Il grande fratello

dell'Avvocato L.Goyassel.
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Alfredo, mio figlio, ha cinquantasei anni, ma è talmente radicale nelle sue
convinzioni, che certe volte mi pare un giovane ventenne.
Stando a quello che mi dice, so che, da quando vota, ha sempre riposto la
sua fiducia nel Partito comunista; ciò significa che, essendo nato nel ’44,
ha votato per la prima volta dopo il 1966… quando, addirittura, esisteva
ancora Longo! Roba da matti! Se ci penso mi si accappona la pelle!
Per quello che riguarda me, in cinquant’anni, ho sempre cambiato partito (ma
non bandiera): dai repubblicani saltavo ai social-democratici, ai
socialisti… E mi sono spinto – un paio di volte, alle amministrative – a
votare persino liberale… Ma non mi pento di nulla.
Sono invece fiero di non aver mai dato voti a tre partiti in particolare: il
MSI, per ovvie ragioni, la DC, per motivi altrettanto scontati (figuriamoci:
un ateo come me!), ed il PCI, perché – voglio esser franco – partito
ispirato da un’ideologia, anche se bella e trascinante, contraria ai miei
interessi ed ostile nei confronti della classe sociale cui appartengo. Ho
votato invece, nel ’92, il primo PDS, quello di Occhetto (e, se lui fosse
rimasto, a quest’ora ci sarebbe davvero quel "partito democratico di
sinistra" in cui tutti speravamo e non un comunissimo partito della
socialdemocrazia europea, statalista e ancora tanto burocratizzato, come
invece sono oggi i DS). Ed oggi voto, con convinzione, l’Ulivo.
Comunque, io non contesto le scelte elettorali di mio figlio. Contesto solo
il suo integralismo ed il suo estremismo (e perché no? la sua ottusità);
caratteristiche queste che, alla soglia dei sessanta anni, dovrebbero –
secondo me – esser già svanite da un pezzo.
Lui nel ’92 non condivise la famosa svolta, ma seguì Garavini: ha votato
Rifondazione fino a due anni fa e poi, bontà sua, ha scelto di andar dietro
a Cossutta nel suo nuovo partitino…
Bene.
La rigidità delle idee politiche di mio figlio Alfredo si riflette
abitualmente nei suoi comportamenti: su certi punti è davvero fissato.
Troppo.
Come è giusto che sia, odia Berlusconi quanto lo odio io; ma in lui io noto
dei segnali così grandi di intolleranza, che davvero non so se ridere,
piangere o arrabbiarmi.
Ad esempio, uno degli errori che commette Alfredo è quello di voler
indottrinare i figli: cosa per me sbagliatissima. Guai a parlare sempre di
politica con due bambini di dieci e sette anni; poveretti, cresceranno
plagiati: all’età loro non hanno abbastanza senso critico per distinguere e
giudicare con la mente sgombra; per loro quel che dice il papà è sempre e
comunque oro colato… e questo non va per nulla bene.
Io temo per loro: temo che alla fine vengano su con quel maledetto
doppiopesismo e quella intolleranza che contraddistingue tanti italiani e
che è così tanto nociva nella vita di tutti i giorni… Ma comunque non spetta
a me metter bocca: i figli sono di Alfredo e sta a lui crescerli come meglio
crede (di fronte a lui, mai mi sognerei di fare osservazioni del genere).
Quello che so di sicuro è che mio figlio, se anziché essere allevato da sua
madre, fosse stato con me, in casa mia, a quest’ora sarebbe decisamente
diverso. Pazienza. Non è dipeso certo da me.

Un fatto che mi lascia sconcertato nel rapporto tra Alfredo ed i miei nipoti
è la faccenda della televisione.
Non solo lui non vuole che i ragazzi guardino la Tv quando pare a loro (io
sono dell’idea che è bene lasciarli liberi: se stanno quanto vogliono, prima
o poi si stancheranno da soli, saranno presi da una sorta di rigetto; con i
divieti non si ottiene nulla) e non solo non vuole che seguano i programmi
di Berlusconi, ma – addirittura – ha cancellato dalla sua televisione tutte
e tre le reti del Cavaliere: sul quattro ha messo Tele Montecarlo, sul
cinque una rete locale, e sul sei il Tele Montecarlo secondo.
