CHI E' DE GENNARO ?

 

Gianni De Gennaro, divenuto capo della DIA con la benedizione di Luciano Violante e quindi nominato Capo della Polizia per volontà dei Ds e con l’entusiastica approvazione del Polo, è passato indenne attraverso la dèbacle di Genova, scaricando cinicamente le sue responsabilità  sui suoi collaboratori, sino a venire insignito a Washington della Fbi Medal for meritorius Achivement un riconoscimento per meriti eccezionali mai assegnato a uno straniero.

 

Nel numero aprile-maggio del 2000 publicammo su “Giustizia Giusta” un articolo titolato “La lunga marcia di De Gennaro”. Ricordavamo allora come e perché il “superpoliziotto” (referente di Totuccio Contorno, il pentito di mafia dedicatosi al killeraggio di Stato in quell’estate palermitana del 1989 meglio nota come “estate dei veleni”) fosse divenuto capo della nascente  DIA. Con la benedizione di Luciano Violante - presidente dell’antimafia - e di Pino Arlacchi, consulente al soldo della Divisione investigativa. Scrivevamo ancora che De Gennaro saliva e Contrada (suo antagonista all’interno della Polizia) scendeva, sino al punto di essere arrestato nella vigilia del Natale del 1992. Su parola di pentito, uno dei tanti costruiti nel premiato laboratorio della Procura palermitana. Eppure, quando nella primavera del 2000 De Gennaro venne nominato Capo della Polizia, i “polisti” ne approvarono entusiasticamente  la scelta. L’unico ad opporsi fu Filippo Mancuso che la definì un’operazione “devastante”.

 

Il ricordo che proponiamo al lettore ha un significato preciso  non certo legato ad un autocompiacimento dietrologico. La ricostruzione di quegli avvenimenti storici serve a far comprendere il perché De Gennaro sia ancora lì e non paghi, pur essendo il responsabile di quanto è avvenuto a Genova il 20 ed il 21 luglio. E prima ancora. C’è però da aggiungere un tassello a quella ricostruzione: un tassello che spiega il comportamento di copertura che il Polo - ed in particolare Alleanza Nazionale - diede prima alla nomina di De Gennaro ed oggi alla conservazione del suo posto di comando. C’è stato un tempo (e ne scrivemmo) in cui uno dei massimi dirigenti siciliani di AN venne inquisito per concorso esterno in associazione mafiosa. Fini andò a Palermo a consumare un caffè in Procura ospite, insieme a De Gennaro, di Caselli. Dopo anni il procedimento a carico di quel dirigente maximo fu archiviato. Non fu così per Filiberto Scalone, un ex gettato in pasto ai teorematici casellanti.

 

De Gennaro detentore di segreti. De Gennaro chiamato dai Ds a dirigere la Polizia per far scomparire dal Viminale documenti compromettenti e tracce di operazioni non cristalline riguardanti, tra l’altro, i malaffari del Sisde e le pecche di Scalfaro. De Gennaro usato dalla neo opposizione ulivista per dirigere l’ordine pubblico a Genova in direzione del disordine. De Gennaro organico ai Ds ed utile alla sinistra per esercitare all’interno del nuovo schieramento governativo una precisa funzione di provocazione mirata a scardinare il “nuovo” ed a ricondurre al “consociativismo”.

 

Questo ed altro ancora viene sussurrato da diversi funzionari ben informati, tutti di estrazione comunista. Vetero e post. Tutti distintisi nella stagione dell’antimafia del VAC (cfr. Violante-Arlacchi-Caselli). Ad iniziare - tanto per fare nomi - da Ansuino Andreassi, vecchio amico di Pecchioli (ministro “ombra” dell’Interno del Pci) e promosso a vice-capo della Polizia da Napolitano su intercessione di Violante; per continuare con il “palermitano” leader dell’Ucigos Arnaldo La Barbera (recentemente deceduto, ndr) e con Alfonso Sabella (il pupillo di Caselli noto per aver voluto l’arresto di Musotto), gestore a Genova dei GOM (Gruppi Operativi Mobili) istituiti da Diliberto e “curati” dal sinistro di sempre Paolo Mancuso. Tutti “accannati”.

 

E poi? Quando sullo sfondo della vicenda  Abu Omar e dintorni s’innestano le lotte interne alle forze di governo per “ipotecare” i Servizi  (e non certo per “risolvere il problema di quali siano i limiti perché le operazioni di intelligence risultino più o meno lecite” come sostiene l’ineffabile Ministro dell’Interno Giuliano Amato i  cui trascorsi trasformisti sono bene conosciuti), ricompare sulla scena Gianni De Gennaro che, in contrapposizione con il direttore del SISMI Nicolò Pollari, sostiene la necessità di superare la “struttura binaria” dei Servizi che dovrebbero essere coordinati - insieme a tutte le altre forze di sicurezza – da “un uomo operativo”. Cioè lui, noto anche come Dick Tracy. La partita tutta politica che si gioca tra cosche contrapposte ha al momento bloccato la creazione di un Superservizio, modello americano, in  cui De Gennaro sarebbe dovuto essere lo “zar”. Discorso chiuso, dunque? Ma no, il Governo si accinge  a sostituire il Capo della Polizia (un avvicendamento dovuto dopo 7 anni) con il suo fido Antonio Manganelli e a destinarlo alla direzione dell’Europol, in una sorta di “intelligence integrata” cui sta lavorando il commissario Ue Franco Frattini. Insomma in attesa di  tornare in Italia per dirigere gli 007, Dick Tracy potrebbe  nel frattempo emigrare all’Aja.

 

Eppure in tutti questi anni noi abbiamo ascoltato intorno al personaggio De Gennaro soltanto sussurri e gemiti. Perché, poi,  catturati dalla spirale “devastante” del ricatto (io so che tu sai che io so) nessuno parla. Né a destra né a manca. Ha taciuto sino ad oggi - e ce ne dispiace – persino Bruno Contrada, nonostante il carcere e le persecuzioni subite. Unica eccezione Kossiga, esternatore di rango e che qualcosa è lecito ritenere che conosca.

Noi attendiamo che sia dato a Caino un nome ed un cognome corredati di soprannome.

 

P. Signorelli