Corruzione , antipolitica e necessità di un umanesimo rivoluzionario

Notoriamente i "diversi " , i disobbedienti e i rivoltosi sono sistematicamente stigmatizzati , sicché giova partire da un assunto , ossia che in una società di cannibali chi non mangia carne umana è un diverso . Ritengo che questa premessa sia indispensabile per elaborare un pensiero radicale e sovversivo che sia in grado di smascherare le intricate ipersimulazioni del presente .

Dopodiché occorre precisare che in questa caotica e destabilizzante fase storica si registra il trionfo della società dello spettacolo . Da qui la politica-spettacolo , la giustizia-spettacolo, la cultura-spettacolo , le merci-spettacolo .

Sembra chiaro che in un contesto siffatto categorie concettuali come garantismo , libertà di stampa , diritto alla privacy , legalità ,giustizia e via dicendo , assumono di fatto una valenza riduttiva .

Va da sé che ciò è da imputare alla corruzione sistemica ,all’odierno biopotere capitalistico, alla diffusa barbarie linguistica , all’ambiguità del gioco politico ,alla spoliticizzazione dei vecchi militanti della sinistra . Il che rimanda alla tragicommedia italica , all’endemica debolezza etica del nostro paese , alle scatole cinesi dei poteri occulti , alla riprovevole commistione tra furbetti del quartierino e furbastri sinistroidi . E’ appena necessario osservare che in questo quadro sconcertante le micro e le macro menzogne istituite si confondono e si fecondano fuor di misura . A questo proposito risulta significativa la levata di scudi bipartisan contro l’uso "illegittimo" delle intercettazioni effettuate per il caso Unipol . In particolare D’alema denuncia lo"spettacolo indecente della diffusione delle intercettazioni" , sottovalutando così elementi non trascurabili , ovvero che indecenti sono state invece tutte le manovre per scalare le banche col "compagno " Ricucci . In verità , l’arroganza del ministro degli esteri è davvero intollerabile , ma al tempo stesso è illuminante per comprendere appieno il degrado e la corruzione della politica ufficiale. Non stupisce dunque che l’epicentro delle indagini sulle eurotangenti sia proprio l’Italia .

Ciò detto , sempre per non sprofondare nelle imposture dell’apparenza , vorrei fermare l’attenzione su vallettopoli , anche perché il teatrino mediatico-politico ha prodotto un delirante smarrimento di senso . Basti pensare alle forme dilaganti di moralismo bacchettone , alle logorree straripanti di opinionisti e cronisti ,al voyeurismo esasperato , al maschilismo strisciante , alla difesa di una privacy che funziona a corrente alternata .

Intanto , conviene sottolineare che le penalizzazioni non possono colpire solo il mondo dello spettacolo , le Aida Yespica , le aspiranti soubrette , perché così facendo si rimuove una dura ed indigesta verità , ossia che nel nostro paese la corruzione è strutturale , tant’è che tutti gli apparati politici e tutti i settori lavorativi sono pervasi dalla logica della mercificazione e da un malcostume consolidato .

Insomma , il moralismo e gli eufemismi politically correct non possono cancellare una realtà miasmatica in cui le scorciatoie e i compromessi rappresentano il trampolino di lancio non solo di vallette e soubrette ma anche di molte donne in carriera , di giornaliste , di donne pubbliche .

Inoltre , sempre per evitare fenomeni di pernicioso daltonismo , ritengo che sia opportuno riflettere sulle esternazioni e sulle invettive delle presunte anime belle che , artatamente , definiscono "antipolitici " coloro che avversano il consolidamento del "governo amico ".

Proprio a partire da queste fuorvianti chiavi di lettura bisogna rimarcare che la filosofia politica non può essere ridotta alla logica del "meno peggio ", perché ciò alimenta la sottomissione allo status quo , che poi diventa sinonimo di schiavitù volontaria .

In effetti , questa sinistra saccente e sentenziosa intende , in nome di un’opinabile ortodossia ideologica , salvaguardare l’appartenenza ai partiti del vecchio Pci .

A questo punto penso che sia doveroso un accenno a ciò che è successo alla facoltà di lettere a Roma . Mi riferisco alla deplorevole reazione di Bertinotti di fronte ai legittimi fischi . Il presidente della camera , infatti , dopo aver ricevuto gli applausi di CL , ha parlato di "violenza acefala extraparlamentare " e di "rifiuto della politica " . Che dire ? Come commentare le robinsonate di questo grottesco personaggio ? Come valutare la scalata al potere di questo politicante radical-chic malato di protagonismo ? Come smascherare i giochi illusionistici di questo venditore di specchi deformanti ? Chiedo venia alle vestali della "sinistra " , ma per respingere la mera giustificazione della situazione esistente , si dovrebbe riconoscere che il tatticismo bertinottiano e l’ambigua commistione tra massimalismo e opportunismo di R C sono i segni tangibili di una tenace logica compromissoria .

