Il sogno di Svetlana

di Silvio Cinque Karaula MiR – Roma

Svetlana è una bella signora Rom di 40 anni, di nazionalità serba, proveniente da Kragujevac.

Se si avesse la pazienza di sentire le sue storie, quelle sue personali e quelle della sua famiglia, si rimarrebbe incantati, commossi, meravigliati e forse anche indignati. Con il marito Jovan tira su, con grande fatica e dignità, 4 figli tutti nati a Roma dei quali tuttavia solo 2 sono italiani [si veda Marja, le mikike, e le fortune legislative]. Uno dei suoi figli lavora da anni come aiuto cuoco in una scuola della zona, un altro va a scuola e suona la fisarmonica con la Sarabanda nella quale suonerebbe anche l’amico Zvonko. L’altro sarebbe un bravo giocatore di pallone semi professionista se non si fosse sposato giovanissimo e non avesse già due bambini. Della sorella Marja ho già scritto. Svetlana ha smesso di andare con le rose a Trastevere e si occupa, quando il diabete glielo consente, dei numerosi nipotini che un giorno lontano saranno per virtù assolutamente casuali (un’anomalia tutta italiana della jus soli contaminata alla bisogna con la jus sanguinis?) italiani. Mentre ci beviamo un bel bollente caffé turco mi racconta di un sogno che ha fatto la notte precedente. “Mi trovavo dentro un cortile circondato da tanti portoni di palazzi.

Scoppia un temporale e mi riparo dentro uno di questi portoni. È un negozio di abbigliamento e la proprietaria viene allarmata a chiedermi “cosa vuoi?” – Piove, le dico, e ho il nipotino Jovo che si bagna. – Ma tu sei zingara, non sei venuta per rubare? – No signora io sono buona, ho la lettera…- (Spesso si va con una lettera di raccomandazione scritta e redatta da qualche “anima bona”, tipo parrocchia o patronato nella quale si spiegano le ragioni per cui bisogna aiutare la persona che la presenta). Svetlana beve un sorso di caffé, si accende una sigaretta e prosegue: -La signora si … come si dice… - Impietosisce…- ecco bravo le faccio pena e vede il bambino tutto bagnato e allora mi porta dei vestiti asciutti per lui e per me. E allora io penso che lei è buona e allora posso chiedere qualcosa a lei:- Senta signora io ho bisogno di lavorare, non è che magari le serve per pulire il negozio, io sono brava: l’ho fatto per la parrocchia di via dei Gordiani e so fare di tutto, aiutami per piacere. – Ma lei non ha bisogno, ma però mi dà dei soldi e dei vestiti…-

Il bi-sogno è questo. Qualcuno si potrebbe scandalizzare dall’alto della propria buontà: “Ma come, dopo che ti ha fatto riparare e ti ha dato vestiti asciutti, stai lì ancora a chiedere. Ma allora è vero che non ti accontenti mai!” Una persona bona, un’anima che ti riconosce, ti ospita e si fa cura e carico di te è una fortuna e la fortuna va tentata, disturbata, bisogna provarci con la fortuna altrimenti ti resta in gola quella richiesta tanto dignitosamente repressa e messa in buon ordine. Come la fortuna di Zvonko: qualcuno, (mica uno qualsiasi: il capo di tutta la “milicja nazionale”!) che ti ascolta e tu non stai lì a piagnucolare l’immediato ma presenti i conti del tuo futuro. Una occasione che non può andare persa anche se il rischio si paga con un improvviso CpT.

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Marja, le mikike, e le fortune legislative.

È tradizione che alla puerpera si preparino 4 ingredienti: un pane, un pollo, una cipolla ed il sale. Dopo il parto si ha bisogno di cibo nutriente che ridia in fretta forze e ottimismo. Il sale, prezioso e indispensabile elemento, significa fortuna e ricchezza. La puerpera dà tre morsi al pane ed assaggia un po' di tutto ciò che ognuna le porta. Così Marja, tornata a casa dopo il parto cesareo della bellissima Cristina (3chili e 370 alla nascita) si è vista offrire tutto quel bendiddio ed è stata tutta la giornata a sbocconcellare e mangiucchiare alternando a morsi e sorsi i primi allattamenti. La cognata le ha preparato per l'occasione le mikike (in serbo) o kronfle, panini sciapi fatti con uova lievito e farina che vengono  poi fritti e successivamente aperti e insaporiti con marmellata o miele o cioccolata.

Una squisitezza che non abbiamo mancato di onorare alla salute della mamma ed al futuro della bambina. Quale sarà il futuro di Cristina è difficile e pretenzioso prevedere, ma conosciamo il suo precario presente abitando al campo rom della martora. Marja è la terza di quattro fratelli. Il più grande Dragan è nato al campo del Quarticciolo nel 1981, Neboisa, il secondo, al campo della Martora nel 1985, lei al Casilino '900 nel 1987 e Giorgio a quello di via dei Gordiani nel 1990. Tutta a Roma, puntualizza la loro mamma Svetlana.


Dei  4 solo lei e Giorgio, per l'alchimia  assurda della legislazione italiana, sono italiani. Eppure sono nati tutti e 4 a Roma, in posti ed abitazioni diverse. Anche "noi" talvolta nasciamo ed abitiamo in posti diversi, magari della stessa città. Ma non per questo ci riteniamo nomadi, itineranti o erranti, al più . dinamici. Anche Cristina, e tutti i figli dei 3 fratelli, sarà una bambina italiana. Eppure malgrado la famiglia viva a Roma ormai da 30 anni e le nuove generazioni siano nate qua, solo 2 figli su 4, per una strano capriccio delle vicende politico-legislative, sono italiani;
gli altri 2 ...extracomunitari, peggio: invisibili.