Epifani: "Contro le politiche fallimentari del governo"
Cofferati attacca Cisl e Uil: "Sono su una china ripidissima"
La Cgil lancia
lo sciopero generale

ROMA - "Abbiamo avanzato la proposta al direttivo per uno sciopero generale contro le politica fallimentare del governo". Guglielmo Epifani, probabile successore di Sergio Cofferati alla guida del più grande sindacato italiano, spiega così la proposta della Cgil per un nuovo sciopero generale. Doopo la manifestazione del 23 marzo e lo sciopero unitario del 16 aprile, contro la riforma del mercato del lavoro, la delega previdenziale, quella fiscale e per la scuola, la Cgil torna all'attacco. Data e modi dello sciopero verranno decise dalla segreteria, dopo l'approvazione del direttivo. Il via libera allo sciopero dovrebbe arrivare domani, anche se Epifani spiega che le modalità verranno stabilite "in relazione ai tempi parlamentari e alle decisioni del governo. Si va verso l'estate, ma potrebbe essere anche uno sciopero autunnale". Nel frattempo la Cgil ha già indetto 6 ore di sciopero a livello territoriale da tenersi entro l'11 luglio. Il nuovo sciopero, invece, molto probabilmente verrà definito a livello nazionale. "Per noi il governo ha una politica economica fallimentare. Il Paese non cresce - attacca ancora Epifani - I conti pubblici non vanno bene. Il governo vuole ridurre i diritti di chi viene licenziato ingiustamente".

In mattinata invece era toccato a Sergio Cofferati prevedere uno scontro con il governo non certo dai tempi ridotti. "La nostra battaglia non sarà breve. Sarà un'iniziativa di lungo periodo, rispetto a cui dovremo dispiegare tutta la nostra capacità organizzativa" dice il segretario della Cgil. Una battaglia che vede il sindacato diviso, con Cisl e Uil decise a sedersi al tavolo della trattativa con il governo. Una scelta che Cofferati torna a criticare: "Cisl e Uil si sono messi su una china non solo ripidissima, ma anche sparsa di sapone". Mentre Epifani rivendica la giustezza della scelta della Cgil. "Non c'è nessuna massimalismo, nessun settarismo, nessun estremismo. C'è la constatazione di chi vuole dire di fronte ad un paese al quale si vuole indorare tutto quello che non va bene, che invece le cose non vanno affatto bene e che ci sono di fronte al paese, se non cambiano le scelte di politica economica, tempi più bui di quelli che abbiamo alle spalle". E a chi gli chiede se lo sciopero deve essere fatto con Cisl e Uil, Epifani replica: "Non escludo nulla. Ma farebbero bene a condividere la nostra scelta".

(11 giugno 2002)

I capigruppo di Alleanza Nazionale spediscono una lettera
agli alleati: "Basta divisioni. Riflettiamo sui nostri errori"
Elezioni, An accusa
"Sbagliamo candidati"
Landolfi: "Schiaffo salutare per la Cdl"

ROMA - Continuano i malumori all'interno della Casa delle Libertà all'indomani dei risultati elettorali che hanno segnato una pesante sconfitta del Polo alle amministrative. Dopo lo sfogo del leader della Lega Umberto Bossi che ha chiesto al premier di "mettere in riga i suoi" accusando l'ala "democristiana" di voler affossare Forza Italia, anche An prende parola e, invitando gli alleati a riflettere, punta il dito contro la scelta delle candidature: "Non si possono più scegliere persone sulla base di criteri spesso occasionali o che rispondono a logiche personalistiche".

Questo in sostanza il messaggio contenuto in una lettera che, ricevuto l'assenso del leader di An Gianfranco Fini, è stata firmata e spedita dai capigruppo di An agli alleati. Lo ha reso noto Ignazio La Russa nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio convocata proprio per valutare il risultato dei ballottaggi di ieri e per approfondire i criteri con cui scegliere in futuro i candidati della Cdl.

La Russa ha invitato la coalizione a "riflettere sui suoi errori, se non lo farà la prossima volta perderemo sul serio". Non perché quella di ieri sia stata un sconfitta secondo l'esponente di An, ma certo dai ballottaggi "è venuto un salutare campanello d'allarme per tutti gli alleati. Non si vince automaticamente, bisogna stare più attenti nella scelta dei candidati sindaci evitando di utilizzare criteri stravaganti e poco chiari".

Il partito di via della Scrofa punta il dito proprio su questo aspetto: "Deve essere chiaro - dice ancora La Russa - che il criterio dell'appartenenza, del candidato amico, è finito, morto, sepolto. Ne abbiamo discusso anche a livello di partito e poi, d'accordo con Fini, io e Nania abbiamo scritto una lettera ai responsabili enti locali degli altri partiti".

