IRAQ LIBERO – COMITATI PER LA RESISTENZA DEL POPOLO IRACHENO

IRAQ LIBERO – COMITATI PER LA RESISTENZA DEL POPOLO IRACHENO

 

Bollettino del 10 agosto 2006

http://www.iraqiresistance.info

iraqlibero@email.it

 

 

Questo bollettino contiene:

1. LIBANO: LA LEZIONE DELLA RESISTENZA

2. PALESTINA DIMENTICATA – I dati di un mese di oppressione sionista (luglio 2006)

3. PER UN NUOVO MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA

4. A CHE PUNTO SIAMO CON LA CONFERENZA

5. ANCORA “BETULLE”

 

---------------------------------------------------------------------------LIBANO: LA LEZIONE DELLA RESISTENZA

 

Quasi 5 anni fa, il 7 ottobre 2001, cominciava con l’attacco all’Afghanistan la “guerra infinita” proclamata da Bush.

Quella guerra, mai finita in Afghanistan, continuata in Iraq ed in Palestina, ha oggi il suo fronte più caldo in Libano.

Israele non è soltanto il più affidabile alleato degli USA in Medio Oriente e nel Mediterraneo. Lo stato sionista è anche il portabandiera della guerra di civiltà cantata da Oriana Fallaci e propagandata da Magdi Allam.

L’attacco al Libano, non a caso preceduto da quello portato a Gaza contro il popolo ed il nuovo governo palestinese, ha questo significato generale: i nemici dell’Occidente debbono essere distrutti, non importa con quali mezzi.

Israele ha gli Stati Uniti al suo fianco, ma questi ultimi sanno di poter contare pienamente sull’Unione Europea. I fatti di queste ultime settimane lo dimostrano. Israele ha avuto il via libera ai propri massicci bombardamenti sul Libano che hanno colpito indiscriminatamente città, villaggi e infrastrutture civili. La strage di Qana è stato l’episodio che ha catturato per qualche istante la pigra attenzione dell’opinione pubblica europea. In realtà ogni giorno, dal 12 luglio ad oggi, ha avuto le sue Qana nell’indifferenza generale.

In Italia, il politicantismo bipartisan ha sancito il diritto di Israele a .....“difendersi”! Per qualcuno un diritto senza limiti, per l’ipocrita combriccola attualmente al governo un diritto da esercitare “senza esagerazioni”. E’ la stessa ipocrisia che nel 1999 si inventò la “guerra umanitaria” per violentare e distruggere ciò che restava della Jugoslavia.

Israele opprime da quasi 60 anni un popolo, si è sempre arrogata il diritto di fare guerra a chiunque abbia ritenuto di dover colpire, possiede un esercito potente e ben rifornito dagli USA, custodisce un rilevante arsenale atomico, si avvale di una lobby sionista potente tanto nell’economia quanto nell’informazione occidentale, però – mistero! – ha sempre bisogno di difendersi!

 

Mai come in questo caso ci troviamo di fronte ad un totale rovesciamento della realtà.

Una realtà rovesciata che ha fatto da sfondo sia alla fallita Conferenza di Roma, sia alle trattative sulla bozza di risoluzione all’Onu.

La conferenza romana non era certo nata come occasione di pace, bensì semplicemente come luogo di definizione delle strategie imperialiste. Qualcuno pensava di arrivare all’appuntamento romano con la Resistenza libanese, rappresentata da Hezbollah, ormai in ginocchio. A quel punto si sarebbero incaricati alcuni paesi europei (tra i quali in prima fila l’Italia) di finire il lavoro per conto di Israele, consentendo così agli USA di segnare un punto nel proprio disegno di “Grande Medio Oriente” senza neppure dover impegnare direttamente le proprie truppe, già impantanate in Iraq.  

Il progetto è fallito per l’eroica (ed imprevista) resistenza che l’esercito israeliano ha incontrato nel sud del Libano.

Stessa scena per la tanto annunciata risoluzione Onu. Quando questa è stata ufficialmente definita, lo scorso sabato 5 agosto, con un significativo accordo tra Francia e Stati uniti, è stato proprio il Libano (addirittura attraverso il filo-occidentale primo ministro) a dire di no ad una risoluzione ignobile e vergognosa, schierata totalmente con Israele, che infatti l’ha immediatamente applaudita.

