AMBIENTE E SVILUPPO COGNITIVO

AMBIENTE E SVILUPPO COGNITIVO

Gli effetti dell’apprendimento

di LAURA TUSSI

Gli effetti dell’apprendimento (esperienza e influsso ambientale) sono filtrati dall’equilibrazione, fattore di regolazione interna di ogni organismo vivente, centrale nello sviluppo.

Il meccanismo dell’equilibrazione.

Piaget afferma che la ristrutturazione endogena è un processo continuo e la natura di questo processo è la ricerca di stati di equilibrio. Il movimento verso l’equilibrio non si volge nel senso di una maggiore staticità, ma di un’attività crescente che permette la costruzione intellettiva di strutture più complesse. La vita è autoregolazione, per cui la conoscenza non risiede in un qualunque organo fisico, ma usufruisce dell’interazione di insiemi di organi per il suo funzionamento, in una prospettiva solipsistica. Lo scambio con l’ambiente (stimolo-risposta) è alla base del comportamento. Piaget parlando di ambiente si riferisce a quello fisico, mentre Vigotskj considera l’ambiente sociale. Piaget ha sempre rifiutato la prospettiva neodarwinista sull’evoluzione in quanto selezione naturale vista da Piaget come processo subito dall’organismo, senza partecipazione attiva. Piaget propone un modello in cui l’organismo sia perennemente attivo e prenda iniziativa di cambiamento, come parte del processo globale di autoregolazione. Questo è l’equilibrio, ossia la ricerca di omeostasi. Quando le pressioni esogene sono tali da rendere impossibile l’assimilazione, vale a dire l’apprendimento, si ha una situazione di squilibrio. L’organismo cerca la soluzione, costruendo una nuova struttura mentale che si adatti alle esigenze dell’ambiente e dell’organismo. Il problema fondamentale in questa prospettiva consiste nel dover insegnare la struttura al bambino o doverlo mettere nella situazione in cui è attivo e si crea la struttura. Secondo Piaget non si riesce a fermare il progresso dell’apprendimento specifico indipendentemente dal progresso stesso, ossia tramite l’idealismo meccanicista. Piaget sostiene che l’apprendimento è una strategia di scoperta per cui le organizzazioni precedenti si trovano in un tutto coerente che è una nuova struttura di equilibrio. L’apprendimento è ricerca di equilibrio e lotta contro l’entropia, ossia il disordine. L’apprendimento non è in rapporto con la motivazione per una questione socioculturale, ma l’apprendimento nella nostra società è lo stato naturale del bambino e dell’adulto. L’ambiente preposto all’apprendimento è la scuola. Secondo Piaget il ruolo della stimolazione precoce non ha gran peso perché nella sua prospettiva lo sviluppo si svolge in una successione obbligatoria di stati. La ricchezza o la povertà dell’ambiente non costituiscono fattori importanti perché non alterano i meccanismi fondamentali dello sviluppo, nell’equilibrazione e nell’adattamento. Piaget ritiene importante l’articolazione interna delle strutture cognitive.

Contenuti d’insegnamento e processi cognitivi.

La disciplina pedagogica riguarda processi d’accrescimento e di trasformazione soggettiva, di sviluppo e problematicità dei saperi e dei contenuti. Contenuti e processi sono termini fortemente intrecciati nella letteratura pedagogica per l’opinione comune secondo cui i contenuti dell’insegnamento sono identificati con le materie scolastiche, i saperi valutati come nozioni. Il termine disciplina quale aspetto formativo ed educativo indica delle conoscenze trasmesse e la ricerca educativa recente vuole rimuovere questa distinzione. Il concetto di processo quale attività educativa priva di finalità prestabilite, riguarda il soggetto in formazione, suscettibile di modificazioni sostanziali per effetto di fattori ambientali e situazioni di apprendimento. Nel secondo dopoguerra la natura pedagogica come tecnica dell’organizzazione dell’apprendimento e del momento educativo reale comprendeva modi concreti di fare scuola nella consapevolezza politica della necessità di una maggiore e democratica organizzazione dell’apprendimento e delle strutture educative.

Matrici teoriche, contenuti e metodi.

La tesi liberale di ispirazione attivistica vede i metodi quali principi basilari della formazione, ossia libertà, scientificità, socialità. Dewey propugna la didattica degli interessi, eliminando lo sforzo, diversamente da Bruner. Le tesi di impronta marxista si preoccupano di definire i contenuti dell’insegnamento in un atteggiamento critico verso l’attivismo di Dewey. Questi studiosi appartenenti ai due indirizzi sono preoccupati per gli effetti negativi sul piano educativo apportati dalla frattura tra la problematica “metodi” e “contenuti”. Negli anni ’70 si assiste ad un emergere di posizioni critiche verso Dewey e il suo concetto d’indagine. Il discorso di Dewey sull’apprendimento per problemi è il tentativo di individuare elementi costanti validi in ogni campo e circostanza, producendo vantaggio in campo didattico, come per esempio l’eliminazione di pesanti tecnicismi limitanti l’azione educativa. Nel secondo dopoguerra in ambito pedagogico si guarda al razionalismo di Dewey come nuovo illuminismo, capace di trasformare la condizione umana con la ragione e la scienza. Negli anni ’70 Bruner attua un progressivo distacco dall’idea Deweiana di educazione, per cui scaturisce la polemica di Bruner contro il concetto di educazione di Dewey, in cui prevale la didattica degli interessi fondata sulla rinuncia alla tensione e allo sforzo, conducendo sul piano pratico a trasmettere contenuti ricavati dall’ambiente in cui vivono gli allievi, e a sottovalutare i contenuti disciplinari e i saperi costitutivi. Secondo Bruner si può insegnare qualsiasi argomento a qualsiasi età, rifacendosi ai concetti psicogenetici di Piaget, finalizzati alla ricerca del significato. L’educazione può contribuire a migliorare i processi intellettivi dell’uomo che diventa innovatore, capace di adattarsi alle trasformazioni, senza subirne i condizionamenti.

