Considerazioni inattuali sul presente

di wanda piccinonno

L’insensatezza del teatrino politico-mediatico , la sacralizzazione del mercato , lo spettacolo quotidiano dell’orrore , la giustizia beffata , la prassi di guerra ,i cambiamenti di scenario che si susseguono con estrema velocità , ci obbligano a evocare il sottofondo di non-senso su cui si profila la minaccia di una catastrofe . C’è , dunque ,qualche ragione per essere pessimisti . E ciò, sia perché non si intravede all’orizzonte una forza rivoluzionaria che sia in grado di raccogliere le sfide del presente , sia perché sovente si offre uno schema scarnificato della realtà , sottovalutando così le significative mutazioni socioantropologiche della nostra epoca .

Sicché , se vogliamo essere pienamente realisti , se vogliamo guardare in faccia il Male, dobbiamo respingere ogni postulato a priori , ogni credulità senza età e cercare , invece, di elaborare un nuovo approccio teorico .

Da qui un interrogativo : è possibile archiviare l’eredità marxiana ? Non si tratta di un quesito stravagante e marginale , tant’è che intellettuali di grande spessore stanno sviluppando un fecondo dibattito sull’argomento .

Mario Tronti , uno dei protagonisti del suddetto dibattito , ha affermato che " la riflessione marxiana continua ad essere indispensabile per restare in piedi in un’epoca tragica , sospesa tra la necessità di una rivoluzione e l’impossibilità di vederne una all’orizzonte ".

In questi tempi di disgrazia , quindi , bisognerebbe vivere con Marx andando oltre Marx .

Ciò , ovviamente , non può giustificare la bizzarra proposta di un "socialismo della persona ", perché tra "l’individuo sociale " e la cosiddetta "persona " esiste di fatto una netta linea di demarcazione . Partendo da queste premesse , e per demistificare le imposture dei falsi profeti, penso che sia utile analizzare le linee portanti del personalismo . Questo termine , entrato nel linguaggio filosofico solo verso la fine del XVIII sec. è stato usato probabilmente per la prima volta da Schleiermacher , come riassuntivo della concezione cristiana del Dio-persona , in quanto contrapposta al panteismo . Solo circa un secolo più tardi il termine cominciò ad essere usato per designare , in polemica contro il monismo idealistico , una concezione del mondo ispirata a un pluralismo di tipo leibniziano . La prima sistemazione filosofica del personalismo avviene con C. Renouvier . Per quest’ultimo la realtà è un insieme di centri di coscienza , accordati secondo una "armonia prestabilita ", regolata da Dio.

Successivamente , l’impegno politico-sociale assume una valenza preponderante nel personalismo di E. Mounier , secondo il quale la "personalizzazione "è il senso fondamentale della vita dell’universo . In quest’ottica , la persona , intesa come spirito impegnato nel mondo, si traduce in trascendenza , in ispirazione divina dell’uomo . In altre parole , la "rivoluzione comunitaria " e personalista ha il compito di realizzare nella storia il regno di Dio . Ciò detto , sempre per fare un po’di chiarezza , va precisato che gli intenti di rinnovamento sociale di Mounier discendono anche da una opposizione alla soluzione comunista e marxista . Difatti , questa opposizione è stata da lui ribadita in tutte le occasioni, come è stata sempre ferma la sua convinzione che non si può realizzare con l’azione politica il paradiso in terra . Di più : il cosiddetto " cattolicesimo comunista " è stato sempre da lui respinto proprio sulla base dell’inconciliabilità filosofica di esso con il personalismo.

" Due filosofie radicalmente opposte non possono originare delle strutture sociali identiche", egli scriveva nel 1933 .

Insomma , per Mounier al di sopra della materia c’è la vita , al di sopra della vita c’è lo spirito ed è lo spirito che caratterizza veramente l’uomo e ne costituisce la persona perché gli rende possibile il rapporto con l’Esistenza suprema che è Dio .

E’ , pertanto , evidente che se non vogliamo aggiungere ulteriori confusioni al caos dilagante dobbiamo necessariamente prendere atto che questa impostazione è lontana anni-luce da una concezione materialista , vuoi perché essa prescinde dalla potenza irriducibile dei corpi ,vuoi perché rimuove l’essenza dei desideri sociali , vuoi perché nega la determinazione sociale del collettivo . Donde si deduce che non si può accettare l’idea di una " Comunità vivente " che anticipi nella imperfezione della storia la comunione dei santi .

Occorrerebbe , dunque , demistificare l’obbrobrioso mix tra trascendentalismo e materialismo .

Da qui la necessità di respingere le vaghezze irritanti e strumentali della cosiddetta sinistra radicale.

Che fare dunque ? Che cosa è consentito volere in questi tempi di disgrazia ? Penso che per dissacrare l’ordine simbolico dominante e per smascherare le imposture , dobbiamo fare esperienza del nostro corpo e delle trasformazioni che lo attraversano . In tal senso ritengo che sia interessante il libro "Il tempo della trasformazione", scritto da Tiziana Villani.Quest’ultima analizza i variegati processi di trasformazione e focalizza l’attenzione sul rapporto corpo-territorio . Vengono così decodificati i diversi fenomeni dell’urbanesimo con i relativi movimenti esistenziali . L’intellettuale sopra citata scrive : "Corpo e territorio condividono una singolare e comune condizione : quella di un divenire sospeso tra il persistere del passato e le sollecitazioni di un presente-futuro radicalmente pervaso dalle tecnologie ….Tradizionalmente – aggiunge T. Villani –il concetto di ambiente è stato contraddistinto dall’impiego che la geografia , in primo luogo , e poi le scienze sociali ne hanno fatto . L’ambiente è però una dimensione , un orizzonte , un piano ben più ampio che, lungi dall’essere omogeneo , prevede un’infinità di spazi e modalità che forgiano instancambilmente l’esistenza . L’ambiente ha a che fare con la vita , con i corpi che lo costituiscono , con le trasformazioni che lo attraversano " . E’ , pertanto , necessario " un ripensamento di tutte le categorie che caratterizzavano il rapporto tra i soggetti e la polis".In quest’ottica il "pluriurbano "assume una nuova valenza proprio perché esso è attraversato da fenomeni assai complessi che inglobano la deregolamentazione multirete, le tecniche di controllo , i processi di mercificazione e feticizzazione , la precarizzazione dell’esistenza , la pervasività mediatica e via dicendo . Ciò comporta un nuovo movimento esistenziale che muta le identità tradizionali .