Io credo che, nel merito, abbia pure ragione: quelle tv spazzatura della
Mediaset sono una pura e semplice indecenza; un pericolo per la nostra
democrazia e per la formazione degli italiani del futuro, ed un’offesa al
glorioso passato musicale, letterario, artistico (e anche cinematografico e
televisivo) della nostra Patria. Ma – sia chiaro – non riterrei mai questi
come motivi sufficienti per non guardarle. Anzi. Più io le guardo e più le
contesto e più rafforzo le mie idee . Guardo tanto la De Filippi, quanto quel quiz delle parole che davano alle sette (ora hanno messo "Miliardario" e subito – che
vergogna! – la Rai ne ha fatto la copia!), guardo "La ruota della fortuna",
qualche volta l’antipatico Costanzo, spesso i telegiornali (buoni il TG4 e
quello di Liguori; pessimo il TG5)… insomma, più o meno seguo quasi tutti i
programmi. Naturalmente con l’occhio distaccato e scientifico che avevano i
vecchi scrittori naturalisti (l’occhio clinico) tipo Zola o, che so io, i
fratelli Goncourt…
Da un mese o più è cominciata una trasmissione che però, ve lo dico
sinceramente, mai avrei creduto di dover seguire: il famoso "Grande
fratello" di orwelliana memoria. E io sono costretto a guardarla, per via di
mia nipote Chiara: a casa sua, il papà ha tolto il Canale 5 e lei non
avrebbe potuto seguire il programma che voleva.
Per qualche giorno, da loro, c’è stata una lotta. Anzi, una guerra.
Alfredo gridava che mai e poi mai avrebbe rimesso Canale 5. Chiara piangeva.
Diceva che per colpa di suo padre, a scuola sarebbe stata un’esclusa e che
le interessava molto vedere come avrebbero resistito non so quanti giorni
rinchiusi entro una casa fittizia. Mi sono intromesso io, tentando di far da
paciere e cercando di far capire a mio figlio che non è giusto isolare una
figliola dal mondo, perché certe scelte rischiano davvero di isolare una
figlia e di cacciarla in un pozzo "senza fondo" di incomunicabilità con gli
altri, dal quale poi difficilmente saprebbe uscire e con sforzi notevoli.
Intendiamoci: io disprezzo con tutta l’anima le "mode", le "consuetudini" ed
il "fare qualche cosa perché lo fanno tutti", ma considero tuttavia una
scorrettezza far violenza ad una figlia in crescita ed isolarla (almeno in
parte) dalle conversazioni e dalle amicizie. Perché, ahimè, è vero: nel
mondo accade così.
Se poi da grandicella lei si vorrà isolare dal mondo come faccio io adesso,
ben venga. Ma guai se dovesse crescere emarginata per colpa di suo padre (e
naturalmente non parlo solo del c.d. "Grande fratello", ma parlo in
generale, sia chiaro). Io lo so per esperienza personale: è vero, tendevo di
carattere alla solitudine, ma devo anche riconoscere che i miei genitori
hanno contribuito non poco ad allontanarmi dalla "vita attiva".
E ad una figlia di dieci anni certe violenze non si fanno: dieci anni sono
un’età fatidica: non sono un anno o due, e non sono neppure quattordici o
quindici!-
Fatto sta che "tira e molla, e molla e tira" (come recitava la vecchia
canzone "Era lei sì, sì – sul Ticino si pesca così") io e mio figlio abbiamo
raggiunto una sorta di compromesso: il giorno della prima puntata, Chiara
sarebbe venuta a casa mia e si sarebbe fermata per dormire, ed avrebbe
seguito qui il suo programma. In seguito avremmo deciso come comportarci nei
giorni a venire.
Così abbiamo fatto. Ed io ho seguito il "Fratello" con lei.
Dalla prima puntata ho compreso che qualcosa d’interessante c’era: non solo
per il fatto in sé dello spiare la gente dentro una casa, ma, per il fatto
che il programma poteva essere, per la bambina, un interessante "scuola", un
laboratorio di analisi molto proficuo, sui costumi, sulle usanze, sui
comportamenti e attitudini e sulla psicologia in genere, delle varie classi
sociali italiane all’inizio del ventunesimo secolo: una sorta di "Commedia
umana" alla Balzac!
Anche se, va detto, la scelta dei protagonisti del programma non si è certo
orientata a 360 gradi sul popolo italiano, tanto in senso geografico, quanto
in senso anagrafico ed in senso sociale...