Stendendo un velo pietoso sul suddetto personaggio vorrei passare oltre e porre alcuni interrogativi : per gli ex stalinisti la politica è solo quella istituzionale ? Le istanze liberatorie dei movimenti sono solo forme di ribellismo antipolitico ? Purtroppo , ahimè , bisogna constatare ancora una volta che la sistematica stigmatizzazione del dissenso si ripresenta , sicché , se è vero che dalla fine del Pci tutto è mutato , è parimenti vero che la doppiezza togliattiana continua a campeggiare .

Da qui un’amara conclusione : si elimina il bambino ma si conserva l’acqua sporca .

Pertanto , se non vogliamo precipitare nel mare magnum delle imposture , dobbiamo , come vuole Giorgio Cremaschi , "autonomizzare i movimenti " . E ciò sia per negare le guerre globali, sia per smantellare l’aberrante vulgata neoliberista , sia per ribadire alcuni principi , ovvero "No base Usa a Vicenza " , No-Tav " , "No Mose". Per inciso , il corteo antigovernativo contro Bush del 9 giugno apre il cuore alla speranza .

In conseguenza di quanto fin qui detto si evince che i movimenti dovrebbero rifiutare con forza le proposte indecenti avanzate dalla nuova "Sinistra democratica "perché di fatto questo gattopardesco condominio non merita neanche una scommessa .

E neppure questo basta : le vocazioni centriste del nuovo "Partito democratico" prospettano solo "il peggio a venire ".

Ma per torcere il collo all’ottimismo acritico occorrerebbe anche rigettare l’opinabile distinguo tra sinistra moderata e sinistra radicale , tra sinistra riformista e sinistra critica . Difatti , per sottrarsi al gioco delle parti e alla vecchia logica di partito , dobbiamo rilevare un inquietante collasso della progettualità politica .

D’altra parte , la dura e cruda realtà fattuale mostra che , al di là di una retorica barricadiera, non si può blaterare sulle pratiche politiche di pace quando tutta la "sinistra ", sia pure in guise diverse, si allinea ai dettami degli interventisti e dei guerrafondai .

Di più : il governo Prodi si è assunto "l’impegno a promuovere tutte le iniziative finalizzate a garantire la sicurezza sul territorio afgano " .

Sia chiaro , garantire le protezioni necessarie è legittimo , ciò che invece si dovrebbe negare perentoriamente è la logica devastante delle guerre globali .

Ma i fatti e i misfatti non si fermano qui , tant’è che sono state autorizzate le vendite di armamenti all’estero . Infine questo governo , accreditando il continuismo fascistoide e rimuovendo al tempo stesso l’aberrante mattanza di Genova , ha deciso di premiare due "servitori dello Stato " , ossia De Gennaro e Manganelli .

Insomma , per non confondere il virtuale con l’effettuale , dobbiamo respingere tutte le giustificazioni compromissorie , tutti i processi di normalizzazione e tutti i perversi meccanismi del politicamente corretto .

Il che esige , ovviamente , un inedito approccio politico che sia in grado di costruire nuove forme di comunità .

Vero è che le significative mutazioni del presente lasciano intravedere spazi altri . Per rendere costruttive le istanze liberatorie , per restituire il senso autentico della vita, per rifondare i principi stessi della politica e dell’antropogenesi bisogna porre, però , interrogativi radicali , decisivi , fondanti : da dove veniamo ? Chi siamo? Dove andiamo ? Queste tre semplici domande erano il titolo di un quadro di Paul Gauguin che, alla fine dell’Ottocento lasciò l’Europa per approdare alle isole Tahiti . L’artista con questo viaggio intendeva cercare il problema-chiave della vita .

Nella consapevolezza che oggi un esodo di massa sarebbe improponibile , ritengo che i quesiti suddetti potrebbero risultare fecondi per alimentare un immaginario globale altro e per promuovere una inedita rivoluzione culturale . Quest’ultima , ovviamente , richiede una significativa rottura paradigmatica che non può prescindere da un altro interrogativo basilare , cioè chi è l’uomo ? In realtà , una definizione dell’uomo si rivela piuttosto problematica , vuoi perché l’uomo non può essere percepito come una monade leibniziana , vuoi perché l’universalismo astratto trascende la complessità dell’iter storico , vuoi perché qualsiasi argomento essenzialista appare riduttivo .

Non senza ragione J . P . Sartre propose di definire l’uomo come "realtà umana ", intendendo con ciò che il soggetto umano non può essere compreso separatamente dal suo mondo . Il concetto di uomo , dunque , deve necessariamente includere le dinamiche dei rapporti sociali ,la relazione tra vita e filosofia , il rapporto tra potere e apparati di sapere , la coesistenza di potere e resistenza .

Ne consegue che la "realtà umana " è attraversata dall’uso pubblico della storia , da anfratti , da contraddizioni , da linee di fuga : insomma , da una concezione del tempo assai complessa e variegata . Il che esclude ogni designazione parziale , ogni visione approssimativa , ogni forma di " antropologismo" e ogni interpretazione lineare della storia .