" Le potenze del corpo e del territorio- sostiene T. Villani - possiedono propri linguaggi e indicano alternative esistenziali . La lingua del corpo è capace di sottrarsi dalla presa sadica e narcisistica dell’io tirannico , così i linguaggi del territorio disseminano espressioni contaminate e variate che disarticolano l’imperio della grammatica maggiore ".

Ciò risponde al vero , ma bisogna tener presente che la sussunzione della società nel capitale , penetrando nei meandri più riposti della vita , tende costantemente a coniare l’essere sociale . Inoltre , la fine delle narrazioni ideologiche , la crisi profonda delle democrazie parlamentari , il trionfo dell’ antipolitica , il controllo metropolitano , il dato strutturale dell’emergenza , lo stato di guerra permanente , spingono a ridimensionare l’ottimismo e a rivisitare il pessimismo della ragione .

In sintesi , occorrerebbe , come vuole Slavoj Zizek , " resuscitare la passione critica trasgressiva ,rinunciando anche a un’idea di realtà primordiale pienamente costituita ". Partendo da queste premesse Zizek evidenzia che nell’epoca del capitalismo globale anche i rimedi rappresentano una sorta di " supplemento ideologico ". Ciò rimanda allo " shock da futuro" , cioè di come oggi la gente non sia più capace psicologicamente di far fronte al ritmo frustrante dello sviluppo tecnologico e ai cambiamenti sociali che lo accompagnano….. Il ricorso al taoismo o al buddismo offre una via d’uscita da questa impasse che sicuramente funziona meglio della disperata fuga nelle vecchie tradizioni "(S. Zizek – " Credere ") .

Sempre in questo quadro si inscrive il ricorso alla medicina tibetana , cinese , yoga , ayurveda e via dicendo .

Ne consegue che le istanze liberatorie non possono prescindere dall’ambiguità del termine "soggetto " , dal momento che esso è condizionato dalle dinamiche pervasive dell’ideologia liberale . Di più : anche per quel che concerne il cosiddetto meticciato culturale va detto che esso è prodotto dalla deterritorializzazione del capitale , dal principio amorale del profitto ,

dalla geografia del dominio globale , dalla miseria , dalle guerre . Il discorso, ovviamente, richiama le problematiche relative all’immigrazione e alle chiavi di lettura che enfatizzano la soggettivazione dei migranti . Sia chiaro : non sottovaluto le determinazioni soggettive che attraversano i movimenti migratori , ma al tempo stesso penso che bisognerebbe evitare di cadere nelle dinamiche perverse di un universalismo simbolico e di un multiculturalismo astratto . Insomma , al di là di ogni considerazione, si evince che la mercificazione delle relazioni sociali , l’affermazione onnipresente della scelta già fatta nella produzione ,la logica del marketing , l’aberrante esercizio incondizionato della rete dei poteri globali , concorrono a rendere sempre più evanescente la libertà di scelta .

Non senza ragione S .Zizek parla di epoca postpolitica in cui la libertà di scelta si traduce in metascelta .

" Ci troviamo-scrive Zizek – proprio nel centro nevralgico dell’ideologia liberale : la libertà di scelta , fondata sul concetto di soggetto "psicologico "dotato di inclinazioni che si sforza di realizzare . E questo vale in modo particolare oggi , nell’era della società del rischio, nella quale l’ideologia dominante spaccia l’insicurezza causata dallo smantellamento dello stato sociale come un’opportunità per nuove libertà . Se la flessibilizzazione del lavoro significa che devi cambiare lavoro ogni anno , perché non considerarla una liberazione dalle catene di una occupazione fissa , come una possibilità di reinventare te stesso e realizzare il potenziale nascosto della tua personalità ? … Se questo ragionamento ti spaventa , gli ideologi della seconda modernità concluderanno che desideri " sfuggire alla libertà " , che sei attaccato in modo immaturo a vecchie formule di stabilità " ( S . Zizek- "Contro i diritti umani ").

Ciò è inconfutabile , ma è anche vero che la difesa del cosiddetto lavoro fisso rivisita le vecchie categorie del lavoro oggettivato nel capitale . In altre parole , per uscire dalle dinamiche del lavoro salariato occorrerebbe assumere una mentalità postlavorista e poststatalista . Sia chiaro , lo stato di precarizzazione va rimosso , ma ciò richiede anche un radicale rovesciamento di prospettiva .

Una ricostruzione qualitativa del mondo esige , dunque , una lettura critica produttiva che sia in grado di recuperare il senso dell’esistenza .