Questa risoluzione formalizza il rovesciamento, ormai compiuto, del diritto internazionale, avallando e legittimando l’occupazione militare ed addirittura sostenendola con l’invio di una forza multinazionale.

 A tanto siamo ormai arrivati, nel silenzio generale della “sinistra” di governo, compresa la sua componente che si vorrebbe “alternativa”.

Ieri, grazie a queste complicità, il governo israeliano ha deciso di estendere l’aggressione. Un’aggressione che investe il Libano, ma minaccia anche la Siria ed in prospettiva l’Iran.

Per fortuna la resistenza libanese è forte ed ha per ora inchiodato l’armata sionista a pochi chilometri dal confine. E’ grazie a questa resistenza che il Libano non si è sfaldato, facendo fallire il disegno israeliano che puntava ad isolare Hezbollah rispetto ad altri importanti settori della società libanese. Questo disegno non ha funzionato, il 90% dei libanesi – appartenenti a diverse fedi religiose - si è stretto attorno ad Hezbollah.

Anche in Libano, come in Afghanistan, in Iraq e in Palestina è la resistenza – una resistenza ben radicata nel popolo – il principale fattore di speranza per chi non intende piegarsi all’oppressione imperialista.

E’ questa la lezione principale di 5 anni di “guerra infinita”.

Sarebbe già molto se nel sonnolento occidente in vacanza si cominciasse almeno ad imparare qualcosa da questa lezione.

 

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PALESTINA DIMENTICATA

i dati di un mese di oppressione sionista (luglio 2006)

188 morti e 460 feriti: è il bilancio del 'diritto israeliano a difendersi dai palestinesi'

Gaza, 02/08/2006

Agenzia Stampa InfoPal.it

 

Dal nostro corrispondente

L’ufficio stampa Al-Jil di Gaza ha reso noto che, nel mese di luglio, le forze di occupazione israeliana hanno intensificato i crimini contro i territori palestinesi e Gaza. Infatti, sono stati uccisi 188 cittadini e feriti 460 altri, e 200 sono stati arrestati.

Dal primo luglio sono dunque stati uccisi 188 cittadini palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza - di cui 29 bambini, 8 mamme e 3 persone handicappate. I bombardamenti aerei e terrestri hanno preso di mira 4 famiglie uccidendone la maggior parte dei componenti.

Nel rapporto si legge che le forze di occupazione israeliana hanno utilizzato tutti i mezzi da guerra e combattimento a disposizione, portando avanti un'aggressione continua contro la Striscia di Gaza, effettuando una guerra psicologica attraverso il lancio di volantini sui tetti delle case e nelle strade e le telefonate di minaccia - distruzione delle case, uccisioni. 

Le forze israeliane hanno violato anche gli spazi delle onde radio locali, occupandole per trasmettere avvertimenti e minacce alla popolazione palestinese in ascolto.

 

Hanno inoltre bombardato dal cielo 11 case in diverse zone della Striscia, distruggendole totalmente e parzialmente.

Hanno chiuso la Striscia isolandola completamente, impedendo a qualsiasi palestinese di uscire - anche a quelli che avevano bisogno di cure all’estero - attraverso il valico di Rafah – l’unico collegamento con l'esterno -; chiudendo gli ingressi commerciali, come quello di Karni a est della città di Gaza, e aumentando la sofferenza degli abitanti della Striscia a causa della mancanza di generi alimentati e di carburante per uso domestico.

Le forze di occupazione hanno impedito ai pescatori palestinesi di uscire in mare facendo perdere a decine di famiglie l’unica fonte di reddito.

Le violazione israeliane continuano anche contro i giornalisti e le sedi di informazione, sanitarie e culturali.

Hanno inoltre bombardato la sede della presidenza dei ministri - in particolare, l’ufficio del primo ministro Ismail Haniyah, che si trova nel quartiere di Tal Al-Hawa, a sud di Gaza.

