Italia: RSF scrive a Silvio Berlusconi
(14/02/2002)

Signor Presidente,

l’Italia sta per diventare il solo Stato dell’Unione Europea e la sola grande democrazia occidentale in cui l’insieme dei mezzi di comunicazione audiovisivi, sia privati sia pubblici, sono controllati, direttamente o indirettamente, dal potere in carica. A pochi giorni dal rinnovo del consiglio d’amministrazione della televisione pubblica (RAI) e mentre è in discussione in Parlamento il testo che si presume debba risolvere il conflitto tra le sue attività di uomo d’affari e quelle di capo del governo, oggi le domandiamo solennemente di valutare appieno la gravità di questa situazione, senza precedenti in un paese democratico.

Il 16 febbraio il consiglio d’amministrazione della RAI, nominato dal precedente governo di centro-sinistra, rassegnerà le sue dimissioni e sarà probabilmente sostituito da un gruppo in prevalenza vicino alla coalizione di governo che a lei fa capo. Lei controlla già, attraverso la holding Fininvest, il primo gruppo televisivo privato d’Italia, Mediaset, formato dalle tre principali reti private nazionali. Lei è anche uno degli azionisti che controllano uno dei principali gruppi editoriali italiani, il gruppo Mondadori. Lei si era impegnato, nel maggio del 2001, a risolvere il conflitto tra i suoi interessi nel gruppo Mediaset e le sue funzioni di capo dell’esecutivo. Tuttavia la proposta di testo presentata dal suo governo, e attualmente in discussione al Parlamento, si limita a prevedere la creazione di un’autorità incaricata si controllare che responsabili governativi non assumano decisioni favorevoli ai loro interessi privati. Per contro non prende in alcun modo in considerazione la sua autorità e la sua influenza sul gruppo Mediaset, che continua a essere di sua proprietà, e le cui tre reti televisive sono dirette da responsabili che le sono vicini e fedeli.

In queste condizioni le altre tre reti del Paese, le tre televisioni pubbliche della Rai, svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere il pluralismo dell’informazione audiovisiva in Italia. Lei ha espresso la sua volontà di “restare al di fuori” della procedura di nomina del prossimo consiglio di amministrazione della Rai. Ci sono pochi dubbi, però, sul fatto che il prossimo consiglio sarà in maggioranza composto da personalità vicine ai partiti di governo. I presidenti delle due camere che nomineranno i prossimi membri del consiglio di amministrazione sono entrambi stati espressi dalla coalizione al potere. Peraltro Umberto Bossi, numero tre del governo e leader del partito populista e federalista Lega Nord, ha già richiesto che uno dei cinque posti del prossimo consiglio della Rai sia assegnato al suo partito “affinché le sue idee siano espresse” in televisione. I nomi di numerose persone a lei vicino sono stati indicati come quelli delle personalità con maggiori probabilità di essere nominati alla direzione generale della Rai. Anche nel caso in cui sia rispettata la consuetudine di assegnare certi incarichi di responsabilità nelle tre reti pubbliche a rappresentanti dell’opposizione, chi riceverà la nomina obbedirà verosimilmente a considerazioni politiche indirizzate a rafforzare la rappresentanza dei partiti al governo. In queste condizioni l’indipendenza e il pluralismo dell’informazione audiovisiva in Italia sarebbero direttamente e gravemente messa in discussione in un modo inedito nell’Italia del dopoguerra, e creerebbero una situazione – e su questo insistiamo- senza precedenti e inaccettabile per una democrazia occidentale.

Perciò le domandiamo, nel suo ruolo di capo dell’esecutivo, e tenuto conto delle specifiche responsabilità che il controllo delle televisioni private del Paese le impone, di rinunciare al consueto metodo di spartizione politica dei posti chiave alla RAI. Noi le domandiamo di ricercare il sistema per rinforzare le garanzie di indipendenza delle tre reti della televisione pubblica italiana e di affidare, a questo scopo, a un organismo o a un’autorità indipendente la responsabilità di esprimere proposte sull’argomento. Noi le domandiamo, infine, di impegnarsi pubblicamente a salvaguardare il pluralismo dell’informazione audiovisiva in Italia fino alle prossime elezioni legislative del 2006.

Sperando che Lei voglia prestare una particolare attenzione a queste osservazioni, la prego di gradire i sensi della mia più alta stima

Robert Ménard

Segretario generale

 

 

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