Sono una
donna di 35 anni. Sono avvocato. Lavoro nell’ufficio
legale di una multinazionale di cui mi interesso
prevalentemente del societario estero perché tra
l’altro parlo bene l’inglese (lingua madre). Mi
impegno e lavoro molto (raramente lascio l’ufficio
prima delle 19): tutte cose che mi son state riconosciute
tant’è che m’hanno fatto crescere rapidamente
di livello oltrecchè economicamente (anche 2 aumenti di
stipendio in un anno). Ora,
un'ulteriore crescita richiederebbe che si rendano
disponibili delle posizioni più in alto, il che appare
al momento molto improbabile dato che in aziende private
non si costuma crearne una solo per gratificare qualche
dipendente. Inoltre, non sono (fortunatamente) una che ha
difficoltà ad attrarre gli uomini, ma non intendo
sposarmi perché ritengo l’istituzione matrimonio
così com’è oggi, un inutile eccesso di vincoli ed
ideologicamente obsoleta; e nemmeno pretendo di
“farmi mantenere”, ma ammetto che mi piace
(fatalmente) l’idea di avere un bambino, che sento
però più come un’esigenza personale, che non come
il coronamento di un rapporto affettivo. Ciò detto, mi
sono guardata attorno. Vado ad
un colloquio con una importante azienda. OK, vi faremo
sapere. Parlandone poi con un’amica, questa scopre
di conoscere uno di quelli con cui ho avuto il colloquio,
e si fionda a telefonargli per…. “oscultare”.
In breve: la tua amica è proprio OK… ma…
peccato che parli bene “solo”
l’inglese… eppoi… (grave
vulnerabilità)… ha 35 anni… magari diviene
incinta, se ne va in maternità e quindi buona notte la
secchio… ergo: preferiremmo un uomo…
quand’anche meno qualificato… ma ahimè…
abbiamo solo candidate donne [sic!]… Ovvero: di
quella pregiata risorsa che sono i candidati maschi ce
n’è poca, e dobbiamo ahimè arrangiarci con questi
ripieghi ( cioè, donne… in età in cui è
abbastanza probabile che… “cadano” incinte
sul campo). Tutto
ciò mi ha fatto toccare con mano una realtà
socio-biologica che è quella che è, e che
impropriamente potrebbe ricondursi ad un semplicistico
schema di vittime&colpevoli, ma che nondimeno si
ritorce di fatto come assolutamente “iniqua”
per quell’ampia fascia di umanità che è il “genere
femminile”. E non solo in relazione a quanto ho
appena descritto --, che è solo un esempio per prendere
le mosse per un discorso che tocca invece una materia ben
più ampia e complessa --, ma anche per
l’abnormemente ”ingiusta sproporzione”
tra oneri e riconoscimenti che si ritrova tra i due
generi, maschile e femminile, nel corrente costume
sociale; costume sociale, nondimeno ideologicamente
fortemente imperniato su presunti criteri meritocratici e
di premiante proporzionalità per ruoli ed impegni.
“Tutta” la parte “onerosa” di quel
fondamentale, inelidibile, processo per la conservazione
e sviluppo dell’intera umanità grava infatti “interamente”
sul genere femminile: i mille fastidi della lunga
gravidanza, la deformazione e strazio del corpo, il
dolore, il rischio della vita etc. sono tutti di totale
ed esclusiva “gratificazione e vantaggio” delle
donne… -- avendo il maschio dell’intera
operazione la “sola” parte piacevole… né
se mai visto alcun maschio morire di parto. Che
succederebbe se per ipotesi, per sfuggire a quegli oneri
perché diseguali ed esclusivi, le donne si rifiutasse di
farsi mettere incinte?... Ma sfuggire a questo destino,
come al colore della pelle, non è possibile: la natura
ha provveduto ad infondere nelle donne anche una
biologica “esigenza di maternità”, per cui
esse stesse sono prone a “volersi sobbarcare”
quel maggior onere che rappresenta la maternità,
fatalmente schiave e vincolate dalla loro stessa
condizione femminile. Tutto ciò, anche in un ottica di
semplice coerenza ad uno sbandierato sistema/costume di
meriti&premi per impegni, ruoli ed oneri, dovrebbe
essere qualcosa che dovrebbe pesare per almeno un “qualcosa-di-più”
da riconoscere alle donne per il “molto-di-più”
che esse fanno in quello rispetto al maschio, e non come
un handycap come in effetti è. Agli
albori del 21esimo secolo, in una società che viaggia
negli spazi, va a curiosare nel big-bang, trapianta cuori
e fegati, fa cose mirabolanti con i computer, legge e
modifica il DNA, ed ancor più… in un mondo che
annovera paesi sedicenti fari “fari-di-civiltà”,
-- …come il nostro… che (solo da poco più di
un cinquantennio) ha consentito (bontà del
“magnanimo” legislatore) che “anche le
donne” (questo sottogenere evidentemente
“culturalmente” inferiore) potessero votare, e
che fosse nominalmente abolito il concetto di patria
podestà --, non è certo intempestivo o fuori posto
almeno iniziare un dibattito su siffatta problematica.
