Notiziario del Campo
Antimperialista ... 14 settembre 2006 ... http://www.antiimperialista.org
«Finche’
ci sara’ il capitalismo imperialistico
americano, non ci saranno abbastanza terroristi nel
mondo».
Con queste parole scolpite negli anni ‘60 da
Franco Fortini il regista francese Jean-Marie Straub
ha declinato l’invito a partecipare
personalmente alla Mostra del cinema di Venezia.
Nella lettera inviata e letta dall’attrice
Maddalena Daddi Straub precisa: “Non
potevo festeggiare in una Mostra dove tanta polizia
pubblica e privata cerca un terrorista. Ebbene, quel
terrorista sono io.”
A noi, francamente, ha palpitato il cuore. Fino a
quando ci saranno in Occidente intellettuali tanto
coraggiosi da raccogliere il grido di vendetta dei
dannati della terra, varra’ la pena di resistere
anche qui.
1.
CONTRATTACCHI... DI BILE
La bomba annunciata dell’11
settembre a Roma
Ne eravamo
sicuri. La stampa berlusco-sionista ha scatenato una
tempesta per le dichiarazioni rilasciate dal Rabbino
ortodosso viennese Friedmann in occasione
dell’incontro interreligioso promosso dalla Lega
contro la Diffamazione dell’Islam-IADL in una
sala della camera dei deputati. I servi
d’Israele sono furibondi: “Parole
mostruose”... “Dichiarazioni
inqualificabili”. Cosa ha detto Friedman? Cinque
cose semplici semplici: 1. Che il sionismo non
rappresenta l’ebraismo; 2. che Israele, in
quanto stato razzista e guerrafondaio, e’ un
crimine contro l’umanita’; 3. che il popolo
palestinese ha il pieno diritto di rivendicare la
liberazione della sua terra; 4. che le Resistenze
antimperialiste e antisioniste vanno sostenute; 5.
che l’olocausto non puo’ essere
l’alibi per giustificare il genocidio del popolo
palestinese. Un bel pugno sullo stomaco per questi
dementi che bollano come antisemita ogni ripudio del
nazi-sionismo. Chi abbia letto I giornali questa
mattina avra’ infatti notato che tra tutte le
ingiuirene mancava una, quella di antisemitismo. Come
accusare infatti un rabbino ebreo di antisemitismo?
Tra tutti i meriti dell’iniziativa della IADL
questo e’ senz’altro lodevole. Il Re
e’ incazzato ma nudo. L’accusa di
antisemitismo e’ solo una foglia di fico
rinsecchita caduta per terra, resta la sostanza nuda
e cruda: criticare Israele e’ considerato
illecito. Punto e basta. La stampa filosionista
starnazza poi che e’ intollerabile che certe
cose siano state pronunciate nelle piu’ alte
sedi istituzionali. Ovvero in un’aula della
camera dei deputati. E’ vero, non siamo in
Parlamento, ma questo, fino a prova contraria,
e’ uno spazio di cui e’ titolare tutto il
popolo italiano (la cui buona parte non si sente
affatto dalla parte di Israele) e non e’ quindi
espropriabile da nessun ceto politico, meno che mai
da chi considera l’Italia solo il proprio paese
mentre fa di Israele la sua patria.
Informato prontamente delle polemiche suscitate dalle
sue dichiarazioni il rabbino Moshe Friedman ci ha
rilasciato oggi pomeriggio questa dichiarazione:
«Ho letto sulla stampa italiana di questa mattina
le reazioni all'incontro di pace che si è tenuto
ieri a Roma presso la Camera dei deputati.
Sono stupito dell'accusa di razzismo e del tono
minaccioso utilizzato da diversi esponenti politici
italiani.
Forse in Italia è vietato esprimere le proprie
opinioni?
Criticare Israele è diventato un reato?
O forse si ha semplicemente paura delle posizioni
antisioniste?
Per respingere gli attacchi che mi sono stati
portati, questi sì razzisti, chiederò un incontro
al presidente della camera, Fausto Bertinotti, ed a
tutti i capigruppo parlamentari.
Da parte mia ho preso volentieri parte alla
manifestazione di ieri, dove ho ribadito che il
sionismo non è il legittimo rappresentante del
popolo ebraico.
A chi vorrà discuterne sul serio offro la mia
disponibilità ad un pubblico confronto, in qualunque
sede, sperando che esista ancora un qualche organo di
informazione radiotelevisiva interessato».