Ma come dare senso ai linguaggi ? Come combattere gli odierni totalitarismi ? Come decostruire gli "ossimori concilianti "? A questo proposito Umberto Eco fa esplicito riferimento alla pace armata , al fuoco amico , alle bombe intelligenti , all’intervento umanitario, alla sinistra fascista , all’ateismo clericale . E il barbarismo lessicale non si ferma qui tant’è che l’Ulivo prospetta "un volontariato per il servizio civile obbligatorio ". Inoltre , considerando l’ambiguità del centrosinistra , non è difficile prevedere che le "missioni di pace" continueranno in Afghanistan e in Kosovo . Per quanto concerne poi il ritiro dall’Iraq penso che sia meglio stendere un velo pietoso .

Ciò conferma che per uscire da uno stato di cieca ipnosi bisognerebbe operare un distinguo tra realtà virtuale e verità effettuale , tra meccanismi di democratizzazione formale e processi di democratizzazione sostanziale , tra scelte e metascelte , tra diritti umani concreti e"falsa universalità dei diritti umani ".

S. Zizek , rigettando la visione di un astorico aldilà " essenzialista" , afferma : " Lungi dall’essere prepolitici , i diritti umani universali definiscono lo spazio specifico della politicizzazione ; essi valgono come diritto all’universalità in quanto tale , il diritto di un soggetto politico di affermare la sua non coincidenza radicale con se stesso , di presupporre se stesso come "soprannumerario", l’unico senza un posto preciso nell’edificio sociale; e dunque come un agente dell’universalità del sociale stesso . Il paradosso è dunque molto preciso , e simmetrico rispetto a quello dei diritti umani universali intesi come diritti di coloro che sono ridotti alla non umanità . Proprio quando cerchiamo di concepire i diritti politici dei cittadini senza fare riferimento a diritti umani universali "metapolitici" , perdiamo la politica stessa ; ovvero , riduciamo la politica a un gioco "postpolitico "di negoziazione di interessi particolari" .

Di primo acchito le considerazioni dell’autore citato possono suscitare qualche perplessità, ma un’analisi attenta mostra che esse potrebbero contribuire a generare nuove strutture di pensiero . Vero è che in un’epoca in cui si registra il trionfo dell’antipolitica la delineazione di una filosofia dell’avvenire risulta piuttosto problematica . E ciò anche perché ci troviamo di fronte ad una forma di totalitarismo camuffato dalle dinamiche di una democrazia virtuale . D’altra parte , i massacri , le guerre globali e ordinative , l’apartheid sociale,l’ingiustizia globalizzata , le pratiche di controllo poliziesco ,l’orrore di Abu Ghraib e di Guantamano , mostrano che il totalitarismo , inteso come categoria della storia , può manifestarsi in guise diverse .

Di più : gli elementi polimorfici del totalitarismo odierno, non essendo pienamente intelligibili , spingono ad assumere posizioni passatiste o moderatamente riformiste .

Intanto , in questo scenario sconcertante alcuni intellettuali ricominciano a parlare di rivoluzione . Se è vero che essa è sempre possibile , è ugualmente vero che occorre operare un distinguo tra speranza rivoluzionaria e verità effettuale .

Insomma , al di là dei fantasmi escatologici , si elude una questione di fondo , e cioè che la pratica rivoluzionaria esige la presenza di una soggettività politica forte . Si può obiettare che i movimenti No-global rappresentano i nuovi soggetti politici . Ciò risponde al vero , ma bisogna anche riconoscere che l’iniziale protagonismo costituente dei movimenti è stato via via esposto a perniciose derive .

La diffusa incapacità di coagulare le forze in vista di un agire comune e di una significativa autodeterminazione sociale ha , infatti , ridimensionato le potenzialità dirompenti dei "molti ". Il che rimanda a temi di fondo che investono sia l’individuo sociale postfordista , sia il rapporto tra singolo e collettivo . Da qui la necessità di riconsiderare le problematiche relative alla coscienza . Questo discorso non è privo di senso , tant’è che anche Lenin sottolineò l’importanza della " coscienza operaia" . Ma , andando oltre Lenin , penso che sia imprescindibile un riferimento alla " coscienza morale e all’individuazione etica ".

Non senza ragione Gilbert Simondon , dopo aver analizzato in modo esemplare i processi di individuazione , scrive :"Si potrebbe osservare che in una teoria siffatta , la coscienza morale sembra non avere più alcun ruolo . In effetti , non si può separare l’autentica coscienza morale dall’azione ; la coscienza è la reattività del soggetto rispetto a se stesso , reattività che gli permette di esistere come individuo , costituendo la norma della sua azione…..Questa coscienza doppiamente regolatrice può essere chiamata coscienza normativa . La coscienza normativa è libera perché è essa stessa a elaborare il proprio regime di regolazione…Certo, non appena la coscienza morale rassegna le dimissioni , ecco che si affermano comportamenti automatici e stereotipati ; in tal caso , il pensiero per genere e specie prende il posto del senso dei valori ; la classificazione morale , con il suo automatismo , contraddistingue l’elementare teleologia sociale o organica " ( G. Simondon-"L’individuazione psichica e collettiva ) .

E’ evidente che ogni concezione generale del mondo esige ripensamenti rigorosi e verifiche radicali , e non un ciarliero e acritico ottimismo .

D’altra parte , già Spinoza sosteneva che per liberarsi dalle passioni bisogna comprenderle, "trasformare la loro passività in un’attività che vince ogni sentimento e si identifica nello stesso tempo con la comprensione del pensiero ". Solo così il nostro sentimento si può risolvere nell’ "amor Dei intellectualis" , ossia nell’amore eterno con cui Dio ama se stesso e, in se stesso , gli uomini e il mondo " . E’ , dunque , " il criterio che determina il valore delle passioni , in quanto ciascuna di esse ha un carattere negativo o positivo rispetto alla virtù " (Antonio Labriola – "Scritti e appunti su Zeller e su Spinoza ").

