Prostituzione e Diritti Umani.


La prostituzione rappresenta una delle principali cause di violenza contro
le donne. Le prostitute affrontano giornalmente livelli intollerabili di
violenza e di rischi. La legge criminalizza la prostituzione, attraverso i
reati di adescamento, favoreggiamento e sfruttamento. Attraverso la
repressione, la legge non protegge le persone che si prostituiscono, ma le
spinge verso un baratro sempre più profondo: il baratro del crimine e
dell’esclusione sociale. Il decreto legislativo 286/98 ha promosso
l’inserimento sociale e lavorativo delle donne vittime del traffico della
prostituzione, concedendo, in alcuni casi, il permesso di soggiorno per
motivi di protezione sociale. Ma l’iniziativa, per quanto lodevole, spesso
si è risolta in un aiuto temporaneo, non adeguato alla gravità dei problemi,
per il fatto che nel nostro Paese manca ancora una rete sicura di protezione
sociale (minimo vitale a tempo indeterminato e universalità dell’assistenza
sociale). La prostituzione è un problema fondamentale di Diritti Umani,
perché quando le prostitute subiscono violenza, tutte le donne diventano
vulnerabili. “Nessuna donna è sicura se le prostitute non sono sicure. I
serial killer spesso iniziano con le prostitute, poi continuano a violentare
e a uccidere altre donne. Ogni donna può essere reputata prostituta e subire
violenza” (1). La questione della prostituzione deve essere affrontata alla
radice, studiandone seriamente le cause. Le ipotesi sono due : secondo la
prima, tutte le persone che si prostituiscono sono costrette dalla povertà a
vendere “l’amore”, non disponendo di altri mezzi per il sostentamento
proprio e della propria famiglia: “Nessuna prostituzione è interamente
volontaria data la mancanza per le donne di alternative economiche
accessibili” (1).  Secondo questa ipotesi, le donne che in apparenza
scelgono volontariamente la prostituzione, in realtà non hanno sicurezza
economica o mancano di autostima, a causa della povertà che contraddistingue
il genere femminile  e del basso valore che la società attribuisce ai
poveri. Nell’altra ipotesi si ammette che alcuni uomini e donne scelgano
liberamente la prostituzione. Pensiamo ad una tipologia di persone priva di
inibizioni, ninfomani, senza voler loro attribuire alcuna patologia medica.
In questo caso la prostituzione non è una questione di gusti, di stili di
vita, di etica sessuale, di scelte liberamente modificabili, ma una pura e
semplice questione di diritti  umani. Come tale è stata affrontata in molti
Paesi europei. Ormai, almeno in Occidente, tutti dovrebbero sapere che
nessuno decide un bel mattino di “scegliere” il proprio orientamento
sessuale: ninfomani,  od omosessuali, o bisessuali, o transessuali si
constata di esserlo, non lo si può scegliere. Si constata cioè che i propri
desideri affettivi ed erotici si dirigono in modo del tutto spontaneo e
naturale verso un gran numero di individui, anziché verso un solo individuo.
Si constata insomma di essere ninfomani-prostitute esattamente come si
constata di avere i capelli castani piuttosto che neri, gli occhi chiari
piuttosto che scuri. Oggi che le prostitute stanno conquistando, in vari
Paesi europei, i diritti negati per secoli dalle leggi, dalla repressione
sociale e sessuale, e dalla “naturale” ostilità degli esseri umani per ogni
genere di diversità, non è più lecito a nessuno continuare ad ignorare
questo semplice dato dell’esperienza esistenziale di milioni di esseri
umani. Si potrebbe sostenere che, per una ninfomane, sarebbe “contro natura”
ricercare relazioni erotiche o affettive con una persona sola: come per un
nero sottoporsi ad operazioni di chirurgia plastica per apparire bianco. Che
l’orientamento sessuale di un individuo sia determinato da ragioni organiche
o genetiche, oppure da ragioni di ordine psicologico risalenti alla più