Al Pacifici, portavoce della comunita’
ebraica romana, il quale sta rilasciando scomposte
dichiarazioni a destra e a manca, vorremmo invece
chiedere la dignita’ del silenzio. A che titolo,
uno che si e’ imboscato ma che regolarmente
(come altri sionisti del resto) va in Israele a
servire quel mostro che e’ Tsahal (e magari
avra’ sparato addosso a qualche bambino
palestinese), puo’ stabilire cio’ che in
Italia sia lecito o illecito? Ammissibile o
inammissibile? Siccome ama tanto quel paese
perche’ non decide di arruolarsi in servizio
permanente effettivo? Conosciamo la risposta: i suoi
pupari lo pagano per svolgere qui il suo sporco
lavoro di intossicazione.
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2.
IL PACIFISMO E IL SABOTAGGIO
Il recente
FSE (forum sociale europeo) svoltosi ad Atene ha
indetto per il prossimo 30 settembre una
giornata internazionale di mobilitazione contro la
guerra. L’appello unanimemente approvato chiede
il ritiro di tutte le truppe imperialistiche che
stanno occupando paesi sovrani, comprese quelle che
abbiano ricevuto un mandato dell’ONU. Niente di
nuovo, si tratta della posizione classica del
movimento contro la guerra. L’aggressione
israeliana del Libano e la susseguente decisione
delle nazioni Unite di inviare truppe armate fino ai
denti (a guida NATO), allo scopo dichiarato di
proteggere Israele, disarmare la Resistenza nazionale
libanese e mettere la Siria sotto tutela, ha
trasformato il 30 settembre da mobilitazione
rituale in una straordinaria occasione per rilanciare
la lotta per la pace e rianimare il movimento che
proprio della pace aveva fatto la sua bandiera.
Accade invece che la gran parte dei pacifisti
italiani non solo non vogliono impegnarsi per fare
del 30 settembre una grande giornata di
protesta, accade che si stanno mettendo di traverso
per far fallire la manifestazione. Il perche’
e’ presto detto: la gran parte dei pacifisti
nostrani sostiene il governo di centro-sinistra e la
sua decisione di inviare le truppe in Libano. Essi
stanno cosi apertamente sabotando l’iniziativa.
Il primo gruppo di sabotatori, quelli agli ordini dei
ministeri degli esteri e della difesa, vorrebbero
organizzare una contromanifestazione: una marcia
Perugia-Assisi che, come gia’ accadde durante la
guerra in Iugoslavia, aiuti il governo di
centro-sinistra a presentare la sua decisione
bellicista come “missione di pace”. Di
questo primo gruppo fanno parte non solo diessini e
bertinottiani, ma alcuni pezzi del mondo cattolico.
Il secondo gruppo di sabotatori, fingendo di stare
nel mezzo, propone una aleatoria manifestazione verso
dicembre o gennaio. Di questo gruppo fanno parte
cio’ che resta di ATTAC, le sinistre di
Rifondazione, apparentemente la FIOM.
Questi sabotatori fanno un ragionamento che ha la sua
logica: una manifestazione antiguerra adesso sarebbe
non solo contro il governo Prodi, contro le truppe in
Libano, sarebbe obiettivamente una manifestazione
antimperialista e di solidarieta’ con le
Resistenze. Per cui va fatta fallire. Del Social
Forum ormai moribondo solo i COBAS hanno tenuto una
posizione coerente, quella di dire No alle missioni
militari a prescindere dal governo che le promuove.
Su questa strada i COBAS hanno trovato
l’appoggio di tutti gli antimperialisti: del
Campo, del Forum Palestina, dei compagni appena
usciti dal PRC, di tanti collettivi e soggetti non
assimilabili dal centro-sinistra.
Rivolgiamo un appello accorato a tutti i nostri
lettori, a tutti i comitati e le realta’
territoriali che non hanno ammainato le loro
bandiere, affinche’ la manifestazione del 30
settembre abbia successo. Non sara’ per
niente facile, lo sappiamo. Il fronte dei sabotatori
ce la mettera’ tutta affinche’ il corteo
del 30 settembre a Roma fallisca. Se invece
sara’ una grande manifestazione avremo difeso
l’indipendenza del movimento dai partiti di
sistema, e con essa avremo impedito il soffocamento
dell’opposizione anticapitalista e
antimperialista in questo paese.
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3.
ERRE MOLTO MOSCIA
Malabarba, Turigliatto, Cannavò e la
1701
Il grosso del movimento internazionale venuto avanti
da Seattle in poi non ha mai avuto il coraggio di
sostenere le Resistenze armate dei popoli oppressi.