Ne consegue che un autentico progetto di liberazione non può prescindere né dalla "coscienza normativa " , né dalla responsabilità etica dei soggetti .

Purtroppo , invece , non mancano chiavi di lettura che mettono all’ordine del giorno la rivoluzione , tant’è che le rivolte francesi degli studenti vengono percepite come un nuovo 68 .

In effetti , questa analogia si rivela decisamente opinabile . Senza sminuire l’importanza della contestazione francese , va detto che mentre il 68 ipotizzava un mondo radicalmente nuovo avvalendosi di una sorta di Weltanshaunng , i giovani francesi , invece , chiedono esclusivamente di uscire dallo stato di precarietà . Ciò significa che le rivolte contro le forme variegate del lavoro servile e precario , le proteste inarrestabili dei "senza parte " , l’indebolimento delle pratiche imperialiste del governo Bush , delineano solo condizioni di possibilità alternative , ma non garantiscono l’alba di un nuovo giorno .

Inoltre , se contestare la precarizzazione è più che legittimo , è ugualmente vero che occorrerebbe negare le dinamiche del lavoro salariato per approdare a una visione postlavorista , poststatalista , postnazionalista .

Il che rimanda alle problematiche relative alla coscienza collettiva , all’ambiguità delle politiche trasversali , alle pericolose commistioni tra politica verticale e politica orizzontale, alle alleanze tra movimenti e partiti progressisti al potere . Questa complessa situazione non consente di delineare una filosofia politica altra , perché di fatto la partecipazione alle coalizioni governative inficia ogni possibilità radicalmente alternativa . D’altra parte , le esperienze dei verdi tedeschi e della sinistra verde olandese confermano che i partiti politici sono incapaci di mutare lo status quo . Ciò significa che se i movimenti alter-globalizzazione non riescono a costruire un blocco sociale significativo e coerente , allora inevitabilmente la speranza rivoluzionaria è destinata allo scacco .

Ma a questo punto è lecito porre un interrogativo : come si colloca in questo contesto la democrazia dell’Italietta ? Assodato che dalla frutta siamo passati al dessert , ritengo che sia doveroso un esplicito riferimento alla recente campagna elettorale .

Innanzitutto , vorrei ridimensionare l’entusiasmo di coloro che hanno percepito l’alta percentuale dei votanti come una vitale ripresa della politica . In effetti , questa visione edulcorata della realtà non risponde al vero , vuoi perché le elezioni sono state di fatto una sorta di referendum pro o contro Berlusconi , vuoi perché la campagna elettorale ha espresso in modo eclatante la mediocrità dei politici , vuoi perché si è manifestato l’endemico provincialismo italico . Si è parlato di tasse , di imposte di successione , di Bot e via dicendo , ma non si sono affrontati i problemi cruciali della nostra epoca .

Tutta colpa di Berlusconi ? Pur rilevando che la spregiudicatezza amorale del Cavaliere ha determinato un ulteriore involgarimento dello scenario politico , dobbiamo riconoscere che ormai dilaga un processo di mercificazione che investe tutte le classi dirigenti . Da qui un nauseante balletto tragicomico in cui non si può intravedere una progettualità politica alternativa . E ciò soprattutto perché la frammentarietà , l’ambiguità e l’inconsistenza del centrosinistra non concedono spazio all’ottimismo . Basti pensare alla posizione subalterna nei confronti del Fondo Monetario Internazionale , della Confindustria e della Commissione europea .

Insomma , i meccanismi elettorali truffaldini , le pratiche spartitorie , la proliferazione delle poltrone e delle cariche , le forme corrotte della partitocrazia, la personalizzazione della leadership , l’arroganza dei partiti , il totalitarismo del mercato , confermano l’assordante silenzio della politica e al tempo stesso il trionfo dell’antipolitica .

Intanto , mentre la politica della finzione e della parvenza celebra i suoi fasti , le dinamiche distruttive del capitalismo globale continuano a diffondere terrore , morte , ingiustizie intollerabili .

Che fare dunque ? Come pensare una rivoluzione etica e politica ? Come promuovere un nuovo concetto di cosmopolitismo ? Come negare le nuove forme di fascismo ? Come respingere il neoliberismo bellico ? John Holloway a questo proposito scrive : "Dobbiamo rifiutare . Il capitalismo non esiste perché i cattivi , i vari Bush , Blair e Berlusconi , lo creano….Il capitalismo esiste oggi solo perché noi lo creiamo oggi , e dobbiamo smettere di crearlo , dobbiamo rifiutarlo …..Il rifiuto deve essere accompagnato da un modo diverso di fare le cose. Dietro la categoria urgenza del rifiuto ci deve essere un’altra temporalità , una costruzione paziente di un mondo differente . Non c’è un modello di tutto ciò . L’unico modello è la molteplicità d’esperienze e di invenzioni del movimento di resistenza contro il capitalismo. Questa molteplicità , questa cacofonia di lotte e di esperienze dovrebbe essere rispettata , non incanalata in un partito , non concentrata nella conquista statale " .

Il che rimanda alla necessità di una presa di coscienza individuale e collettiva che faccia interagire cultura e prassi . Il regno del possibile , dunque , è imprescindibile da una trasvalutazione di valori , da una profonda modificazione antropologica e dalla capacità di mettere in forma una nuova teoria del conflitto. In breve , come voleva Marx , nella prassi l’uomo deve provare il carattere immanente del suo pensiero .

Se vogliamo evitare di "fornire ricette per la cucina dell’avvenire "dobbiamo constatare che attribuire senso a una vita spogliata di ogni certezza non è un’impresa facile , anche perché non si intravedono all’orizzonte possibili portatori di una virtù machiavelliana .