Poi, il capogruppo di An alla Camera passa a un'analisi più profonda che tocca la "divisione" all'interno del Polo e per farlo non risparmia critiche agli alleati: "Serve una riflessione nella coalizione. Si vince quando si riesce ad assemblare la Cdl". Infine "un altro messaggio": "Non tutti hanno la capacità di coalizione che possono avere An e i vertici di Fi. Questo ideale, questo spirito, nella Lega e nell'Udc non c'è ancora...".
A parlare di "schiaffo salutare per la Cdl" è Mario Landolfi, anche lui presente alla conferenza stampa convocata da La Russa: "La lezione è che non si può stare in chiesa a dispetto dei santi. I candidati funzionano soltanto se sono radicati sul territorio". Il portavoce di An punta il dito contro "certi atteggiamenti riscontrati nella coalizione" e invita a mettere da parte "certe logiche personalistiche".

Riflette sul problema delle candidature Carlo Giovanardi: non c'è dubbio, per il ministro per i rapporti con il Parlamento, che il sistema della scelta dei candidati deve essere quello della "collegialità": "bisogna mettere i rappresentanti locali attorno a un tavolo in una stanza e chiuderla a chiave finché non trovano il candidato comune".

"Gli errori politici si pagano": Alessandro Cè, capogruppo dei deputati della Lega, nella sua analisi del voto di ieri se la prende, come il suo leader, soprattutto con Forza Italia. "E' da molti mesi, e non da ieri, che lo diciamo: il partito difetta nel radicamento sul territorio, soprattutto al nord, e di non essere riuscito a trascinare sufficientemente il proprio elettorato".

Sul fronte opposto, contro il tentativo di sminuire l'allarme suonato ai risultati di ieri, interviene il leader dei Ds Piero Fassino: "Ridicolo e patetico". "La vittoria - osserva - è inequivocabile. Certo, è stato un voto amministrativo ma c'è in esso un dato di tendenza generale inequivocabile. Da nord a sud, passando per ogni regione, ovunque il centrosinistra ha raccolto più voti di quelli che aveva e ovunque il centrodestra ne ha raccolti meno di quelli che aveva".

(11 giugno 2002)

Scaduto il mandato del segretario generale del più forte sindacato italiano
Tornerà dietro la sua scrivania alla Pirelli il primo ottobre
Sergio Cofferati si dimette
l'8 luglio l'addio alla Cgil
"Non ho cambiato idea: non scenderò in politica"
Quasi scontato il successore, il vice Guglielmo Epifani

ROMA - Sergio Cofferati lascerà la Cgil l'otto luglio, dopo otto anni. "Poi farò le ferie, come tutti gli italiani", ha spiegato lui stesso, aggiungendo che "nei giorni lavorativi di luglio e settembre completerò gli assetti della Fondazione Di Vittorio". Dal primo ottobre tornerà dietro la sua scrivania di impiegato alla Pirelli, che abbandonò anni fa per dedicarsi all'attività sindacale. Le dimissioni da segretario generale del più grande sindacato italiano Cofferati le metterà sul tavolo del comitato direttivo convocato per l'8 e il 9 luglio prossimi. E, salvo sorprese, sarà l'attuale vice Guglielmo Epifani a succedergli. Nessuna prospettiva di scendere in politica: il leader della Cgil non si è mai stancato di ripeterlo e anche oggi l'ha ripetuto: "No, non ho cambiato idea, rimane quello che ho sempre detto".

Nel futuro immaginato da Cofferati non c'è almeno la politica nel senso tradizionale, quella dei partiti. Anche se la politica, il Cinese, continuerà a farla. "Non ho intenzione di smettere di occuparmi degli altri e vedo che gli altri sono d'accordo", ha detto. Per ora andrà a presiedere, per rilanciarla, la Fondazione Di Vittorio.

Da Cavriglia, cittadina mineraria del Valdarno, il cui consiglio comunale lo ha nominato cittadino onorario, Cofferati ha spiegato che proprio con la Fondazione Di Vittorio ci sarà un'intensa attività per la preparazione del centenario della Cgil. "Mi impegnerò a preparare attraverso ricerche ad hoc su temi specifici il centesimo anniversario della Cgil che è nata nel 1906. Ci sono oltre tre anni di lavoro pieno verso questa scadenza. Si tratta di un appuntamento molto impegnativo".