La sequenza di bombardamenti delle sedi governative è andata avanti distruggendo gli edifici del ministero degli Interni, degli Esteri, delle Pianificazioni e dell’Economia e numerosi enti governativi e culturali.

Le forze di occupazione hanno arrestato 200 cittadini palestinesi di diverse zone della Cisgiordania: in maggioranza si tratta di attivisti nei vari movimenti di resistenza. Molti arresti sono avvenuti nella città di Al-Khalil/Hebron.

Sono state ferite 460 persone durante le operazioni militari e di attacco alle case, effettuate nelle città e nei villaggi palestinesi. Tra i feriti ci sono stati numerosi bambini e donne.

E' stata rafforzata la chiusura imposta sulla Cisgiordania, che ha diviso le città e i villaggi palestinesi in cantoni piccoli e isolati gli uni dagli altri.

Sono state distrutte, scavate e sequestrate le terre.

Israele ha anche proseguito nella politica di ampliamento delle colonie e nella costruzione del muro dell’apartheid.

Sono state demolite le sedi di decine di associazioni di beneficenza islamica in Cisgiordania. E' stata chiusa l'azienda As-Safa, che produceva latte, e l’associazione di Al-Aqsa.

 

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PER UN NUOVO MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA

 

Il 27 luglio abbiamo sfilato a Roma, insieme a molte altre realtà antimperialiste, contro l’aggressione israeliana al Libano. Una manifestazione dignitosa, importante e necessaria, ma rivelatrice del cataclisma che ha sconvolto il vecchio movimento contro la guerra.

Il Libano è la nuova tappa della guerra infinita che Israele conduce al fianco degli USA. Ben altra, dunque, avrebbe dovuto essere la risposta. Ma il pacifismo tradizionale è ormai muto: di fronte alle resistenze (oggi quella libanese) non ha parole se non per prenderne le distanze; davanti al “governo amico” non ne ha se non per prenderne le difese.

Restano poche e meritevoli eccezioni, a dimostrazione che esiste ancora chi ha principi e coerenza. La posizione espressa da Gino Strada sulla questione del rifinanziamento della guerra in Afghanistan (perché di questo si tratta) è una di queste positive eccezioni.

Un’eccezione che mette in luce la pochezza di chi ha cavalcato il NO fino a mezz’ora prima di dare il proprio SI’ alla fiducia al governo Prodi.

Ma i fatti sono notoriamente testardi: cosa faranno i cosiddetti “dissidenti” se verrà inviata una forza multinazionale in Libano con il compito di proseguire il “lavoro” iniziato da Israele con l’aggressione di un mese fa? E’ noto che il governo italiano è parte molto attiva di questo progetto. Perché allora tanto silenzio da “sinistra”? Si spera forse di poter schivare questo ostacolo?

La verità è che i nodi stanno venendo al pettine. L’equidistanza tra oppressi ed oppressori, tra aggrediti ed aggressori non è più possibile.

 

In questo quadro il movimento contro la guerra ha ragione di esistere oggi più di ieri. Quello che non potrà fare è continuare ad esistere come ieri.

Si tratta, dunque, di dare una risposta più avanzata.

Il primo passo non può che essere quello di riconoscere la natura imperialistica della guerra in corso, con tanti saluti a Toni Negri e a Fausto Bertinotti. Il secondo è quello di riunire attorno ad una piattaforma unitaria tutte le forze antimperialiste. Il terzo è quello di stabilire un forte rapporto unitario con le componenti pacifiste conseguenti. Il quarto, infine, è quello di lavorare alla costruzione di un’alleanza politica tra il movimento contro la guerra e le Resistenze che stanno concretamente contrastando il progetto di dominio planetario degli Stati Uniti, di cui l’aggressività israeliana in Medio Oriente è un tassello fondamentale.

Le Resistenze in Iraq, in Libano, in Palestina, in Afghanistan sono oggi la prima linea della lotta di liberazione dal dominio e dalla guerra imperialista.