Si potrebbe obiettare che i movimenti stanno creando le premesse per la costruzione di un mondo altro .

Senza sottovalutare le condizioni di possibilità , bisogna prendere atto che il movimento è attraversato da fratture , da contraddizioni , da divisioni , che poi non consentono un atteggiamento costituente .

Da qui la necessità di muovere alcune critiche . "La prima è che , mentre l’idea di spazio aperto potrebbe essere meritoria , dopo un po’ diventa noiosa . Anno dopo anno , sono state espresse le stesse idee …. La seconda critica è che , mentre l’idea di struttura orizzontale , non gerarchica può essere meritoria , in qualche modo , alcune decisioni , importanti decisioni, vengono di fatto prese. Chi le prende , e come ? I critici dicono che vi è un’insufficiente trasparenza dei processi decisionali che perciò rasentano la non democraticità "( Immanuel Wallerstein ) .

Pur valutando le potenzialità dei movimenti bisogna rilevare che manca un progetto politico che sia in grado di creare nuove strutture sociali e che sia in grado di fondare una democrazia globale senza sovranità . Ciò detto , va aggiunto che rimangono irrisolte le spinose problematiche relative alla rappresentanza .

Inoltre , penso che il concetto di democrazia partecipativa stia generando perniciosi fraintendimenti , basti pensare alle suggestioni provocate dal " Poder popular "dei movimenti latino- americani.

Insomma , per non rivisitare modelli nazionalistici e populistici , bisognerebbe chiarire le modalità di partecipazione altrimenti si corre il rischio di vanificare ogni pulsione liberatoria .

Di più: questa caotica e ambigua situazione sta consentendo ai partiti della "sinistra radicale" di esercitare una sorta di "contropotere egemonico ". Il dettaglio non trascurabile e che questi partiti reintroducono , sia pure in versione riveduta e corretta , vecchie categorie concettuali.

Sicché , se non vogliamo alimentare un desiderio rovesciato , se vogliamo affermare la democrazia del comune , dobbiamo neutralizzare la retorica fuorviante degli abili direttori d’incoscienza .

In breve , occorrerebbe prendere una distanza di sicurezza da tutte le forme di lulismo , di chavezismo , di bertinottismo .

D’altra parte , le dure lezioni della storia insegnano che se la resistenza viene ordinata , programmata e suscitata dall’alto , allora inevitabilmente si vanifica ogni autentica etica della liberazione .

Si sostiene che ciò è impossibile , perché la molteplicità di singolarità contiene visioni radicalmente alternative . In verità , queste chiavi di lettura, sottovalutano il modo d’essere ambivalente , ambiguo e incompleto della moltitudine .

Il che rimanda alla coscienza dell’attore sociale e alla capacità di creare circuiti politici e culturali alternativi .

Vero è che l’impresa non è priva di difficoltà , vuoi perché si registra il tramonto della memoria collettiva , vuoi perché le dinamiche coscienziali sono attraversate da un edonismo volgare e dai desideri indotti dalla società dello spettacolo , vuoi perché campeggiano le forme più becere di utilitarismo .

Ne consegue che se i movimenti intendono costruire un mondo a venire devono acquisire coerenza e rigore . Ciò è di vitale importanza , perché se è vero che il corpo può tutto, è parimenti vero che " talvolta esso si limita ai gesti necessari alla conservazione della vita e correlativamente pone intorno a noi un mondo biologico ; talvolta utilizzando questi primi gesti e passando dal loro senso proprio a un senso figurato manifesta attraverso di essi un nucleo di significato nuovo ….Talvolta , infine , il significato prospettato non può essere raggiunto con i mezzi naturali del corpo , e bisogna allora che esso si costruisca uno strumento e proietti intorno a sé un mondo culturale " ( Merleau-Ponty) .

Ciò significa che la presa di coscienza non può essere intesa come una parte del mondo, come un riflesso dello status quo . Insomma , per respingere le formule di un materialismo grossolano , per rigettare i codici dell’ortodossia marxista , e per non eludere i compiti concreti del presente , occorre reinterpretare la praxis marxista in un’ottica più ampia . Sia chiaro , il marxismo non nega le condizioni soggettive della storia , basti ricordare la famosa frase di Marx : "Il principale difetto di tutto il materialismo passato ….sta nel fatto che l’oggetto , la realtà e il mondo sensibile vi sono considerati solo nella forma di oggetto o d’intuizione , ma non in quanto attività umana concreta , non in quanto pratica , non in maniera soggettiva ".

E’ evidente che non appena s’introduce l’uomo come soggetto della storia , cosa che il marxismo fa espressamente , non si introduce solo l’uomo collettivo o la classe , ma anche l’uomo individuale , che conserva il potere di servire o di tradire la sua classe e in tal senso si integra lui stesso .

E c’è di più . Non solo il marxismo valorizza la libertà e l’individuo , ma inoltre , in quanto "materialismo " , investe l’uomo di responsabilità .

Intendiamoci ,rivendicare la funzione costitutiva del soggetto non vuol dire far dipendere il mondo dalla soggettività in senso idealistico , significa , invece , incarnare il soggetto nel mondo. Inoltre , per quanto concerne il marxismo , penso che si debbano rimuovere alcuni principi teorici . Mi riferisco alla filosofia dialettica della storia e alla teoria del valore-lavoro intesa come base della critica del modo di produzione capitalistico .

Tengo a precisare che se insisto su alcune problematiche è perché sono fermamente convinta che "l’individuo sociale " postmoderno contiene possibilità alternative ma anche possibilità di devastanti derive ed involuzioni .

