4 luglio 2000

Zoff lascia la Nazionale

ROMA - Difesa e contropiede, come ha sempre predicato ai suoi ragazzi. Con una mossa a sorpresa Dino Zoff reagisce al feroce attacco di Silvio Berlusconi annunciando le sue dimissioni dall'incarico di commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio. Lo fa a freddo, 24 ore dopo che le agenzie avevano battuto la notizia delle critiche del presidente del Milan. "Dal signor Berlusconi - dice - non prendo lezioni di dignità. Non è giusto denigrare il lavoro degli altri pubblicamente, non è giusto che non si rispetti un uomo che fa il suo lavoro con dedizione e umiltà".

E poi ancora: "E' stato offeso un uomo e la sua professionalità, è mancato il rispetto per un lavoratore e questo io non posso accettarlo". Parole dure, ruvide come il carattere del commissario tecnico. Che come le rapide ripartenze degli azzurri nel campionato europe ribaltano in un attimo la situazione di gioco. Adesso sul banco degli accusati c'è proprio Berlusconi, leader presunto del partito anti-Zoff, di coloro che "non sono stati tristi per la sconfitta con la Francia" (come aveva detto lo stesso ct domenica sera). E infatti il leader di Forza Italia (un nome anche questo che ora suona paradossale)
E' stata una decisione improvvisa, ammette Zoff. "Improvvisa come il gol di Wiltord al 93'", scherza. Ma immediatamente nelle sede della Federazione italiana gioco calcio si capisce che la situazione è seria. "Devo rispondere - afferma il ct - al signor Berlusconi, solo a lui, non a quello che rappresenta. Non è una presa di posizione politica, lo sapete, la mia unica politica è sempre stata lo sport. Ci sono rimasto particolarmente male per le sue parole. Certamente non ho dormito bene".

E si vede. La tensione che appena ieri mattina sembrava essersi allentata, nonostante le sfortunata finalissima, è tornata sul suo volto. E' cupo e arrabbiato, Dino Zoff. Sa che questa critica non è dello stesso calibro di quelle che gli erano piovute addosso durante gli europei. "Nomi grossi, datemi il tempo di capire bene per rispondere", aveva detto ieri all'aeroporto di Bruxelles. Oggi ha trovato il coraggio di replicare. Con un gesto estremo, di cui lui stesso conosce i rischi: "So che questa decisione mi costerà. So che probabilmente non uscirò bene da questa storia, so che cosa diranno i fedeli collaboratori del signor Berlusconi".

Adesso la palla torna al centro. E il match è appena iniziato. "La partita più difficile è sempre quella che deve ancora venire", ha ripetuto per venti giorni il commissario tecnico, via via che la sua squadra avanzava nel torneo. Chissà se continuerà a pensarlo dopo questa storia.



8 luglio 2000
L'orgoglio gay in piazza
tra caldo e allegria


ROMA - Aria di festa e una gran confusione per l'inizio della parata del Gay Pride. La partenza del corteo, qualche minuto prima delle 16, si è svolta con qualche incertezza. Troppe persone premevano per dare l'avvio alla manifestazione e a un certo punto non si capiva più dove fosse la testa del corteo. Poi gli organizzatori sono riusciti a mettere ordine tra i vari gruppi e finalmente la partenza, in un caldo soffocante che ha anche fatto registrare qualche malore e ha richiesto l'intervento di un paio di ambulanze.

Ad aprire il corteo 50 motocliclisti. Dietro di loro la presidente del circolo Mario Mieli Imma Battaglia, il senatore verde Luigi Manconi, il ministro per le Pari Opportunità Katia Bellillo, la deputata dei Comunisti italiani Maura Cossutta e il leader dei Ds Walter Veltroni, che per un centinaio di metri ha sfilato sotto uno striscione con la scritta "Non liquidate l'Unità" portato dai redattori del quotidiano.E ancora, tra i politici, Grazia Francescato, Marco Taradash, Armando Cossutta, Fausto Bertinotti con la moglie.
Molti partecipanti vengono dall'estero: da Stati Uniti, America Latina, vari paesi europei.

Migliaia le persone che partecipano alla manifestazione anche se le prime stime sembrano lontane dai 200 mila attesi per l'evento. Ma gli organizzatori spiegano che in molti non sono ancora riusciti ad arrivare per il traffico intorno a Roma che ferma pullman ed auto. Secondo gli organizzatori i manifestanti erano 10 mila prima delle 15. Secondo Franco Grillini, presidente onorario Arcigay "per le 17 saremo tutti i 200 mila previsti".