remota infanzia, è del tutto irrilevante, rispetto al suo carattere di
elemento intrinseco dell’identità e della personalità individuali. Dato che
le cose stanno così, la questione della prostituzione non è una questione di
opinioni o di stili di vita, e tanto meno una questione morale, ma, come
appunto è stato ritenuto ovvio da molti Stati, una questione di diritti
umani : discriminare sulla base dell’orientamento e del comportamento
sessuale è una pratica strutturalmente identica a discriminare sulla base
della razza, del sesso o dell’etnia. Il pregiudizio nei confronti delle
prostitute sarà pure ancora forte negli strati più arretrati e trogloditi
della società italiana. La persistenza di un pregiudizio fondato sull’odio
per una minoranza portatrice di un’identità ascritta (cioè non scelta
volontariamente dai soggetti interessati) non può essere causa di
discriminazione giuridica nell’Europa di oggi.
RICHIESTA DEL COLLETTIVO INTERNAZIONALE DELLE PROSTITUTE ALLE NAZIONI UNITE
DURANTE LA IV CONFERENZAA MONDIALE DELLE DONNE A PECHINO, 1995.
1. “Riconoscimento nella Piattaforma d’azione che le donne in tutto il mondo
sono costrette alla prostituzione dalla povertà e dalla mancanza di
alternative economiche. 2. La distinzione tra prostituzione coatta e
volontaria è fuorviante. Essa oscura il fatto che la “prostituzione coatta”
è di fatto stupro e/o adduzione, lavoro forzato, ed altri generi di
violenza, e che nessuna prostituzione è interamente volontaria data la
mancanza di alternative economiche per le donne. 3. I lavoratori del sesso
devono essere riconosciuti come lavoratori e, come gli altri lavoratori,
avere i diritti umani, legali, civili ed economici. Il lavoro del sesso deve
essere misurato e valutato nelle statistiche governative per rendere
visibile il contributo economico che le prostitute danno alla società. 4.
Abolizione delle leggi sulla prostituzione che criminalizzano le donne le
quali lottano per portare sé stesse e le loro famiglie sopra al livello di
povertà. 5. Risorse e diritti d’immigrazione per permettere alle vittime del
traffico e alle altre donne di fuggire da situazioni di sfruttamento e di
violenza. Ci opponiamo alle misure contro il traffico che aumenta i poteri
della polizia e restringe i controlli sull’immigrazione, impedendo alle
donne di attraversare i confini internazionali. Chiediamo che la
legislazione esistente contro lo stupro ed altra violenza venga usata per
proteggere le prostitute…6. Protezione di donne e bambini dalla coercizione
alle vaccinazioni, medicine o cure mediche per mezzo della disinformazione e
la paura di essere deportate o di perdere la custodia dei loro figli.” (1).
CHIESA E PROSTITUZIONE
Nonostante il suo comportamento contraddittorio, la chiesa condanna
drasticamente la libertà sessuale e la prostituzione. La condanna cattolica
della prostituzione ha una sola funzione pubblica: quella di dare una
copertura di rispettabilità e di presentabilità ai pregiudizi che alla parte
più arretrata della società italiana derivano non già dalla sofferta
adesione a dogmi religiosi di cui si avverte l’insostenibilità ma anche la
difficoltà ad emanciparsene, bensì da ben più grevi retaggi propri di
un’antropologia patriarcale e primitiva, contadina e premoderna, in cui tali
pregiudizi si accompagnavano con naturalezza a quelli contro ebrei e
stranieri di ogni sorta, diversi di ogni specie, donne, disabili, minori,
ecc. La struttura della discriminazione nei confronti delle prostituzione è
identica a quella del razzismo in senso stretto, posto che l’una e l’altro
fanno discendere la pretesa di supremazia dell’identità maggioritaria da una
condizione ascritta di cui gli individui giudicati indegni della parità dei
diritti sono portatori.

(1) International Prostitute Collective, International Wages for Housework
Campaign.

 

 

 

 

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