Gli ottimisti , invece , in nome di una velleitaria credenza , sostituiscono gli imprescindibili interrogativi critici con pillole libertarie assai opinabili .

In effetti , al di là di un obsoleto messianismo marxista, bisogna riconoscere che ogni prospettiva di radicale innovazione non può essere concepita come una passeggiata nell’Eden .

Da qui la necessità di sviluppare una coscienza critica e acuta che , lungi dal perseguire la compiutezza , dovrebbe sempre tener presente la dialettica tra senso e non senso . Quest’ultima rimanda ai complessi giochi di potere , alla pseudorivoluzione dei "comunisti" governativi , ai ricatti e alle diatribe per ottenere poltrone istituzionali , alle opportunistiche conversioni della sinistra .

Ci rimane dunque solo la scelta tra cinismo e bricconeria ? Prima di rassegnarci a questo dilemma , bisognerebbe essere certi che sia inevitabile .

In effetti , l’indignazione rivoluzionaria non consente né la rassegnazione , né l’allineamento all’impianto paradigmatico dell’antipolitica .

Ma , se vogliamo che la politica riacquisti senso e realtà , se vogliamo costruire una democrazia sociale , se vogliamo elaborare un progetto di autogestione generalizzata della vita, dobbiamo anche chiarire alcune parole-chiave , nella consapevolezza che maggiore è l’estensione di un concetto , meno ricca ne è la definizione connotativa .

Altrimenti detto , se non si puntualizzano le coordinate di una creazione storica e culturale, allora trionfa solo una retorica ripetitiva e noiosa .

Ne consegue che i progetti di senso non possono prescindere da una creatività elaboratrice, dalla capacità di istituire strutture sociali e rapporti reali tra soggetti, tali che la libertà , la democratizzazione globale e il diritto diventino effettivi .

Ciò , ovviamente , esige sia una forte autodeterminazione sociale , sia una critica radicale ai fenomeni di eterodirezione delle democrazie parlamentari , sia la negazione del potere partitocratico .

Per evitare ,dunque , che le lotte sociali siano fagocitate dalle dinamiche del trasformismo e del riformismo , è bene porre i seguenti interrogativi : è giusto accontentarsi di un possibile miglioramento ? E’ lecito subire i condizionamenti determinati da un’oligarchia politico-amministrativa? E’ possibile accettare la rivisitazione di modelli organizzativi del passato ? Senza indulgere al pessimismo ,bisogna ammettere che la costruzione di una globalizzazione dal basso risulta piuttosto problematica , vuoi perché le istanze partecipative si rivelano riduttive e nebulose , vuoi perché i movimenti non riescono a sciogliere i nodi relativi alla rappresentanza , vuoi perché mancano le coordinate per costruire una "governance multilivello", vuoi perché si registra anche la presenza di un obsoleto socialismo terzomondista .Da qui una devastante confusione , che poi consente ai partiti di legittimare i meccanismi perversi della democrazia rappresentativa .

Insomma , per ridimensionare i toni enfatici di un ottimismo acritico, bisognerebbe valutare l’ambiguità della cosiddetta sinistra radicale .

A questo proposito Mario Candeias afferma : " I partiti radicali possono provare a screditare l’uniformità del consenso , ad ampliare le forme legali , a infrangere le regole in campo politico , ma arrivati a un certo livello devono stare al gioco ….. I partiti radicali di sinistra devono riflettete sulle loro posizioni privilegiate nei sistemi politici di governo , dividere sistematicamente con i movimenti sociali , dando loro forme istituzionali d’influenza sulle decisioni e sui mezzi (finanziari ) del partito . Più essi hanno successo , più devono diminuire il loro potere di fronte ai movimenti , riconoscendo di non essere un contro-potere egemonico , né una forma politica privilegiata per la trasformazione sociale….Un problema è che i partiti esistenti di sinistra radicale rappresentano una base sociale completamente minata , mentre i gruppi e le classi sociali ristrutturate a livello trasnazionale non hanno creato le loro istituzioni politiche . Le mutate condizioni di lotta non si sono ancora espresse in un nuovo sistema di produzione e di vita , portando a un particolarismo settario ….Come fare è e sarà ancora un processo molto controverso: avere a che fare con le antinomie significa capire le contraddizioni della moltitudine ".

Pur condividendo queste osservazioni , vorrei focalizzare l’attenzione sul marchio di fabbrica dei cosiddetti partiti radicali , ossia l’appartenenza al vecchio PCI . Al di là , infatti , delle presunte svolte culturali e politiche , persistono vecchi paradigmi , basti pensare ai conflitti interni di RC. Insomma , oggi come ieri , il dissenso viene penalizzato . Cosa intendo dire, dunque ,quando parlo di marchio di fabbrica ? Mi riferisco al cosiddetto "centralismo burocratico ", che poi ha consentito espulsioni , esclusioni ,stigmatizzazioni ,criminalizzazioni e compromessi .

A questo punto , per evitare fraintendimenti , penso che giovi rivisitare la definizione beffarda di Gramsci sul "centralismo burocratico ".Egli sosteneva : "Quando il partito è progressista , esso funziona democraticamente; quando prende un carattere reazionario , esso funziona burocraticamente . Il partito , in quest’ultimo caso , ha allora una funzione esecutiva e non deliberativa , esso è allora nel senso teorico del termine un organo poliziesco e il suo nome di "partito politico"è una metafora che copre un mito ". Purtroppo , le dure lezioni della storia mostrano che il partito è stato percepito come un corpo sacro , come una sorta di congregazione sacerdotale . Da qui il martellante lavoro dell’Inquisizione comunista contro gli infedeli e gli eretici .

