La globalizzazione è già avvenuta

di Luca varrese

La globalizzazione è un fenomeno estremamente complesso. Cercherò di dire qualche mia opinione e di ricordare qualche fatto trattando singolarmente alcuni aspetti del problema.

Prima di tutto vorrei dire che la globalizzazione non è una novità né come fenomeno né come tema di discussione politica.

Forse mi si accuserà di prendere la cosa un po’ alla larga ma il primo esempio di globalizzazione si è avuto già nella preistoria. L’archeoastronomia, che studia gli orientamenti astronomici ed astrologici di monumenti megalitici come Stonehenge, ha provato che esistevano alcuni moduli di costruzione diffusi in tutta Europa: una delle molte prove di una cultura comune già allora.

Certo era probabilmente una cultura di pochi iniziati, dei sacerdoti o sciamani che sapevano come realizzare certe opere; ma esisteva.

Del resto si è trovata ambra nordica in caverne della Francia meridionale e viceversa reperti tipicamente meridionali in scavi nordici. Quindi anche i commerci erano assai più a vasta scala di quanto si potrebbe immaginare.

Veniamo poi alla Grecia. Le colonie greche sono state, secondo molti storici, una delle ragioni della grandezza di quella civiltà perché in una colonia gli “emigrati” potevano ricominciare daccapo, rimettere in discussione fortune e ordinamenti acquisiti, mettersi a confronto con popolazioni locali, combattere o commerciare; il tutto in una struttura già di per sé aperta all’innovazione come la polis greca. La Magna Grecia era in qualche modo un mondo globalizzato, in cui le mille differenze locali non erano che la ricchezza di una civiltà comune.

L’impero romano nel suo periodo di massimo splendore era poi unito certamente dalla potenza militare ma anche dalla buona amministrazione e dalla tolleranza per gli usi locali.

Ed anche in questo caso il meglio delle culture locali era integrato in una cultura univoca, tanto che secondo molti la più bella poesia sulla fine dell’Impero fu scritta da un gallo di nome Namaziano.

Era certamente un impero; le libertà politiche erano minime e quelle civili non esistevano per gli schivi; ma, anche per le popolazioni conquistate, era certo meglio dei barbari che lo invasero.

Nel Medio Evo la Chiesa cattolica e la lingua latina sono stati altri fattori di unificazione; dopo la parentesi di buio delle invasioni barbariche era possibile, almeno per i dotti, conversare, discutere ed elaborare nuove idee.

Il Rinascimento vede il fiorire delle culture nazionali e anche della rivalità fra esse; eppure il fatto stesso che si possa parlare di Rinascimento come di un fenomeno europeo significa che, al di là delle differenze nazionali, esisteva qualcosa di comune, qualcosa di positivo che ha dato una nuova impronta alla vita anche quotidiana in termini di ricchezza di idee e di opinioni.

Non voglio certo dire che le “globalizzazioni” passate siano sempre state positive.

Abbiamo per esempio la globalizzazione spagnola e portoghese; queste due nazioni conquistarono imperi millenari in Sudamerica distruggendo gran parte delle relative civiltà ed avviando uno sfruttamento che, sotto altre forme, è continuato ancora oggi.

Idem si può dire per il colonialismo un po’ di tutte le nazioni europee che, sotto l’alibi di “portare la civiltà” hanno distrutto equilibri millenari in Africa come in Asia o in America con le stragi dei pellerossa. Non dico che lo status quo fosse positivo : bisogna ricordare che comunque in Africa le popolazioni avevano certo una loro cultura ma a livello protostorico, con tutti i relativi svantaggi. Ma la colonizzazione ha solo cancellato queste culture (che almeno avevano un loro equilibrio, sia pure pietrificato) senza portare nessuna soluzione effettiva ed anzi creando nuovi problemi.

Un altro esempio di “globalizzazione” non riuscita è l’impero austro ungarico; l’idea sarebbe stata quella di unire vari popoli sotto la guida di una buona amministrazione comune. Idea ottima in sé ed aveva funzionato coi romani: ma i tempi erano mutati. Questo impero non fu in grado di adattarsi alle varie realtà locali, non seppe evolversi in una struttura “confederata” che forse l’avrebbe salvato; e crollò in pratica sotto il suo stesso peso.

Allora cosa ci possono insegnare questi eventi passati ?

Secondo me ci dicono che la globalizzazione può essere un bene se non è guidata dal puro potere o dal puro interesse ma anche da un qualche tipo di ideale o di civiltà. Inoltre si deve pensare ad una globalizzazione “flessibile” in cui c’è sì qualcosa di comune ma lo è soprattutto un’armonia di diversità.

Come realizzare tutto questo…beh, se lo sapessi andrei alle Nazioni Unite !

A parte gli scherzi, penso che sia però un tema da affrontare sia ad alto livello (quali linee guida, quali schemi e, perché no, quali sogni) sia a livello concrreto (che fare nelle nostre piccole vite).

Ma dirò qualcosa su questo tema in un’altra occasione (altrimenti scrivo un trattato !)

Veniamo ora al problema più strettamente politico, cioè come vada gestita una globalizzazione.

Su un’altra scala un problema del genere era già stato affrontato nel Settecento francese, quando si discuteva se mantenere dazi, balzelli e privilegi vari o lasciar fare al “libero mercato” (anche se allora non lo si chiamava così).

E’ paradossale pensare che allora i “conservatori” fossero per lo status quo e i riformatori per il libero mercato, mentre ora la situazione pare rovesciata con la sinistra (almeno con un certo tipo di sinistra) sospettosa verso la globalizzazione e la destra a favore.

In effetti a ben guardare “contro” la globalizzazione non c’è solo una “certa” sinistra ma anche forze come la Lega o addirittura certi movimenti di estrema destra.

Ho quindi il sospetto che, come nel Settecento, chi è “contro “ non sia tanto uno che è convinto che dalla globalizzazione non potrà venire nulla di buono ma soprattutto uno che teme per la fine di certi equilibri. Sono più che d’accordo che la globalizzazione sia un fenomeno da tenere sotto controllo e che presenta moltissimi lati negativi, ma non mi pare che sia così diabolico.

Mi sembra piuttosto affine ad una forza naturale, in sé né buona né cattiva ma indirizzabile al bene o al male a seconda di come la gestiremo.

P.S. Spero di non essere stato troppo pignolo o didascalico. Vorrei solo che, visto che si

debbono affrontare di temi così complessi li si tratti con la serietà che meritano e non solo coi soliti slogan.

 

 

 

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