L’attenzione alla Natura – animisticamente intesa come luogo della vita e dell’energia, come spazio infinito e ampio e come campo di indagine – è al centro del mio lavoro.

La sua immagine affiora nei materiali usati, ricordi, o meglio reperti, che costruiscono uno spazio su superfici sensibili, schermi, veli neri, drappi funebri: foglie bianche, nere o secche su acetato acquisiscono il valore formale di una lapide.

Il ciclo presentato,“Il Sudario della Terra”, è una lapide per tutto ciò che si sta estinguendo attorno a noi, per tutto ciò che giorno per giorno sparisce, si spegne in silenzio. Lavorare su un materiale trasparente come l’acetato, quasi invisibile, che ha bisogno di particolari condizioni di luce per essere notato e che lo sguardo può attraversare, un materiale industriale ma delicato, lieve ed aereo, ha significato sfidare la solidità dell’immagine: i ricordi sono flebili ma persistenti, come le immagini nate dalle e nelle trasparenze, come le cuciture, come i segni delle ferite apparentemente sanate che vivono nella memoria.

Tutta la mia ricerca si fonda sul tentativo di individuare e rivitalizzare sopravvivenze: dell’umano, della sensibilità, del sogno, dell’origine, dell’unione tra fisico e mente.