Genova, sabato 21, verso le 16. Eravamo in sei, partiti presto per partecipare alla manifestazione. Siamo arrivati fino a Nervi per le strade dell'Appennino, evitando l'autostrada. Eravamo, credo, a metà del corteo. Fermi sotto il sole, dai palazzi i genovesi ci buttavano acqua per rinfrescarci, a un certo punto, lungo il cammino, una chiesa ha suonato le campane a festa, era ricoperta di cartelli anti-global. Si avanza, piano ma si avanza. Da amici, via telefono, abbiamo notizia di scontri, non so se alla fine o all'inizio del corteo. Siamo in corso Italia, il corteo è pacifico. A sinistra il mare, a destra muri e strade laterali che danno sul corso; ogni due o tre, a cinquanta metri dall'innesto su corso Italia, maree di poliziotti in assetto antisommossa che attendono. Finché a un certo punto il corteo si ferma, a destra, da una strada laterale, un po' indietro rispetto a noi, i poliziotti stanno arrivando di corsa verso il viale, davanti sta succedendo qualcosa, voci dicono che il corteo è stato spezzato, c'è una battaglia in corso, adesso vediamo benissimo le parabole dei lacrimogeni, poi guardiamo a destra, e su in alto a trenta metri, a monte, su uno spiazzo a terrazza che dà su corso Italia , un gruppo di poliziotti che aspetta. Guardiamo dietro di noi, anche indietro il corteo è spezzato, i manifestanti hanno visto la polizia e si sono fermati. Siamo tesi, nervosi. Perché è chiaro che siamo in trappola, davanti la polizia, dietro la polizia, a destra le case, a sinistra, più in alto rispetto alla strada di una decina di metri, qualche villetta, protetta da muri a secco, che dall'altra parte guarda giù verso il mare. Qualcuno va a parlamentare con i poliziotti: inutile, non parlano, stanno muti dentro il loro equipaggiamento da robcop, o da zombi. Parte qualche provocazione, qualche sasso, 'fermi, fermi!' grida qualcuno, poi il finimondo. Un attacco bestiale da davanti e da dietro, sulla folla piovono lacrimogeni, da quel piazzale di destra alto sulla strada, dagli elicotteri che si abbassano a 50 metri, dalla polizia che carica sparando candelotti ad altezza d'uomo. Lì non c'è scelta, o scappi o te ne esci con la testa rotta, ma il corteo è immenso, e il rischio di schiacciarsi a vicenda, presi dal panico, maledettamente reale. Chi indugia, chi accenna a una qualche difesa viene preso a manganellate sulla testa, sulla schiena, in faccia, sulle braccia, con una violenza che io, a 52 anni, con un passato di decine e decine di manifestazioni, non ho mai visto prima. S. chissà dov’è, R., M. e io schiacciati da una massa di persone che cerca di fuggire dalle cariche e dal fumo dei lacrimogeni, irritanti come non ne ho mai sentiti nel passato, ti lasciano intontito, con i polmoni a pezzi, gli occhi bruciati che non ci vedi più, la pelle irritata, non c'è limone che tenga, ti fa male, non ce la fai a respirare. Storditi dal fumo, alcuni di noi si arrampicano frenetici sul muretto a secco, ce la fanno ad aprire un varco tra i fili della recinzione della villetta, in un centinaio o forse più corriamo verso il cortile della casa, il proprietario apre le porte e ci fa entrare tutti. Che sia benedetto, ci ha soccorsi, ci ha dato da bere, ci ha salvati. R., M. e io ci sediamo, siamo tutti e tre più o meno interi. Un'ora dopo un avvocato del Genoa Social Forum ci dice che possiamo scendere, a mani alzate, non ci faranno niente. Andate verso destra, dice, verso Nervi, tornate indietro, il corteo, ormai spezzato in tronconi, è stato disperso. Invece non è finita per niente. Mentre camminiamo, sentiamo dietro di noi le camionette della polizia e un battaglione di poliziotti che battono i bastoni sullo scudo. Ci giriamo, improvvisamente li vediamo correre, dove cazzo corrono, ci vogliono massacrare? corrono verso un gruppo in fondo, davanti a noi, sparano altri lacrimogeni, tra poco ci verranno addosso, un elicottero si abbassa in modo da spingere, con il moto delle pale, i fumogeni lontani dai poliziotti e contro di noi. E' micidiale il rumore sempre più forte del rotore delle pale, dietro le spalle sento venirmi addosso un vento acre e caldo, fumo, carte, bottiglie di plastica vuote, oggetti che si sollevano. Mi metto a correre. A destra potrei scendere al mare, ma c'è lo sbarco degli incursori con i gommoni, fanno prima sbarcare l'ufficiale medico della croce rossa, poi col megafono intimano lo sgombero dei bagni sul lungomare. Non c'è niente da fare, sento il passo picchiato con forza sull'asfalto dei poliziotti dietro di me, sento colpi secchi, una coppia isolata che stava correndo viene aggredita a manganellate e a calci, anch'io sono isolato, terrorizzato, mi fermo, alzo le mani, 'sono disarmato' urlo, un poliziotto mi passa di fianco urlando anche lui qualcosa, batte violentemente il manganello su un palo di ferro, poi, forse vedendo i miei capelli bianchi, passa via. S.B.

