attribuire ad una sorta di rigurgito etico , ma alle manovre per conquistare la leadeship

Pertanto , constatando le dimensioni dell’attuale ristrutturazione planetaria , è bene evidenziare che soprattutto , dopo la vittoria di Schroder in Germania , si sta delineando all’interno della Ue , il rilancio di una partnership franco-tedesca .

E’ evidente , dunque , che le dinamiche dei processi globali si manifestano come un dedalo di itinerari impervi e , talvolta , nebulosi . Pur prendendo atto , però, della complessità della situazione , il dato emergente è che lo scenario globale è caratterizzato dalla guerra permanente . Ciò non può stupire , perché come ha ossevato Marco Bersani ( Attac-Italia) , il sistema capitalistico nella sua fase neoliberista , per poter continuare a funzionare , deve trasformarsi in guerra . Il discorso risulterebbe riduttivo , però , se non si evidenziasse che la guerra è funzionale alle èlites mondiali per stabilire il definitivo dominio imperiale .

A questo punto , constatando che la guerra rappresenta , a livello planetario, la forma più perfezionata del controllo sociale preventivo e che , nel contempo , si stanno costruendo nuovi rapporti di forza , è opportuno porre alcuni quesiti .

In un contesto caratterizzato dalla prassi di guerra è giustificabile il vetero-antiamericanismo? Non è forse fuorviante stigmatizzare il popolo americano , che peraltro è in prima fila contro la guerra preventiva in Iraq? E non è forse vero che la storia europea non è stata meno cruenta di quella degli Usa ? Non sarebbe opportuno ricordare che la prima rivolta degli studenti è scoppiata all’Università di Berkeley nel 1964 ? Non sono state forse significative le manifestazioni contro la guerra nel Vietnam ? E non dovrebbe promuovere una seria riflessione il fatto che proprio a partire da Seattle si è aperto un nuovo ciclo di lotte ?

Pertanto , pur riconoscendo gli innegabili misfatti degli Usa , occorre operare un salto di paradigma , anche perché si registrano sostanziali mutazioni a livello planetario . Difatti , il declino dello Stato-nazione , il capitalismo transnazionale , la deregulation dei mercati , la costituzione di una governance globale , la guerra globale flessibile e permanente , offrono le coordinate per prendere atto che ci troviamo di fronte ad una nuova fenomenologia .

Quest’ultima , soprattutto dopo l’11 settembre , manifesta caratteristiche inquietanti , infatti , il sistema-mondo è stato pervaso da una logica cospirazionista e poliziesca e da forme aberranti di fondamentalismo , di razzismo , di fanatismo . Ne consegue che la macchina da guerra e le pratiche militari assolvono funzioni prettamente politiche, ed è proprio in virtù di queste considerazioni che si impone una valutazione ampia e variegata .

Innanzitutto , è opportuno non enfatizzare eccessivamente l’esordio della guerra preventiva , perché la strategia della tensione era già di fatto preventiva . In realtà, dopo l’11 settembre, l’utilizzo propagandistico e universale della guerra al terrorismo ha consentito non solo di adottare misure preventive nei confronti della dissidenza , ma ha anche permesso ulteriori manovre agli apprendisti stregoni globali .

Le osservazioni fatte perseguono l’obiettivo di rilevare che , se Bush rappresenta l’emblema dell’arbitrio poliziesco , è altresì vero che l’ideologia europea , pur manifestando strutture culturali diverse , entra nel grande gioco della strumentale guerra al terrorismo . Ciò detto , è necessario ribadire che l’antiamericanismo non solo è privo di senso , ma potrebbe anche essere funzionale alla guerra in atto per la leadership imperiale.

Onde evitare fraintendimenti e constatando che l’imbecillità è un male incurabile , ritengo opportuno precisare che le mie modeste considerazioni non discendono da una sorta di filo-americanismo , ma dalla consapevolezza che tutte le forme di manicheismo dogmatico sono fallaci , soprattutto quando il Male istituito è la dottrina ufficiale planetaria .

In altri termini , esaminando attentamente l’intricato gioco globale , sarebbe quanto mai fuorviante creare una linea di demarcazione tra Usa cattivi ed europei buoni .

Continuando a demistificare il manicheismo virtuale postmoderno , è bene decostruire i clichè e gli stereotipi concernenti " i fondamentalisti e integralisti islamici ".

A questo proposito Samir Amin lucidamente sostiene : " I termini integralista e fondamentalista sono termini assolutamente erronei , utilizzati esclusivamente dall’Occidente . Nei paesi arabi , nessuno li usa , perché il discorso islamico che cerca di fornire un’alternativa alla modernità capitalistica non ha alcun fondamento teologico . E’ meramente politico . E’ una manifestazione politica del sentimento religioso dei popoli musulmani ".