1) In primo luogo si vedono, non so per quali motivi, notevoli sproporzioni
a favore del Sud Italia: ci sono persone della Puglia, della Calabria, della
Sicilia, della Sardegna e non so più di dove, mentre mancano abitanti di
regioni importanti e rappresentative come la Toscana, l’Emilia (temeva
forse, il padrone delle televisioni, che fossero tutti dei comunisti del
PCI-PDS-DS…?), il Lazio o il Piemonte, o la Liguria…
2) Per quanto riguarda l’età, ricorderei che quelle persone son tutti
giovani a cavallo tra i venti e i trent’anni… Non si capisce perché. Anzi si
capisce. Lo squallido fondatore delle reti Mediaset, che dei culi e poppe al
vento ha fatto la sua bandiera, temeva che uomini o donne sopra gli "anta"
fossero immuni da possibili pulsioni sessuali, e fossero di conseguenza
dannosi per l’"Odiens"… e sarebbe stato un rischio: addio pubblicità e
sponsor e addio indottrinamento dei tele-elettori… E infatti tra quei
giovani, le famose pulsioni si son fatte sentire presto ed anche in modo
piuttosto scontato; in modo primitivo: animalesco, oserei dire.
3) Va, in ultimo luogo, constatato che tali concorrenti-cavie del gioco sono
stati scelti in maniera per nulla rappresentativa delle varie classi sociali
che caratterizzano il paese: il panorama pare abbastanza uniforme; i
ragazzotti si collocano tutti a cavallo tra il popolo e la piccola borghesia
(appartengono al primo, ma aspirano alla seconda), se si fa eccezione per
quella famosa Roberta che fu buttata fuori, che, a giudicare dai
comportamenti ed a leggere i giornali era l’unica ad oscillare tra
l’alta-borghesia e l’aristocrazia (sulla "Stampa" hanno parlato addirittura
di "nobile famiglia". Nobile famiglia? Beato chi la piglia!).
Ebbene, da un mese e più, ho convinto mio figlio a far seguire alla
ragazzina, sotto la mia vigilanza, tutti gli appuntamenti dello spettacolo:
sia quelli settimanali, che quelli quotidiani. E mio figlio – strano a dirsi
– mi ha dato retta. Così, tutti i pomeriggi, alle sei e mezza, Chiara viene
qua, vede la sua puntata, poi studia un poco, e dopo un’ora vede l’altra
puntata.
A casa alle otto la riaccompagno io a piedi, e, se è giovedì, la faccio
cenare con me e le permetto di stare alzata sino alle undici, per poi
restare qui a dormire. E lei è entusiasta: lo adora quel programma!
E devo dire che dopo qualche settimana, sinceramente, la trasmissione piace
anche a me… anch’io la seguo e cerco di prevedere i discorsi e le reazioni
dei personaggi. Che sono davvero banali e scontate, ma che, nonostante i tre
inconvenienti sopra elencati, riescono egualmente a dare un campionario
sociale piuttosto interessante.
La differenza fondamentale che ho notato tra me e mia nipote è che io ho
impiegato più di dieci giorni per comprendere appieno tutti i meccanismi
(chi porta il mangiare… come fanno senza orologi… dove dormono… si
conoscevano o no…), mentre Chiara, già dopo un’ora era espertissima ed al
corrente di tutto! Benedetta gioventù!
- CRITICI - Molti critici televisivi, nonché psicologi, hanno contestato
tutta la faccenda del "confessionale" ed anche parecchi alti prelati hanno
detto la loro. Io, sinceramente, non vedo nessuna violenza nell’eliminazione
dei concorrenti, anzi, considero quel "confessionale" una specie di specchio
rivelatore, che mette con le spalle al muro la piccola borghesia,
evidenziandone le ipocrisie, i mezzucci usati nella vita di tutti i giorni e
quella maledetta bestia che è l’arrivismo.

- BERLUSCONI - Si è detto che il Dott. Cav. Berlusconi non abbia molto
gradito quel programma e che non ami il tipo di gente che ne è protagonista…
Ma come?! Se sono tutte persone del suo tipo?!
Dice Berlusconi che la storia dello stare tutti seminudi in casa non gli
piace… Ma che scherziamo?! Chi le ha portate queste disinvolture in
televisione? Su quali canali è nato quel "Draive In" che c’era vent’anni fa?