Proprio partendo da questi presupposti vorrei fare un sommario excursus storico per mostrare che il concetto di uomo è stato anche dominato dal dualismo corpo-anima e da un’antropologia , intesa come disciplina teologica principalmente interessata al rapporto tra uomo e Dio . Tutto ciò fino al diciannovesimo secolo quando Ludwig Feuerbach , conservando la secolare concessione del Rinascimento e dell’Illuminismo , capovolse il punto di vista teologico perché dichiarò che l’uomo è Dio , diventando così uno degli scopritori dell’uomo moderno . Inoltre , l’antropologia di Feuerbach fu l’apice dell’umanesimo pre-marxista .

Vero è che l’autore sopra citato , malgrado gli sforzi , rimase prigioniero di un astratto culto dell’uomo , incapace di chiarirlo in tutti i suoi aspetti sociali , storici , culturali , linguistici , esistenziali .

Il nuovo tipo di umanesimo fu , invece , formulato in modo esplicito a Parigi , nella primavera del 1844 , da un immigrato tedesco di ventisei anni , Karl Marx . Il suo manoscritto incompiuto ebbe uno dei più singolari destini che un libro possa avere . L’essenza di questo lavoro può essere espressa come segue :"Il comunismo senza umanesimo non è comunismo , e l’umanesimo senza comunismo non può essere umanesimo ".

Va da sé che il concetto marxiano di umanesimo portò al cambiamento basilare della storia dell’umanesimo , perché superò in modo dirompente la speculazione metafisica della filosofia tedesca dell’epoca . Esso trascese le filosofie più vecchie e costituì per l’antropologia scientifica una base sociale non illusoria .

Dopodiché occorre precisare che " vivere con Marx andando oltre Marx " significa riempire gli spazi vuoti e al tempo stesso rifiutare l’impianto paradigmatico di un determinismo materialistico grossolano , che peraltro nega la personalità dell’uomo , le differenze ,le pulsioni delle macchine desideranti : in breve , la complessità dei rapporti intersoggettivi .

Eppure , alla vigilia delle rivoluzioni del 1848 , Marx dichiarava : " La libertà degli individui è la base della libertà di tutti " .

Considerando poi che si blatera quotidianamente sui diritti umani , conviene fare riferimento alla " Questione ebraica " . Il " Grande Barbuto " lucidamente scrisse : " I cosiddetti diritti dell’uomo, come distinti dai diritti del cittadino ,non sono altro che i diritti del membro della società civile , cioè dell’uomo egoista , dell’uomo separato dall’uomo e dalla comunità ".

E’ pertanto evidente che la pluralità di linguaggi marxiani può ancora fornire suggerimenti fecondi ,sempre a condizione che non si cada nelle tentazioni della dietrologia . Insomma , il pensiero marxiano non consente una reductio ad unum . A ragion veduta E . Balibar afferma : " Marx è il filosofo dell’eterno ricominciamento , che lascia dietro di sé numerosi cantieri " .

A questo punto , nella convinzione che sovente " il passato reca seco un indice segreto che lo rimanda alla redenzione " , vorrei trattare le problematiche relative alla radicalità e alla non –violenza segnalando alcuni testi inediti di Herbert Marcuse .

A proposito di radicalità il filosofo sopra citato scrive : " Radicale : ciò che va alla radice delle cose , senza arrestarsi alla superficie di esse ; in politica , indica coloro che desiderano e si fanno portatori di mutamenti estremi delle istituzioni costituite – ciò non implica , né esclude , il ricorso alla violenza "( Marxismo e Nuova Sinistra " a cura di Raffaele Laudani –postfazione di Sandro Mezzadra ) .

Ne deriva che occorre incentrare l’attenzione sul "conflitto tra parole e azioni ; tra le promesse e la loro realizzazione ". Il che rinvia ad un altro problema , ossia quello dell’impegno individuale .

"Impegno individuale- afferma Marcuse – significa impegno in nome della libertà dell’individuo , quale indispensabile premessa di una società libera ; significa , in quanto principio morale , impegno esistenziale : a esistere con gli altri , ciascuno come persona libera , libera non solo nella cabina elettorale , non solo libera di compiere scelte ininfluenti , o esprimere opinioni prive di conseguenze , ma di determinare in sé la propria esistenza , di perseguire a modo proprio la realizzazione di una vita felice e responsabile senza che si sia costretti a inscenare la felicità e la libertà nel mezzo della miseria , della crudeltà e della repressione" .

Le lucide e suggestive osservazioni del filosofo mettono in luce che "scegliere il male minore significa perpetuare il male stesso" . Sicché , se tutto questo è esatto , bisogna trarne in modo concreto e preciso le conseguenze politiche , e in primo luogo che i professionisti della politica sono solo i cani da guardia della barbarie globalizzata . E qui emerge la questione in tutto il suo peso , cioè che occorre liberarsi dai meccanismi perversi del biopotere , attivando una trasformazione qualitativa della società in vista di un umanesimo rivoluzionario capace di inglobare anche l’estetica dell’esistenza .

Vero è che ciò presenta non poche difficoltà , vuoi perché le guerre globali e multilaterali continuano ad imperversare , vuoi perché le imposture istituite si moltiplicano a dismisura , vuoi perché la disarticolazione dei linguaggi postfordisti depotenzia la volontà rivoluzionaria, vuoi perché i giochi trasversali della politica ufficiale mistificano la dura realtà fattuale .

