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LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA

Il 12 dicembre 1969, con la bomba che esplode nella Banca Nazionale dell'Agricoltura, a Milano,  gli Italiani entrarono in una fase storica che sarebbe durata per più di un decennio: il terrorismo. Tutto ad un tratto, sulla scena nazionale comparivano morti ammazzati, non dalla polizia durante le dimostrazioni (com’era avvenuto un anno prima), non dalla mafia (le cui abitudini sanguinarie erano più oggetto di interesse folcloristico che politico), ma da qualcuno che faceva parte di qualcosa che i più ebbero difficoltà ad identificare. L’anno prima c’era stato il 1968, con le rivolte studentesche in tutto il mondo; nell’autunno le idee di cambiamento rivoluzionario erano entrate in comunicazione con gli operai in lotta per il miglioramento delle condizioni di lavoro. Il Partito Comunista Italiano aveva fatto un grande balzo in avanti nelle elezioni e, soprattutto, il vecchio regime dominato da una Democrazia Cristiana che raccoglieva anche i voti della destra più reazionaria, cominciava a scricchiolare. Gli USA stavano attraversando il loro periodo più nero, con una guerra logorante e impopolare nel Vietnam e una fortissima opposizione interna che sfociava in manifestazioni violente che scuotevano il sistema che doveva essere da esempio a tutte le nazioni occidentali. In Grecia, il regime dei colonnelli instauratosi in seguito al colpo di stato fascista del 67, perdeva sempre più credibilità. Anche l’Unione Sovietica era dovuta intervenire per reprimere duramente i tentativi cecoslovacchi di rendere più democratica la loro democrazia imbrigliata nel blocco comunista, e questo ne aveva ulteriormente intaccato la credibilità come modello alternativo al sistema capitalistico. Una bella confusione! Ci fu qualcuno che credette di ripercorrere le strade sperimentate con successo da Hitler e dai nazisti con l’incendio del Reichstag : compiere attentati, attribuirne la colpa alle sinistre e utilizzare la paura e il disgusto dei cittadini per dar vita ad un governo autoritario.

Dopo le bombe si cercò di accusare gli anarchici , forse perché, nell’immaginario collettivo questi rappresentavano qualcosa di oscuro, di senzadio, di intangibile e pericoloso. In realtà vennero scelti perché erano disorganizzati, ingenui, poveri e isolati dalle altre forze politiche. Uno di loro, il ferroviere Giuseppe Pinelli, volò da una finestra della questura di Milano, uno dei cui dirigenti era il commissario Calabresi (sull’omicidio del quale si sta svolgendo un interminabile vicenda giudiziaria). Un altro era un ballerino, che rimase in carcere per anni sino al punto in cui il parlamento italiano dovette votare una nuova legge per risparmiare a lui altre ingiuste sofferenze e allo stato, un’insostenibile vergogna. Un altro ancora, si professava anarchico, ma in realtà era un fascista che si era trovato in mezzo al gruppo degli accusati per uno di quei casi strani della vita: cercava di fare il provocatore (e probabilmente era stato addestrato a questo durante una visita compiuta ai colonnelli golpisti in Grecia), ma ,di fatto, si trovò coinvolto in una vicenda più grossa di lui che gli fece passare molti anni in carcere per poi ritrovarsi, anche lui, innocente. A trent’anni dalla strage, non si sa ancora chi siano i colpevoli.

Clinton ha fatto, recentemente, alcune ammissioni sul coinvolgimento della CIA in combutta con una parte dei fascisti italiani di allora. Il regime democristiano cercò di coprire tutto, così come gran parte degli apparati di sicurezza dello stato (quanti ufficiali dei servizi segreti, dei carabinieri, della polizia vennero, negli anni successivi, inquisiti e condannati per depistaggio!) ma, oggi, nessuno sa ancora esattamente chi sia stato a decidere la morte di cittadini innocenti la cui unica colpa era quella di trovarsi in una banca a cambiare un assegno, fare un versamento o pagare una cambiale.