Si e’ pero’ sempre schierato contro le
spedizioni militari targate ONU in base allo slogan,
pacifista ma inequivoco, «contro la guerra senza se
e senza ma». Cosi’, malgrado la divergenza
sulla Resistenza gli antimperialisti, che sono
maggioritari in tanti paesi, soprattutto nel sud del
mondo, hanno sempre marciato assieme al movimento no
global. Fu il caso dell’aggressione
all’Afgantistan (ottobre 2001)e di quella
all’Iraq. Lo stesso movimento contro la guerra,
parliamo di quello che si raggruppera’ nei
Social Forum, era composito. C’era anche
chi, da sinistra, non condivideva lo slogan ambiguo
“Contro la guerra e contro il terrorismo”.
Tra questi i trotskysti della Quarta Internazionale
che in diversi paesi hanno giocato un ruolo trainante
nei movimenti. In Italia i seguaci della Quarta
Internazionale erano e sono nel PRC, spesso in
dissidio con Bertinotti, ad esempio contro la sua
scelta della non-violenza come principio guida. Alle
recenti elezioni politiche tre militanti di cio’
che resta della Quarta sono stati eletti in
Parlamento nelle liste del PRC. Per l’esattezza:
Malabarba, Turigliatto e Cannavò. Nel giugno-luglio
questi tre (assieme ad altri non bertinottiani) sono
saliti alla ribalta come “deputati ribelli”
perche’ non volevano votare il rifinanziamento
delle truppe in Afganistan. Che fossero “ribelli
di Sua Maesta’” lo si capi subito,
quando accettaroo di dare la fiducia al governo,
salvando non solo Prodi ma la stessa spedizione
militare. A due mesi di distanza pare che i
“ribelli di Sua Maesta’” siano pronti
a votare l’invio delle truppe in Libano. Via i
ribelli, resta solo Sua maesta’. Tuttavia la
Quarta Internazionale, cioe’ il movimento a cui
fanno capo Malabarba, Turigliatto e Cannavò, ha
detto chiaro e tondo NO alla 1701. Che
succedera’? Coerenza vorrebbe che questi tre,
rispettando le decisioni del movimento in cui
militano da decenni, votino contro l’invio di
truppe in Libano. Non fosse che per igiene politica,
dato che si troverebbero in un blocco con la peggiore
gentaglia filoamericana e filosionista. Invece,
malgrado il governo non rischi di cadere, si dice che
voteranno a favore. Commovente questo attaccamento
rivoluzionario allo scranno.
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4.
IL CAMPO GODE... DI BUONA SALUTE
Dovevamo precisare le nostre analisi. Dovevamo tirare
un bilancio di quanto sin qui fatto. Dovevamo
rimettere un po’ d’ordine
nell’organizzazione. Dovevamo guardarci dentro
per tracciare il futuro percorso. Pensiamo di esserci
riusciti. Cinque giorni di dibattiti intensi e
partecipati i quali hanno permesso di capire
l’imprescindibilita’ della nostra funzione.
Sembrerebbe una frase fatta. Per noi non lo e’.
Non ci siamo mai considerati una conventicola
testimoniale, ma un soggetto politico necessario. In
dieci anni abbiamo condotto, spesso soli, battaglie
importanti su questioni centrali, quindi scottanti.
Di acqua ne e’ passata sotto i ponti da quando,
era il 1994-96, dovevamo contrastare la insulsa
campagna antiserba che servira’ a spianare la
strada alla distruzione della Iugoslavia: o dovevamo
criticare le infatuazioni per l’EZLN e Marcos,
dando voce all’Esercito Popolare Rivoluzionario
(EPR) messicano. Si e’ visto che fine hanno
fatto gli infatuati: tutti hanno piu’ o meno
trovato una sistemazione, fatto carriera, riciclati
nel teatrino della politica politicante imperialista.
Poi verranno le prove ben piu’ dirimenti:
Afganistan, Iraq, Palestina. Se non ci fossimo stati
noi chissa’ se in Europa sarebbe diventato senso
comune parlare di RESISTENZA. Chissa’ se avrebbe
avuto diritto di cittadinanza la posizione di
sostegno alle resistenze. E sapevamo che avremmo
pagato un prezzo, in termini di repressione, di
ostracismo, di diffamazione. Di acqua ne e’
passata sotto I ponti... Ma non era per metterci
medaglie ne’ fare l’elenco dei meriti che
ci siamo trovati alla Polvese. Una fase politica,
quella apertosi con la rivolta zapatista e Seattle si
e’ chiusa. Siamo alle prese con uno smottamento
profondo, che e’ molto di piu’ che un
ciclico riflusso. Il processo di americanizzazione
sociale e’ andato avanti malgrado le folate
movimentiste. Le grandi masse non sono solo apatiche
e refrattarie, non hanno solo perduto i tradizionali
punti di riferimento anticapitalisti. La memoria
storica pare seppellita sotto cumuli di spazzatura
culturale che nel secolo scorso sarebbe stata
definita piccolo borghese. Il fatto di aver avuto
ragione non poteva sufficiente per metterci al riparo
dagli effetti devastanti dal processo globale che sta
terremotando in Occidente i movimenti antagonisti. I
movimenti esprimono sempre la societa’ di cui
sono parto. E la societa’ sembra sterilizzata.
