La scoperta del cacio


In tema di emergenze alimentari, un articolo che aggiunge informazione sul
sistema di lavorazione di prodotti industriali destinati alle mense
quotidiane del bistrattato consumatore.
Davanti ad un bel piatto di bianche e appetitose mozzarelle, magari
contornati da stuzzicanti pomodori e ravanelli,vi siete mai domandati se la
loro morbidezza ed il loro candore siano veramente sinonimo di genuinità e
freschezza. La stessa domanda può essere tranquillamente girata per
qualsivoglia prodotto che provenga dalle migliaia di caseifici che
riforniscono quotidianamente i vari supermercati e negozi alimentari di
tutta la penisola.
Non voglio screditare la categoria ne' creare allarmismi che non avrebbero
motivo di essere. Fino ad ora,grazie a Dio le emergenze per intossicazioni
dovuti a contaminazioni e contraffazioni di questi prodotti sono state
pochissime ma conoscere  un po' di metodica ordinaria usata nelle varie
lavorazione non credo che guasti.
Anzitutto voglio precisare che  ciò che scrivo riflette una esperienza
diretta ventennale dovuta alle mie frequentazioni per motivi di lavoro di un
gran numero di questi stabilimenti. Anche se la loro ubicazione è situata
nel sud dell'Italia  ho ragione di credere che i sistemi o i "trucchi" del
mestiere siano un po' patrimonio della categoria in generale.
Una prima considerazione la faccio sull'acqua, assieme al latte materia
prima indispensabile che, complici normative ambigue e inadeguate, il più
delle volte, prima di essere immessa nei laboratori, non subisce alcun
trattamento Delle centinaia di caseifici che ho visitato si contano sulle
punte delle dita quelli che hanno un efficiente sistema di chiarificazione e
disinfezione e questo nonostante le caratteristiche sempre più sospette
delle acque dei vari enti dovuti al crescente  inquinamento di fiumi e
falde sotterranee.Quasi tutti beviamo acqua controllata e imbottigliata ma
mangiamo tranquillamente prodotti lavorati e lasciati a bagno in acque sulla
cui purezza ci sarebbero molti dubbi . Stendiamo poi un velo pietoso sulla
pratica infame di spegnere gli impianti di depurazione anche se funzionano
perfettamente per risparmiare sui consumi.
Altra nota dolente sono l'uso delle paste casearie importate in grandi
quantità specie dai paesi del Nord (Germania,Belgio,Olanda). Le normative
prevedono una minima percentuale rispetto al latte fresco ma chi ne
controlla il rispetto? Tanto più che l'impiego di tali panetti dimezza di
molto i tempi di lavorazione e di conseguenza anche i costi. Stessa cosa
dicasi delle farine di latte, stoccate a quintali nei magazzini e sulla cui
provenienza e contenuto si potrebbe iniziare un dibattito.
E i prodotti invenduti e deteriorati che fine fanno? Vengono semplicemente
riciclati.Centinaia di chili di mozzarelle,stracchini e simili scaduti da
tempo e  puzzolenti da far paura, vengono semplicemente disfatti e buttati
nei calderoni di acqua bollente per assurgere a nuova vita e riacquistare d'
incanto il primitivo candore.
Non voglio aggiungere altro solo fare una piccola riflessione. Si è vero
che è impossibile controllare e verificare il rispetto di tutte le norme per
garantire sicurezza al cento per cento in materia alimentare,però se quei
pochi che vengono fatti fossero eseguiti con le dovute  modalità e le
sanzioni venissero veramente applicate potremmo forse innalzare questo
livello ma, cosa più importante, risparmiarci quelle inquietanti   campagne
di allarmismi che si susseguono e che aggiungono ansia alla nostra già
complicata vita.


Pino Zavero

zavero@libero.it



 

 

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