Chi crede in una società giusta non ha bisogno di vendette per continuare a crederci, ma chiedere la verità è un diritto e un dovere!

L’umanità (o almeno una parte, forse la meno colpita nei suoi affetti più cari) già comincia a dimenticarsi i più orrendi crimini mai visti nella storia dell’umanità compiuti durante lo sterminio delle popolazioni ebraiche in Europa, durante la II Guerra Mondiale.
Dovremmo quindi anche  scordarci degli assassini di Piazza Fontana ? Siamo sicuri che non siano ancora fra noi ? Siamo sicuri che non possano ancora uccidere (magari in qualche altra parte del mondo) ? E soprattutto, siamo sicuri che la violenza, la menzogna di stato, la soppressione della verità, la sottomissione ai poteri economici degli apparati dello stato, siano stati completamente eliminati salla nostra società  ?

Possiamo, da ultimo, accettare di vivere in una nazione di serie B in cui ‘certi’ crimini non trovano mai un responsabile ? Ci possiamo sentire sicuri di vivere in una democrazia ? 
Lo scopo di questo sito non è commemorativo: alle commemorazioni ci penserà sicuramente la politica ufficiale con le sue lacrime di coccodrillo e le promesse che non verranno mantenute per non disturbare gli interessi di quelli che ancora contano !

Quello che cercheremo di fare è:

1- Reinterpretare gli eventi
2- Raccogliere testimonianze
3- Acquisire e diffondere nuovi elementi di informazione e controinformazione
4- Dimostrare che c’è chi non accetta l’oblio

E, soprattutto

Far capire che la tentazione a seguire la strada della violenza, della sopraffazione e della menzogna necessita di cure lunghe e difficili per essere debellata, e che non bisogna mai abbassare la guardia o far finta di dimenticare: la prossima volta potrebbe toccare a noi !

 12 dicembre 1969
un ordigno contenente sette chili di tritolo esplode alle 16,37, nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana, a Milano. Il bilancio delle vittime è di 16 morti e 87 feriti.
Nei giorni successivi alla strage, solo a Milano, sono 84 le persone fermate tra anarchici, militanti di estrema sinistra e due appartenenti a formazioni di destra. 
Il primo ad essere convocato è il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, chiamato in questura lo stesso giorno dell’esplosione. Dopo tre giorni di interrogatorio non viene contestata, a Pinelli, nessuna imputazione eppure non viene comunque rilasciato. Ad interrogarlo è il commissario Calabresi il quale guida l’inchiesta sulla strage.

15 dicembre 1969,
tre giorni dopo l’arresto, Pinelli muore precipitando dalla finestra della Questura. La versione ufficiale parla di suicidio, ma i quattro poliziotti e il capitano dei carabinieri Lo Grano, presenti nella stanza dell’interrogatorio al momento della morte del ferroviere, saranno oggetto di un’inchiesta per omicidio colposo. Verrà poi aperto nei loro confronti un procedimento penale per omicidio volontario. Nei confronti del Commissario calabresi, che non si trovava nella stanza ,si procederà per omicidio colposo. Tutti gli imputati verranno poi prosciolti nel 1975, perché "il fatto non sussiste". 
Intanto gli inquirenti continuano a seguire la pista anarchica.