 

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Venerdì 20 - Arriviamo a Genova con una velocità cui non eravamo preparati: dopo che A. S. ci aveva messo in guardia dai disservizi delle ferrovie - '...ci arriverete in 10 ore...' - trovarsi in città dopo tre ore di viaggio sembra un miracolo. Una volta lì la macchina organizzativa sembra funzionare: raggiungiamo il centro sportivo di Sciorba con i bus, molliamo armi (si fa per dire...) e bagagli nell'enorme tendopoli e rapidamente scendiamo in centro. Sui bus la confusione è palpabile: manifestanti, cittadini lavoratori e autisti vedono le proprie esigenze cozzare le une con le altre...noi siamo sballottati in giro senza poter decidere bene dove voler arrivare, i lavoratori, ai quali era stato intimato dal Comune di lasciare le macchine a casa e di servirsi dei mezzi pubblici, sono inviperiti dalla scoperta di percorsi obbligati che li portano in direzioni inutili; gli autisti, poveracci, ricevono direttive sul momento e si adeguano. Comunque si fa immediatamente notare la grandissima gentilezza e cortesia dei genovesi: indicazioni e richieste di aiuto vengono accolte con simpatia ed esaustività, sia da parte dei cittadini che dei poveri autisti. Ci mollano vicino al Marassi, noi vorremmo raggiungere il corteo di Rete Lilliput che abbiamo incrociato due ore prima mentre stavamo portando gli zaini a Sciorba, ma non sappiamo dove cercarlo. Camminiamo fino a che per strada incomincia il passaparola di informazioni: di lì hanno sbarrato, di quì non ti fanno passare, proviamo ad andare di là, ecc...., insomma, non capiamo bene dove andare, non sappiamo dove intercettare il corteo, avanziamo alla cieca. Ci ritroviamo davanti a due tunnel enormi che sfociano alla stazione Brignole, dove si intravede uno schieramento di forze dell'ordine che definire imponente sarebbe ancora poco. Che si fa? Tentiamo di parlare con gli altri per decidere qualcosa, ma in pochi minuti si scatena l'inferno. Dopo nemmeno 3 ore di permanenza a Genova, facciamo subito la conoscenza del Black Block...l'inizio della violenza è devastante. Mi giro e vedo una moto con a bordo due persone con un pettorale fosforescente: non faccio in tempo a capire se sono giornalisti , poliziotti o cos'altro che la moto viene inseguita e il passeggero viene scaraventato a terra da un gruppo di blacks che lo accerchiano...la tensione sale immediatamente, mentre cerchiamo un posto dove ripararci vedo il pilota della moto che si avvicina di corsa al suo compagno a terra...i blacks lo puntano, lui estrae una pistola e spara due colpi in aria: a 5 metri dal tipo, io mi cago sotto e trovo rifugio in un angolo...solo quando mi giro dall'altra parte mi si rivela il panorama...una Volvo sta andando a fuoco, il benzinaio a fianco è preso d'assalto, sampietrini vengono estratti dalla pavimentazione e scagliati contro le vetrine....ci sono due cassonetti ribaltati e fumanti...intanto anche la macchina vicino alla Volvo ha preso fuoco...ci spostiamo per non respirare il fumo e ci troviamo in mezzo al devasto...un negozio di articoli da moto viene assaltato e svuotato, si creano barricate infuocate con altri cassonetti e campane per la raccolta di rifiuto differenziati...dopo 10 minuti arrivano finalmente i pompieri, dei poliziotti invece neanche l'ombra...ma di questo parliamo dopo. Insomma, dopo 20 minuti di follia i 'neri' si spostano lungo un vialone - si possono vedere le colonne di fumo e le barricate a fuoco - lasciando dietro di loro terra bruciata. Il tempo di riprendersi e percorriamo il tunnel che collega il luogo degli incidenti con Brignole: il colpo d'occhio è micidiale...2-3mila poliziotti in tenuta antisommossa, camionette con idranti, addirittura una decina di cingolati!!!...arriviamo a pochi metri: le facce non sono angeliche, cerco lo sguardo di qualcuno di loro...ma gli occhi sono freddi. Gelidi. Penso che alla fine della fiera anche questi non se la passano poi tanto bene, e si vede. Forse sono solo pedine, loro come noi, da muovere secondo gli interessi di chi se ne sta barricato da qualche parte. Sicuramente le sfere alte hanno messo in conto il morto, e che sia da una parte o dall'altra non gliene fregherà di meno. Comunque, il fatto è che tutto questo imponente schieramento non si è mosso di un metro per fermare la furia distruttrice del Black Block. Erano lì a poche decine di metri, sapevano cosa stava succedendo, anche perchè diversi elicotteri monitoravano la situazione della città dall'alto individuando subito i disordini, eppure non si sono mossi, pur essendo in una schiacciante superiorità sia numerica che di mezzi. Poi ognuno tira le proprie conclusioni, anche tenendo conto delle recenti campane...io sono dalla parte di chi pensa che governo e polizia abbiano dato via libera ai blacks e alla loro violenza per distogliere l'attenzione dal corteo pacifico e dalle sue richieste, e per fare di tutta l'erba un fascio, rappresentando 200.000 teppisti che avrebbero giustificato ampiamente un tipo di repressione violenta come quella esercitata dalla polizia sui manifestanti pacifici. Ricapitolando: la frangia estremista dei manifestanti - che abbiamo visto agire in diverse occasioni in poche unità, due-tre decine al massimo - non è stata MAI toccata dalla polizia, che al contrario ha represso con le botte il pacifismo degli altri. Stiamo a Brignole 20-30 minuti, cercando di capire dove andare senza imbatterci nei casini...la polizia intanto si prepara: si mettono le maschere anti gas e cominciano a picchiare i manganelli sugli scudi....probabilmente è in arrivo il corteo, si intravede in lontananza. Chiamo M. A. per sapere come raggiungere Lilliput, ma il suo cellulare è spento. Ci incamminiamo alla cieca e finalmente troviamo un grosso corteo...è molto lungo e alla testa ci sono quelli che la polizia si stava preparando ad 'accogliere': un carro con sopra alcune casse ci tiene aggiornati sulla situazione in testa al corteo...ci fermiamo per permettere a chi è davanti impegnato negli scontri di potersi ritirare di qualche metro senza rimanere schiacciati...ci guardiamo intorno e mi accorgo che è forse il corteo più eterogeneo...davanti ci sono gli sfondatori, che immagino non lesinino botte se ne ricevono...poi in mezzo c'è di tutto: dalla ragazzina ai quarantenni, dal pacifista all'ubriacone violento al vandalo gratuito...proprio grazie a questi ultimi nel giro di pochi minuti la tensione sale in mezzo al corteo...qualcuno incomincia a rompere vetrine e insegne ( tra l'altro: un ragazzo si accanisce contro un sex-shop rompendo l'insegna con un sasso, poi si gira verso gli altri e con una faccia sinceramente appassionata urla 'they're exploiting women!'...ora, io lo so che la violenza non porta a nulla, però quel ragazzo continua a starmi simpatico...perchè se io sono costretto a vivere una vita bombardato dagli asfissianti messaggi di un sessismo esasperato e fuori controllo, forse posso arrogarmi il diritto di distruggerne, simbolicamente, i simulacri...) e si levano urla e grida, non si capisce bene quante di approvazione e quante di accusa...un ragazzo - da solo - prova a dissuadere qualcuno a rompere la vetrina di una banca...si becca un po' di fischi, e un po' di applausi... Comunque, ormai è tempo di tornare al Convergence Point di P.le Kennedy, un grande spazio adiacente al mare dove si trovano i banchetti delle associazioni nazionali e internazionali, l'info point del GSF e i punti di ristoro....Agnoletto improvvisa un'assemblea con un microfono e due casse mezze rotte...ci sediamo tutti per terra, vogliamo sentire cosa hanno fatto gli altri, sopratutto quelli del Carlini: le tute bianche e tutti gli altri... Ma passano i minuti e le notizie che arrivano non sono quelle che tutti noi volevamo sentire...un ragazzo senza identità è morto. Cala il gelo, è come se tutto ora prendesse un'altra piega, iperreale. L'atmosfera adesso è di grande partecipazione e di grande intimità...tutti seduti per terra, ognuno urla la propria indignazione e si passa le informazioni...elicotteri delle forze dell'ordine continuano a passarci sopra disturbando l'assemblea...dopo i primi passaggi si capisce che che è una provocazione, una presa per il culo bella e buona, e l'indignazione monta sempre di più...altre notizie: alcuni ragazzi dei cortei sono stati intrappolati dalla polizia che non li lascia passare provocando scontri...gli addetti al servizio legale portano testimonianze agghiaccianti: i feriti vengono prelevati dall'ospedale senza alcun tipo di garanzia medico-giuridica e trascinati nelle caserme, dove altri testimoni riferiscono di maltrattamenti e pestaggi incontrollati ...la folla inizia a scaldarsi...qualcuno urla di andare a liberare chi è ancora sotto con la polizia, qualcuno propone di andare all'ospedale, chi alla prefettura...i portavoce della associazioni fanno un lavoraccio, invitando tutti alla calma...la situazione è espolsiva, se si formasse un corteo adesso la polizia farebbe una carneficina, non saremo in più di tremila al campo...troppo pochi...Casarini, Agnoletto, Bertinotti, i portavoce delle organizzazioni estere, tutti invitano alla calma e al sangue freddo...una mossa sbagliata adesso che la polizia non aspetta altro sarebbe un suicidio, questo viene detto chiaramente...mi chiama Gigi (Tufano), mi chiede come procede, 'che in tv stanno mostrando cose orribili, non ultima la morte del ragazzo...la gente a casa sembra preoccupata, evidentemente le cose stanno prendendo una brutta piega...poi chiama Simona, e dice che c'è l'eventualità che domattina non facciano passare il loro bus...la situazione sta degenerando, penso, e ho voglia di vedere un telegiornale per capire come stanno presentando la città, le manifestazioni e gli scontri. L'assemblea si scioglie, mangiamo e ci scarichiamo un po' dalla tensione psicologica delle ultime ore...viene consigliato a chi dorme nei centri di accoglienza di non andarci a piedi e tanto meno da soli: la polizia è ancora in giro e ferma indiscriminatamente...aspettiamo le navette, sperando che ci siano. Nel frattempo all'interno dello spazio prende vita un mini studio televisivo de La 7, Gad Lerner incomincia la trasmissione con Agnoletto, il Sindaco di Genova e altri ospiti...ma la tensione causata dagli eventi della giornata è troppa, e alle prime parole sbagliate scattano le contestazioni - anche intestine - del pubblico...Lerner interrompe tutto, la trasmissione è sospesa dopo nemmeno 10 minuti....i più anziani invitano alla calma, i portavoce tentano di far capire ai contestatori che il mezzo televisivo è adesso necessario per far conoscere la grave situazione di ingiustizia...torna la calma, ma Lerner torna sul palchetto a telecamere spente solo per dire che problemi tecnici rendono impossibile il ripristino del collegamento... Per fortuna i servizi funzionano, arrivano le navette e siamo subito a Sciorba, un campo sportivo trasformato in tendopoli...ci accolgono con acqua e cibo: non c'è che dire, ottima organizzazione...si forma un capannello davanti alla piccola tv...alle 12.45 il TG5 fa vedere le immagini della giornata, comprese le foto della morte del ragazzo, che finalmente ha un nome, Carlo Giuliani. Raggiungiamo i sacchi a pelo. Sabato 21 - Mi sveglio e subito vedo il giornale: la foto di Giuliani con in mano l'estintore e nell'angolo una pistola puntata, poi la foto del ragazzo a terra, morto, col cranio insanguinato. Buon giorno Genova.  Scendiamo rapidamente in centro e mettiamo gli zaini a P.le Kennedy, sperando di trovare un mezzo per tornare a Bergamo in serata. Prese le informazioni necessarie sulla manifestazione di oggi, ci avviamo verso l'inizio del corteo, in P.zza Sturla. La manifestazione parte, e per un po' sembra veramente fantastico: un colpo d'occhio impressionante, tanti gruppi e parti sociali e politiche diverse, visi sereni e determinati. Ci sono i greci, che avranno urlato gli stessi slogan ininterrottamente per 5 ore, c'è qualcuno con tamburi e strumenti, altri improvvisano teatrini simbolici contro le multinazionali...l'atmosfera è distesa, almeno fino a quando non veniamo a sapere che in testa al corteo i blacks hanno ingaggiato violenti scontri con la polizia...dalle testimonianze che raccolgo successivamente sembra che siano stati proprio i neri a provocare la reazione della polizia, che naturalmente non si è fatta aspettare...il GSF e le associazioni aderenti avevano tentato di scongiurare l'ingresso del Black Block nel mega corteo attraverso un servizio d'ordine autogestito e volontario...evidentemente non ha funzionato, ma non certo per l'imperizia o la negligenza del GSF...fermare i violenti non è certo compito esclusivo dei manifestanti...ma su questo magari torniamo dopo. A P.le Kennedy il corteo viene spezzato in due: noi siamo nel tronco che è passato, e raggiungiamo Piazza Ferraris tra canti, balli, una mucca che scagazza per la strada, coppie di vecchietti che riempiono le bottiglie d'acqua ai giovani manifestanti, gente che dai balconi saluta, lancia segnali di approvazione e incoraggiamento, altri che riempiono tinozze d'acqua e le riversano sul fiume di persone per alleviare la calura...insomma, una bella, grande e determinata manifestazione pacifica...in Piazza troviamo un palco dal quale Agnoletto e altri portavoce e rappresentanti fanno il punto della situazione...dopo 40 minuti il corteo inizia a sciogliersi e a tornare verso il lungomare...naturalmente non riusciamo ad arrivare a P.le Kennedy molto facilmente...tre episodi molto tristi accadono durante l'attraversamento della città. Arriviamo a un grosso incrocio, siamo un gruppetto abbastanza sparuto...l'incrocio è presidiato dalle camionette della polizia, che non si capisce cosa vogliano fare...ci faranno passare? ci devieranno? macchè...un coglione lancia un sasso e via con i lacrimogeni...saremo stati in 30-40, e questi ci sparano addosso i lacrimogeni...mah...allora cambiamo strada e arriviamo su un vialone dove ci sono i Pink, dei pazzi con parrucche, giocolieri e quant'altro...forse i pacifisti per eccellenza, totalmente innocui....vediamo uno schieramento esagerato di poliziotti che avanza verso di noi...stavolta però nessuno sta facendo assolutamente nulla di male: non ci sono sassi, ne spranghe, ne molotov in giro...ci chiediamo perchè dovremmo indietreggiare, e non lo facciamo...i poliziotti avanzano sempre di più fino ad arrivare davanti al nostro piccolo gruppetto...qualcuno si fa avanti per fare delle foto e viene accecato da uno spray...questo poveraccio resta a terra bestemmiando, mentre qualcuno fa arrivare dell'acqua per lavargli gli occhi...si forma un capannello, la tensione sale ma la sensazione è che nessuno cerchi lo scontro...un ragazzo dei pink parla con i poliziotti: vogliono che deviamo, di là non ci fanno passare. Dopo qualche contrattazione l'atmosfera si scioglie...si decide per la deviazione, scatta anche qualche pacca sincera tra dimostranti e poliziotti, addirittura il poliziotto che aveva sparato lo spray negli occhi chiede scusa al ragazzo, con un piccolo abbraccio. Continuiamo a camminare e arriviamo a due passi dal punto d'incontro, quando c'è la ciliegina sulla torta. La situazione è questa: saremo in 8-9, noi 4 più altri ragazzi...siamo praticamente da soli, dietro di noi c'è il contadino con la mucca...insomma, non c'è alcun segno di pericolo o tensione, stiamo solo tornando alla base. Passiamo di fianco a due camionette dei carabinieri e due energumeni bardati di tutto punto puntano contro il nostro gruppetto: si dirigono verso una ragazza e un ragazzo colpevoli di indossare occhiali di plastica anti-lacrimogeno e una bandana...con una sberla il primo carabiniere fa volare vi agli occhiali dal viso della ragazza, l'altro comincia a spingere e strattonare il ragazzo, provocandolo...resto di ghiaccio, questa è un'aggressione belle e buona, totalmente ingiustificata e illegittima...dopo un minuti li lasciano andare, ma rimane l'amaro in bocca.  Quindi imparo che ci sono poliziotti e poliziotti: macho senza cervello e professionisti esperti, esagitati dal manganello facile e poliziotti che cercano invece di non creare casini quando non è strettamente necessario. Purtroppo a Genova quelli esagitati e violenti erano in schiacciante maggioranza.  Il resto va da sè...torniamo a casa con un bus in partenza da Marassi verso le nove...a casa intorno alle due. Il giorno dopo, al telegiornale e sui quotidiani, la triste vicenda di sabato notte. Non mi dilungo su commenti ed opinioni, ci tenevo invece a fornire una testimonianza. L.D.

