MAI DIMENTICARE LA STORIA!!! Assolutamente da leggere un capitolo quasi dimenticato della storia europea, ma ne vale la pena....diffondetelo, poichè non bisogna dimenticare!!!!   LA STORIA CHE NON RACCONTANO

Torna - avviene, ogni tanto - il fantasma rimosso ma ...

di alberto

Corriere della sera 28 settembre 2002

Torna - avviene, ogni tanto - il fantasma rimosso ma implacabile di Dresda.
Di quella che fu la scintillante Residenzstadt dei Principi Elettori di
Sassonia si è parlato molto, di questi tempi, per un incrocio di
circostanze. Innanzitutto, l'alluvione che ha gonfiato l'Elba, sino a
sommergere gli storici palazzi, ancora in faticosa e parziale ricostruzione.
Ma ha contato forse anche il fatto che tra i 25 commentatissimi capolavori
di casa Agnelli, due erano celebri vedute della Dresda perduta per sempre di
Bernardo Bellotto. Il dibattito, poi, sulle due inedite figure del diritto
internazionale imposte da Bush (gli «stati canaglia» e la conseguente
necessità di «guerre preventive»), ha portato qualcuno a rievocare ciò che
gli americani, ancora una volta in unione con gli inglesi, perpetrarono in
un altro bombardamento, nell'ultimo giorno del carnevale del 1945. Infine,
la Germania stessa, prendendo per la prima volta le distanze dagli Usa,
sembra volere rifare i conti con il passato, uscendo dalla parte di chi è
solo carnefice e chiedendosi se, per caso, non sia stata in qualche modo
anche vittima. Comunque sia, è un'attenzione rinnovata che ha portato pure a
una serie di lettere a questo giornale. Alcuni, tra i lettori, mostravano di
non possedere informazioni precise, ma solo il sentore che, nella capitale
sassone, fosse avvenuto qualcosa di terribile, molto al di là delle atrocità
che pur contrassegnano ogni guerra. In effetti, gli storici, che hanno ormai
accesso anche agli archivi degli Alleati, sembrano concordi sul fatto che
quello di Dresda fu il bombardamento più sanguinoso, più perverso, più
inutile della storia.
Più sanguinoso : a causa del caotico afflusso di profughi, in fuga davanti
all'avanzata russa, una cifra precisa dei morti non potrà mai essere
stabilita. I cadaveri furono bruciati (a decine di migliaia, ammassati dalle
ruspe, senza alcuna possibilità di riconoscimento) sopra pire improvvisate
con rotaie ferroviarie. C'è comunque accordo sul fatto che le vittime, in
una sola notte, non furono meno di duecentomila, mentre l'atomica di
Hiroshima ne uccise, al primo colpo, «soltanto» settantamila e Berlino,
martellata per cinque anni, ebbe in tutto - pare - cinquantamila vittime.
Più perverso : gli strateghi americani e inglesi predisposero minuziosamente
modi e tempi del bombardamento, così da uccidere il maggior numero di civili
(non c'erano quasi soldati tedeschi né difese antiaeree, a Dresda), non
dando scampo neppure a chi era nei rifugi. Si studiò, poi, il sistema per
sterminare anche i soccorritori e per eliminare, come tocco finale, chi, per
caso, fosse scampato. Perversa fu la scelta stessa dell'obiettivo da
incenerire: la Firenze del Nord, forse il più prezioso - e ancora intatto -
scrigno europeo di arte medievale, barocca, rococò. Si ripeté, cioè, inscala
maggiore, il crimine anche culturale del 15 febbraio 1944, con la
distruzione «a freddo» dell'abbazia di Montecassino che gli stessi tedeschi
si erano rifiutati di fortificare per non esporre a pericoli quel vertice
della spiritualità e dell'arte cristiane.
Più inutile : in quel febbraio del 1945, il Reich agonizzava, a due mesi
dalla fine. Gli Alleati erano al Reno, i Sovietici in Prussia, Hitler già si
era murato nel bunker berlinese. Ancora pochi giorni e i Russi
sarebberoentrati in una Dresda affollata da una turba disperata di vecchi,
donne,bambini, fiduciosi di essere protetti dalla bellezza della città.
Malgrado ogni ipotesi e dietrologia, ancor oggi non si trova spiegazione
possibile per quello che fu voluto lucidamente come il maggior massacro
della storia, ma che nessuna ragione militare giustificava.
Se neppure l'apertura degli archivi militari ci ha rivelato il «perché»,
conosciamo ormai bene il «come» di un'apocalisse programmata in sei atti. Il
primo atto fu alle 22 del 13 febbraio, con le squadriglie dell'avanguardia,
incaricate di inquadrare l'area dell'olocausto con speciali bombe luminose:
contro ogni convenzione e umanità, è il centro sovraffollato che si voleva
polverizzare, senza sprecare colpi su fabbriche o aree ferroviarie. Il
secondo atto vide in azione un'ondata di quadrimotori che sganciò ordigni
dirompenti, per sbriciolare i vetri e scoperchiare i fragili tetti in legno
della città antica, così da creare correnti d'aria e facilitare il lavoro
delle bombe incendiare. Queste - nella misura di ben seicentomila, scaricate
da 400 aerei - furono le protagoniste del terzo atto.
A quel punto, Dresda non era che un mare di fiamme, l'operazione sembrava
conclusa. In realtà, i pianificatori anglosassoni avevano deciso che questo
non bastava: bisognava uccidere anche le turbe ammassate nei rifugi
sotterranei e massacrare quanto restava di infermieri e pompieri in quella
regione della Germania. Ci fu, dunque, un quarto atto, alcune ore dopo.
Mentre già fervevano i soccorsi, sul cielo di Dresda apparvero altre
centinaia di bombardieri con un compito davvero diabolico: come si era
scoperto colpendo Amburgo, stendere un tappeto di esplosivo su una città già
in fiamme provocava il Fire Storm, una spaventosa «tempesta di fuoco», con
venti a duecento all'ora e temperature fino a mille gradi. Le correnti
d'aria arroventate causavano una tale saturazione di gas tossici da
provocare la morte anche di coloro che erano nei rifugi più sicuri.
E così avvenne. Ma se per caso, malgrado tutto, ci fosse stato qualche
superstite alla «tempesta» ? Americani e inglesi avevano dunque previsto un
quinto atto, che completasse la «pulizia etnica»: quando il sole era già
sorto, e da Dresda si levava una colonna di fumo visibile a 150 chilometri,
giunse un'altra ondata, questa volta di cacciabombardieri americani,
incaricati di mitragliare qualunque cosa si muovesse ancora sulle strade. Ma
non era finita: per convincere davvero che per nessuno, solo in quanto
tedesco, c'era scampo, la notte seguente (fu il sesto atto) fu sottoposta a
bombardamento a tappeto Chemnitz, la città più vicina, dove qualche scampato
era riuscito a rifugiarsi, grazie a una ferrovia che ancora funzionava.
Come giudicarono, concordi, inglesi e americani, Arthur Harris, il
maresciallo dell'aria responsabile dell' operazione-Dresda , aveva ben
meritato il titolo di Sir che gli fu solennemente conferito. Poco più di un
anno dopo, tutti, assieme agli uomini di Stalin, sedevano a Norimberga per
giudicare i tedeschi - ed essi soli - per «crimini contro l'umanità».
 

QUESTI SONO I LIBERATORI!! E ORA CHI CI LIBERERA' DAI LIBERATORI?