LA SAPIENZA E IL PAPA

LA SAPIENZA E IL PAPA

Beppe Pavan – Pinerolo, 17.1.08

I commenti che vanno per la maggiore si soffermano indignati sulla censura al papa: quel “manipolo” di professori e di studenti avrebbe impedito al papa di parlare. Di qui l’adesione “senza esitare” della ministra Turco alle iniziative di Giuliano Ferrara, perché “il diritto alla parola deve sempre valere, per tutti”. E l’hanno chiamata serata di “meditazione laica”, come se la laicità fosse “non essere preti” e non, piuttosto, cammino di laicità.

Desidero sottolineare tre punti che a me paiono pertinenti:

1.             Nessuno, mi pare, ha impedito al papa di parlare. Compito arduo, comunque, per chiunque volesse provarci... Il prof. Ratzinger da quando è anche papa è abituato ai bagni di folle osannanti, non alle contestazioni. Io credo che sia assolutamente legittimo che quei professori e studenti abbiano manifestato il proprio pensiero: la convivialità delle differenze esige ascolto reciproco, senza giudizi di condanna.

2.             E’ stato Ratzinger a scegliere di declinare l’invito del rettore. Ha fatto un passo indietro... può sempre andare all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università Cattolica: nessuno/a avrebbe niente da dire. Quantunque...

3.             ...quantunque resti la questione di fondo, quella su cui poco si parla perché poco o nula la si pratica. E’ il nodo della laicità. Tutto questo desiderio di ascoltare il papa... Che bello quel cartello all’udienza di mercoledì 16: “Se il papa non va alla Sapienza, la Sapienza va dal papa”! Ecco, quei e quelle studenti ci hanno offerto un esempio concreto di pratica laica cattolica, andando ad incontrare il loro guru in un luogo a ciò deputato.

Tutto questo desiderio in tanti uomini e tante donne della politica, invece, mi appare francamente sospetto. Proprio nella domenica in cui il calendario liturgico cattolico proponeva di meditare sul brano del Vangelo di Matteo che racconta il battesimo di Gesù, al capitolo 3. Anche molti farisei e sadducei volevano farsi battezzare, ma Giovanni Battista li apostrofa con chiarezza: “Razza di vipere!...”. Perché il personale è politico: il battesimo è una dichiarazione pubblica della scelta di cambiare vita e questo cambiamento deve essere coerentemente pubblico, visibile, misurabile...

Non vedo differenza tra quei farisei e sadducei e molti italici politici, che cercano legittimazione agli occhi del popolo baciando anelli e facendosi benedire dai loro compari religiosi, che si guardano bene dal pronunciare anche qualcosa di meno di quel veemente “Razza di vipere!”... Probabilmente perché hanno consapevolezza di sé e del “sacro commercio” che prospera tra di loro... e il popolo continua ad aspettare invano qualche frutto degno della penitenza. Perché penitenza non c’è. Perché penitenza è manifestazione materiale del pentimento, della scelta di cambiar vita... non qualche pater, ave e gloria biascicati pensando ai voti.

Gesù è partito da sé: prima di andare in giro a predicare ha passato 30 anni in formazione, riflessione, cambiamento... E anche dopo... quando una donna, ad esempio, gli ha fatto capire che la cultura patriarcale in cui si era formato era anche razzista ed escludente, ha capito la lezione e da quel momento ha accettato di entrare in relazione anche con chi era straniero/a, non appartenente al popolo ebraico.

Ecco cosa mi piacerebbe che succedesse: che il prof. Ratzinger accettasse l’invito di quei professori e scienziati a studiare insieme il “caso Galileo” e le relazioni tra fede e ragione, con tutta la sincerità possibile a uomini e donne consapevoli della propria parzialità e fragilità. I benefici sarebbero inimmaginabili, ma certi. E saremmo in tanti e tante a riconoscere la positività della resistenza praticata da quel piccolo gruppo di professori e studenti, come di ogni piccolo “resto d’Israele”. Quella è davvero “sapienza”, secondo me.

Perché poi, a ben guardare, né Gesù né il Battista erano “preti”... Voglio dire, con ciò, che può capitare a chiunque di sentirsi dire da chiunque “razza di vipere!” o cose simili: non sono parole riservate agli uomini del sacro. Non serve reagire con sdegno e con insulti, ma è conveniente guardarsi dentro e capire se quel giudizio “politico” corrisponde alla realtà “personale”. Sono due pratiche di laicità da cui potrebbe dipendere un po’ della nostra felicità e del benessere del mondo.