Ma fino a quella data Sergio Cofferati rimarrà nel suo ufficio di Corso Italia e continuerà a fare il segretario della Cgil, in un periodo tra i "più delicati", come dice uno dei suoi uomini più fidati. Con uno sciopero generale già annunciato sull'articolo 18 e con una poltrona da riempire a tre dei quattro tavoli aperti al ministero del Lavoro. "Non c'è un'atmosfera da ultimi giorni di scuola" dicono i suoi uomini a Corso Italia. Non è prevista ancora nessuna festa d'addio, nessun brindisi. "Stiamo lavorando tutti come matti, Cofferati compreso. A festeggiare il segretario ci penseremo dopo", è la parola d'ordine alla Cgil.

Per ora c'è Cofferati. Ma le consultazioni per il dopo sono già iniziate. Sarà il "Parlamentino" della Cgil a eleggere il nuovo segretario generale. Il Direttivo, convocato per martedì e mercoledì prossimi, 11 e il 12 giugno, dovrebbe eleggere una commissione di "saggi" che avvierà le consultazione di tutti i 156 membri dello stesso Direttivo sul nuovo leader del sindacato. Lo stesso Cofferati dovrebbe indicare ai saggi la sua proposta e se appare scontato che indicherà Guglielmo Epifani tutto è possibile. La "designazione" comunque non è obbligatoria e lo stesso Cofferati nel 1994 fu eletto con una consultazione aperta (il leader uscente Bruno Trentin non fece una proposta) tra lui e Alfiero Grandi, che si ritirò comunque prima del voto finale del Direttivo.

(9 giugno 2002)

E per D'Amato (Confindustria) non si deve considerarla
come un "Viagra sociale in grado di ringiovanire il Paese"
Tremonti: "L'immigrazione
non paga le nostre pensioni"

S. MARGHERITA LIGURE - Non è l'immigrazione la soluzione ai problemi demografici italiani, non saranno gli extracomunitari a pagare le nostre pensioni. Lo dice Tremonti, lo ripete D'Amato, entrambi ospiti dei Giovani imprenditori riuniti a Santa Margherita Ligure.

Per il ministro dell'Economia l'immigrazione "non risolve i problemi pensionistici, né raddrizza le curve demografiche. Non ci sono formule salvifiche in base alle quali gli immigrati vengono e ci pagano le pensioni o riempiono le culle. Possono dare un contributo significativo ma non decisivo". E agli industriali chiede di "coniugare" rigore e sviluppo per arginare il problema, accompagnando con le riforme l'ingresso dei regolari, ma allo stesso tempo di essere inflessibili con i controlli sugli immigrati clandestini.

Contro l'invecchiamento del Paese, gli fa eco Antonio D'Amato, non si può pensare all'arrivo di extracomunitari "quasi fosse un Viagra sociale che ci fa sentire giovani". Una ricostruzione dei fatti nei confronti della quale il presidente di Confindustria dice di provare "fastidio, quasi orrore". Piuttosto, "se il nostro Paese invecchia, bisogna intervenire sul welfare, dando prospettive ai giovani. Riprendere a fare figli significa dare fiducia nel futuro, non è solo aprendosi all'immigrazione che si torna ad essere giovani".

La legge Bossi-Fini "va accompagnata con un'integrazione significativa sul piano anche della capacità di creare infrastrutture sociali sul territorio", ha spiegato ancora D'Amato, favorevole a estendere "a tutti", italiani compresi, l'obbligo di impronte digitali. "Quanti più diritti sapremo offrire a chi entra in Italia - ha aggiunto - tanto più controllo dobbiamo avere sulle immigrazioni clandestine e sul lavoro sommerso. Rigore e diritti vanno di pari passo".

Non immaginatevi, aveva detto poco prima Tremonti alla platea, che "con questi fenomeni si raddrizzino le curve pensionistiche. Gli immigrati sono abbastanza anziani, oltre i trent'anni nella media, e non sono prolifici "perché hanno difficoltà d'integrazione o di ricongiungimento delle famiglie. Dal punto di vista pensionistico hanno un 'difetto': vogliono giustamente anche loro le pensioni. Dobbiamo aiutarli a casa loro. La Tobin tax è una formula di sinistra, giacobina e medioevale che prevede di tassare le transazioni finanziarie, non per razionalizzarle ma per reperire fondi per lo sviluppo dei Paesi poveri".

Viceversa, la de-tax che propone Tremonti "è una non tassa. Prevede infatti l'esclusione da imposte dirette e Iva dell'1% delle transazioni da commercio da destinare ad associazioni caritatevoli e di beneficenza scelte direttamente dai soggetti della transazione. Questo metodo mi sembra - ha spiegato Tremonti - un metodo meno giacobino e più cristiano della Tobin tax".

(8 giugno 2002)

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

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