 

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Odissea 2001 a Genova Da oggi la Turchia e più vicina alla comunità europea nell'applicazione dei diritti umani .Io pacifico manifestane che per sfuggire agli scontri, con altre decine di persone ragazze e ragazzi appena diplomati, signore e signori di 1/2 età tutti pacifisti ci eravamo rifugiati in un portone. Una signora di Genova gentilmente ci aveva aperto. mentre la guardia di finanza ci puntava i fucili a dosso. Eravamo tutti tranquillamente seduti sulle scale in questo portone aspettando solo la fine degli scontri per poter uscire e tornare alle rispettive case , quando siamo stati assaltati brutalmente da polizia e finanza. Noi sempre con le mani in alto in segno di resa, siamo stati fatti uscire ed ammucchiati su un marciapiedi in ginocchio. La consegna di documenti è avvenuta sotto continue minacce e insulti. Per i meno svelti ad obbedire manganellate gratuite. Caricati sui cellulari e portati all'identificazione nella zona del porto mentre ragazze 19enni in lacrime, minacciate da poliziotti in attesa che le persone uscissero dai cellulari per pestarli, rapida perquisizione sequestro di portafogli telefonini marsupi zaini bandiere. Le mani sono state legate con fascette, noi siamo stati sbattuti per terra . Il tutto sempre condito da insulti e minacce. Trasferiti in un Lager alla periferia di Genova dove è iniziata la vera odissea. Ad aspettare che noi uscissimo dal pullman, cordoni di polizia per scaraventarli giù dal pullman a calci, picchiarli, insultarli sputargli. Dopo questa gentile accoglienza venivamo portati in enormi e spoglie celle. Venivamo sbattuti faccia al muro, spogliati e perquisiti, tolto tutto lacci cinte braccialetti, fazzoletti occhiali da vista (tanto per vedere il muro non servivano).Siamo stati costretti a stare attaccati al muto a braccia alte e gambe divaricate per decine di ore. Per chi faceva domande tipo volere vedere un avvocato o un giudice o chiedeva acqua, botte per chi era nero botte, chi, invece voleva andare in bagno vi veniva portato e poi riempito di botte. Ogni tanto arrivavano torme di poliziotti in divisa od in borghese che sceglievano persone a caso da insultare o picchiare, o le costringevano a cantare giovinezza , ad urlare viva il duce viva la polizia. Nel mio caso, avevo un distintivo della Roma ho dovuto urlare forza Lazio!! I poliziotti dichiaravano che era finalmente finito il governo comunista e che con il loro governo di destra potevano fare tutto ciò che volevano senza limiti, senza applicare i diritti costituzionali o di base del uomo, negando a chi stava male l'acqua o le medicine per poi portali in infermeria solo quando questi stremati crollavano a terra per mancanza di forze. Per fortuna ad un certo punto sono arrivati i Carabiniere e in particolare un tenente che forse capiva la situazione dei disperati, (Un ragazzo di Genova preso a 100 metri da casa solo perché negro o un fotografo accreditato di un giornale locale (di destra) in lacrime preso solo perché faceva il suo lavoro e tanti altri grandi e piccoli presi solo perché si trovavano li a Genova). Il tenente ha ordinato di non aprire più le celle se non su suo ordine, e permettere che ci si potesse riposare e perdere le medicine. Dopo ore di questo trattamento senza cibo ne acqua finalmente i giovani carabinieri di leva ci hanno, anche dato un bottiglia da 1/2 litro per 15-20 persone che ogni tanto ci riempivano e ci permettevano per 2-3 minuti di sederci e riposare. Quindi dopo 16-14 ore finemente identificati foto impronte ecc. siamo tornati ad esistere siamo usciti dallo status di 'desaparecitos'  Durante la notte visita al lager di Bolzaneto da parte di un alto esponente del governo forse un ministro che veniva a congratularsi con gli aguzzini. Impossibile pensare solo di poterlo guardare. Dopo la visita del ministro sono tornati i poliziotti che ci hanno tutti ammassati in un cella per pestarci gratuitamente ed insultarci se solo si provava ad fare una domanda, costringendoci a cantare canzoni fasciste, ci dicevano e all’infinito popolo di Seattle ordine e disciplina. Un ragazzo francese tenuto per tutto il tempo in mutande al muro al freddo o sdraiato sul pavimento picchiato di tanto in tanto perché non capiva l'italiano portato via scalzo ammanettato pestato. Io avevo visto una scena simili in Tunisia mai avrei pensato di rivederla in un paese della Comunità Europea (il mio paese) dove sono i diritti del uomo? Alla fine ci hanno preparato per il carcere. Non vedovo l'ora di arrivarci ma prima le ultime umiliazioni. Ci dicevano oramai siete dei carcerati non avete diritti mi hanno fatto spogliare nudo infreddolito faccia muro. Mi hanno detto che avevo troppi effetti personali. Una sciarpa di seta e cotone è un straccio che è stato buttato nella spazzatura insieme alla bandiera dei verdi ,un ciondolo d'argento, penne carte personali e altre cose che non gli andava di riportare nel verbale. Riportato in cella buttato mi hanno fatto inginocchiare, mi hanno preso a calci ,ad un certo punto arriva un poliziotto con le forbici che mi sbatte la testa al muro. I sui colleghi gli chiedono :'che fai gli tagli i capelli' lui risponde che no mi stava tagliando solo il cappuccio della felpa che tanto fa caldo .Finita l'identificazione di tutti, ammanettati e trascinati sul pullman come cani Io stavo vicino ad uno studente svizzero e due ragazzi francesi terrorizzati. Ho provato a chiedere che fine avesse fatto il mio zaino la risposta e stata che non si sapeva. Ci hanno portato al carcere di Alessandria prima di entrare uscendo dal pullman il solito pestaggio. Siamo stati mesi in una cella poi di nuovo identificati ,finalmente le guardie carcerari dopo i primi minuti di durezza si sono rese conto con chi veramente avevano a che fare: non i terribili anarchici violenti annunciati ma poveri disperati. Ci hanno chiesto che cosa ci avessero fatto i poliziotti e cercavano di calmare e rassicurare i più terrorizzati. Finalmente ho potuto riavere i mie occhiali da vista ed i fazzoletti per il naso. Ci hanno portato in una cella per due, con i letti mi sono potuto finalmente sdraiare e riposare. Un pasto, che mi e sembrato buonissimo, penso per la fame. Sono andato in bagno, finalmente senza paura, mi sono potuto lavare i denti e la faccia. Chi aveva problemi è stato portato in infermeria e curato .A me per un momento e sembrato un albergo e non un carcere ,rispetto al lager