Critici ma rispettosi: si potrebbero definire così gli striscioni del Gay Pride. "La diversità è una ricchezza che viene da dio", oppure "discriminare non è cristiano". E mentre i gay olandesi inalberano lo slogan "anche noi siamo la Chiesa" e i radicali chiedono di essere "liberi dal clericalismo", la comunità cristiana di base di San Paolo diffonde una lettera aperta a Giovanni Paolo II in cui si afferma che "l'asserita sacralità di Roma e il Giubileo non saranno profanati da manifestazioni di orgoglio omosessuale, ma ben lo sarebbero da espressioni di intolleranza della Chiesa".

Il raduno è cominciato fin dalle 14 a Piazza di Porta San Paolo, il punto di ritrovo del corteo che sancisce la fine di una settimana di rivendicazione dei diritti degli omosessuali. E' il cuore del World Gay pride 2000 nel cuore di Roma. Colori, palloncini, vestiti sgargianti. Tra le persone convenute al punto di partenza della sfilata, molte sono eterosessuali venute a manifestare per solidarietà verso i gay.

Contro il Gay Pride alle 17,30 è in programma un corteo, organizzato dal "Comitato per Roma cristiana", da piazza Santa Maria Maggiore a piazza San Giovanni. Alla manifestazione prenderanno parte anche i militanti della federazione romana del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore.



25 luglio 2000
Tragedia a Parigi
Si schianta il Concorde

PARIGI - Nubi nere avvolgono tutto. Morti, soccorritori, lamiere contorte. Nubi nere che sembrano un sudario per una tragedia. Sparso per metri e metri quel che resta di un Concorde dell'Air France che si è schiantato a dieci metri da un albergo mentre stava decollando.

Centonove persone (cento passeggeri e nove membri dell'equipaggio) sono morte, altre quattro sono state uccise al suolo. Cinque i feriti, anch'essi a terra.
Viste le immagini che arrivano dalla Francia possono considerarsi miracolati. Erano le 16,45 quando un Concorde diretto a New York è precipitato nei pressi dell'aeroporto parigino "Charles de Gaulle" a Roissy. "Sembrava una piccola bomba atomica" ha detto un testimone.

Infernale la scena che si è presentata ai primi soccorritori. Rottami, fiamme, macerie. E vittime. L'albergo, nella Val d'Oise, a nord-ovest di Parigi, è stato avvolto dalle fiamme dopo lo schianto. Non ne resta che lo scheletro. Sul posto della sciagura si è recato immediatamente il primo ministro Lionel Jospin. Le due scatole nere del Concorde sono state ritrovate e consegnate al magistrato che indaga sulla catastrofe.

Delle 109 vittime a bordo dell'aereo i nove membri dell'equipaggio erano francesi, tra i passeggeri invece c'erano 96 tedeschi, due danesi, un americano e un austriaco.

Stando alle testimonianze, il Concorde ha avuto subito problemi: l'aereo è entrato in stallo, si è girato ed è precipitato al suolo, a una decina di metri dall'albergo "Hotelissimo". "Per i testimoni oculari della tragedia, e io tra questi - ha dichiarato il presidente dell'Air France Jean-Cyril Spinetta - già al momento del decollo c'erano fiamme in uno o più motori dell'aereo".

Spinetta ha inoltre aggiunto che non sembra esserci relazione con le minicrepe individuate di recente sulle ali di alcuni aerei, e che il Concorde, in servizio dal 1980, era stato revisionato l'ultima volta lo scorso 21 luglio e aveva superato "la sua ultima grande revisione" nel settembre 1999. "Stessa cosa per i motori", ha aggiunto precisando che il supersonico aveva "poco meno di 10.000 ore di volo".

Il "Concorde" è un aereo anglo-francese progettato e costruito negli anni Settanta: è l'unico aereo passeggeri supersonico.

Sei esemplari ne erano stati dati in servizio alla Air France, e sette alla British Airways. Proprio ieri la British Airways (e questo è l'episodio cui si riferisce Spinetta) aveva deciso di tenere a terra uno dei suoi velivoli, su un'ala del quale era stata riscontrata una crepa che si era progressivamente allungata.

Alcuni mesi fa i tecnici avevano scoperto una serie di
crepe lunghe 6 centimetri sulla parte posteriore delle ali di sette Concorde, ma le autorità avevano dato il via libera affinché gli aerei continuassero a volare. Una di queste microlesioni su un velivolo, però, si è allungata di altri 16 millimetri, allarmando i tecnici, i quali hanno deciso una manutenzione straordinaria che durerà fino a settembre.

In Germania è stata messa in piedi un'unità di crisi al ministero degli esteri a Berlino in collegamento con Parigi. Il cancelliere tedesco
Gerhard Schroeder ha cancellato ogni impegno e rinviato la partenza per le ferie.