Ciò detto , sorvolando sulle nauseanti manovre che hanno caratterizzato l’elezione dei presidenti di Camera , Senato e Repubblica , penso che sia lecito demistificare alcune chiavi di lettura assai opinabili . Mi riferisco all’acritica ed ideologica apologia che ha accompagnato il discorso di insediamento di Fausto Bertinotti .

Quest’ultimo ha affermato : "Vorrei che questa assemblea potesse idealmente svolgersi a Marzabotto , in quel cimitero sopra una collina annegata nel verde , in un silenzio che esalta il ricordo del genocidio , degli orrori della guerra . Anche lì è nata la nostra Costituzione , la sua irriducibile scelta di pace , riassunta nell’articolo 11 della Costituzione . C’è lì la ragione prima della nostra irriducibile lotta contro la guerra e contro il terrorismo . Noi piangiamo anche oggi la vita di soldati italiani uccisi a Nassiriya ; anche oggi portiamo la nostra umana solidarietà alle famiglie di questi cittadini " . Al di là di una sorta di lirismo poetico infarcito di retorica , il discorso risulta decisamente ambiguo .

Difatti ,se le lotte partigiane rimangono un punto di riferimento imprescindibile , è altresì vero che occorre operare un netto distinguo tra le vittime della Resistenza e quelle di Nassiriya .

Vero è che le omissioni , le dissertazioni capziose rappresentano comodi alibi per giustificare incongruenze e contraddizioni . Inoltre , per quanto concerne "l’irriducibile lotta contro la guerra e contro il terrorismo ", penso che siano doverose alcune osservazioni , dal momento che guerra e terrorismo sono due facce della stessa medaglia .

Non senza ragione Jean Baudrillard , analizzando le dinamiche del terrorismo odierno , sostiene : " E’ il sistema stesso ad aver creato le condizioni oggettive di questa ritorsione brutale ….E le nuove regole sono feroci , perché feroce è la partita in gioco ….Il terrorismo è l’atto che restituisce una singolarità irriducibile nel cuore di un sistema di scambio generalizzato . Tutte le singolarità ( le specie, gli individui, le culture) che hanno pagato con la loro morte l’instaurarsi di una circolazione mondiale retta da una sola potenza si vendicano oggi con questo transfert terroristico di situazione….Il terrorismo , come i virus, è dappertutto . C’è una perfusione mondiale di terrorismo , che è come l’ombra portata di ogni sistema di dominio , pronto dappertutto a uscire dal sonno , come un agente doppio ". Ne consegue che in un contesto siffatto anche la morte di Abu Musab Arzaqawi risulta irrilevante .

Per evitare , dunque , di diventare consumatori di menzogne , occorre cercare di capire il fenomeno-terrorismo, senza peraltro volerlo giustificare . Da qui un interrogativo: chi è Bin Laden ? E’ l’oscuro alter ego del presidente americano . Se ciò è inconfutabile , è ugualmente vero che il fenomeno-terrorismo va anche collegato alla fine del regime sovietico che teneva insieme , come una sorta di puzzle , terre e popoli . In altre parole ,con la morte del socialismo reale , si sono manifestati drammi e lacerazioni , che poi hanno contribuito ad alimentare le complesse dinamiche del terrorismo odierno .

Ciò detto , dobbiamo riconoscere che anche il kamikaze è un corpo che resiste .

Per non generare fraintendimenti , però , tengo a precisare che non condivido la cultura del martirio , né approvo i regionalismi , i fondamentalismi religiosi , i modelli teocratici , le chiusure identitarie e via dicendo .

Fatte queste doverose precisazioni vorrei insistere sul discorso del neopresidente della Camera .

Il "subcomandante " Fausto , ossia un assiduo frequentatore di salotti buoni , ha affermato che "la precarietà è un male terribile " , dimenticando così la sua approvazione al patto sociale di Treu .

Di più : il neopresidente , con la consueta enfasi , ha citato De Gasperi . Anche in questo caso si è manifestata una rimozione storica davvero eclatante . Giova ricordare , infatti , che la legittimazione della Democrazia cristiana come alleata permanente dei partiti operai(Pci e Psi) costituì l’asse del primo governo De Gasperi . Facendo riferimento a un testo di Vittorio Foa e di Cesare Bernami , conviene evidenziare che questo fu un periodo decisivo per il futuro della società italiana . " Furono ristabiliti anche al Nord i prefetti e i questori della burocrazia tradizionale e quindi l’accentramento statale di tipo sabaudo ; furono riorganizzati in senso tradizionale l’esercito e la magistratura ; furono liquidati i consigli di gestione(…); furono aboliti tutti i controlli e i limiti all’iniziativa capitalistica privata ; fu ricostituito nelle sue componenti essenziali e nella sua piena sovranità il meccanismo capitalistico dello sviluppo ; fu deciso che l’Assemblea costituente non avrebbe potuto fare leggi , rinunciando così a valorizzare la spinta delle masse e rinviando ogni misura di riforma alla prossima assemblea legislativa , che poi fu costituita nell’aprile del 1948 , quando ormai il potere capitalistico si era ovunque ristabilito" . E non basta , dopo l’ambiguo esordio , il "pacifista " Bertinotti ha partecipato alla parata militare del 2 giugno .

Le osservazioni fatte mettono il luce il sostanziale continuismo italiano e confermano , al tempo stesso , che l’opacità di alcuni discorsi è funzionale all’inciucismo di Palazzo .

Ciò detto, passando da un comunista radical –chic a un post-comunista , vorrei fermare l’attenzione sul neopresidente della Repubblica .