Quest’ultimo aspetto rimanda al caso Emergency, alla barbara esecuzione di Adjmal Nashkbandi , alle "misteriose " trattative per liberare Daniele Mastrogiacomo .

Il chiacchiericcio mediatico-politico continua ad insistere sulle modalità d’intervento per liberare gli ostaggi , rimuovendo così il problema prioritario , e cioè che bisogna fermare la prassi di guerra .

Intanto , la liberazione di Hanefi e il ritorno di Emergency in Afghanistan spingono ad alimentare la luce della speranza in un teatro di guerra davvero sconcertante .

Per demistificare le manipolazioni della governance globale, occorre rimarcare che guerra e terrorismo sono due facce della stessa medaglia .

Da qui la necessità di smascherare l’impianto paradigmatico della "canagliacrazia ", che incrementa e diffonde strumentalmente un fuorviante e becero manicheismo .

In effetti , la verità effettuale mostra che non solo Bush e Bin Laden sono canaglie , ma anche tutti i talebani occidentali sia perché incrementano la prassi di guerra , sia perché inscrivono nel registro " canagliacratico " tutti i rivoltosi e i disobbedienti , sia perché diffondono la produzione di scarti umani .

In breve , le canaglie , intese nell’accezione propria del termine , sono tutti i governi occidentali e tutti i doppiogiochisti di governo .

Occorre allora operare una svolta decisiva per sottolineare che la democrazia non è esportabile , sia perché essa non è una merce , sia perché la democrazia sostanziale non ha mai avuto diritto di cittadinanza, sia perché l’odierna ideologia comunitaria integralista usa la modernità come strumento al servizio del proprio potere .

Ne consegue che ogni comunità deve costruire la democrazia attraverso una presa di coscienza autonoma . In termini ancor più espliciti va aggiunto che non si possono imporre i nostri modelli culturali , anche perché la pretesa libertà falsa e bugiarda della democrazia parlamentare dissimula il principio della coercizione e così facendo veicola una partecipazione subalterna, esorcizza ogni antagonismo sociale e nega le necessità pratiche della vita collettiva .

Un altro tema spinoso è quello del fondamentalismo islamico . Intanto , per valicare le barriere del pregiudizio , bisogna riconoscere che ogni dottrina religiosa si basa sull’ortodossia . L’impianto dogmatico può diventare , però , un vero e proprio fondamentalismo ogniqualvolta si percepisce la minaccia di uno sradicamento culturale .

Ciò significa che la recrudescenza del fondamentalismo è anche da attribuire ai devastanti processi di modernizzazione capitalistici imposti dal mondo occidentale .

D’altra parte , non si può sottovalutare il fatto che molti terroristi erano nazionalisti laici .

Ma constatando che vengono stigmatizzate le forme deprecabili dell’integralismo islamico , ritengo che sarebbe opportuno riflettere sulle esternazioni di papa Ratzinger che pretende di imporre a tutta la società i dettami punitivi e" fondamentalisti " del Vaticano . Non senza ragione a questo proposito P. Odifreddi , difendendo l’anticlericalismo e constatando che ministri , presidenti e apostati del Comunismo fanno a gara per genuflettersi di fronte a papi e cardinali , afferma : "Dovremmo ricordare che anche la nostra epoca ha le sue crociate e le sue inquisizioni : perché conquistare i pozzi di petrolio dei Musulmani , o fare referendum contro le biotecnologie , non è troppo diverso dal liberare il Santo Sepolcro dagli infedeli , o processare l’eliocentrismo . Soprattutto quando il Dio che "lo vuole " o "è con noi " è lo stesso il cui nome , oltre a essere invocato nelle chiese , si incide sulle fibbie naziste e si stampa sui dollari statunitensi " ( Piergiorgio Odifreddi " Perché Non Possiamo Essere Cristiani – E Meno Che Mai Cattolici " ) .

La verità nuda e lapalissiana è che il potere degradante della mondializzazione capitalistica sta provocando il ritorno all’esclusivismo di credenze pre-moderne .

In conseguenza di quanto fin qui verificato si evince che la logica del terrore è asimmetrica . Difatti , se è vero che il regime dei talebani si avvale di una violenza macabra ed arcaica , è anche vero che le bombe intelligenti , i missili e gli interventi "umanitari " propagano distruzione e morte .

Di più : un’analisi retrospettiva mostra che l’odierno terrorismo è anche collegato alle vicende storiche degli ultimi secoli , ossia al colonialismo e all’imperialismo .

Di certo , oggi queste popolazioni sono spossessate del loro territorio , che peraltro è ormai diventato il campo di battaglia del biopotere imperiale . Ma per cercare di smascherare il clamore assordante delle stronzate planetarie va aggiunto che l’attuale terrorismo è stato alimentato dalle macchinazioni dei governi occidentali .

Si badi bene : l’odierno terrorismo non si identifica con nessuna categoria del passato, infatti , esso non può essere confuso né con la guerra partigiana né con le Br .