Non prendiamoci in giro per carità…

- PERSONAGGI – Tra i ragazzotti, molto scioccherelli, che animano la casa,
vorrei soffermarmi su alcuni:
1) Roberta (quella eliminata) era realmente una gran donna: la sua
condizione socio-economica la portava ad essere estranea ai giochetti ed
alle trame piccolo-borghesi degli altri ragazzi. A differenza degli altri
lei si trovava già in alto e non aveva quindi bisogno delle tattiche dei
suoi compagni, tutti presi dall’idea dell’ascesa, intenti ad arrampicarsi da
ogni parte, senza guardare in faccia a nessuno. Era una donna che aveva il
coraggio delle sue azioni, che era capace di parlare in faccia a tutti, a
costo di farsi odiare… In quella casa, è stata l’unica che ha saputo che un
pentolone fornito dalla redazione non serviva per bollire i pomodori, ma per
bollire invece i barattoli di passata da sterilizzare; e queste sono cose
fondamentali per me.
2) Pietro è quel ragazzo stupido di Caserta, vittima più o meno consapevole
dell’edonismo più sfrenato (vedi i muscoli, le donne)… Mia nipote mi
racconta che studia legge: e questa è la riprova che il diritto è la scienza
del rovescio… Anni fa qualcuno disse: - Chi sa, sa; e chi non sa, studi
legge! -… Quel Pietro è una persona scostumata, stomachevole… forse sono
proprio i suoi costumi che lo hanno avvicinato alla "Sig.ra" Pasquali
Zingone Dini Donatella… Dice infatti il Sig. Cantolibero, "forumista", che
il giovine è un consigliere comunale del microscopico partito diniano!
3) La bionda, di cui non ricordo il nome, che suole fornicare con quello
sopra, è, a mio avviso, una figura positiva. Certo, anche lei non è una
santarellina… ma è pur sempre una persona che ha sofferto. Dicevano sul
giornale che ha perso entrambi i genitori. Poveretta. Si vede che ha patito
tanto… Ed il suo comportamento così disinibito è proprio il risultato di una
vita di sofferenze: la capisco davvero. In lei, nel suo bisogno di affetto
(perché di questo, in realtà si tratta) rivedo me giovane e le mie lotte
interiori.
Io non sono mai stato sposato, ma in vita mia ho avuto comunque e più volte
dei rapporti sessuali. Ma non l’ho fatto – sia chiaro – per puro edonismo:
l’ho fatto per disperazione, per mancanza (e per conseguente ricerca)
d’affetto… E non me ne pento! Non me ne pento, assolutamente, né me ne
vergogno, perché ho fatto ciò che sentivo e non credo che per aver seguito i
propri sentimenti ci si debba, dopo tanti anni, sentire in colpa. No, di
certo. E se, talvolta, mi pento d’averlo fatto, mi basta guardare il mio
figliolo, che di tali rapporti è stato il frutto, per allontanare, in un
istante, tutte le nubi che mi affollano la mente ed il cuore.
È vero, la madre di Alfredo era una donna del popolo, una cameriera che
lavorava in casa nostra, ma giuro su quanto ho di più caro che non l’ho
fatto per gioco o approfittando della mia condizione, come facevano tanti
all’epoca mia… No! L’ho fatto per la disperazione, per la solitudine, per la
sofferenza della mia "monacazione forzata"… Mia sorella era sposata, si era
sposata giovanissima, di conseguenza né io, né mio fratello, né l’altra mia
sorella ci siamo potuti sposare, perché, diceva la nostra mamma, era un
peccato dividere un patrimonio come il nostro in tanti rami…
I primi tempi mi era concesso, almeno, andare al casino. Poi nemmeno quello.
Disse un giorno mio padre che qualcuno mi aveva visto e lo aveva raccontato
in giro… che per colpa mia lui era caduto nel fango… ecc… - Dovetti
rinunciare a qualunque forma di rapporto: umano o sessuale che fosse... E
quando venne Ada – la mamma di Alfredo – in casa nostra, io cercai in lei
solo un conforto; soltanto quello… e per la disperazione. No, non sono
pentito.
Ecco perché non condanno la bionda del "Grande fratello" per la sua
condotta: lei è innamorata, ed è disperata, sofferente: non cerca sesso, ma
cerca affetto.