16 dicembre 1969, 
viene arrestato Pietro Valpreda appartenente al gruppo 22 Marzo, il quale viene accusato di essere l’esecutore materiale della strage. La conferma di tali accuse è data da un tassista, Cornelio Rolandi , che racconta di aver portato Valpreda il 12 dicembre sul luogo della strage e da Mario Merlino anch’egli militante nel gruppo 22 marzo, che però si scoprirà poi essere un neofascista infiltrato dai servizi segreti. 
Mentre si prosegue ad indagare negli ambienti anarchici, si scopre che le borse utilizzate per contenere l’esplosivo sono stata acquistate a Padova e che il timer dell’ordigno proviene da Treviso. Da questi indizi si arriverà dopo più di un anno ad indagare anche negli ambienti di eversione nera. 
I primi neofascisti ad essere individuati come coinvolti nell’attentato sono Franco Freda e Giovanni Ventura. Freda nasce ad Avellino e vive a Padova dove milita nella gioventù missina alle superiori e nel Fuan all’università. Abbandonerà poi l’Msi per aderire all’organizzazione Ordine Nuovo guidata da Pino Rauti. Grande ammiratore di Hitler ed Himmler è convinto sostenitore della supremazia della razza ariana. Ventura nasce a Treviso, milita nell’Azione cattolica e poi nell’Msi. È amico di Freda e come lui ha una formazione ideologica di stampo neonazista. Adesso la pista che si segue è quella nera, e l’indagine coinvolge nuovi personaggi come Guido Giannettini appartenente al Sid esperto e studioso di tecniche militari. Il suo nome viene coinvolto nelle indagini dopo le dichiarazioni di Lorenzon, un professore di Treviso amico di Giovanni Ventura, il quale riferisce al giudice Calogero alcune confidenze fattegli da Ventura circa gli attentati dinamitardi avvenuti i quel periodo. Lorenzon prende questa iniziativa il 15 dicembre ‘69, giorno in cui si reca dall’avvocato Steccarella, a Vittorio Veneto, dove stende un memoriale che poi verrà consegnato alla magistratura. Valpreda si trova ancora in carcere quando nel 1971, si scopre per caso un arsenale di munizioni NATO presso l’abitazione di un esponente veneto di Ordine Nuovo. Tra le armi ritrovate sono presenti delle casse dello stesso tipo di quelle utilizzate per contenere gli ordigni deposti in Piazza Fontana. Quell’arsenale era stato nascosto da Giovanni Ventura dopo gli attentati del 12 dicembre ’69. I magistrati scoprono inoltre che il gruppo neofascista si riuniva presso una sala dell’Università di Padova messa a disposizione dal custode Marco Pozzan, anch’egli esponente di Ordine Nuovo e fidato collaboratore di Franco Freda.

23 febbraio 1972
inizia a Roma il primo processo per la strage, che vede come principali imputati Valpreda e Merlino. Il processo verrà poi trasferito a Milano per incompetenza territoriale ed infine a Catanzaro per motivi di ordine pubblico.

3 marzo 1972
Freda e Ventura vengono arrestati e con loro finisce in manette anche Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo, su mandato del procuratore di Treviso, con l’accusa di ricostituzione del partito fascista, e perchè implicato negli attentati del’69 e nella strage di piazza Fontana. L’inchiesta è in mano ai magistrati milanesi D’ambrosio e Alessandrini, i quali decidono di rimettere in libertà Pino Rauti senza far cadere i capi d’accusa, per evitare che se Rauti fosse eletto deputato i fascicoli passassero ad una commissione parlamentare. Dalle indagini emerge sempre più chiaramente un collegamento fra Servizi segreti e movimenti di estrema destra. È infatti alla fine del 1972 che uomini del Sid intercettano il Pozzan , latitante dal giugno dello stesso anno, quando fu emesso nei suoi confronti un mandato di cattura per concorso nell’attentato di piazza Fontana, e dopo averlo sottoposto ad un interrogatorio ed avergli fornito un passaporto falso lo hanno fatto espatriare in Spagna. Il Sid interviene anche per Ventura all’inizio del 1972, quando questi, detenuto nel carcere di Monza, sembra voler cedere e rivelare alcune informazioni sulla strategia della tensione, gli viene fatta avere una chiave per aprire la cella e delle bombolette di gas narcotizzante per neutralizzare le guardie di custodia permettendogli la fuga. Siamo adesso alla volta di Giannettini, il quale, legato al Sid da un rapporto di collaborazione, dopo essere stato sospettato di coinvolgimento nella strage, viene indotto ad espatriare in Francia dove continuerà ad essere stipendiato dal Servizio.