Insomma , esso appare un concetto estremamente sfuggente e vago , tant’è che consente una prassi d’uso assai opinabile . Basti pensare che anche l’Osservatore Romano ha definito "terrorista "Andrea Rivera , conduttore del concerto del primo maggio e colpevole di aver attaccato le opinioni del papa sull’evoluzionismo .

Emerge così palesemente un dato inconfutabile , ossia che ci troviamo in un circolo vizioso , alimentato dalla " permanente transitorietà " e attraversato da tecniche di controllo sempre più capillari , sicché per scongiurare " il peggio a venire " bisognerebbe attivare strategie globali di resistenza efficaci e costruttive .Ciò richiede una prospettiva autenticamente rivoluzionaria che sia in grado di negare la mentalità riformista e al tempo stesso le "gratificazioni compensatorie ".

A questo proposito Raffaele Laudani propone un riesame marcusiano del marxismo . " Un riesame- scrive Laudani – che non perviene ad alcuna sistematicità e che rimane in una tensione irrisolta tra il passato e il futuro , ma che al tempo stesso non rinuncia mai a sporcarsi le mani nel e con il presente " .

Dopodiché giova rilevare che la svolta marcusiana mette in luce problematiche decisamente attuali, infatti , essa coglie i complessi processi della mondializzazione capitalistica . Da qui un significativo interesse per l’ambientalismo , per il femminismo radicale , per la produzione immateriale .

Per quanto concerne l’ambientalismo il filosofo di Francoforte precisa che la coscienza ambientalista del "limite " può servire come movente della lotta radicale per la costruzione di una società libera .

Inoltre , " in un simposio su " Ecologia e rivoluzione " tenutosi a Parigi nel 1972 , Marcuse lega la questione ecologica alla lotta contro i crimini di guerra commessi nei confronti del popolo vietnamita " .

L’autore sopra citato, però, è consapevole che le energie distruttive del capitale possono trasformare " la coscienza ecologica " in un bisogno commerciale .

Interessanti e suggestive sono poi le problematiche relative al femminismo , infatti , Marcuse in "Controrivoluzione e rivolta " afferma che la donna fa emergere un nuovo "principio di realtà " contro "il principio di prestazione " .

Di più : il femminismo contiene una dirompente portata eversiva , perché nega i bisogni indotti della società capitalistica . Nel contempo – sostiene ancora Marcuse – " il mutamento qualitativo dell’ordine esistente non può essere ridotto all’identificazione immediata dell’emancipazione della donna con la carriera " .

Ritengo che le precisazioni suddette siano illuminanti , sicché constatando che oggi le generalizzazioni e le semplificazioni imperversano , vorrei fermare l’attenzione sulla filosofia della differenza sessuale . Notoriamente quest’ultima implica una critica negativa al pensiero dominante e propone al tempo stesso una visione altra della soggettività .

Se è vero , però , che questa teoria riconosce la differenza come valore , è altresì vero che essa non può essere confusa con la politica-spettacolo e con i funambolismi elettoralistici .

Il che rimanda a un problema spinoso , ossia il rapporto tra donna e potere . Altrimenti detto , l’ipotesi di una gestione femminile del potere risulta fuorviante e riduttiva , perché di fatto tutte le lotte di liberazione devono necessariamente prescindere dal potere .

In altre parole, le donne , eleggendo la differenza a categoria centrale della propria filosofia , dovrebbero far valere la pratica del contropotere e la potenza costruttiva del desiderio , rifiutando così la normalizzazione della differenza e la protezione demagogica dei partiti, nella consapevolezza che tutte le filiazioni vincolanti e tutti i sistemi di assoggettamento vanificano la possibilità di una politica di invenzione e di emancipazione .

Insistendo sull’argomento e constatando anche che il capitalismo globale riduce le differenze a mezzi di scambio e di consumo , vorrei ricorrere a un’immagine proposta da Marcuse in "Controrivoluzione e rivolta " . Il filosofo scrive : " E’ la donna che , nel quadro di Delacroix , tenendo la bandiera della rivoluzione , conduce il popolo alle barricate . Non indossa alcuna uniforme ; i suoi seni sono nudi e il suo bel viso non mostra traccia di violenza . Ma lei ha un fucile in mano , perché si deve ancora combattere per la fine della violenza ".

Questa immagine esaltante mostra che le donne possono contribuire ad alimentare l’elaborazione sociale del desiderio a condizione che oppongano un rifiuto categorico a tutte le forme di dominazione , a tutte le dinamiche del regime fallologocentrico e a tutti i processi di normalizzazione . Occorre , dunque , assumere pratiche di posizionamento chiare e distinte , anche perché , soprattutto nel nostro papesco paese , si registra la recrudescenza di un becero familismo patriarcale .

Fermando ancora l’attenzione su alcuni passaggi dell’analisi marcusiana penso che sia utile fare riferimento alle problematiche relative alla violenza . A questo proposito l’intellettuale citato afferma : " La gente parla continuamente di violenza , ma dimentica che ci sono differenti tipi di violenza , con funzioni differenti . C’è la violenza dell’aggressione e quella della difesa . C’è la violenza della polizia o delle forze armate o del Ku Klux Klan , e c’è la violenza che si oppone a queste manifestazioni aggressive e violente " .