4) Condanno, invece, quella ragazza di Messina, quella Marina-Lolita, che
tanto mi ricorda la zoliana Gervaise Macquart, che, nella stessa casa,
abitava col marito e con l’amante Lantier, o sua figlia Nanà, o la Lupa
verghiana o Lia Malavoglia… o tante altre donnacce di cui sono piene tanto
la storia quanto la letteratura. Marina è il corrispondente femminile di
Pietro (e mi spiace che l’opinione pubblica attacchi sempre lei, mentre
approvi la condotta di lui).
Già dal primo giorno mi accorsi che quella – a dir la verità bellissima –
ragazza era una persona di nessun valore: dissero, nel programma, che lei
studiava "Economia e commercio" all’Università, perché aveva il mito della
donna in carriera che lavora nelle aziende… Ma come?! A Messina? In Sicilia?
Io non sono siculo, ma se lo fossi, ne sarei fiero e sarei fiero di
possedere un po’ di quelle distese di cedri dorati o di aranceti che
allietano una regione tanto bella… E invece, devo sentire che una fanciulla
di Sicilia pensa al mondo delle "aziende"… Che schifo?! Ma come?! Nel Sud
Italia ci sono tante cose che non vanno, ma ce n’è anche una tanto positiva
che vale cento: mancano le aziende, e se qualcuna ce n’è, perlomeno, è
agricola… E quella stupida, quella Nanà Coupeau del 2000, vorrebbe importare
nel nostro bel Meridione, il simbolo più alto del degrado e
dell’ottenebramento delle coscienze?! Per carità!
Aldilà della sua condotta di meretrice (dalle parti di Messina si dice
"piritolla"), basta questa storia delle aziende, per me, per disprezzarla
senza appello.
5) Un altro siculo è il pizzaiolo. Stupidotto e ottuso, ridicola figura di
"giovane padre di famiglia" non è certo uno stinco di santo, e comunque non
merita che si spendano parole per lui.
Vorrei soltanto palesare lo sdegno che mi ha assalito nell’apprendere che a
trent’anni, quel giovane non conosceva ancora l’Inno di Mameli (Fratelli
d’Italia, l’ Italia DETESTA!)… Senz’altro una brutta canzone, ma pur sempre
la canzone della nostra Patria.
6) Sul macellaio missino, favorevole alla pena di morte, ci sarebbero interi
poemi da scrivere, ma non li meriterebbe neppur lui, no, per carità. Per
dare una prova del valore di questo bottegaio basta una frase, da lui
pronunziata ieri o ier l’altro; ha raccontato difatti d’aver, a suo tempo,
rimproverato un suo amico, avendolo sorpreso a discorrere con un contadino:
- Come, sei di destra e rivolgi la parola ai contadini? – ha detto il
piccolo borghese… Che indecenza!
Io, invece, che sono borghese e possidente sono fiero di parlare con i
contadini! E stimo senz’altro di più un contadino, rispetto ad un bottegaio
o ad un imprenditore! Non c’è dubbio. Se la prenda con i fattori o i
campieri, il macellaio, piuttosto che con i contadini, che sono delle vere
vittime, come noi padroni: contadini e possidenti dovrebbero, anzi, fondare
un’associazione: "Unione vittime dei fattori"…
Sì, decisamente quel macellaio è uno degli esponenti più rappresentativi di
quel triste mondo piccolo-borghese contro il quale lotto da una vita ed
incarna perfettamente il modello di società ("L’Italia che ho in mente io"
dice l’arricchito) a cui aspira la nostra, vergognosissima e
pericolosissima, destra che si candida a guidare l’Italia…

 

Risposta - Suo figlio non poteva che fare quelle scelte politiche, tutti i figli di persone ricche, non accettate - normalmente - in una famiglia, diventano - contrari - alle regole dettate dalle loro origini. Lei che in fondo le ha accettate, non ci sembra sereno quando parla di Amore. Pero' tutti noi le riconosciamo una capacita' critica e uno schierarsi socialmente - diversa - dalla sua appartenenza di classe. Certo lo strappo non e' stato esagerato, ma questo non gli ha impedito di usare a riflessione e l'umanita' con la quale cerca di difendere ed educare i suoi nipoti.

 

Grazie - Redazione Namir.