20 ottobre 1972
Tre avvisi a procedere , per omissione di atti d’ufficio nelle indagini sulla strage di piazza Fontana, sono inviati a Elvio Catenacci, dirigente degli affari riservati del Ministero degli interni, al questore di Roma Bonaventura Provenza e al capo dell’ufficio politico della questura di Milano Antonino Allegra. 

29 dicembre 1972
Torna libero Pietro Valpreda. Viene infatti approvata una legge che prevede la possibilità di accordare la libertà provvisoria anche per i reati in cui è obbligatorio il mandato di cattura. 

18 marzo del 1974
Il processo riprende a Catanzaro il ma dopo trenta giorni ci sarà una nuova interruzione per il coinvolgimenti di due nuovi imputati: Freda e Ventura.

Catanzaro 27 gennaio 1975
Al terzo processo sono imputati sia gli anarchici che i neofascisti. Anche questo procedimento viene interrotto, dopo un anno, per l’incriminazione di Giannettini

Catanzaro 18 gennaio 1977
Gli imputati sono: neofascisti, Sid e anarchici. 
La sentenza: ergastolo per Freda, Ventura e Giannettini, assolti Valpreda e Merlino.
Gli imputati condannati con la prima sentenza verranno poi assolti tutti in appello, ma la Cassazione annullerà la sentenza proscioglierà Giannettini e ordinerà un nuovo processo.

Catanzaro 13 dicembre 1984
inizia il quinto processo che vede come imputati Valpreda, Merlino, Freda e Ventura. Tutti assolti. La sentenza è confermata dalla Cassazione.

Catanzaro 26 ottobre 1987
Al sesto processo gli imputati sono i neofascisti Fachini e Delle Chiaie.

20 febbraio 1989
gli imputati vengono assolti per non aver commesso il fatto

1990
le indagini riaperte dal Pubblico Ministero Salvini subiscono una svolta decisiva. Delfo Zorzi, capo operativo della cellula veneta di ordine Nuovo, per sua stessa ammissione, è l'esecutore materiale della strage. Zorzi dopo l’attentato riparò in Giappone dove tuttora vive protetto dal governo Nipponico che ha sempre rifiutato di concedere l’estradizione del neofascista.

5 luglio 1991
la sentenza di assoluzione per fachini e Delle Chiaie viene confermata dalla Corte d’assise d’appello di Catanzaro.

GIUSEPPE PINELLI

Ferroviere anarchico, fermato poche ore dopo la strage del 12 dicembre 1969 a piazza Fontana. Pinelli viene interrogato per tre giorni e alla sera del terzo giorno viene trovato morto nel cortile della questura, dopo essere precipitato dalla finestra della stanza dell'interrogatorio che si trovava al quarto piano. La versione ufficiale parla di suicidio, gli inquirenti cercarono di far credere che Pinelli si fosse tolto perché coinvolto nell'attentato. Non era vero. Come pure la ricostruzione delle ultime ore di interrogatorio.

PIETRO VALPREDA

Milanese, figlio di piccoli commercianti, Valpreda comincia a lavorare come artigiano, ma ha la passione della danza e diventa ballerino di fila in una compagnia di avanspettacolo. E' anarchico. Frequenta i circoli libertari milanesi, dove incontra Giuseppe Pinelli.Nel 1969 si trasferisce a Roma e frequenta il circolo Bakunin. Qui conosce Mario Merlino, militante di Avanguardia nazionale, che si dice anarchico. Con Merlino e un certo Andrea, un agente infiltrato della polizia, Valpreda fonda il gruppo XXII Marzo.Valpreda arriva a Milano alle 6,30 di venerdì 12: è il giorno della strage. Deve presentarsi al giudice istruttore Amati. Ha in corso un processo per avere diffuso un volantino anarchico che diffama, dice l'accusa, il pontefice Paolo VI.Alle 11 si incontra con i suoi avvocati. Ha l'influenza, con febbre alta. Torna a casa della zia, Rachele Torri; riuscirà a provare di essere rimasto a letto per tutta la giornata.Il nome di Pietro Valpreda era stato fatto subito dopo la strage. Cornelio Rolandi, tassista milanese, rimarrà a lungo un pilastro dell'accusa, anche se la sua testimonianza, per il modo stesso in cui viene promossa, confrontata, e respinta quantomeno da Valpreda, presta subito il fianco a una serie di dubbi.