OLTRE L’IDENTITA’ ADULTA.

La complessità dell’identità adulta nell’identità poliedrica costituisce facce che mutano in rapporto a nuovi eventi psichici che emergono dagli incontri sociali. Secondo Von Bertalanffy il concetto di vivente come sistema coincide con un sistema organizzato da parti diverse. Il sistema è totalità non riducibile alla somma delle parti, ma funzionante come un tutto per l’interdipendenza delle parti. L’approccio sistemico è importante per l’indagine del concetto di cambiamento. E’ necessario vedere gli elementi nella loro complessità, ossia disordine, pluralità, complicazione, disorganizzazione. Per l’approccio sistemico il soggetto non è il risultato e l’effetto di una sola fonte, ma l’aggregato di parti in interazione. Il mito di Giano rappresenta il Dio di ogni passaggio e transizione con un potere panottico che gli consentiva di avere più identità, di essere plurimo e unico. Per l’approccio sistemico l’identità adulta non è più solo plastica, aperta al cambiamento, ma plurima a più facce, il cui manifestarsi è possibile in quanto dimensioni costitutive del sistema.

Secondo il pensiero di Jung il sé costituisce il momento di approdo del processo di individuazione e si arriva ad esso per via intuitiva e metaforica ad esempio con il mito di Giano, in cui l’idea di sé è evocata nella convinzione che il metodo scientifico può scomporre i volti di Giano senza ridurre l’integrità sistemica.

Secondo il parere della psicologia sociale il sé è sistema di parti in interazione tra loro con ambiente e alterità. Il sé è una struttura in evoluzione, ossia uno spazio multidimensionale, in cui le regioni della soggettività emergono più di altre in relazione a circostanze. Il sé esibisce all’esterno un continuum per volta, in quanto componente del mondo psichico che non si estingue, ma si trasforma nel corso della vita come nella fenomenologia del gioco, dell’avventura, della crisi. I continua hanno peso nello sviluppo del sé adulto e il loro mancato progresso provoca arresto nel processo espansivo. I continua che definiscono l’adulto sono:

· Il riconoscimento di sé: in età adulta è importante potersi identificare rispetto a luoghi, persone, capacità, infatti l’individuo si percepisce positivamente se tramite la dimensione affettiva e lavorativa si riconosce ed è riconosciuto dagli altri. L’adultità deve transitare davanti a uno specchio che incoraggi o scoraggi l’individuo.

· Ludicità, pratica della leggerezza: il gioco è un vissuto che si riscontra in diversi ambiti adulti, nell’amore con l’innamoramento, la trasgressione, e il tradimento; nel lavoro con l’impegno, la competizione, la ricerca; nel tempo libero con il viaggio, la vacanza, e lo sport. Il gioco ha un valore liberatorio infatti non sussiste attività ludica che soggiacia a legami e imposizioni. La ludicità sottende la dimensione di leggerezza con la voglia di libertà; infatti giocando si impara ad affrontare la vita quotidiana alternando seriosità a distrazione, con un senso di pausa e distacco dai compiti della realtà. Il gioco è terapeutico perché alleggerisce la vita adulta introducendovi momenti distensivi.

· L’avventura, pratica della sfida: ad-ventura è tensione per ciò che potrebbe accadere sradicandoci dal mondo delle cose consuete. L’avventura è sfida che l’individuo intrattiene con se stesso, con gli altri, con la natura. L’avventura è sempre turbolenta diversa dal gioco; possiede una finalità differentemente dal gioco che è anche senza scopo; provoca tensione, mentre il gioco è distensivo.

· Magistralità, pratica riproduttiva: è il continuum che appartiene all’età adulta nell’essere genitori, insegnanti, educatori. La magistralità è una propensione dell’adultità, ma anche la sua condizione sociale. Per il fatto di essere adulti ci si pone in situazione di potere di tipo persuasivo e autoritario, in cui la magistralità è una componente dello spazio relazionale.

· Decisionalità, pratica della scelta: il mondo adulto si regge sull’esperienza decisionale e sull’assunzione di scelte, per cui le terapie e le azioni formative rivolte a giovani e ad adulti più svantaggiati mettono al centro l’acquisizione di comportamenti decisionali.

· Reciprocazione, pratica dello scambio: i gruppi e le comunità sono sedi in cui l’adultità si mette alla prova e si sviluppa con regole di convivenza e di cooperazione e ricerca di solidarietà nel gruppo come occasione per l’emancipazione dall’ignoranza e dalla miseria, con la rinuncia all’individualismo in nome di interessi comuni.

· Proiettività, pratica del futuro: il progetto è la presenza di disponibilità al cambiamento, nella possibilità di diventare adulto quale pratica del futuro e riscoperta del puer aeternus con la sua voglia di conoscere e giocare distinguendosi dal senex che rappresenta la fissità. La sospensione del rapporto con il futuro è perdita completa del senso di possibilità di crescita.