Bisogna riconoscerlo traendone tutte le conseguenze politiche, in particolare nei confronti del governo Prodi. Un governo atlantista che è pronto ad inviare truppe in Libano per assicurare la “pax israeliana”, che continua a mentire (con la presunta “sinistra alternativa” che gli regge il moccolo) sul reale utilizzo delle truppe in Afghanistan, che tace anche sul passaggio sul territorio nazionale (Camp Darby) degli ordigni di morte che gli USA stanno facendo affluire ad Israele.

 

E’ su queste basi, ed a partire da questa consapevolezza, che sarà possibile fare della manifestazione nazionale del 30 settembre una grande occasione per il rilancio di una mobilitazione contro la guerra fondata su un movimento finalmente autonomo dal politicantismo d’accatto che in tre mesi di governo Prodi ha già dato ampia prova di sé.

  

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A CHE PUNTO SIAMO CON LA CONFERENZA

 

La lettera-appello a D’Alema ha avuto moltissime adesioni, che potete leggere integralmente all’indirizzo http://www.iraqiresistance.info/index.php?l=it

In questi mesi le ragioni che ci hanno portato a riconvocare la Conferenza internazionale sono state ulteriormente rafforzate dallo sviluppo dell’aggressione sionista in Palestina ed in Libano.

Per questo motivo stiamo lavorando ad una Conferenza ancora più ampia.

A settembre, partendo dall’ampio consenso raggiunto nella battaglia per l’ottenimento dei visti, rilanceremo l’iniziativa nei confronti del Ministero degli Esteri.

Vogliamo vedere se l’Italia che ha ospitato la farsesca conferenza del 26 luglio, il cui totale fallimento viene ormai negato soltanto dal duo D’Alema-Prodi, vorrà impedire una conferenza per una pace giusta in Medio Oriente, basata sui diritti dei popoli.

Una conferenza che dia finalmente voce, visibilità e riconoscimento politico alle Resistenze popolari.

 

ADESSO E' ORA
VOGLIAMO ASCOLTARE LA RESISTENZA!

FIRMA SUBITO LA LETTERA-APPELLO A D’ALEMA

 AFFINCHE' SIANO CONCESSI I VISTI A
IRACHENI E PALESTINESI
 
DIFFONDI IL TESTO CON OGNI MEZZO!
Invia le firme a
vistiora@email.it

 

Nel 2005 il governo Berlusconi impedì il regolare svolgimento della Conferenza Internazionale “Per una pace giusta in Iraq”.

Ad un anno di distanza le ragioni della Conferenza sono rimaste immutate, mentre la sua importanza è addirittura cresciuta.

L’occupazione continua e con essa continuano le brutalità di ogni tipo: bombardamenti aerei, stragi di civili, arresti di massa, torture. La stessa occupazione brutale, la stessa negazione di ogni diritto la ritroviamo in Palestina.

 

Per questi motivi abbiamo deciso di riconvocare, col titolo “Per una pace giusta in Iraq e in Palestina”, la Conferenza Internazionale che avrebbe dovuto tenersi nell’autunno scorso a Chianciano Terme.

 

Vogliamo la Conferenza Internazionale per dare voce a chi si batte per la libertà del popolo iracheno, per il riconoscimento politico della Resistenza, per riunire i suoi rappresentanti e quelli degli altri popoli del Medio Oriente in lotta con le forze del movimento contro la guerra e la globalizzazione.

Una conferenza per dare voce ai legittimi rappresentanti palestinesi, per la fine dell’embargo imposto da Israele, Usa ed Unione Europea nei confronti del governo uscito dalle elezioni del gennaio scorso; un embargo affamatorio che (come fu in Iraq dopo il 1991) colpisce crudelmente l’intero popolo palestinese.

 

Affinché la Conferenza possa svolgersi regolarmente è necessario superare lo scoglio dei visti, un anno fa negati da Fini.

 

Chiediamo perciò a tutti coloro che condividono lo spirito e gli scopi della Conferenza, a chi avverte la necessità di impedire che vengano nuovamente calpestati i più elementari diritti democratici, di dare vita ad una vasta campagna di raccolta di firme sul testo che pubblichiamo di seguito.

A tutti chiediamo la firma e la massima diffusione, nei siti internet, attraverso le mailing list, eccetera. Questa è una battaglia che appartiene a tutto il movimento contro la guerra, mobilitiamoci da subito!