da dove venivo: si potevano fare domande e avere risposte, ci anno detto che sarebbero venuti gli avvocati chi era nudo è stato vestito dal cappellano del carcere ,persona squisita. Si era tornati un uno stato di diritto. Ho finalmente visto un avvocato che mi ha rassicurato . Mi ha detto che si trattava di una questione di qualche giorno e che ci avrebbero liberato. Oramai mi ero rassegnato a passare la note in gabbia . Mi avevano portato un libro, quando sono arrivati rappresentati dei verdi e rifondazione che finalmente avevano saputo dove eravamo e nel giro di poche ore ci hanno scarcerato. I secondini che si erano preoccupati di avvertire la famigli di alcune persone di zona per farli venire a perdere. Ci hanno restituito i pochi effetti personali sopravvissuti alla perquisizioni precedente. Io sono rimasto con il solo portafoglio e una borraccia. Cosi siamo finalmente usciti da carcere Con i cellulari sopravvissuti abbiamo telefonato a casa per avvisare che eravamo finalmente liberi. Fuori ad attenderci c'erano dei volontari di Alessandria che avevano saputo che uscivano . Tra noi 'Galeotti'ci siamo scambiato i numeri abbiamo chiesto ai carabinieri di guardia quale reati fossero quelli a noi imputati: il 337 e 339. Ci hanno risposto: resistenza all'arresto aggravate da associazione. Finalmente sapevamo di cosa ci accusavano. Ad alcune persone le imputazioni erano diverse e fantasiose, si erano divertiti a scrivere. Poi i volontari hanno accompagnato alla stazione chi voleva io ho rimediato un passaggio in auto dal mio compagno di cella genovese al quale era venuta la madre a prenderlo. Mi hanno lasciato alla stazione alle 2.30. Li c'erano dei milanesi che mi hanno raccontato di altri massacri , in particolar modo di quello della notte prima nella scuola .ho rincontrato il francese finalmente in carcere lo avevano rivestito cercava di tornare a Nizza .Alle 6.09 ho preso un treno Roma ho fatto il biglietto a bordo (per fortuna avevo con me abbastanza soldi) senza prenotazione dovevo trovarmi un posto dove dormire e un paio di volte mi sono dovuto spostare perché arrivava l'assegnatario a svegliarmi poi 11.30 di lunedì finemente a Roma a casa. M.S.

 

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Subject: Genova 21/7/2001. R.S. e C.M. 0,h 6.30 Cinque pullman partono da Pinerolo :destinazione Genova.300 persone, intere famiglie, gente di tutte le età.Insomma, gente comune, tranquilla, intenzionata soltanto a manifestare pacificamente. h 10.30 Arrivo a Genova. Nessun controllo da parte delle 'Forze dell'Ordine'. Migliaia di persone come noi si dirigono verso il corteo. Piccoli gruppi circoscritti armati di oggetti contundenti e protetti da caschi e corazze entrano indisturbati nel corteo. Il nostro gruppo li evita immettendosi nel corteo in un altro punto e mantiene una distanza di sicurezza, non comprendendo le loro intenzioni. h 12.30 ca. il corteo procede pacificamente e festosamente. Non si percepiscono tensioni nei nostri pressi. h 14.30 ca. Il corteo si blocca in Corso Italia.In lontananza si vedono i fumi dei primi lacrimogeni lanciati dalle 'Forze dell'Ordine'. Ci fermiamo in attesa di capire se arretrare o proseguire per la via autorizzata del corteo. Alcuni di noi si avvicinano alla zona degli scontri (piazzale Kennedy) e riferiscono di aver visto un gruppo di facinorosi assaltare e incendiare una banca di fronte ad un blocco più consistente di esponenti delle 'Forze dell'Ordine' . Decidiamo allora di restare lontani e fermi in attesa che il gruppo dei facinorosi venga arginato e che quindi il corteo possa procedere. Alcuni intorno decidono di fare sit-in, noi restiamo in piedi pronti eventualmente ad arretrare; tutti cerchiamo di mantenere la calma e non scatenare il panico. h 15.30 ca. All'improvviso la situazione degenera e i primi lacrimogeni arrivano sulla folla. Si scatena il panico generale, la gente urla e cerca di fuggire spaventatissima. Continuano a piovere i lacrimogeni lanciati anche dall'elicottero che sin dall'inizio sorvolava sul corteo. La folla sconvolta senza poter più respirare nè vedere si accalca, quasi ci stritoliamo a vicenda. Alcuni riescono ad arrampicarsi, altri trovano via di fuga verso la spiaggia. Ma questo noi non lo abbiamo visto.... R: mi volto indietro e faccio appena in tempo a vedere una moltitudine di poliziotti venirmi addosso che uno di loro mi colpisce violentemente alla testa, ferendomi e facendomi cadere. Nonostante fossi sanguinante ed inerme a terra, ognuno di loro cui venissi a tiro infieriva su di me con calci e manganellate in tutto il corpo. Erano tanti, almeno dieci, quindici, tutti su di me.Quando ho capito che cosa stava succedendo mi sono riparata la faccia con le mani e questo ha impedito che un ulteriore calcio mi deturpasse il viso, fratturandomi 'solo' la mandibola. Cercando di rialzarmi con le ultime forze rimastemi intravedo C. affianco a me in terra che mi aiuta a mattermi in salvo.Ma come se non bastasse un poliziotto passando mi spruzza uno spray urticante dentro un occhio.Poi verso la spiaggia la salvezza, un ragazzo mi getta dell'acqua sul volto ed altri immediatamente giungono in mio soccorso. Pensavo di morire. C: stretta nella folla impazzita cado in terra, spinta. Terrorizzata penso che sarei morta calpestata dai miei stessi compagni in fuga.Improvvisamente mi ritrovo sola a terra , di fronte a me solo poliziotti con scudi caschi e manganelli. Uno di loro mi colpisce. Solo allora ho capito che erano fuori di se e che avrebbero potuto massacrarmi. Dopo di che non ricordo più distintamente, forse mi sono coperta gli occhi o li ho chiusi.Ricordo soltanto le grida vicine di una donna che urlava: - Perchè?Perchè?Non vi abbiamo fatto  nulla..Perchè?..-.Poi mi sento chiamare, mi volto e vedo R. . Era lei ad urlare ed ha il volto pieno di sangue. Sconvolte cerchiamo di metterci in salvo. Sulla spiaggia ritroviamo un piccolo gruppo di Pinerolesi, gli altri dispersi e irrintracciabili.Abbiamo tutti paura e siamo bloccati, fuori ancora le 'Forze dell'Ordine'.Quando, dopo ore, riusciamo ad uscire sulla strada i medici ci caricano sull'ambulanza. ...ecco i danni subiti:

R: - trauma cranico facciale - frattura mandibola sinistra (prognosi: 30 giorni senza poter masticare nè parlare) - ferita alla fronte: un punto di sutura - ematoma su tutta una coscia e vari sul corpo

C: - due ematomi, uno sotto il braccio, uno sulla gamba (...con me sono stati 'gentili'...).