Questa crisi non e’ dunque passeggera,
durera’ a lungo. In questo contesto vanno
ripensate tante cose: se non gli scopi, il come
perseguirli, i linguaggi, le forme. Come resistere in
occidente? Come ci leghiamo ai movimenti
antimperialisti del sud del mondo nell’epoca
della lotta al terrorismo? Possiamo limitarci ad una
funzione di supporto alle prime linee della battaglia
antimperialista? Come perseguire, qui e ora,
l’obbiettivo del Fronte unico antimperialista
a scala internazionale (che e’ la ragion
d’essere per cui nacque il campo)? Cosa cambia
dopo che Chavez ha fatto suo questo ambizioso
obbiettivo? La riunione finale alla Polvese ha preso
quindi delle decisioni . Quanto prima saranno
condensate in un apposito documento.
5.
PER LA LIBERTA’ DI PENSIERO
appello di solidarieta’ con
l’U.C.O.I.I.
Centinaia di firme stanno giungendo da ogni parte
sotto l’appello in difesa dell’UCOII.
Fai girare questo appello, firma
anche tu!
«In occasione della
riunione della Consulta per l’Islam cosiddetto
italiano (28 agosto 2006), il Ministro degli Interni
Giuliano Amato ha formalizzato l’idea di
sottoporre a tutti i partecipanti, pena
l’espulsione dalla Consulta stessa, una
“Carta dei valori” che prevede, oltre alla
condanna dell’Olocausto e al
“riconoscimento della sua unicità”,
l’accettazione perpetua dello stato
d’Israele.
Secondo il Ministro degli Interni il genocidio
nazista del popolo ebraico rappresenterebbe un
“evento incomparabile con qualunque altro evento
del nostro tempo”, la tesi della sua unicità
costituirebbe un “sentimento fondante della
democrazia italiana”, mentre lo stato israeliano
sarebbe l’avamposto inviolabile della democrazia
tout court.
Questo diktat del Ministro Amato (preparato da una
virulenta campagna di diffamazione a mezzo stampa e
TV contro l’Unione delle Comunità e
Organizzazioni Islamiche in Italia per aver
paragonato le stragi naziste a quelle israeliane)
oltre ad essere un un’inaccettabile tentativo di
criminalizzare l’U.C.O.I.I. è, in quanto
lesivo della libertà di pensiero, un gravissimo atto
di valore simbolico generale.
La democrazia italiana si fonda infatti non sulle
convinzioni di questo o quel Ministro, tanto più
degli Interni, ma sulla Costituzione della Repubblica
la quale, all’ Art. 21, afferma in maniera
perentoria che “Tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione”. Né la Costituzione né
alcun’altra legge della Repubblica contemplano
«l’unicità dell’olocausto», né
tantomeno prescrivono di riconoscere come intangibile
lo Stato Israeliano.
La tesi dell’ «unicità» è una banalità, nel
senso che ogni evento storico è unico, oppure
rappresenta una interpretazione particolare degli
eventi della II seconda guerra mondiale, alla
quale dunque, in un libero confronto di
posizioni che è l’essenza della libertà,
altre possono essere contrapposte. Il fatto che
un Ministro della Repubblica indichi una determinata
interpretazione storiografica (sottraendola così al
dibattito razionale) come l’unica vera e valida,
quindi prescrittiva, rappresenta, oltre ad un
evidente attentato alla libertà di pensiero e alla
democrazia, un cedimento al fondamentalismo liberale
che postula la primazia della civiltà occidentale e
il suo diritto a spazzare via le altre. E’
altresì grottesco che chi ha salutato la
dissoluzione si stati come l’URSS e la
Iugoslavia e che in nome dell’unità europea
prescrive il tramonto degli stati-nazione, esiga
invece un giuramento sulla sacralità d’Israele
—in tal modo difendendo un’entità fondata
su basi religiose e dunque escludendo a priori una
prospettiva di futuro affratellamento dei popoli del
Medio Oriente.
I cittadini italiani firmatari di questo appello,
nell’esprimere la loro piena solidarietà
all’U.C.O.I.I. e nel condannare il ricatto a cui
è sottoposta (indegno di un paese civile), chiedono
al governo e a tutte le forze politiche che si dicono
democratiche di fermare l’iniziativa del
Ministro Amato come di ogni altra azione che possa
ledere le inviolabili libertà di pensiero e di
espressione, così come sono garantite dall’art.
21 della Costituzione nata dalla Resistenza
antifascista».
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