13 marzo 2000

La Spagna sceglie Aznar
Crollano i socialisti

MADRID - Ha vinto Josè Maria Aznar, la Spagna sarà guidata dal centro destra per altri quattro anni. Il risultato, adesso, è definitivo: al Partito popolare di Aznar vanno il 44,5 per cento dei suffragi e 183 seggi contro il 38,7 e 156 seggi delle elezioni del 1996. La sconfitta del Partito socialista operaio di Spagna (Psoe) di Joaquin Almunia è ancora più grave di quanto prospettavano i sondaggi: solo 125 seggi contro i 141 precedenti e il 34,1 contro il 37,4. Immediate le dimissioni del segretario generale del Psoe Joaquin Almunia che ha dichiarato: "Non abbiamo saputo convincere gli spagnoli, non siamo stati capaci di spiegare al paese quale importanza poteva avere per il futuro un patto elettorale con Izquierda Unida". E precipitano anche i comunisti, passando da 16 a 8 seggi e dal 9,2 al 5,4, mentre sale il partito nazionalista basco, che guadagna due seggi rispetto ai cinque delle precedenti elezioni. I catalani hanno il 4,2 per cento e 15 seggi.

E' stata una domenica normale e senza incidenti di rilievo. Nonostante le minacce dei separatisti baschi dell'Eta, circa 30 milioni di spagnoli si sono recati oggi alle urne per rinnovare le Cortes, il parlamento di Madrid. Fino al tardo pomeriggio, l'affluenza era in netto ribasso rispetto alle politiche del 1996: alle 14,30 la variazione era del 3 per cento in meno mentre alle 18 era addirittura salita a 6,5 punti. Un forte dispositivo di sicurezza di 106 mila agenti - record storico - ha assicurato un voto tranquillo. Nei Paesi Baschi sono stati arrestati alcuni giovani che incitavano all'astensione.

Altri giovani hanno lanciato bottiglie incendiarie a San Sebastian, senza danni di rilievo mentre in varie località basche, durante la notte, sconosciuti avevano spalmato di silicone la serratura del portone del seggio. Herri Batasuna, braccio politico dell'Eta, aveva invitato i baschi a boicottare il voto "spagnolo" come dimostrazione di indipendenza.



27 marzo 2000
Elezioni Russia, Putin
è il nuovo presidente

MOSCA - Vladimir Putin è il nuovo presidente della Russia. Non ci sarà il ballottaggio. Non c'è stato neanche bisogno di arrivare allo spoglio di tutte le schede. Ne sono state scrutinate il 94,27 per cento. Quelle sufficienti per far dichiarare al capo della commissione elettorale centrale Aleksandr Veshniakov, che Putin ha ottenuto il 52,52 dei voti ed è quindi irraggiungibile dal leader comunista Ghennadi Ziuganov, sconfitto pur avendo ottenuto il 29,44 per cento dei voti. Lontanissimi gli altri candidati: Aman Tuleyev, al 3,06 per cento e Vladimir Zhirinovsky, al 2,72 per cento.

Doveva vincere, il delfino di Boris Eltsin, e alla fine ha vinto, ma non è stata una marcia trionfale, una "passeggiata", un plebiscito, nonostante alta sia stata la partecipazione al voto, il 68,7 per cento dei russi si è recato alle urne. La corsa verso l'investitura si è rivelata più difficile delle previsioni ed è arrivata al termine di una notte lunga, molta lunga: sospiri e prime proiezioni da brivido, poi apprensione per molte ore, con Putin costretto a rientrare nel suo quartier generale, infine, quando è arrivato il sostegno di Pietroburgo, l'urlo liberatorio per aver sfondato la soglia del 50 per cento che gli exit poll avevano previsto. Solo allora, ormai a notte fonda, l'ex agente del Kgb ha allontanato il pericolo di un ballottaggio con il comunista Zjuganov, che ha comunque confermato lo zoccolo duro del suo elettorato. E non si è arreso facilmente alla sconfitta. Prima ancora che i risultati delle elezioni fossero chiari ha denunciato broglie elettorali, sostenendo che il voto dei comunisti arrivava al 40 per cento. Ma gli osservatori internazionali, almeno per ora, non ha denunciato irregolatirà nelle operazioni di voto.

Il dato che emerge è che l'elettorato russo è stato meno istintivo di quanto si pensasse: ha sì, alla fine, accordato i suoi favori al successore di Eltsin, ma in misura inferiore rispetto al 55 per cento che era stato previsto alla vigilia. Niente plebiscito, insomma. E una grande mano è arrivata a Putin dalla sua città, Pietroburgo che gli ha concesso, secondo dati ormai consolidati, quasi il 63 per cento dei consensi, incluso il voto degli ambienti democratici. Una compensazione rispetto all'esito di Mosca, dove Putin è stato il più votato, ma con un risultato attorno al 44 per cento.