Preso atto , dunque , che il tema della violenza è assai complesso , va aggiunto che l’assetto odierno è caratterizzato da una violenza strutturale onnipervasiva . Il che dovrebbe spingere a ridefinire il concetto di rivoluzione .

Ciò si impone , vuoi perché la politica ufficiale non appassiona ma suscita solo sentimenti che oscillano tra la nausea e l’indignazione , vuoi perché l’impero planetario elimina le possibilità stesse della democrazia , vuoi perché il dominio reale del capitale diffonde un intollerabile sfruttamento reticolare e vuoi perché il megacapitalismo finanziario assoggetta tutte le sfere di attività sociale .

Da qui la necessità di porre un interrogativo : una rivoluzione culturale e politica può escludere a priori la violenza ? Intanto per rispondere a questo quesito occorre precisare che la violenza non è un fenomeno in sé , infatti essa va sempre contestualizzata in particolari condizioni storiche . Ne consegue che risulta opinabile e strumentale blaterare sulle teorie della violenza e della non-violenza , perché così facendo si esemplifica un tema assai complicato e variegato .

Pertanto , per evitare di percepire il fenomeno della violenza come un " Assoluto " in cui tutte le vacche sono nere , giova ricordare la Resistenza contro il nazifascismo . Vero è che nel nostro paese , in nome di un buonismo bipartisan e di un becero revisionismo , si tende a mettere nello stesso calderone saloini e partigiani , oppressi ed oppressori , fascisti e antifascisti , terroristi rossi e terroristi neri . Proprio a partire da qui , dalla presunta memoria condivisa , vorrei accennare alla decisione impolitica di dedicare una lapide al commissario Calabresi . Non intendo rivisitare le stragi di Stato , la strategia della tensione, la P2 di Gelli e via dicendo, mi sembra giusto , però , spazzolare la storia contropelo ricordando la "misteriosa " defenestrazione di G. Pinelli .

Concretamente in una situazione siffatta svanisce ogni distinzione tra fatti e misfatti , tra menzogne istituite e verità rimosse , e ciò consente di stigmatizzare la violenza tout court e al tempo stesso di ipotizzare una fantomatica "città degli uomini "di marca bertinottiana .

Pertanto , per non banalizzare il male , occorre rimarcare che se i corpi vengono violati, se gli spazi di libertà vengono minacciati , allora la violenza è legittima perché discende , come voleva Benjamin , da una giustizia divina che si oppone a tutti i poteri costituiti .

Ma c’è di più : in un contesto in cui si registra la simbiosi tra prassi di guerra e controllo poliziesco si deve necessariamente affermare il diritto di resistenza .

Vale a dire che , pur non condividendo il mito soreliano della violenza , penso che essa in alcuni casi possa costituire una legittima difesa contro il biopotere bellico .

A questo punto ritengo che sia doveroso un riferimento alla violenza organizzata . Il che rimanda sia alla forza istituzionalizzata , sia alla violenza rivoluzionaria . In effetti , quest’ultima presenta diverse sfumature , sicché diventa problematico fornire una definizione esaustiva . Ciononostante emerge un dato , ossia che la "violenza collettiva " può suscitare suggestioni indotte che talvolta inficiano le scelte individuali .

Assodato , dunque , il carattere problematico del rapporto individuo-gruppo ritengo che sia opportuno riflettere su alcune tematiche , vuoi per decostruire criticamente le rivoluzioni stuprate e tradite ,vuoi per rifiutare tutte le forme di avanguardismo verticale , vuoi per evitare la ricaduta nel campo del pratico-inerte .

Proprio in questa prospettiva vorrei menzionare Sartre , che peraltro non disdegnava il ricorso alla violenza .

In conseguenza di quanto fin qui detto è lecito porre un interrogativo : come scongiurare il pericolo che il gruppo ricada nei meccanismi della serialità ? Sartre a questo proposito inserisce un’analisi del gruppo come totalità integrata in cui ciascuno vede nell’altro lo stesso di sé e nella libertà altrui la propria libertà .

In altri termini , " la praxis individuale si costituisce nel gruppo , liberamente , in praxis comune e ciò non sulla base di un contratto sociale , ma del lavoro e della lotta ".

La sovranità nel gruppo , quindi , si esplicita in un rapporto di reciprocità o di con- sovranità tra gli individui , ognuno dei quali è il vero sovrano . E’ quasi superfluo aggiungere che "il raggruppamento rivoluzionario si costruisce contro l’inerzia delle istituzioni e contro la sovranità che si costruisce sulla loro impotenza " .

Di primo acchito la rivisitazione sartriana potrebbe apparire fuori luogo dal momento che oggi esistono forme frammentarie di rivolta ma non una forza autenticamente rivoluzionaria .

Tuttavia ritengo che un’ipotetica organizzazione rivoluzionaria non possa prescindere da una dirompente creatività.

Intanto , per cogliere l’essenza del problema , è bene ripercorrere l’iter delle rivoluzioni tradite e al tempo stesso valutare l’odierno stato d’eccezione , nella consapevolezza che la creatività è intrinsecamente connessa al principio stesso della rivoluzione .