E questi sono soltanto i danni fisici. Ma quelli morali? La paura e l'umiliazione non si dimenticano...

R: quando chiudo gli occhi rivedo la scena ogni volta, come se fosse un film. Surreale.

Alleghiamo il referto medico dell'ospedale.Solo per chi si ostina a non credere e a chi vorrebbe raccontare, proprio a noi, BUGIE.

 

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2001, Genova, Italia Lettera aperta agli amici e ai compagni di strada Alcuni amici mi hanno chiesto di raccontare. E' colpa loro se tutti voialtri ora avete la sfiga di beccarvi questa lettera aperta. Non fa niente se non avrete voglia o tempo di leggerla fino in fondo, ci sono casi in cui scrivere serve anche come valvola di sfogo e come modo per riordinare le idee: sono due esigenze che in questi giorni mi pulsano dentro all'impazzata, e che stiate leggendo o meno mi siete comunque preziosi come immaginari interlocutori. Impossibile in realtà dar forma scritta alla rabbia, al dolore e all'incredulità per quanto vissuto a Genova. E quando devo esprimere qualcosa per cui mancano le parole, da prolisso divento interminabile. Ve lo dico alla quinta riga così ho la scusa per andare avanti per altre due o tremila. Siamo andati, e abbiamo visto. Abbiamo visto e ora dovremo esserne testimoni, mettere insieme tutto ciò che abbiamo vissuto, raccontarlo agli altri, farlo diventare un mezzo di pressione politica e di ricerca della verità. Abbiamo questo dovere. Ma dobbiamo essere lucidi. Cerco allora un distacco dallo stato emotivo che mi porto dietro da Genova, e lo cerco nella storia. Conoscete il nome di Giorgiana Masi, una ragazza di 22 anni che il 12 maggio del 1977, durante una manifestazione pacifica, venne uccisa da un colpo di pistola sparato da poliziotti travestiti da autonomi, uomini dei reparti speciali sguinzagliati dal ministro Cossiga per le strade di Roma. L'intento era quello di sempre: seminare panico e violenza facendone ricadere la responsabilità su presunte frange estreme di manifestanti e creando il clima giusto per una repressione generalizzata del corteo da parte delle forze dell'ordine, per annegare nel sangue e nello scontro di piazza un grande movimento nonviolento che aveva delle cose da dire ai potenti e ci stava riuscendo. E allora via con i finti autonomi a far casino da una parte, e con la polizia a caricare dall'altra. E i manifestanti nel mezzo a rimetterci le penne. E' esattamente quello che abbiamo visto accadere a Genova. Tanti hanno visto le bande dei Black Block far scoppiare gli scontri e poi riparare dietro le linee di polizia a riprendere fiato, protette dai blindati delle forze dell'ordine, ricevere armi e bastoni da misteriosi camion che solo con la complicità delle forze di polizia potevano entrare e circolare in una città blindata, li abbiamo visti spaccare vetrine e subito dopo parlare con funzionari delle forze dell'ordine per ricevere nuove direttive. Ci sono testimonianze di chi li ha visti nei giorni precedenti dentro le questure, confabulare con gli agenti parlando in tedesco e in inglese. Erano loro, erano i loro uomini. Viene da urlare. La polizia ignorava loro e caricava e massacrava noi manifestanti che marciavamo a decine di migliaia con le braccia in alto, come a dire 'non abbiamo neanche un sasso in mano' e scandivamo senza sosta 'nonviolenza-nonviolenza'. Abbiamo vissuto ore in cui vedevamo i Black Block spuntare come funghi, distruggere tutto davanti e dietro di noi, i poliziotti ignorarli o proteggerli e caricare noi, sparando lacrimogeni ad altezza d'uomo. Se i momenti di panico, durante le cariche e i lanci di lacrimogeni, non sono sfociati in fughe generali ed incontrollate dei manifestanti, che calpestandosi gli uni con gli altri avrebbero portato a contare alla fine decine di morti, è stato solo grazie alla maturità e alla preparazione di un movimento che per mesi e mesi si è autoimposto un percorso di formazione a questo appuntamento, imparando le tecniche di reazione nonviolenta che sono state decisive per mantenere quanto più possibile calmo e serrato il corteo nei momenti peggiori. Era impressionante vedere migliaia di persone reagire alle cariche non voltandosi e fuggendo come sarebbe istintivo ma alzando le braccia e rimanendo fermi, faccia a faccia con il fumo dei lacrimogeni e con i manganelli della polizia. Avete presente la celebre foto dello studente di Piazza Tienanmenn immobile davanti a una fila di carroarmati? Quella. Immaginatela e trasportatela a Genova, applicata a trecentomila persone. C'è gente che si è beccata ore di lacrimogeni, pur di non spostare di un metro la propria postazione di puntello come servizio d'ordine, dando così tranquillità e punti di riferimento a chi sfilando doveva passare dove era automatico aver paura, ci sono compagni che hanno rischiato di trovarsi in prima linea sotto la carica pur di non mollare la presa del braccio del vicino a costituire il cordone di sicurezza, indispensabile per tenere insieme il corteo e salvaguardare la sicurezza dei partecipanti, evitandone una dispersione che sarebbe stata pericolosissima se non mortale. In una manifestazione che fosse stata priva di una preparazione così accurata ad affrontare certi momenti, il comportamento delle forze dell'ordine avrebbe causato scene di fuga e panico tali da portare alla morte per calpestio e schiacciamento di non so quanta gente. Chi ha diretto polizia e carabinieri cercava la strage. Per questo è giusto parlare di trecentomila superstiti. Infine, lo avrete letto: i compagni che sono rimasti in città anche sabato notte sono stati assaliti da centinaia di poliziotti che hanno fatto irruzione nella scuola dove dormivano, li hanno massacrati a colpi di manganello e calci in faccia mentre erano nei loro sacchi a pelo, hanno distrutto tutto, avevano l'intento di far sparire tutte i filmati e le fotografie che i manifestanti avevano realizzato durante la giornata per testimoniare la collusione tra le bande nere e le forze dell'ordine. Dopo aver spaccato nasi ed ossa si sono accaniti contro i computer, spaccando tutto e asportando i dischi fissi con le informazioni riguardanti denunce, elenchi di persone ferite o di cui non si hanno più notizie, arresti ritenuti