ANNIVERSARI E COMMEMORAZIONI

di giancarla ceppi

 

l’attacco suicida alle torri gemelle di New York ha causato migliaia di morti, e qui in India ci è stato chiesto di osservare due minuti di silenzio come atto di solidarietà verso le vittime. Dovunque voi siate - ci ha detto il primo ministro - fermatevi e state in silenzio.

Per quanto fossi commossa per quei morti, non potevo dimenticare le 3.000 persone uccise a Delhi nel 1984 durante le rivolte contro i Sikh, o le più di 2.000 uccise durante gli scontri anti-musulmani di Bombay nel 1993, o i più di 10.000 cittadini uccisi dal gas uscito da una fabbrica della Union Carbide a Bhopal nel 1984.

Perché non ci chiesero due minuti di silenzio per quei morti?

Forse perché non vennero uccise in quello che si potrebbe definire come un attacco terrorista?

A Delhi e a Bombay gli assassini aveva il tacito appoggio dello Stato, a Bhopal la Union Carbide aveva alle spalle la potenza degli Stati Uniti.

Ma le vittime di Delhi e Bombay non provarono forse attimi di terrore quando videro i loro assassini? E le madri di Bhopal non furono terrorizzate dal gas che entrava nelle case e che si portava via la vita dei loro bambini?.

Ricordo la mia reazione furiosa di fronte ai miserabili risarcimenti che la Union Carbide offriva alle vittime di Bhopal e di aver espresso questa mia rabbia durante un convegno negli Stati Uniti.

"Ma mia cara - mi rispose un americano che conosceva come va il mondo - non lo sai che il valore di un indiano è molto più basso di quello di un americano?"

Solo ora capisco il valore vero di quelle parole, ora che gli Usa stanno facendo la guerra in questa parte del mondo. Noi offriamo ogni aiuto possibile all’America. Spazio aereo? Basi? Prendetele pure, non abbiamo nemmeno aspettato la richiesta formale.

Conosciamo fin troppo bene lo sfruttamento e l’arroganza dei soldati americani stanziati nelle basi militari, eppure siamo qui, disposti ad accettare tutto.

Perché mai dovremmo essere coinvolti in una guerra "americana"? Conosco la risposta: questa guerra per noi è "buona". Quale migliore occasione per i nostri leader Hindu per avere una certificazione internazionale che i musulmani sono terroristi, che l’Islam è un nemico?

E’ facile credere di essere i guardiani di ogni valore morale, è molto più difficile riflettere, analizzare e capire che qualche volta la strada che va alla fonte del terrorismo potrebbe arrivare fino alla porta di casa nostra.

Non so cosa succederà dopo l’inizio della guerra. So che sia in America che in India saremo molto più vulnerabili. L’Islam verrà ulteriormente demonizzato, l’odio per le minoranze (coltivato dal fondamentalismo maggioritario dei nostri politici) crescerà e la pace e la tolleranza saranno qualcosa che appartiene al passato.

Urvashi Butalia , scrittice che vive a Delhi

E Giancarla, scrittrice che vive a Roma aggiunge questo pezzo che aveva scritto due mesi dopo la tragedia di Bhopal

Contaminazione

Menachipuram: mille abitanti, scheduled cast-paria, la metà evacuati, fuggiti emigrati.

Menachipuram come Seveso : una città fantasma in una terra avvelenata. Ventimila abitanti contaminati, ventimila evacuati.

La lezione di Seveso a chi è servita? Chi ha imparato la lezione di Seveso? E Bhopal.? A Bhopal c'è stata l'atomica dei poveri.

Gli abitanti di Bhopal non hanno bisogno di vederlo al cinema "Il giorno dopo".

Ramkali –di Bhopal

Ramkali scheduled cast -paria convertita all’islamismo.Ramkali, la notte del due dicembre dormiva accanto alle sue quattro figlie e al marito, quando all'improvviso un odore acre, insopportabile la svegliava di soprassalto. Apriva gli occhi e gli occhi le bruciavano come trapassati da mille spilli infilzati nelle palpebre. Un incubo, sì un incubo. Dai sogni come dagli incubi si esce aggrappandosi cercando di accendere le luci o uscendo fuori. È uscita fuori, all’aperto, fuori dalla sua baracca, Ramkali senza pensare né alle figlie, né al marito. Al di là della cortina lacrimosa scorgeva cento, mille corpi che come lei correvano arrancando, in-

seguiti dalla nube mortale. Ancora l'incubo "no, non mi sono svegliata. Ma le bambine dove sono le bambine ?". Ramkali non vede più niente, barcolla. Cade. Non c'è più niente nell'incubo di

Ramkali, solo un'enorme nube grigia senza fondo.

Due braccia la sollevano. All’ospedale in mezzo alle brande, passa un'infermiera e scuote i corpi che non danno segno di vita. Una mano si posa sulla fronte di Ramkali.

"Dove sono?". "Sei all'ospedale. Ti abbiamo trovato per terra sulla strada. Sono due giorni che sei qui";

"Ma cos'è stato?" chiede Ramkali.

"È uscito li gas dalla fabbrica dall'altra parte della strada" Ramkali ha capito.

Adesso tutto è chiaro. Quante volte era già scappata al suono della sirena che avvisava del pericolo. Ma le altre volte, insieme al marito aveva preso le bambine e appena era passato l'allarme era tornata nella sua capanna.

"Dove vai? Sei debole, non puoi andare via" cerca di fermarla l'infermiera. Ma Ramkali non l’ascolta più. E’già uscita dal corridoio e corre verso la strada fino a quello che è rimasto della sua capanna. Ma si, c’è ancora un dentro e dentro ci sono Ritu, Lalita, Kavita, Usha e c'è anche lui Arun. Ritu e Lalita le corrono incontro, ma gli altri due non hanno la forza. Aprono soltanto un po’ gli occhi anche se in quel poco un debole sorriso passa nei loro sguardi. Lui però Arun gli occhi non li apre per niente. Ramkali gli va vicino e lo chiama "Arun, Arun>. Esce fuori, prende un po' d'acqua dalla brocca che qualche vicina pietosa le ha riempito e bagna le labbra riarse del suo sposo. Arun solleva lentamente le palpebre e vorrebbe dirle." Sei qui, sei tornata. Siamo tutti qui." Ma dalle sue labbra non esce nemmeno un filo di voce. Ora Ramkali si accuccia vicino ad Arum e aspetta. Aspetta la morte. Che lei sa riconoscere la morte quando arriva. Tutta la vita ha avuto a che fare con i morti Ramkali. Ma questa volta è stato molto peggio di tutte le altre volte e quelli che verranno saranno tutti "giorno dopo" per Ramkali. Tutti giorni dopo per gli abitanti di Bhopal. Tutti giorni dopo.