Da qui la necessità di operare un distinguo tra ribellismo velleitario e creatività rivoluzionaria , tra la demagogica protezione delle pseudo- verità istituite e la verità effettuale. Ma come delineare un progetto collettivo di liberazione ? Come affermare la volontà di vivere contro il terrorismo del capitalismo globale ? Come far fronte alla brutale realtà del mondo? Innanzitutto ritengo che non si possa prescindere da una radiografia del presente e da un "deciframento" della vita quotidiana .

In tal senso la teoria situazionista può contribuire a fornire le coordinate adeguate per analizzare la complessità dello status quo . Non senza ragione Mario Perniola , pur rilevando i limiti dell’Internazionale Situazionista , afferma che " il movimento situazionista è un punto di riferimento imprescindibile dell’odierna cultura alternativa " .

Il movimento suddetto ha avuto il merito di proporre "un’associazione rivoluzionaria di tipo nuovo " . "Il punto di partenza è la constatazione del fallimento del progetto rivoluzionario inaugurato nella prima metà del XIX secolo dal proletariato occidentale ; la degenerazione della rivoluzione russa in un capitalismo burocratico di stato , l’annientamento del movimento spartachista , la sconfitta della rivoluzione proletaria spagnola hanno segnato la fine di molte illusioni : bolscevismo , socialdemocrazia e anarchismo hanno mostrato la loro natura meramente ideologica solidale nella sostanza al mondo borghese della separazione e dello sfruttamento . L’unica eredità valida del vecchio movimento rivoluzionario è il progetto dei Consigli operai ; esso tuttavia non deve essere preservato come la verità astratta del passato , ma ripensato alla luce della nuova realtà storica "( M . Perniola - "I Situazionisti ") .

A questo punto , dal momento che il presidente della repubblica francese Sarkozy intende liquidare definitivamente la "perniciosa " memoria sessantottina , penso che sia illuminante fare riferimento alle posizioni assunte dall’Internazionale Situazionista nel 68 .

Giova ricordare che L’I.S. partecipò attivamente alla lotta , tant’è che fu costituito il "Comitato Arrabbiati –Internazionale Situazionista " . Non è superfluo evidenziare che esso fu boicottato dai gruppi leninisti , stalinisti , maoisti .

Dopodiché , sempre tenendo ferme le pulsioni esuberanti e vitali del 68 , occorre precisare che l’impianto concettuale del suddetto movimento si rivela decisamente attuale . Mi riferisco soprattutto alle problematiche relative alla "soggettività radicale " . Proprio a questo proposito Vaneigen , rilevando la differenza tra sopravvivenza e superamento , afferma che "la sopravvivenza è il non-superamento divenuto invisibile " .

La soggettività radicale , dunque , non può prescindere da una prospettiva di superamento radicale e da un’analisi pertinente del contesto storico . Il che rinvia alla commistione tra biopotere capitalistico e società dello spettacolo .

"Lo spettacolo- sostiene Debord – è il denaro che si guarda soltanto , perché in esso è già compresa la totalità dell’uso che è scambiata contro la totalità della rappresentazione astratta . Lo spettacolo non è soltanto il servitore dello pseudo-uso della vita " .

Va da sé che , oggi , un ipotetico soggetto rivoluzionario dovrebbe fare i conti con l’imbarbarimento estremo della vita quotidiana e al tempo stesso con i variegati meccanismi di una società complessa .

E qui la questione si complica , sia perché la frammentazione del processo lavorativo non consente di riproporre il vecchio concetto di classe operaia , sia perché le subdole dinamiche dei fascismi postmoderni ostacolano la liberazione della vita , sia perché anche il concetto di accumulazione del capitale va revisionato alla luce dei significativi mutamenti.

Tutto ciò impone la rielaborazione del modello marxista-leninista , anche perché la teoria della "presa del potere " risulta improponibile .

Stando così le cose penso che il progetto di una società altra debba essere strettamente collegato ad un inedito umanesimo rivoluzionario . Ciò rimanda ai rapporti intersoggettivi , alle pulsioni vitali delle macchine desideranti , alle potenzialità rivoluzionarie emergenti del postfordismo , ai caratteri ambivalenti della coscienza eccedente .

Per evitare, però , di cadere nelle trappole di un messianismo acritico e velleitario , conviene promuovere un’attenta riflessione sia sull’ambivalenza della " coscienza eccedente " postfordista , sia sui flussi onnipervasivi della mondializzazione capitalistica .

Intanto , va precisato che il capitalismo globale non consente di presupporre una sua esteriorità , proprio perché esso genera una frontiera planetaria in cui vige sovrana la legge dell’esclusione permanente .

Sia chiaro , le antinomie del capitalismo continuano ad esistere ma esse assumono una valenza inedita .

Se vogliamo andare alla sostanza delle cose , dunque , dobbiamo riconoscere che la coscienza eccedente non può essere considerata , sic et simpliciter , la forza onnipotente del mutamento .

