FASCIMSO DI RITORNO?

 

 

Quando un epulone persegue tenacemente il potere, anche a rischio di trascurare i propri affari, segno è che si vuol garantire, e per farlo adeguatamente non esita a varcare il confine tra legale ed illegale, che poi, in politica, significa tra democrazia autentica e parademocrazia di comodo, o cripto dittatura.

Si coagulano così potenti congreghe intorno al capo carismatico riconosciuto, e tutti insieme, a piccoli colpi di sterzo di pochi gradi ciascuno, finiscono con l’inversione di rotta e col far come la civetta: ”Ciucciuvèo! ciucciuvèo”!!! che significa: “Tuttomio! Tuttomio!”  nell’ingenua tradizione del popolo assoggettato.

L’Italia ha già una tristissima esperienza in merito. Siamo forse in procinto di ripeterla? A guardar bene non ne mancano i segni premonitori, e non da oggi, se già in una filastrocchetta il Giullare, circa un anno fa esordiva col seguente sonetto introduttivo:

 

NUOVA MARCIA SU ROMA DEI PADANI

 

 

Da Paolo da Cannobio non partito,

ad Arcore e altre ville sistemato,

già ad esser nuovo duce riverito

l  nostro Creso pare destinato

 

per diritto tirar col suo partito

non in nero, ma azzurro paludato.

Di solenne ha varato più di un rito

e più d’un dogma sacro ha proclamato.

 

Ma al Quirinale non c’à un re: Peccato!

L’ostacolo saprà aggirarne ardito

finché lui stesso non ci sia arrivato?

 

Il Giullare per or lo segna a dito

perché qual duce almeno sia evirato

e al nulla originario restituito.

 

 

Beh, il vecchio Giullare non è certo Gesù Cristo che sa ridare la vista ai ciechi. Né è neppure un angelo Raffaele che sa indicare a Tobiolo da quale pesce estrarre il fegato per curare la cecità del padre Gli stessi specialisti odierni, che sono riusciti ad impiantare un occhio bionico  per sostituire le terminazioni del nervo ottico e ridare in qualche modo la vista a un cieco, potrebbero aprire gli occhi a chi ostinatamente non vuol vedere, perché i segni premonitori continuano a moltiplicarsi con frequenza e crescendo di gravità davvero impressionante. Eccone uno scarnissimo ed essenziale elenco:

a): la sistematica demonizzazione di quanti in qualche modo possono destabilizzare l’attuale assetto di potere: politici, giornalisti,  o magistrati che siano:

b) la frettolosa e privilegiata produzione di leggi di sbarramento contro le imputazioni e i relativi procedimenti avviati;

c) la sistematica opera dia travisamento di una realtà scomoda per proclamare i mirabolanti successi di una politica che non può – perché non conviene – mantenere le promesse elettorali;

d) l’affastellare tutti gli avversari nel fascio di tutte le erbe per loro indigeribili e da gabellare come comunisti o – tipico degli insofferenti perché autocarismati – “sinistri”:

e? far credere che  si va alla ricerca di unità tra maggioranza ed opposizione, anche se la si teme e la si ostacola con tutti i mezzi, in continuazione del modo subdolo di sedere nella bicamerale, che fu iniziativa infausta dell’On. D’Alema, ostinatamente legato  ad essa, malgrado anche i più duri di cervice avessero da tempo compreso che l’Arcoreico ciurlava nel manico, allo scopo di screditarlo.

L’opera di demolizione degli assetti democratici è ricominciata  da dove sempre inizià: dalla demonizzazione delle intelligenze avverse: ciò è facilitato dal fatto che il nostro Presidente del Consiglio detiene tutti i poteri editoriali principali: da quel soglio si può scegliere chi innalzare alla notorietà e chi precipitare dalla rupe Tarpea della denegazione di tutti i diritti e dell’obliterazione sistematica delle personalità anche le più notevoli, da trattare come se si trattasse di òun ticket.

I Casi Biagi Santoro non sono che le punte degli icebergs che l’Epulone nostrano ha fatto precipitare dai “poli”  per invertire a proprio vantaggio il significato dei termini libertà e dittatura.

Né va trascurato il caso più recente, quello dell’autore dei testi presentati in onda dai fratelli Guzzanti in ore impossibili su RAI3: Sospeso per tre giorni dal servizio e dallo stipendio per non so se insulto o vilipendio del non mai abbastanza lodato Tremonti, da assimilare, per importanza e staticità alla Trinità dei Monti così cara ai romani, che però ne hanno ben donde.

Dov’è il marcio in quest’ultima vicenda, gabellata dal CDA della Rai come una giusta punizione per non aver rispettato i regolamenti? Il marcio sta nel tentativo di nascondere con l’osservanza dei regolamenti la volontà di farsi giustizia da soli, evitando l’unica istituzione ad hoc che è la magistratura, sempre più invisa al forzista dei forzati in azzurro, perché sempre maggiormente in disagio per gli abusi di potere di questo governo, capace solamente di sgovernare e parlar male. Perché se un reato o una mancanza regolamentare ci fosse stata, la cura di sanzionarla doveva spettare alla magistratura competente: Tar Corte dei Conti, Consiglio di Stato o magistratura ordinaria. Troppo comodo sommare nelle proprie mani poteri di dirigenza e apoteri di giudizio e sanzione, non si crede?

Ma all’”allumato” o traveggolante nostro presidente del consiglio dà fastidio solo il nome di magistratura. C’è forse da stupirsene?

Rieti, 31/12/2002

 

Luigi Melilli

 

Giullare vecchissimo e azzoppato che si tedia dei rientri nell’OSTERIA NAZIONALE