Sotto il governo Prodi
Che accade nella finanza, nelle istituzioni e nei partiti di regime?

Le reazioni dei leader dei DS alla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche con Consorte e i "furbetti del quartierino" non sono servite ad arginare lo scandalo e il discredito politici che si sono abbattuti sul vertice della Quercia. Né quelle goffe e piagnucolose di Fassino ("mi informavo soltanto, non c'è una questione morale...") né tantomeno quelle arroganti e furibonde di D'Alema ("è un linciaggio mediatico, non c'è nulla di penalmente rilevante..."). Soprattutto queste ultime non hanno fatto altro che confermare la rilevanza quantomeno politica del coinvolgimento dei rinnegati del comunismo nella torbida vicenda delle scalate bancarie, senza peraltro fugare i sospetti su quella penale.


Ci riferiamo in particolare agli attacchi velenosi di D'Alema alla magistratura inquirente, tra cui quello sferrato servendosi del Tg5 di Berlusconi diretto dal neofascista Rossella, nonché al suo intervento a Ballarò, che ha usato come una sua tribuna personale per autoassolversi in quanto - ha sentenziato - "non ho ricevuto avvisi di garanzia e non sono indagato", mentre il famoso "facci sognare" detto come viatico politico all'operazione di Consorte era nient'altro che "una battuta". "Non nego di aver parlato con Consorte, ma non sono in imbarazzo perché non c'era rilievo penale", e d'altra parte "Consorte non è Al Capone", è stata infatti la stupefacente autodifesa del capofila dei rinnegati. Che ha pure teorizzato il diritto di "chi fa politica" a "occuparsi di pensioni ma anche di fusioni bancarie".


Tanta supponente arroganza, tanto disprezzo per magistrati, giornalisti e chiunque osi anche soltanto storcere il naso davanti alla malleodorante vicenda delle scalate bancarie e dei rapporti quantomeno equivoci del vertice della Quercia con Consorte, Ricucci, Bonsignore e compagnia cantante, mentre sono stati paradossalmente applauditi ed appoggiati da Berlusconi, Casini, Bondi e da altri esponenti della Casa del fascio, hanno provocato reazioni scandalizzate e prese di distanza dentro lo stesso campo della "sinistra" borghese. In un editoriale non firmato su Micromega, e quindi condiviso dall'intera redazione, si arriva a chiedere senza mezzi termini le dimissioni del vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, mettendo in dubbio che certe frasi intercettate come quella in cui fa capire a Consorte che Bonsignore (europarlamentare UDC, inquisito, ndr) vuole "qualcosa in cambio" da loro, siano penalmente, oltreché moralmente e politicamente, "irrilevanti": "Se D'Alema questo pensa - scrive la rivista vicina al movimento dei "girotondi" - vuol dire solo che ormai tra la sua sensibilità morale e quella di un elettore democratico, anche il più avvezzo a condividere con Machiavelli che la politica non si fa con i paternoster, passa ormai un incolmabile abisso".


Sul quotidiano primo fiancheggiatore del "centro-sinistra", La Repubblica, Giuseppe D'Avanzo ha scritto due editoriali dello stesso tenore di Micromega. Il primo, "La sindrome del trasformismo" del 18 giugno, più centrato sulla critica alla gestione "bipartisan" delle scalate alle banche e alle proprietà dei giornali tra la destra e la "sinistra" di regime; il secondo,
"Le spallucce della politica" del 20 giugno, dedicato interamente a D'Alema e alla "sinistra", in cui fra l'altro, a proposito delle reazioni sprezzanti del ministro degli Esteri, si legge: "Il cammino dell'inchiesta giudiziaria farà la sua strada, ma l'affare si conferma serio e degno di attenzione. Fare spallucce dinanzi a legami imbarazzanti e nessi obliqui - seppure privi di rilievo penale - sembra un'operazione debole e destinata a non fare molta strada".


Naturalmente certe critiche vanno anche inquadrate nell'operazione politica che sta pompando la candidatura di Veltroni - di cui il giornale di De Benedetti e Scalfari è uno dei principali sponsor - alla leadership del Partito democratico, quale "uomo della provvidenza" chiamato a salvare le sorti della "sinistra" borghese ridotta in crisi da un gruppo dirigente politico cinico e incapace. Ma resta comunque il fatto che D'Alema e gli altri leader rinnegati coinvolti nella vicenda non se la possono cavare semplicemente sostenendo che nel loro comportamento non c'era "nulla di penalmente rilevante".


Anche ammettendo che non ci saranno ulteriori sviluppi giudiziari che li riguardino, ce n'è più che abbastanza per vedere che essi erano parte attiva e consapevole di un piano politico-affaristico "bipartisan" con Berlusconi e con le loro rispettive cordate di riferimento (che a loro volta avevano interessi, affari e uomini in comune), avente per oggetto la spartizione del potere finanziario e mediatico: la Bnl e il gruppo editoriale Riffeser (La Nazione, Il resto del Carlino, Il Giorno) alla cordata Consorte-Unipol-DS, l'Antonveneta e il Corriere della Sera alla cordata Fiorani-Gnutti-Ricucci-Berlusconi, con al centro l'ex governatore di BankItalia Fazio e diverse altre propaggini e intrecci tra le due consorterie.

Ed è questa complicità tra i due poli del regime neofascista, fra l'altro, il motivo per cui tutto era e sarebbe rimasto accuratamente coperto e nell'ombra, se non fosse intervenuta la magistratura a metterci il naso.


Altrettanto certo è il fatto che l'avvento del governo Prodi al posto di quello Berlusconi non ha affatto portato quella ventata di "pulizia", di "aria nuova" e di "trasparenza" tanto sbandierati nelle promesse elettorali. Gli scandali, i casi di corruzione, la commistione tra politica e malavita, la guerra per bande tra le cordate politico-affaristiche, dilagano allegramente come e più di prima, e spesso con il solito sistema "bipartisan" ormai consolidato tra i due poli: si vedano, solo per fare qualche esempio, l'affare Pollari-Abu Omar, quello Visco-Speciale, il caso De Gennaro (anche lui come Pollari "rimosso con promozione"), il progetto di legge per mettere la mordacchia ai giudici e ai giornalisti sulle intercettazioni, l'abbuiamento dello scandalo calciopoli, lo smaltimento dei rifiuti in Campania, il recentissimo scandalo della cupola "bipartisan" calabrese che si spartiva i fondi della Ue, e chi più ne ha più ne metta.
In pratica non c'è ganglio tra quelli più importanti del sistema economico, politico e istituzionale che non sia avviluppata da questa ragnatela politico-affaristica.

E la "sinistra" di regime non solo non ha fatto pulizia di tutto questo marciume, ma viene scoperta esserne produttrice essa stessa al pari della destra. Così si spiega anche come mai non ha mai voluto fare veramente, e non farà mai, la famosa legge sul conflitto di interessi per tagliare le unghie al neoduce Berlusconi: perché evidentemente anch'essa ha molti scheletri nel suo armadio, e preferisce inciuciare per accordarsi con lui, piuttosto che scontrasi rischiando che i sui panni sporchi vengano messi troppo in piazza.

(Articolo de "Il Bolscevico", organo del PMLI, n. 27/2007)