illegittimi. Prove scomode. Una retata in puro stile-Pinochet, selvaggiamente compiuta nel 2001 a Genova, Italia. Un massacro contro gente disarmata che crede nella pace e non sa tirare neanche un sasso. I più fortunati, i pochi che non sono usciti da quella scuola in barella, sono stati ammanettati e arrestati. Io non so bene cosa possiamo fare di fronte a tutto ciò, ma ci dobbiamo provare. Dobbiamo contrastare le menzogne di chi ha voluto tutto questo e ora tenta di ritorcerlo contro un movimento fatto di donne e di uomini che hanno marciato a braccia alzate. Tutti voi avete letto quello che ha detto il ministro dell'Interno, non ve lo sto a ripetere. Riprendendo un articolo del manifesto, vi ricordo invece un analogo discorso fatto da un altro personaggio, oltre trent'anni fa. Sì, cerco ancora lucidità nella storia. Era il pomeriggio del 7 luglio 1960, quando 350 uomini della Celere armati di pistola e mitra caricarono 300 operai delle officine di Reggio Emilia in sciopero, armati di maniche di camicia e nient'altro. E' un massacro, Afro Tondelli muore schiacchiato da una jeep, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Lauro Ferioli e Marino Serri cadono a terra sotto colpi d'arma da fuoco. E' di loro che parla la più struggente canzone del repertorio operaio italiano, 'Morti di Reggio Emilia', che tanti compagni ancora oggi si emozionano a cantare e a tramandare di generazione in generazione. Il presidente del consiglio era Ferdinando Tambroni, al governo grazie all'appoggio del Movimento Sociale Italiano e dichiarato oppositore della Costituzione fondata sulla Resistenza del'Italia antifascista. Così riferì al Parlamento dopo i fatti di Reggio: 'circondati dai dimostranti che tiravano sassi, gli agenti furono costretti a sparare per legittima difesa'. Carlo Giuliani aveva la stessa età dei ragazzi di Reggio Emilia e di Giorgiana Masi. La sua imprudenza di ventenne lo ha consegnato a un elenco di vittime che affonda le sue radici in un passato maledetto. L'uomo che lo ha ucciso era appena maggiorenne. Entrambi tragiche comparse di un gioco al massacro tra poveri, in cui il potere trae buon gioco dal creare scontri e disordini per serrare le fila e reprimere nel sangue qualunque energia alternativa e antagonista, soprattutto quando queste energie iniziano a conquistare una posizione culturale e politica tale da renderle agli occhi dell'opinione pubblica un interlocutore importante, maturo e degno di essere ascoltato: una voce troppo pericolosa per otto mercanti di armi e di droga barricati in una nave blindata a spartirsi il pianeta. E allora contro ai manifestanti si mandano le forze dell'ordine, uomini in divisa che in buona parte altro non sono che ragazzi assoldati negli strati sociali più disagiati pescando nella disperazione della disoccupazione, addestrati alla guerra selvaggia con uno scientifico lavaggio del cervello, armati senza magari aver mai visto una pistola fino a una settimana prima, drogati chissà con che cazzo di sostanze e mandati allo sbaraglio contro l'inferno scatenato ad hoc da uomini misteriosi vestiti di nero, quei Black Block assoldati, armati, organizzati e diretti come un corpo speciale, come le teste di cuoio. Non sono fantasie, li abbiamo visti. Loro a spaccare tutto da una parte, la polizia dall'altra, i manifestanti in mezzo. C'è un pezzo di Stato che ha voluto ed organizzato tutto questo. E' tutto troppo evidente e pazzesco. Ne siamo stati testimoni, dicevo all'inizio. E allora testimoniamo. Noi che eravamo a Genova non ci stanchiamo di incontrarci, di raccontarci a vicenda quello che abbiamo visto, di mettere insieme i pezzi, di ricostruire i fatti e di parlare. Raccogliamo la documentazione che la polizia non ha distrutto, rendiamola visibile a tutti, affinché tutti abbiano gli elementi per capire la gravità e le proporzioni di quello che è accaduto in questi giorni. Chi invece a Genova non c'era ci stia vicino, vi prego, ve lo chiedo con voce straziata, abbiamo tremendamente bisogno di voi. Aiutateci a raccogliere le idee e a tentare di trovare calma e lucidità in una situazione che ci ha sconvolto e che rischia di farci impazzire dalla rabbia. E insieme a noi leggete, informatevi, documentatevi, state a sentire le voci e fatele rimbalzare ovunque. Collegatevi alla pagina http://www.peacelink.it/altrinformazione in cui si stanno raccogliendo e si continueranno a raccogliere tutte le testimonianze. Alcune sono accompagnate dalle foto di un gruppo di carabinieri che si travestono da Black Block fuori da una caserma. Ormai ne circolano parecchie di foto come questa, per lo più scattate da manifestanti o fotografi amatoriali, alcune immagini sono già nelle mani di grandi agenzie. Cliccate anche su http://www.mir.it e sul sito del manifesto www.ilmanifesto.it, leggetevi gli articoli usciti su questo quotidiano negli ultimi giorni. In particolare l'edizione straordinaria del 23 luglio merita una lettura approfondita. Rispetto ad altri movimenti del passato abbiamo in più questo mezzo straordinario di comunicazione e di divulgazione del materiale, e allora non vi stancate di girare per la rete, di seguire i racconti andando avanti di link in link, di conoscere e di capire quello che è accaduto. Se non avete tempo di leggere a video, stampate tutto, e utilizzate i momenti morti della settimana - le attese nel traffico dei giorni feriali o le ore in spiaggia del sabato e della domenica - per riprendere in mano quei fogli. Per favore fatelo. E' un dovere civile e morale prima ancora che politico. Il Genoa Social Forum continuerà il suo lavoro, verranno indetti nuovi appuntamenti, preparandosi ad una grande manifestazione nazionale a Roma il 10 novembre, in concomitanza della riunione del WTO che si svolgerà in Quatar. Le iniziative, sia di formazione e di studio su queste tematiche che di presenza in piazza, si moltiplicheranno. Di fronte a tutto questo, e soprattutto di fronte a quanto avvenuto a Genova, è il momento di prendere posizione. Per questo è importante leggere e conoscere: per poter scegliere da che parte stare. Chi sta dalla parte di questo movimento, se ancora non l'ha fatto lo dica. Oppure dica che non ci sta. Ma decida. Decida! Perché è il