ACCORDO MAFIA C'E' ...STATO ?

Dal crollo del fascismo ad oggi nella storia dei rapporti fra lo STATO e il crimine organizzato, si possono distinguere tre fasi.

La prima va dallo sbarco alleato in Sicilia il 9 Luglio 1943, alla proclamazione dell'autonomia regionale in Sicilia, il 15 Maggio 1946. in questa fase richiesta dagli STATI UNITI, - COSA NOSTRA – con L. Luciano, aiuto' lo sbarco alleato e la travolgente avanzata, quindi appoggio' il separatismo che pero' perse di significato con l'inizio della guerra fredda tra EST e OVEST.

La seconda fase copre i decenni della guerra fredda, gli anni cioe' dal 1946 al 1991, durante la quale gli alleati ebbero bisogno che la criminalita' organizzata, COSA NOSTRA in testa, partecipasse al contenimento del comunismo e dell'UNIONE SOVIETICA: sotto la protezione strategica degli STATI UNITI si intreccio' la convivenza del crimine organizzato con la politica, con gli apparati di sicurezza e con i palazzi di giustizia.

La terza fase ha avuto inizio nel 1991 e si è resa evidente nei due anni successivi: crollo dell'impero sovietico, crisi della prima Repubblica e crisi del crimine organizzato, che ha perso i suoi punti di riferimento: non soltanto non serve piu' ai suoi protettori italiani e stranieri, ma addirittura puo' ostacolarne i piani. Cosi' dalla seconda meta' degli anni ottanta il crimine organizzato comincia a subire colpi durissimi: è la stagione dei pentiti dei maxiprocessi, della cattura dei latitanti storici, ma anche gli anni delle bombe mafiose, della strage di Natale, passando per quelle di Capaci e di via D'Amelio, sino a quelle di Milano Roma e Firenze del 1993.

Nello STATO d'illusione totalitario il segreto è il cassetto per nascondere le decisioni e gli strumenti del potere che nemmeno la piu' violenta manipolazione simbolica puo' rendere tollerabili: la tortura e la segregazione dovranno essere celate nelle stanze sotterranee delle inaccessibili caserme di un polizia segreta o in lontani irraggiungibili campi di concentramento.

Nello STATO democratico il segreto invece è il momento residuale della notizia stessa sua naturale ed aggressiva nemica. Qui il segreto difficilmente dura a lungo: c'e' sempre un cacciatore di scoop in agguato. Gli stessi custodi del segreto sembrano, spesso, non tenerci neppure molto: è caratteristica nello STATO della notizia, la banalizzazione della differenza tra segreto e notizia. La rivelazione, lo scandalo, vengono dapprima come un ciclone, ma non sono altro che un rapido temporale, dopo il quale ben poco è cambiato, solo qualche figura e non delle maggiori viene abbattuta dal vento.

Questa seconda riflessione bisogna inserirla nel contesto tra MAFIA E STATO che spesso sembra scomparire per poi ripresentarsi uguale negli anni successivi, anche se con inevitabili evoluzioni, basta guardare il salto imprenditoriale della criminalita' organizzata che successivamente ha cominciato ad investire in appalti e a giocare in borsa.

RAFFAELE CUTOLO ha evocato la sollecitazione fattagli pervenire tramite l'avvocato FRANCESCO GANGEMI suo difensore di fiducia e in seguito suo compare d'anello, ad attivarsi per salvare ALDO MORO. Al fine di rintracciare la prigione in cui era trattenuto ALDO MORO, aveva anche incontrato da BASTIANELLI a Fiumicino, FRANCO GIUSEPPUCCI, presenti sia amici di costui sia VINCENZO CASILLO e ALFONSO ROSANOVA: nell'occasione – ER NEGRO – aveva detto che della cosa si stava occupando NICOLINO SELIS. Trascorso qualche giorno da quell'incontro quest'ultimo gli aveva fatto sapere che aveva grande urgenza di vederlo. S'erano incontrati, dunque e SELIS gli aveva riferito di aver saputo del tutto casualmente dove si trovava la prigione di ALDO MORO. Questo si sarebbe trovato nei pressi di un appartamento che SELIS teneva come rifugio in caso di eventuali latitanze. RAFFAELE CUTOLO aveva informato del contenuto della conversazione l'avvocato FRANCESCO GANGEMI al quale aveva chiesto quale condizione del proprio interessamento, di procurargli il contatto con qualche autorevole personalita' politica. L'avvocato GANGEMI da parte sua, gli aveva fatto sapere, tuttavia, che tale condizione non era stata accettata, dunque egli aveva considerato chiusa la questione. Nello stesso periodo, ALBANELLA aveva ricevuto una visita di VINCENZO CASILLO il quale appariva molto preoccupato: dopo avergli chiesto se si stesse interessando ancora al sequestro ALDO MORO, gli aveva risposto che i suoi referenti, tutti politici di fama nazionale, l'avevano incaricato d'invitarlo a farsi gli affari suoi e a non mettere piu' il naso in quella vicenda. Del resto i poteri statuali altre volte chiesero o accettarono l'aiuto della mafia. Basti pensare alla parte, come detto, che la mafia ha avuto nello sbarco in SICILIA, nella lotta contro il separatismo e contro il banditismo ed altro ancora. Se non si tiene conto di questo non si riescono a comprendere le origini della contiguita' tra alcuni uomini politici e la mafia.