Tracciando un sommario identikit si evince che Napolitano è un migliorista , un riformista , una figura eminentemente istituzionale . Inoltre , facendo un breve excursus storico , emergono alcuni elementi : da una parte l’ appartenenza all’ala socialdemocratica del Pci , dall’altra l’adesione all’impianto paradigmatico di un partito arroccato su posizioni staliniste . Da qui la giustificazione dell’intervento militare sovietico in Ungheria del 1956 e l’appoggio per l’allontanamento da Napoli di Renzo Lapiccirella , ossia un comunista che denunciò il colpevole silenzio del partito per l’invasione dell’Ungheria . A questo proposito Ermanno Rea , nel suo splendido libro "Il mistero napoletano" , scrive : " Protestarono in tanti , e qualcuno con particolare veemenza : ma come ? Piangiamo perché gli intellettuali se ne vanno a frotte da Napoli e poi spediamo a Roma un uomo come Renzo Lapiccirella ? ".

Ma la fedeltà alla logica di partito non si ferma qui , e ciò è suffragato anche dal fatto che Napolitano appoggiò la svolta della Bolognina e la trasformazione del Pci in Pds .

Per demistificare gli immotivati trionfalismi , dunque , occorre evidenziare che l’elezione del neopresidente della Repubblica è parte integrante di un iter costellato da compromessi e da contraddizioni .

La verità è che , al di là del talk show politico-mediatico ,si registra il deperimento della politica e l’incapacità di affermare un’alternativa significativa rispetto al presente .

Da qui un vago dormiveglia delle coscienze , una regressione culturale sconcertante , la sottocultura del trash .

Intanto , il capitale finanziario continua a giocare su uno scacchiere mondiale ,lo stato di guerra permanente continua a dilagare e l’ingiustizia globalizzata diventa sempre più pervasiva .

Il fatto inquietante è che i governi , lungi dal risolvere i problemi ,non solo rimangono ancorati a una dimensione statalista-sovranista , ma assumono anche un atteggiamento subalterno all’ordine economico neoliberale .

Per evitare , dunque , di decadere al ruolo di meri replicanti , per scongiurare il pericolo di essere assorbiti dalle tortuose dinamiche parlamentari , dobbiamo operare un netto distinguo tra istanze autenticamente liberatorie e pratiche compromissorie .

Difatti , se è vero che la rivoluzione non è all’ordine del giorno , è parimenti vero che gli zapatisti cercano di proporre una visione veramente alternativa del mondo , tant’è che non si presenteranno alle elezioni del prossimo 2 luglio .

Marcos , ribadendo che bisogna organizzare la società dal basso e attaccando partiti e candidati , ha affermato : " Rovesceremo il governo di qualunque colore sia e ci ribelleremo contro il capitalismo ".

Purtroppo , non è difficile prevedere che il messaggio di Marcos non sortirà effetti positivi . Paradossalmente , infatti , soprattutto nel bordello-Italia , si percepisce il "Parlamentino" dei furbetti come la panacea di tutti i mali .

Si potrebbe obiettare che la costruzione di un’Europa sociale e politica necessita di traghettatori istituzionali .

Questo progetto è , a mio avviso , decisamente velleitario e insostenibile , vuoi perché si registra una prassi impolitica , vuoi perchè dilaga un politicismo grottesco e furfantesco , vuoi perché la corruzione strutturale investe tutte le istituzioni .

Insomma , per pudore intellettuale dobbiamo riconoscere che i ricatti , i giri di valzer, le trattative e le diatribe per ottenere poltrone ,il numero eccessivo di sottosegretari , hanno offerto uno spettacolo davvero riprovevole .

Ne consegue che aderire a questo mondo , seguire i meandri del suo corso , adottare le parate dei poteri costituiti , istituzionalizzare il pensiero critico , significa perpetuare il tragico della storia .

Che fare dunque ? Innanzitutto bisognerebbe avere il coraggio etico di riprendere il coitus interruptus delle rivoluzioni tradite . Ciò , ovviamente , richiede la rimozione di ogni appiattimento secondo moduli stabiliti dal mercato globale , l’invenzione di nuove forme di lotta che siano all’altezza delle sfide del presente , il rifiuto di ogni pactum subiectionis , la negazione di ogni monopolio ideologico . In altre parole , come vuole Zizek , la condizione di possibilità risiede nella capacità di porsi come parte contro il tutto costituito .

Ma per non sprofondare nei miraggi mortali dell’apparenza e per non pensare la politica secondo le modalità della replica , conviene mostrare anche che la differenziazione tra radicalismo e riformismo può risultare ingannevole .

Difatti , c’è riformismo e riformismo : la riforma può essere radicale , cioè giungere alle radici , o può essere superficiale cercando di rimuovere i sintomi senza toccare le cause . La riforma che non sia radicale in questo senso non raggiungerà mai i suoi fini e porterà infine alla direzione opposta .

D’altra parte , il cosiddetto "radicalismo " , che credeva si potessero risolvere i problemi con la forza , quando occorrono osservazione , riflessione e attività continua , è altrettanto fittizio e poco realistico quanto il riformismo . Dal punto di vista storico portano sovente allo stesso risultato . La rivoluzione bolscevica portò allo stalinismo , il riformismo dell’ala destra socialdemocratica in Germania portò a Hitler .

La vera misura della riforma non è il suo ritmo ma il suo realismo , il suo autentico radicalismo ; la questione è se essa giunga alle radici e cerchi di modificare le cause , o se resti alla superficie e cerchi solo di far fronte ai sintomi .

Insomma , se vogliamo costruire mondi a venire dobbiamo comprendere che l’ottimismo acritico non ci aiuterà . E la recitazione di formule ottimistiche si dimostrerà inadeguata ed inutile come il rituale di una danza indiana della pioggia .