momento di schierarsi. O da una parte o dall'altra. La strategia della sinistra di governo o aspirante tale (chiamatela strategia dalemiana o veltroniana o rutelliana, alla resa dei conti per me pari son...) di 'un colpo al cerchio e uno alla botte' pur di aspirare a prendere i voti di tutti è una strategia indegna, fa vomitare, e se qualcuno non se ne fosse accorto è pure perdente. La preparazione di una manifestazione di rilievo mondiale su tematiche di scala planetaria per mesi viene ignorata, non ci si schiera in nessun modo, quando si tratta di prendere uno straccio di posizione non si sa bene che rispondere, per un po' l'adesione viene esclusa, poi viene data in extremis ma con mille distinguo e polemiche interne, poi viene revocata quando muore un ragazzo (cioè proprio nel momento in cui era ancora più opportuno esserci e schierarsi!) Questo è quello che hanno fatto gli immondi vertici dei diesse. Se la base di questo partito, o una parte della base, non si riconosce in questo comportamento è ora che lo urli forte. Alcuni compagni diessini lo hanno fatto: alla festa dell'Unità di Firenze il segretario regionale toscano è stato contestato mentre tentava di difendere la vergognosa posizione assunta dal partito sulla questione G8, ed è stato costretto ad interrompere il suo immondo intervento dalla reazione di una platea composta da oltre mille persone tra militanti ed iscritti diessini, esponenti di associazioni, giovani, anziani. Tra le persone che sono intervenute al dibattito anche un anziano iscritto che si è detto 'vergognato dalla posizione di questo nostro partito'. Bene compagni, cosa si aspetta a far avvenire ciò in tutte le feste dell'unità, in tutte le sezioni, in tutte le federazioni? Le dichiarazioni di D'Alema e Fassino non sono migliori di quelle del segretario toscano. Sono rivoltanti. La base del partito ha l'ultima occasione, ma davvero l'ultima, di riprendersi la propria storia (quella per cui ancora si cantano i 'morti di Reggio Emilia'), la propria dignità, la propria identità di sinistra, mettendo quest'ultima davanti alla propria fedeltà ai vertici e facendo scomparire dalla scena politica chi ha guidato il partito negli ultimi anni, dai dirigenti nazionali a quelli di federazione cittadina e di unità circoscrizionali. Fuori tutti coloro che sono stati responsabili o conniventi rispetto a certe scelte sciagurate oltreché suicide (numeri elettorali alla mano). E' ora di ricominciare. Ma in fretta, che non c'è tempo. Perché è ora di fare l'appello, chi ci sta bene, e chi non ci sta è dall'altra parte. Dall'altra parte! Questo deve essere chiaro. Non è più tempo di mezze scelte, di compromessi, di sfumature che vogliono salvare capra e cavoli. C'è da scegliere. Bianco o nero? Testa o croce? Destra o sinistra? Ripeto e sottolineo: destra o sinistra? I cittadini di Genova questa scelta l'hanno fatta. Per dieci chilometri di percorso abbiamo visto cestini calar giù dalle finestre, raccogliere bottiglie di plastica ormai vuote e ricalarle giù dopo un minuto, riempite d'acqua. Neanche ai box della Ferrari sono così efficienti. Chi ha vissuto momenti di panico particolarmente brutti e si è ritrovato nei vicoli senza via d'uscita, accerchiato da bande nere e forze di polizia, si è visto aprire le porte di casa da gente che li ha così tratti in salvo. Sul viale che finalmente conduceva all'arrivo, un signore dal primo piano ha offerto una quanto mai desiderata doccia ai manifestanti accaldati da tante ore sotto il sole e stremati da tanta tensione e paura, spruzzando acqua con la pompa del balcone. Subito dopo si è aperta un'altra finestra al piano di sopra, poi un'altra, poi un'altra ancora, e nel giro di pochi istanti l'intera facciata del palazzo si è animata di persone che spuntavano d'incanto chi con una tinozza, chi con un secchio o una bottiglia, tutti a buttar giù acqua, e non era solo un modo per dare refrigerio a chi lì sotto si inzuppava contento, no, era un atto politico, un simbolo, era come sventolare una bandiera o soffiare in tanti fischietti, era come dire 'ci vedete? ci siamo anche noi'. Il popolo dei rubinetti, o se preferite il popolo delle mutande, quelle sventolate da arzille nonne ottantenni che si affacciavano a salutare chi sfilava, in risposta all'ordinanza che ha vietato l'esposizione del bucato alle finestre per non disturbare la vista degli otto grandi. Ecco, il popolo della sinistra è chiamato - ultima chiamata - a fare qualcosa di altrettanto facile ed insieme dirompente. Ad uscire una buona volta dai congressi di sezione, dalle riunioni di direttivo, dagli attivi di federazione, dalle assemblee con se stessi e con i propri modestissimi dirigenti. A lasciare quelle benedette sedie per aprire le finestre e tornare a guardare la gente, le masse, i compagni, le realtà territoriali, i movimenti, le persone, e ad aprire quei rubinetti diventati un simbolo nelle case di Genova. Di fronte alla gravità di quanto accaduto nei giorni scorsi, io credo che si abbia il diritto di sapere chi sta da una parte e chi dall'altra. E lo vogliamo sapere subito. Ancora una cosa. Carlo, lo apprendo dai giornali, esattamente un mese fa era con noi al Circo Massimo, in una giornata di festa per un evento sportivo, un concerto animato da un milione di persone e da altrettante bandiere, quelle di una squadra di calcio. Questo futile particolare, la cui citazione può sembrare fuori luogo, è però elemento per capire che la vita di ogni singola persona è fatta di tante cose, grandi e piccole, di elevati ideali e di passioni frivole, di razionalità e di istinto, di lucidità e di follia, di pensieri adulti e di pulsioni infantili, di atteggiamenti responsabili e di comportamenti sprovveduti, i cui confini sono talvolta così labili che un solo attimo, uno solo, può bastare a rendere tutto bello o tutto tragico. Non so cosa sia passato per la testa di quel ragazzo, in quell'attimo, per esporsi così imprudentemente alla reazione folle di un coetaneo con la divisa e la pistola. So però che la vita di Carlo era uguale alla nostra vita, non era diversa, e che quella pallottola ha dilaniato pure me, noi, voi. Nessuno ha il diritto di ritenersi estraneo a quel corpo sull'asfalto. Nessuno. F T