IL SEGNO

DELLA FEMMINA

di Anna Maria Farabbi

 

 

Cosa portargli se non quattro elementi per cena

e l’animale rosso che batte

sangue

dentro le mie costole.

Aprirò il pane con un solo taglio

di lingua.

Il suo petto

con la mia nudità regale.

Offrirò gli anelli

della mia spina dorsale

i miei diecimila anni per terra. Quello che vuole:

entrare:

un lunghissimo viaggio preistorico

dentro la mia aorta

meraviglia.

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Che cosa racconti non so

le parole

se non in bocca quando mangiano il mio rosso tenerissimo

capezzolo

la rotondità il respiro il ritmo.

Mi dispiace non capisco

l’alfabeto le cose non so

capire. Non ho il peso

né la testa.

Sono in amore: comanda leggerezza

cuore e pancia

la resurrezione allegrissima

del mio inguine.

Ronzio estivo e frizione dei globuli nel sangue:

l’accoglienza concava tra le mie cosce

mi allarga.

Mi rende non semplice ma elementare.

Gioco nel tuo bosco: l’ascella.

Mi trasformo in arte. Piena di grazia:

Ave.

Silenzio e grazie

per la tua lingua in bocca che mi attraversa

per il tuo portarmi in cielo con le mani.

Al sole.

Fare abbondanza felicissima:

qui ora

in tutta la nostra terra.

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Com’è il tempo

la mia saliva calda piove

con leggerezza minuta lentamente:

sbriciola le tue pietre l’io

i nomi le facce le date scende

crolla tenerezze

riempe i pozzi segreti della tua fronte.

Le rughe offese.

Sei nudo perché faccio estate l’intimità

che ho voluto vedere.

Baciarti rospo e principe:

la mia stregoneria.

Lecco il sole che brucia dentro il tuo orecchio.

Il tuo equilibrio nel labirinto.

Le correnti dei fiati.

La lunghissima curva camminata con un dito

mi porta alla nuca. Ti stordisco. Segno

il silenzio primordiale

nelle profondità tremende del tuo ombelico.

La mia lingua cade tutta tua

per il piacere.

Qui cielo terra mare. L’apertura. Il divenire

del linguaggio:

tu l’ultimo abitante del creato

che entra esce viene

mi rende il corpo felicità intera.

Sperma e miele.

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Quando i miei amori benedicevano la natura

tra le mie cosce.

La calda tenerezza della mia coppa

con cui brindare all’avvento

della meraviglia:

la loro lingua pesciolina in silenzio

lì.

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IL GIOCO NELL’ORTO

TRA LA MIA BOCCA

E L’UNICA CILIEGIA DI MAGGIO

Cos’è questo zucchero intero

che non conosco non vedo

che ogni volta non conosco

Lo sento lo voglio

re