Inoltre , se è vero che il capitalismo produce i suoi becchini è anche vero che essi non si identificano più con le figure classiche del proletariato , anche perché oggi le lotte sono frammentate e caratterizzate da diverse soggettività . Questa nuova dinamica discende dal fatto che alla deregolamentazione dell’assetto sistemico si oppone una deregolamentazione del conflitto. Per quanto concerne poi le tematiche relative alle macchine desideranti occorre rilevare che anche " il capitalismo è stato e rimane una formidabile macchina desiderante . I flussi di denaro , i mezzi di produzione , la manodopera , i nuovi mercati , tutto questo costituisce un prodotto del desiderio…. E anche il fascismo - bisogna dire – si è fatto carico dei desideri sociali , inclusi i desideri di repressione e di morte "(G .Deleuze) .

Al contrario , se si considera il desiderio in senso rivoluzionario , allora esso diviene una potente macchina che rompe i flussi e rifiuta ogni forma di trascendentalismo .

Altrimenti detto , " il desiderio per natura è rivoluzionario perché costruisce delle macchine capaci , inserendosi nel campo sociale , di far saltare qualcosa , sommuovere il tessuto sociale "( G. Deleuze ) .

Vero è , però , che la presenza dirompente del desiderio non garantisce la rivoluzione , anche perché i poteri costituiti lavorano incessantemente per deformare , assorbire e recuperare le pulsioni liberatorie .

Ma c’è di più : una critica inflessibile mostra che oggi i desideri sono fortemente condizionati da un consumismo sfrenato e spettacolare .

Non senza ragione Harvie Ferguson sostiene che " il capriccio sostituisce il desiderio come forza propulsiva" . E non è ancora tutto : i molteplici fenomeni di frammentazione non consentono di recepire il general intellect postfordista come forza rivoluzionaria tout court , anche perché esso si presenta anche come lavoro vivo reificato , messo sotto padrone .

E’ altresì evidente che i processi incontrollati della governance globale generano sperimentazioni assai discutibili , basti pensare al cosiddetto municipalismo e alle forme variegate di localismo .

In effetti , queste presunte alternative si rivelano inconsistenti , vuoi perché la rete dei poteri globali attraversa tutti i "non- luoghi " , vuoi perché nella società multirete tutte le attività sono deregolamentate e privatizzate , vuoi perché l’ideologia sicuritaria diffonde un clima emergenziale , vuoi perché la categoria della merce sussume ogni aspetto del reale e vuoi perché si registra un reciproco coinvolgimento tra struttura e sovrastruttura . Insomma , sono fermamente convinta che i correttivi parziali non possono intaccare le dinamiche onnipervasive dell’attuale regime di dominio .

Inoltre , il pessimismo della ragione dovrebbe spingere a ridimensionare l’ottimismo di coloro che vedono nell’odierna ibridazione dei corpi la panacea di tutti i mali .

In realtà , meticciati e ibridazioni arricchiscono la vita transculturale ma al tempo stesso non garantiscono la costruzione di un’altra mondializzazione . In altre parole , i caratteri ambivalenti delle "personalità biculturali " possono prospettare alternative feconde ma anche derive inquietanti . A ben vedere , quindi, si dovrebbe analizzare criticamente il fenomeno senza indulgere ad una sorta di apologia estetizzante della cosiddetta ibridazione . Ma c’è ancora una cosa che bisogna pensare per scriverla sul frontone della nostra provvisoria politica , e cioè che il nuovo Trattato della Ue disattende in modo palese la domanda di un’altra Europa . Resta inoltre da indicare che il moto perpetuo della globalizzazione ridetermina incessantemente simboli e significati , e ciò , ovviamente , non consente riduttive esemplificazioni .

Il che equivale a dire che dobbiamo andare alla sostanza delle cose se effettivamente vogliamo mutare questo nostro caotico presente .

Va da sé che ciò esige una decostruzione critica propositiva che , necessariamente , non può prescindere da una riformulazione del rapporto teoria-prassi , da una profonda rigenerazione culturale , dai principi " dell’antropolitica , ovvero da una politica dell’umanità su scala planetaria " - ( Edgar Morin ) .

Bisogna riconoscere , però , che l’impresa presenta non poche difficoltà , soprattutto perché l’odierna forma reticolare di governance richiede una lucida riflessione teorica e una potente volontà rivoluzionaria .

Ne consegue che il movimento di resistenza al capitalismo globale dovrebbe elaborare una filosofia della praxis postmoderna che inglobi un umanesimo incarnato , dionisiaco , trans-disciplinare .

E’ a partire da qui che si dovrebbe costituire un nuovo laboratorio di storia sociale capace di rivoluzionare il contesto e di inventare una nuova creatività concettuale .

Detto in modo conciso , contro i delitti globali di lesa umanità , contro l’appropriazione-espropriazione del vivente, contro la dittatura della norma mercantile , contro" la politica di precarizzazione" ,occorre colpire i misfatti alla radice avvalendosi di una logica sovversiva di superamento .

In conclusione , pur auspicando l’incontro tra virtù e fortuna , penso che si debba rimuovere l’ottimismo aprioristico ricordando la caustica ed ironica affermazione di Voltaire : " Ottimismo è la smania di sostenere ad ogni costo che tutto va bene quando tutto va male " ( Candide ).

Wanda Piccinonno