Propongo anzi, il rilancio di un rinnovato movimento di
“women lib” imperniato sull’attuazione di
“possibili parificazioni” delle realtà
socio-biologiche maschile e femminile. Una sorta di
“femminismo2”, laddove il
“femminismo1” ha rappresentato un già
importante passo di equiparazione di diritti delle donne,
e che non poteva che prendere le mosse dall’anello
più critico e preliminare delle problematiche femminili
qual’era appunto il riconoscere parità di
comportamenti nella sessualità, al fine cioè che non
rappresentassero più stigma per le une e pregevole
gallismo per gli altri. Ottenuto almeno in maniera
nominale questo risultato, è ora il caso di passare ad
una fase adulta di un incompiuto processo di
parificazione di opportunità e condizioni tra uomo e
donna, o di adeguamenti e compensazioni… -- se non
addirittura di battersi per una legittima “disequità”
per una volta a vantaggio delle donne, perché
contribuiscono disegualmente -, nel senso di
“oggettivamente” ben di più del maschio -,
allo sviluppo, conservazione e benessere del consorzio
umano. Ed ecco
che già li vedo e li sento i tanti sapienti moralisti in
cravatta, e non… i finti riformisti, i progressisti
del “purchè-rimanga-lo-statu-quo”, gli
amorosamente salmodianti e “infallibili”
(fuchi) in vanesio ermellino&porpora… che --,
fatta la parata delle “esclusive” sapienze
nelle ospitali sedi di comunicazione&persuasione
che per un verso o l’altro controllano --,
concludono seraficamente con un fatalistico, salvifico e
rasserenante “Dio-lo-vuole”. Bene, lasciamo a
Dio -, e/o natura (per i laici) -, fare quel che è
il suo/loro mestiere; ma per quanto è il mestiere di noi
“umani con la testa” che hanno la pretesa di
meglio “regolare“ le cose che Dio/natura hanno
fatto, di cose da fare anche più semplici
dell’investigare il big-bang o di (carfagnescamente)
risolvere il problema della prostituzione (quanto tempo
sprecato… alle… “pari
opportunità”!), ce ne sarebbero da
“poter” fare per cominciare a migliorare la
situazione nel senso di una più benefica,
“equità“ per tutti (ove mai il benessere di
una parte fosse visto come un reale benessere di tutti). A questo
punto, con un paternalistico sorriso di ironica
sufficienza, provocatoriamente mi si dirà: e cosa mai si
potrebbe fare, per esempio?… ed eccovi
tutt’altro che provocatoriamente... delle
“reali” proposte… di concreta
valenza… (non escluse implicanze di valenza
ideologica… aspetto questo molto importante in un
paese moralista in cui non si perde mai ogni occasione
per guardar-nelle-mutande-della-gente --, vuoi come
corrispettivo dell’ 8 per mille o di qualche voto
elettorale). Dunque si potrebbe per cominciare… 1 –
introdurre la RID (Routine Infant Defloration) per le
bambine neonate… -- così come già oggi esiste in
molti paesi, America (USA) inclusa, la RIC (Routine
Infant Circumcision) per i maschietti; (la “maggior
parte” dei neonati americani è infatti circoncisa
alla nascita) – al fine di cancellare una volta per
tutte quell’offensivo “sigillo-di-garanzia”
o “bollo d’uso”, che vale solo per il
“corpo delle donne”, e che nella storia
dell’umanità e del costume ha rappresentato solo un
elemento di discriminazione, di pregiudizio, di
superstizione, di incultura, di crimini tollerati, di
vendite all’asta e di tutta la peggior iconografia
più selvaggia ed incivile... senza che ci sia per
l’esistenza e mantenimento di quel sigillo
nessunissima utilità fisica o pratica. Già ottenere che
anche per le donne, così come è per gli uomini, non si
possa più parlare di verginità, se non per effetto di
“reali“comportamenti propri e
“privati”, sarebbe già questa una svolta di
portata epocale dai mille risvolti socio-culturali e
pratici. (Per i meno scolarizzati: risparmiatemi il
discorso delle mutilazioni femminili che non
c’entrano proprio niente, sarebbe infatti
(guardatevi l’enciclopedia a dispense) cosa molto
meno invasiva della diffusissima circoncisione neonatale
maschile pacificamente accettata, ed “addirittura
benedetta” da Colui il cui figlio ha poi fondato
quel nuovo partito detto cristianesimo, e che pur essendo
distinto è comunque “uguale” al Padre). Così
poi, come c’è oggi la possibilità di richiedere
certificati di battesimo e certificati di circoncisione,
ci sarebbe anche la possibilità di poter richiedere un
certificato di “deflorazione” medica, a scanso
di equivoci. Ma pensate per un momento che impatto
socio-culturale si avrebbe, se anche per le donne, come
per gli uomini, non si potesse più stabilire se avessero
o no mai avuto un rapporto sessuale! 2. –
Introdurre un percorso di sviluppo educativo e formativo
per le donne che valga a “compensarne” al
meglio le disequità che discendono dalle diversità
funzionali fisico-biologiche del maschio e della femina.
