MONTAGGIO D'INTERVISTE A GIORGIO GABER

La frase dello spettacolo che ti piace di più recitare?

Questa è una domanda alla quale mi è troppo difficile rispondere… Una che mi viene in mente è: "Cercare oggi di cambiare le condizioni del Paese, con qualsiasi tipo di politica, è come fare un po' di pulizia a bordo del Titanic che sta affondando". Questa mi sembra una critica molto pesante a questi momenti aggregativi che non si occupano della degenerazione dell'individuo.

Tu non fai satira nei tuoi spettacoli, però in questo periodo si sente dire che la satira è morta.

È vero, la satira non è il mio genere. Ma la satira si può definire sberleffo al potere, scherno, dileggio - più o meno crudele o violento - ed esisterà fintanto che esisterà il potere. Quindi è sbagliato dire che la satira è morta perché non è morto il potere. La satira finirà quando non ci sarà più il potere... Cioè forse mai.

Molti ancora rivedono gli spettacoli in cui Giorgio Gaber faceva la televisione: erano gli anni settanta e Il signor G era il tuo primo spettacolo, poi hai smesso…

L'occasione è stata contemporanea: due anni di tournée con Mina. Io facevo il primo tempo e lei il secondo. Allora ho intravisto la possibilità di un mestiere diverso, perché la canzone da teatro è una canzone diversa da quella discografica. Mi sono entusiasmato ed ho iniziato con Il Signor G. In qualche modo lì ho interrotto i rapporti con la televisione - a parte qualche apparizione come ospite, forse una decina in ventotto anni. La cosa curiosa è che allora i teatri non erano pieni, ma io ero molto più popolare di oggi. Quindi ho dovuto ripropormi in modo diverso e tu sai che i cambiamenti a vista sono sempre i più faticosi. Non ho rinnegato quello che facevo prima ma ho dovuto cambiare il mio modo di fare spettacolo. Sono sempre stato attratto dai grandi cantanti francesi - Jacques Brel, Georges Brassen… - che riuscivano a fare, con la canzone, uno spettacolo teatrale; questa cosa in Italia c'è stata pochissimo. Io avevo già fatto Non arrossire che aveva una vena romantica-dolce-amara, mentre dall'altra avevo La ballata del Cerruti e altre canzoni di racconto, più teatrali. Quando ho scoperto che si poteva fare la canzone a teatro ho fatto la mia scelta.

Che valore ha per Giorgio Gaber una canzone?

Questa è la domanda chiave di questo mio lavoro. Senza dire quale è il migliore o il peggiore, ci sono diversi modi di scrivere canzoni: quelli dei grandi autori discografici, di spettacoli o di commedia musicale… E ci sono poi canzoni, come quelle che scrivo io, che descrivono un arco emotivo, un racconto che si sviluppa nei quattro, cinque minuti di tempo della canzone. Questo è il modo che mi ha appassionato. Credo che la capacità, mia e di Luporini, sia quella di individuare all'interno della canzone questo percorso emotivo, una storia che si conclude e che deve essere buona al primo ascolto. Molte volte la prima volta che si ascolta una canzone non si riesce a capire bene com'è e si deve riascoltare per… abituarsi. A teatro non esiste questa possibilità (si dovrebbe tornare a vedere tutto lo spettacolo), quindi evidentemente la forza emotiva di questo tipo di canzone è una forza da primo ascolto.

Giorgio Gaber nello spettacolo "1999 - 2000" presenta "Destra-sinistra", una canzone ironica che segna una difficile epoca di passaggio. Lo spettacolo inizia dicendo "Sono un ingenuo"…

Perché frequenti così poco la televisione?


Io faccio quest'altro mestiere, che è quello del teatro, e mi basta. Credo che le cose che faccio io trovino difficoltà di ambientazione televisiva; sono fatto in maniera un po' particolare, non mi posso considerare un cantante di musica leggera; culturalmente la Rai non è che si… operi più di tanto.
Perciò questa mia attività rimane per lo più teatrale.

In teatro quest'anno porti uno spettacolo che si intitola "1999 - 2000" e inizia dicendo "Sono un ingenuo". Il duemila continuerà a vedere l'espansione del consumismo ai danni della coscienza?


Sì, il mercato vince. Anzi, il mercato ha vinto. La lotta tra la coscienza dell'individuo e il mercato è quanto mai attuale: si è risucchiati dal vortice del consumo senza rendersene conto e per un po' saremo soggetti a questo dualismo: coscienza/mercato.

Come possiamo provare a salvarci?


Io spero con la consapevolezza. Se, a poco a poco, capiremo che ci sono cose che ci servono ed altre che non ci servono, forse riusciremo a determinare questo mercato e non esserne vittime totali.

"Dov'è la destra, dov'è la sinistra": dove volevi colpire?


La polemica è su questo apparente fortissimo antagonismo delle due parti. Io sono convinto che in questo momento la politica ha poche possibilità di risolvere i nostri problemi e che esasperare questi contrasti fa bene solo alla politica e non al Paese. Quindi la canzone nasce per smontare questo dualismo così violento e riportare tutto alle cose che riguardano la gente e che interessano al Paese.

Misurarsi col teatro ogni sera, ancora, dopo tanti anni. Che energie ti dà?


Be', il teatro dà molte energie, è un bello scambio; il pubblico dal vivo, il pubblico vero, che parte con le sue titubanze, con le sue pigrizie e a poco a poco si coinvolge nello spettacolo continua ad essere un percorso sicuramente eccitante e ogni sera è una battaglia. Io sono competitivo, mi piace questo contrapporsi di uno contro mille (uno col gruppo naturalmente). Credo che non si esaurisca in una sola serata ma abbia una continuità che dà forza e coraggio di affrontare nuove situazioni e di dire cose che, quando le scrivi, ti chiedi "Chissà come andranno".
Ma avendo fortunatamente scelto uno spazio diverso, non siamo soggetti a condizionamenti e possiamo scrivere tranquillamente quello che ci interessa.
Le mie canzoni sono sempre state un po' particolari, quindi il pubblico se le ricorda ancora e le canta insieme a me.

Quella che più ti tocca il cuore, ancora?


Sicuramente Non arrossire. È una canzone sentimentale, molto dolce, con un bel clima, molto ingenua, però di grande tenerezza.

Di recente Adriano Celentano, a sorpresa, ha cantato in apertura di un suo spettacolo Il conformista. Avete cominciato assieme… tu eri il suo chitarrista?


Sì, facevo la terza ragioneria - perché sono ragioniere - lui bazzicava in qualche balera o in qualche festa di piazza e io facevo il suo luogotenente. Facevo il chitarrista che lo aiutava a tenere insieme un gruppo di raccogliticci perché ogni volta cambiavano. Facevo anche le prove, quando lui non c'era perché magari aveva giù la voce, cantavo io. Forse è lì che ho cominciato a cantare.

Di quegli anni rimpiangi qualcosa?


Una certa energia che si perde col tempo: si diventa più pigri, più cinici, meno sorpresi dal mondo e questo è un peccato, perché in effetti forse il mondo è diventato meno interessante. Però forse anche noi siamo diventati più anziani.