 

 

LETTERA A MASSIMO D’ALEMA

Al Ministro degli Esteri

On. Massimo D’Alema

     Ella sarà certamente venuto a conoscenza che nell’ottobre scorso, a Chianciano Terme, avrebbe dovuto tenersi una Conferenza internazionale “PER UNA PACE GIUSTA IN IRAQ”.


     Saprà che detta Conferenza dovette essere annullata dai promotori a causa della gravissima decisione dell’allora Ministro degli Esteri G. Fini di non concedere i visti ai rappresentanti della società civile e della resistenza irachena all’uopo invitati.


Lo stesso Ministro degli Esteri negò addirittura il visto anche ad Haj Ali, l’uomo incappucciato dai carcerieri, diventato in tutto il mondo simbolo dei torturati nella prigione di Abu Ghraib. Con questi atti vennero calpestati non solo i diritti democratici, ma anche i più elementari diritti umani che pure a parole tutti riconoscono.

     A fronte di queste decisioni molti furono gli appelli e le proteste in Italia ed all’estero. Tra questi ricordiamo la lettera di 41 parlamentari appartenenti a diverse forze politiche, inviata al ministro Fini nel novembre scorso. In quella lettera i suddetti parlamentari giudicando “immotivata la linea seguita dal Ministero”, chiedevano che venisse garantito l’ingresso agli esponenti iracheni.

     Le medesime associazioni di solidarietà coi popoli arabi - tenuto conto della mutata situazione politica del nostro paese, frutto anche della volontà di pace della maggioranza degli italiani -, hanno deciso di riconvocare, col titolo “Per una pace giusta in Iraq e Palestina”,  la Conferenza Internazionale che avrebbe dovuto tenersi nell’autunno scorso a Chianciano Terme.  Importanti personalità irachene, rappresentative dell’ampio fronte di forze che si oppongono all’occupazione del loro paese,  nonché alcuni dei legittimi rappresentanti del popolo palestinese, hanno espresso la loro disponibilità a prendere parte all’incontro, nella speranza che non debbano subire l’umiliante trattamento loro riservato dal governo Berlusconi.

       
     La pace potrà scaturire soltanto dal dialogo. La Conferenza Internazionale sarà un’occasione utile affinché questo dialogo possa svilupparsi, contribuendo alla ricerca di una pace giusta in Iraq ed in Palestina, nel rispetto del diritto all’autodeterminazione dei popoli.


      I sottoscritti, considerati l’alto valore della suddetta Conferenza sia sotto il profilo politico che quello del rispetto dei vincoli del nostro dettato Costituzionale, vista la conclamata necessità  di gesti che segnino una forte e netta discontinuità rispetto alla politica estera perseguita dal precedente Esecutivo, chiedono quindi a Lei e al governo,  affinché la suddetta Conferenza possa svolgersi regolarmente, di garantire il rilascio dei necessari visti d’ingresso alle personalità politiche invitate in Italia.

Primi firmatari:

Falco Accame – ex Presidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati

Giovanni Bacciardi – Docente universitario, Firenze

Marino Badiale – Professore di matematica, Università di Torino

Aldo Bernardini – Docente di Diritto internazionale, Università di Teramo

Massimo Bontempelli – Filosofo, Pisa

Vainer Burani – Avvocato, Reggio Emilia

         Pino Cacucci - Scrittore

         Franco Cardini – Istituto Studi Umanistici, Firenze

         John Catalinotto – International Action Centre, Usa

         Andrea Catone – Insegnante, Bari

         Luigi Cortesi – Professore emerito università “l’Orientale”, Napoli

         Giorgio Forti – Ordinario Università Statale di Milano e socio Accademia Lincei

         Giovanni Franzoni – Animatore di Comunità Cristiane di Base

         Piero Fumarola – Docente di Sociologia delle Religioni, Università di Lecce

         Don Andrea Gallo – Comunità San Benedetto al Porto, Genova

         Umberto Gay – Giornalista Radio Popolare, Milano

         Roberto Giammanco – Scrittore e americanista

         Ugo Giannangeli – Avvocato, Milano

         Giulio Girardi – Filosofo e teologo della Liberazione

         Massimo Grandi – Docente universitario, Firenze

         Margherita Hack - Astrofisica

         Alessandra Kersevan – Ricercatrice storica

         Gianfranco La Grassa – Economista

         Raniero La Valle – già Parlamentare

         Domenico Losurdo – Filosofo, Università di Urbino

         Roberto Massari – Editore

         Noori al Moradi – Agronomo, Università di Malmö e rappresentante del Partito Comunista Iracheno “al Kader”