Deve essere cioè disegnato un percorso formativo che
consenta alle donne di poter sovrapporre il periodo degli
studi scolastico-universitari con la possibilità di
poter diventare madri – indipendentemente dal fatto
di essere o no, “mogli”. In questo modo
adempierebbero ad una esigenza della società, si
scolarizzerebbero, e potrebbero entrare nel mondo del
lavoro come i maschi, senza dover subire quel pesante
empasse di sviluppo professionale e di carriera per “intervenuta
maternità” che (iniquamente) le penalizzerebbe. Last
but not least, le donne verrebbero così ad aver anche
soddisfatto la biologica “esigenza di
maternità”, che per quanto possa sembrare poca cosa
e non interessare “taluni”, tocca il benessere
psicofisico delle stesse a tutto vantaggio della qualità
della loro vita, dei rapporti con gli altri ed in ultima
analisi anche della produttività nel mondo del lavoro. E
ditemi se questo è poco! 3. –
Con la soluzione prima descritta, a studi conclusi,
uomini e donne sarebbero dunque automaticamente
“più equivalenti” sul piano delle carriere e
sviluppi professionali, essendo per le donne stato
enormemente ridotto quel principale motivo di empasse
rappresentato dalla maternità (il guaio delle
donne… [sic!]). Si minimizza così – per maternità
assolta… come in passato per assolto servizio
militare per i maschi -- un problema per il potenziale
datore di lavoro, così come per le donne, per
un’indesiderato blocco in un percorso di sviluppo
professionale e di carriera per effetto di sopravvenuta
maternità. Anzi, quelle più audaci e determinate
potrebbero addirittura farsi sterilizzare e disporre di
un apposito certificato di sterilizzazione da trasmettere
all’uopo col proprio curriculum nella ricerca di un
lavoro, che varrebbe a renderle nominalmente almeno
pregiate e utilizzabili al pari del maschio, e senza che
per questo debbano aver rinunciato di fornire il loro
insostituibile contributo di crescita della società, o
discapito al loro benessere psicofisico legato ad
un’insoddisfatta biologica esigenza di maternità. A questo
punto, o su questi problemi e soluzioni cominciamo a
farci un pensiero serio, o smettiamola una volta per
tutte di ”infantilmente” lagnarci della
crescita zero della società degli italiani doc (che
proprio non si risolve col bonus bebè)… -- e
lasciandoci quindi fatalmente islamicizzare (ove mai ciò
non ci piacesse) dai momentaneamente più prolifici
immigrati. Ad ogni buon conto, possibili soluzioni,
quand’anche apparentemente “trasgressive”
sono dunque delineabili… -- talune persino attuabili
già oggi a costo zero, se si volesse (… abbiamo o
no un ministero delle… “pari
opportunità”?...); e sennò, comunque “più
rovinosamente” domani, vedrete!…
Sono
gratuitamente, solo provocatoriamente trasgressive certe
idee? O non sono piuttosto
"troppo" avanzate, e che turbano solo perché
vanno ad infrangere “opportunistici”
tabù ? A guardare la storia dell’umanità sembra
infatti che la trasgressione non risieda mai nelle idee
quanto nella momentanea indisponibilità della cultura
corrente a volerle accettare, quand’anche
sacrosante. Come ebbi infatti già modo in altra
occasione di osservare, in passato avere schiavi era
segno di nobiltà e censo, l’aborto era un crimine e
le streghe venivano messe sul rogo… oggi, la
schiavitù è un crimine, l’aborto un diritto delle
donne e le streghe… non sono mai esistite: considerata
la portata del ribaltone... più trasgressivi di così
non si poteva!... e benedetta
trasgressione! ... ah! Se avessimo
trasgredito prima… Fiona. |