LUIGI CALABRESI

Romano, è il vicedirettore dal 1968 dell'Ufficio politico della questura di Milano dove si occupa prevalentemente dell'attività dei gruppi estremisti. Nel 1969 partecipa alle indagini per la strage di piazza Fontana. Il suo nome viene associato alla morte dell'anarchico Pinelli, avvenuta in questura in circostanze mai del tutto chiarite e, comunque, senza che Calabresi fosse presente al fatto.La sinistra extraparlamentare continuerà a indicarlo come il responsabile, anche se indiretto, della morte di Pinelli. Il 17 maggio 1972 il commissario Calabresi viene ucciso, davanti la sua abitazione di Milano con 5 colpi di pistola. Il 27 ottobre del 1975 il giudice istruttore Gerardo D'Ambrosio proscioglierà tutti gli imputati, agenti e funzionari di polizia, perché il fatto non sussiste.

FRANCO FREDA

Nato ad Avellino e vissuto sempre a Padova, è un procuratore legale. Appartiene sin dal liceo alla gioventù missina, poi presiede il Fuan-Caravella di Padova, l'organizzazione degli studenti universitari del Movimento sociale italiano. Ma la militanza nel partito di Almirante dura poco. Freda, sostenitore delle teorie nazionalsocialiste, inizia a polemizzare da destra con la direzione dell'Msi, accusandola di compromesso con quella che definisce la democrazia moribonda della Repubblica. Nella sua piccola casa editrice, AR, pubblica il "Mein Kampf" di Hitler. Si proclama ammiratore di Himmler, e sostiene la supremazia della razza ariana. Stringerà rapporti con pino Rauti, aderendo a Ordine nuovo.

GIOVANNI VENTURA

Trevigiano, milita nell'Azione cattolica fino a quando un innamoramento giovanile, così definisce la svolta, lo spinge verso l'Msi. Per vivere insegna ginnastica, apre una libreria e diventa un piccolo editore. Amico di Franco Freda, proprio sotto la sua influenza ideologica pubblica una rivista ciclostilata dal titolo "Reazione", di tono neonazista. Stampa "La giustizia è come il timone: dove la si gira va", di Freda, un violento attacco alla magistratura e alla democrazia costituzionale. Proprio questa attività editoriale segnerà la sua evoluzione ideologica; dalle pubblicazioni di testi neonazisti, passerà via via a opera di intonazione opposta.

GUIDO GIANNETTINI

Romano, è studioso di tecniche militari, ha importanti agganci con gli ambienti dei servizi segreti occidentali. Nel 1962 gli americani lo invitano alla Scuola della marina militare degli Stati uniti, ad Annapolis, perché vi tenga un corso di tre giorni sul tema "Tecniche e possibilità di un colpo di Stato in Europa". E' uno specialista dei metodi di controguerriglia per fronteggiare insurrezioni e guerre rivoluzionarie. Negli anni Sessanta organizza convegni e gruppi di studio, stende piani militari segreti, dirige agenzie di stampa. Il nome di Giannettini emergerà dalle indagini quando il professore trevigiano Guido Lorenzon dichiarerà al giudice Calogero che il suo amico Giovanni Ventura gli aveva fatto delle confidenze sugli attentati dinamitardi di quel periodo.