Per non ingenerare ingannevoli illusioni sulla natura dell’islamismo politico , mutuando S. Amin, conviene sottolineare che l’islamismo politico non mette in discussione né il neoliberismo né la globalizzazione economica , infatti , " rinchiude la gente nel comunitarismo , nella sottomissione e nella passività " . Inoltre , è opportuno ricordare che l’islamismo reazionario è stato strumentalizzato e supportato dagli Usa e dagli Occidentali , tant’è che , soprattutto gli Stati Uniti , hanno ostacolato ogni processo democratico . Pertanto, al di là della propaganda globale e delle dosi massicce di retorica , in realtà il mostro terroristico è stato partorito dagli Usa e dalle colpevoli connivenze dell’Europa . Difatti , il momento genetico della rete terroristica è strettamente connesso agli eserciti mercenari organizzati , addestrati e armati da CIA , Egitto, Pakistan, spionaggio francese , capitali sauditi .

Ciò detto , ritornando al problema della guerra preventiva , vale la pena di evidenziare che le strategie statunitensi mirano non solo a impadronirsi del petrolio e del gas del mar Caspio , ma progettano anche una guerra duratura in Asia centrale . Questi ambiziosi progetti intensificano i conflitti europei per la leadership e , al tempo stesso , delineano uno scenario di guerre permanenti , basti pensare ai rapporti fra Cina e Russia o fra India e Cina .

Ma al di là di queste considerazioni , occorre ribadire che la guerra al terrorismo lanciata dagli Usa e dall’Europa , è di fatto una guerra preventiva contro ogni forma di dissenso , sicché la resistenza dei movimenti globali dovrebbe combattere le diverse forme di guerra preventiva , nella consapevolezza che i padroni globali sono tutti falchi , anche quando si travestono da colombe . In realtà , dopo l’11 settembre si sono imposte le istanze più reazionarie dei governanti del mondo , sicché la guerra preventiva è diventata lo strumento quotidiano della repressione .

A questo punto , dopo aver tentato una decostruzione critica sulla situazione esistente e auspicando la costruzione di un altro mondo , è lecito porre alcuni quesiti . Il progetto di una democrazia assoluta può realizzarsi all’interno della globalizzazione economica ? Le istituzioni internazionali possono garantire un salto di paradigma , prescindendo dai fenomeni economici , scientifico-tecnologici e militari ? E’ pensabile un progetto di unificazione politica del mondo in un contesto caratterizzato da sperequazioni economiche , da miseria , da turbolenze , da contraddizioni , da lotte strategiche per la leadership ? Possono i socialdemocratici conservatori europei operare una svolta ? Indubbiamente l’ottimismo è un sentimento vitale e positivo , ma quando è acritico diventa devastante , sicché , constatando il becero gioco dei padroni del mondo , si impone perentoria l’esigenza di optare per una inedita fenomenologia etica e politica , in vista di una nuova cosmogonia . Non senza ragione Bertolt Brecht , di fronte alla barbarie dilagante , nel 1938 , sosteneva : " C’è un solo alleato : il popolo….Soltanto da esso è possibile attenderci qualcosa " . A questa chiarificazione ideologica se ne affianca subito una formale , infatti , Brecht , invocando il realismo , afferma : " Realismo vuol dire svelare i nessi causali della società , smascherare i punti di vista dominanti come punti di vista dei dominatori ". Dalle osservazioni fatte si evince , dunque , che per demolire la polveriera mondiale , che attualmente si avvale anche del gas nervino , occorre demistificare il grande gioco ed azzerare lo smisurato dominio del capitale. Sicché, dal momento che si sta enfatizzando l’Europa buona , conviene ricordare che quest’ultima è quella degli accordi di Maastricht , di Schengen , di Dublino , di Tampere .

Giustamente , a questo proposito Etienne Balibar parla di " una determinazione insurrezionale che inerisce strutturalmente alla proposizione dell’ègalibertè ". Pertanto , rimuovendo anche le pretese di eurocentrismo , contro l’integrazione negativa europea , contro le categorie di un datato universalismo , contro l’idea perversa di uno scontro di civiltà e contro le coordinate di una democrazia delegata , per costruire la pace , è necessario europeizzare e globalizzare i diritti , se effettivamente si vuole costituire , senza se e senza ma , una democrazia assoluta e radicale .

Ma , preso atto che gli accordi di pace flessibile e precaria sono sempre stati sanciti dai poteri maschili e registrando le categorie di un nuovo patriarcato , vorrei invocare la pace, e , mutuando il titolo del film di M. Monicelli , vorrei aggiungere , "Speriamo che sia femmina ".