26 luglio 2000
Camp David, dopo la rottura
i leader sono già tornati a casa

WASHINGTON - Yasser Arafat e Ehud Barak sono già tornati a casa. Non sono bastati 15 giorni di vertice per risolvere la questione delllo stato di Gerusalemme. Il summit è fallito e i due leader, fatti i bagagli, hanno già lasciato Camp David, tra malumori e mediazioni fallite. L'aereo di Barak è decollato dalla base aerea di Andrews, alla periferia di Washington, poco prima delle 23 locali (le 5 italiane), sette ore dopo quello del presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat.

Il capo del governo israeliano torna, mentre il suo paese si prepara a un possibile scoppio di violenza in seguito al fallimento dei tentativi di porre fine a 52 anni di ostilità tra lo stato ebraico e i palestinesi. I più contenti del fallimento del vertice sono stati gli oppositori di destra del governo laborista di Barak, che rappresentano, tra l'altro, gran parte dei coloni insediatisi nei territori destinati ad essere restituiti ai palestinesi nell'ambito di un eventuale accordo di pace.

Anche la Casa Bianca ha dovuto rassegnarsi al fallimento dei colloqui: "Le parti non sono riuscite al momento a raggiungere un accordo", ha annunciato Bill Clinton prima di mettersi anche lui in viaggio per Washington. Ma per il presidente americano il vertice non è stato vano: "Sono stati fatti significativi progressi sui problemi centrali", ha detto. Spiegando anche che le parti si sono impegnate a evitare la violenza e a portare avanti il processo di pace.

Il nodo di Gerusalemme si è rivelato però insormontabile. "È stato il problema più difficile", ha detto Clinton. I palestinesi hanno condizionato ogni accordo alla concessione della sovranità sulla zona Est della città. E proprio su questo gli israeliani non hanno voluto sentir ragione. Già sei giorni fa, quando la partenza di Bill Clinton per il G8 in Giappone, aveva fatto pensare a una fine dei negoziati, la rottura era stata vicinissima. Ma allora Arafat e Barak, a sorpresa, avevano deciso di continuare a trattare. Una prova di volontà che aveva sorpreso il mondo, ma che adesso è venuta meno.

Arafat ha accusato la controparte di "non avere veramente intenzione di fare la pace". Stessa reazione di Barak, che si è detto pronto a rientrare in patria a causa del "rifiuto dei palestinesi di accettare i compromessi proposti dagli israeliani e dagli americani".

E proprio Clinton, nelle ultime ore, ha cercato di l'estremo tentativo di ricucire lo strappo. Il presidente Usa ha incontrato Barak, e un'ultima riunione bilaterale, doveva essere fatta con Arafat. Ma poi la Casa Bianca ha annunciato il fallimento dei negoziati. Nonostante l'ostentato ottimismo di Clinton, la via della pace in Medio Oriente è oggi di nuovo in salita.



27 luglio 2000
L'Unità sospende
le pubblicazioni


ROMA - E' a una svolta drammatica la vicenda dell'Unità. Il giornale dei ds sospende le pubblicazioni. Al momento non è dato sapere se e quando tornerà in edicola. Il ministro del Lavoro, Salvi, è intervenuto immediatamente convocando le parti - proprietà, giornalisti e poligrafici - al ministero del Lavoro per affrontare una crisi che di giorno in giorno si aggrava.

La decisione è stata comunicata ai rappresentanti dei giornalisti dal commissario liquidatore, Victor Uckmar, mentre era in corso l'assemblea con Massimo D'Alema, che dell'
Unità è stato direttore fino al 1990.

L'ex premier aveva da poco finito di parlare, quando l'assemblea è stata interrotta per "comunicazioni urgenti" da parte del liquidatore.

Le comunicazioni urgenti riguardavano appunto la sospensione delle pubblicazioni, una soluzione sempre avversata dai lavoratori del quotidiano fondato da Antonio Gramsci ma probabilmente inevitabile a questo punto.

Uckmar ha reso noto al Comitato di redazione e al sindacato dei giornalisti che Alessandro Dalai (sinora l'unico ad avere espresso l'intenzione di rilevare la testata) ha sì inviato una lettera di intenti, ma che questa lettera non è considerata sufficiente per evitare la sospensione delle pubblicazioni.

In sostanza, da Dalai non è arrivato quel finanziamento (in termine tecnico, "donazione") indispensabile per consentire al giornale di restare in edicola. Va detto che la chiusura potrebbe essere momentanea, e che non preclude necessariamente al fallimento dell'
Unità.

E' stato lo stesso direttore Giuseppe Caldarola a comunicare alla redazione la sospensione delle pubblicazioni. Non è ancora chiaro se domani, comunque, il giornale potrà uscire per l'ultima volta in edicola. Non è escluso infati che i redattori proclamino uno sciopero.