LETTERA AL MINISTRO AMATO.

LETTERA AL MINISTRO AMATO.

     Spett. On. Giuliano Amato

     Ministero dell'Interno

 

 

Gent.mo sig. Ministro,

      alla vigilia della riunione straordinaria della Consulta Islamica d'Italia e al termine di una settimana di passione successiva alla pubblicazione dell'inserzione UCOII, voglio rivolgere direttamente alla Sua attenzione alcune brevi spiegazioni e considerazioni su quanto è accaduto.

     Il clima in cui è maturata la redazione del testo e la decisione di pubblicarlo sotto forma d'inserzione a pagamento era quello che vedeva ogni giorno una straziante sofferenza di una parte consistente del popolo libanese sottoposto ad una feroce punizione collettiva.     

     La conferenza di Roma si era svolta con un nulla di fatto a causa della volontà statunitense di concedere all'alleato di riferimento in Medio Oriente, un periodo più lungo per consolidare la sua posizione. Intanto, migliaia di tonnellate di bombe continuavano a cadere su uno dei giardini del Mediterraneo lasciando ovunque morte e devastazione. Oltre 1000 morti, migliaia di feriti (civili per il 90%) centinaia di migliaia di profughi e la distruzione di gran parte delle infrastrutture civili del Sud Libano tra cui oltre 350 scuole e 30.000 case. Anche  il popolo israeliano, musulmani compresi, stava soffrendo le conseguenze della guerra e oltre cento persone (per il 50% militari) hanno trovato la morte a causa del bombardamento del suo territorio.

      Da tutta la comunità si levava forte la richiesta che fosse denunciata in qualche modo la parzialità mistificante con la quale la maggior parte degli organi di stampa del nostro paese stavano coprendo gli avvenimenti e che fosse denunciata una volontà d'annientamento che si appoggiava sull'assoluto predominio aereonavale delle forze armate israeliane.

          Il testo compilato era l'espressione di un senso di frustrazione e d'impotenza che, in quanto uomini e donne amanti della pace e della giustizia, angosciava le nostre giornate e rendeva insonni le nostre notti osservando sui media satellitari la tragedia di un popolo e la rovina di un paese.

Intanto a Gaza non s'arrestava il martirologio del popolo palestinese seppur parzialmente oscurato dai più gravi fatti libanesi.

     Una scarsa conoscenza del meccanismo mediatico, lo ammettiamo senza remore, ci ha condotti a consegnare un testo che, alla sua pubblicazione, era stato superato dagli accadimenti; ringraziando il Signore, la guerra era cessata e timide speranze di pace più duratura si affacciavano in quelle terre tanto provate anche grazie alla disponibilità europea, e fra tutte quella nostro Governo, a svolgere un ruolo di interposizione e garanzia per tutti gli attori locali.

     Una sottovalutata percezione della sensibilità politica e di quella che si vuole sia una percezione comune del male assoluto, ci ha indotto in un sostanziale errore di comunicazione, che presentato o usato come segno di antiebraismo, ha scatenato una reazione a catena che è arrivata fino alla minaccia di denunce penali e ad un vero e proprio ostracismo nei confronti della nostra organizzazione; forse la maggior parte dei critici non hanno neppure letto il testo in questione e si sono limitati a reagire in base a scarni lanci d'agenzia sui contenuti e ad abbondanti rendiconti delle reazioni suscitate.

     Abbiamo già avuto modo di precisare che nessuna forma di discriminazione razziale, religiosa e culturale ci è consentita dalla nostra stessa dottrina e giurisprudenza religiosa, non si dimentichi inoltre che una parte consistente dei musulmani che fanno riferimento all’UCOII sono semiti e si riconoscono nel comune padre Abramo nella linea discendente da Ismaele. La storia delle persecuzioni degli ebrei avvenute in ambiente nonmusulmano nei secoli, ha sempre avuto come controcanto l'accoglimento e la protezione nei paesi abitati dai musulmani: ancora durante la seconda guerra mondiale il sultano del Marocco Mohamed V rifiutò di consegnare alle autorità collaborazioniste di Vichy gli ebrei del suo paese. Era un monarca sottoposto a protettorato ma non poté e non volle tradire la grande tradizione di tolleranza e giustizia che l'islam ha sempre espresso.

     Da parte nostra non c'era nessuna intenzione ad identificare il popolo ebraico contemporaneo e tanto meno l'ebraismo nel suo complesso con lo Stato d'Israele, che in quanto formazione storica e terrena non può non assumersi le responsabilità delle sue azioni.

     Il paragone con due delle principali stragi compiute dai nazisti in Italia voleva essere choc mediatico nei confronti di un'opinione pubblica e di una classe politica che, forse complice la feria agostana, non si era mobilitata come avrebbe potuto per chiedere con vigore la cessazione immediata delle ostilità, il ristabilimento della sicurezza per le popolazioni civili.

    In buona sostanza, senza voler affatto banalizzare la tragedia immane della seconda guerra mondiale di cui il popolo ebraico è stato una delle vittime principali, la si voleva assumere come esempio fra tutti dell'ingiustizia che colpisce gli innocenti, i civili, le donne, i bambini, rendendo poi a lungo impossibile una vita normale agli scampati.

     Oggi in meno di una settimana da quella pubblicazione qualcuno, vuole servirsene per annullare e negare tutta la grande realtà di impegno civile e spirituale che l'UCOII ha espresso in tutti questi anni difficili.

     Siamo certi, signor ministro che Ella non vorrà partecipare a questa nuova caccia alle streghe e considerare l'avvenuto come un incidente di percorso che non potrà arrestare un cammino virtuoso di lealtà istituzionale e di dialogo interreligioso e interculturale che la nostra organizzazione ha messo in atto dalla sua stessa costituzione.

     Da parte nostra l'impegno ad un rinnovato sforzo di comprensione delle comuni sensibilità e una particolare attenzione alla forma/contenuto della nostra comunicazione infracomunitaria e intercomunitaria.

            Voglia accettare, sig. ministro, i sensi della nostra più sincera stima e considerazione

 

                                                                                    Mohamed Nour Dachan