Anche MAURIZIO ABBATINO ha raccontato sia dell'incontro fra esponenti della BANDA DELLA MAGLIANA e RAFFAELE CUTOLO, presso il ristorante BASTIANELLI a Fiumicino, sia di un successivo incontro tra FRANCO GIUSEPPUCCI in compagnia di NICOLINO SELIS e l'onorevole FLAMINIO PICCOLI, sollecitato dallo stesso GIUSEPPUCCI per parlare con il PRESIDENTE dei deputati democristiani tanto dell'individuazione della prigione in cui era trattenuto ALDO MORO quanto della possibilita' di ottenere la liberazione dello statista. In una onesta testimonianza del defunto parlamentare democristiano assunta il 21 Marzo 1994 da OTELLO LUPACCHINI si legge :

L'ONOREVOLE PICCOLI … per spiegare quale fosse il mio stato d'animo di fronte alla lentezza esasperante delle indagini, in un clima che si caratterizzava per vedere alle porte, da parte di molti, il cambiamento radicale della vita politica italiana e da parte di alcuni, il giudicare tutto sommato positivo lo stesso sequestro MORO, vicenda che incoraggiava lo stesso ON. BERLINGUER ad una scelta democratica, una volta che giunse la notizia che la prigione di ALDO MORO si trovasse a sud di Roma, sul greto del Tevere, prima ancora di riversare tale notizia al Ministero dell'interno, mi feci accompagnare sul posto dal mio autista. Nel luogo indicato vi erano delle casupole, ma non l'on. MORO. Mi rendo conto che si tratto' da parte mia di una mossa azzardata, tuttavia il clima di quei giorni era tale, che non si poteva sempre riflettere con la dovuta serenita' prima di agire. Mi riservo, esaminati i miei appunti dell'epoca, di precisare compiutamente il modo come mi pervenne la notizia suddetta ed il luogo che veniva indicato nel quale ci recammo.

A confermare i racconti di RAFFAELE CUTOLO e di MAURIZIO ABBATINO, del resto concorre un'ulteriore circostanza, emersa nelle indagini sull'omicidio di CARMINE PECORELLI: l'avvocato ROCCO MANGIA, difensore di NICOLINO SELIS all'epoca del sequestro del PRESIDENTE DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA, riferi' al pubblico ministero perugino di aver fornito informazioni utili all'individuazione del covo in via GRADOLI – informazioni che sarebbero state tuttavia sottovalutate da un alto ufficiale dei CARABINIERI poi vittima egli stesso delle BR : il COLONNELLO ANTONIO VARISCO, il quale giunse in via GRADOLI subito dopo la scoperta del covo accompagnandovi il magistrato.

Il dottor ANTONIO MARINI – magistrato che ha rappresentato la funzione d'accusa in tutti i dibattimenti, da quello del – PRIMO PROCESSO MORO – a quello del processo – MORO QUINQUIES – sollevo' dubbi e perplessita', in una intervista giornalistica, sulla ricostruzione della dinamica dell'agguato di VIA FANI. Fece riferimento all'accertata presenza , durante l'eccidio, di una moto HONDA. Ragiono' quindi sul numero dei componenti del nucleo d'attacco giunse a considerare scarsamente credibile che un'azione cosi' complesse potesse essere stata realizzata soltanto da nove brigatisti. Lo steso dottor Marini avanzo l'ipotesi che ALDO MORO non fosse stato ucciso in via MONTALCINI. Ed espresso dubbi non solo sul ritrovamento delle carte di VIA MONTE NEVOSO, ma anche sulla gestione di quella documentazione.

Il rapimento di ALDO MORO secondo alcuni, avrebbe rappresentato l'apoteosi delle trame filo-atlantiche. I cinquantacinque giorni del sequestro di ALDO MORO sarebbero stati l'apice dell'intrusione della CIA nel nostro paese.

Ma questa e' un'altra storia non lontana da questa e da altre storie, per queste unite fino all'america di BUSH o di OBAMA poco conta... ci siamo dentro fino al collo dalle prime righe di quanto ho scritto... da quello sbarco in SICILIA.

B.K