-         Carlo Oliva – Pubblicista

-         Jean Pierre Page – Comitato francese della Prima Conferenza Internazionale per il sostegno della Resistenza del popolo iracheno

-         Giuseppe Pelazza – Avvocato, Milano

-         Nuccia Pelazza – Insegnante, Milano

-         Nico Perrone – Docente Storia dell’America, Università di Bari

-         Hamza Roberto Piccardo – Editore e portavoce del Consiglio direttivo dell’UCOII

-         Costanzo Preve – Filosofo, Torino

-         Edoardo Sanguineti – Poeta e docente di Letteratura italiana, Università di Genova

-         Fausto Schiavetto – Università di Padova

-         Gabriella Solaro – Responsabile Archivio Storico INSMLI (Ist. naz. per la storia del Movimento di Liberazione in Italia)

-         Carlos Varea – Coordinatore Campagna Spagnola contro l’Occupazione e per la Sovranità dell’Iraq

-         Gianni Vattimo – Filosofo ed ex parlamentare europeo

  

Per aderire scrivi a vistiora@email.it

ANCORA “BETULLE”

Nel bollettino di Iraq Libero del 14 luglio scorso ci siamo soffermati sugli squarci di verità emersi dall’indagine sul rapimento di Abu Omar. In quell’occasione abbiamo scritto che l’agente Betulla, al secolo Renato Farina, era in buona compagnia, alberello fragile e tremolante (ed anche un pò imbranato) di una foresta ben più vasta.

Nei giorni seguenti, ai soliti nomi noti, se ne è aggiunto un altro, a nostro parere piuttosto interessante. Si tratta del sig. Gian Marco Chiocci che il 19 ottobre scorso, utilizzando chiaramente una velina dei Servizi, scriveva un articolo sul Giornale con un titolo che avrebbe preteso di essere accattivante: “In Italia patto tra rossi e neri per aiutare i ribelli iracheni”. Nel mirino, come al solito, il Campo Antimperialista ed i Comitati Iraq Libero.

A suo tempo, tanto era chiaro l’intento provocatorio della sortita del Giornale, quanto era certa l’identità dei suoi reali committenti, decidemmo di ignorare il tutto.

Ma il tempo è galantuomo.

Non ci è mai piaciuto gridare al complotto dei servizi, ma non è certo difficile immaginare da dove vengano le “attenzioni” che riceviamo da anni, ed in particolare dalla campagna scatenata contro la manifestazione del 13 dicembre 2003 che avevamo indetto a sostegno della Resistenza irachena.

Una campagna bipolare, “rossobruna” direbbero i produttori di veline come gli ingenui che vi abboccarono, una campagna costantemente rilanciata, ma ormai sempre più screditata.

L’ultimo squarcio di verità riguarda appunto il sig. Chiocci (chiamarlo “giornalista” ci sembrerebbe davvero troppo). Dalla Repubblica del 28 luglio scorso apprendiamo di una sua amabile conversazione telefonica con il maestro della (dis)informazione sismina, l’ormai noto agente ex segreto Pio Pompa, evidentemente già allora ben conosciuto dal sig. Chiocci.

Siamo così venuti a sapere i particolare di ciò che ci era già chiaro. Sappiamo cioè chi costruiva le veline, le “analisi”, gli articoli prefabbricati che spesso ci sono stati scagliati contro.

Particolari utili ad una ancor più utile comprensione di molti fatti degli ultimi anni.

A volte certi squarci di verità sono davvero interessanti, basta avere la voglia e l’onesta intellettuale di guardarvi dentro.