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Osservatorio Ligure sull'Informazione www.olinews.it

L'Osservatorio Ligure sull'Informazione è nato per contrastare l'omologazione del sistema informativo, la riduzione progressiva delle voci di dissenso, il conformismo degli operatori di giornali, radio e tv. L'osservatorio segnala gli episodi di distorsione e occultamento delle notizie, di mancanza di contraddittorio e di trasparenza, di uso privato degli organi di informazione, di omertà e servilismo nei confronti di gruppi o esponenti del mondo politico o economico.

Il materiale contenuto in questa newsletter può essere liberamente riprodotto, in tutto o in parte, citando, quando possibile, la fonte. OLI è aperta alla collaborazione di chiunque ne condivida il programma. I contributi, per essere pubblicati, non devono superare le 500 parole (circa 2.000 battute).

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Camillo Arcuri, Manlio Calegari, Pino Cosentino, Vittorio Flick, Oscar Itzcovich, Eleana Marullo, Giulia Parodi, Paola Pierantoni.

In questo numero:

• Sciopero Cup - Il comodo ombrello delle coop sociali(p.p.)

• Migranti/1 - Gli schiavi al mercato di corso Sardegna(e.m.)

• Migranti/2 - Un nome simbolo di repressione (Jeff Quil)

• Libri - Quelle storie di madri che non si raccontano(g.p.)

• Acna di Cengio - Prima i veleni ora il bidone (o.i.)

• L'inchiesta - Anche in porto tanti furbetti (m.c.)

• G8 e dintorni - Se la cronaca vera non interessa più(Achab)

• Costume - Corre l'arroganza sul telefonino (The Pupil)

Sciopero Cup

IL COMODO OMBRELLO

DELLE COOP SOCIALI

Lunedì 4 dicembre, sciopero del Cup (Centro unificato di prenotazione sanitaria): in piazza a manifestare quasi tutti i 114 dipendenti delle tre cooperative sociali (La Cruna. Il Pellicano Verde, La Rimessa) che gestiscono questo servizio.

I motivi sono chiariti nel volantino: "Molte persone pensano che tra noi e gli sportellisti Asl non ci sia alcuna differenza: magari! … Ciò che cambia è il datore di lavoro: il nostro non è un ente pubblico ma sono tre cooperative sociali che lavorano per conto di Datasiel che non è altro che un intermediario tra le Asl e le cooperative. Questo cambia in peggio le cose … in primis la retribuzione che a parità di orario è inferiore di circa 250 euro mensili a quella dei dipendenti Asl …". Il volantino elenca poi i motivi di disagio dovuto alle precarie condizioni ambientali in cui si svolge questa attività. La lotta quindi è "contro le cooperative, contro Datasiel, contro questo sistema di appalti e subappalti che scarica sui lavoratori la riduzione di costi di gare d'appalto al massimo ribasso".

I passaggi economici da Asl a Datasiel, da Datasiel alle Cooperative e, ultimo anello, dalle cooperative ai lavoratori, sono avvolti da una nebbia difficile da dipanare per gli stessi sindacati.

L'indagine sui call centers genovesi presentata a giugno dalla Cgil aveva già indicato i punti critici di questa realtà: l'inaccettabile doppio regime contrattuale tra gli sportellisti Asl e i lavoratori Cup; le condizioni di lavoro gravose a causa dei ritmi e degli stress dell'attività di call center; le condizioni ambientali (rumore, microclima, igiene) al limite dell'inaccettabilità; l'estrema difficoltà (date queste condizioni) a reggere un orario superiore alle sei ore giornaliere con conseguente ulteriore deprivazione salariale; la deprimente sensazione di svolgere un lavoro totalmente svalutato ma, nello stesso tempo, difficile: interazione solo vocale con utenti irritati e delusi per le lunghe liste di attesa, spesso anziani, malati, a volte stranieri, che non riescono a comunicare correttamente i dati della impegnativa del medico, persone che chiedono conforto e rassicurazione.

A sfondo di tutto ciò l'incapacità organizzativa dei dirigenti delle cooperative che non sono riusciti a fare fronte alla rapida espansione dimensionale dell'impresa (dai 54 dipendenti del 2003 ai 114 attuali), e il cinismo dei committenti che utilizzano l'ombrello delle cooperative sociali per scaricare i costi sulle fasce più deboli del lavoro.

I lavoratori mi dicono che né l'indagine, né la successiva visita ispettiva della Asl sulle condizioni di igiene e sicurezza hanno prodotto alcun cambiamento: totale sordità. Oggi l'attesa è che dalla Regione venga finalmente una parola di chiarezza.

Dal Tgr delle ore 14 si riesce a capire che i dipendenti di queste cooperative che "lavorano per Datasiel" guadagnano molto meno dei loro colleghi della Asl, ma la catena di travasi che costituisce il vero snodo del problema e il ruolo della Regione restano in ombra.

(p.p.)

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Migranti/1

GLI SCHIAVI AL MERCATO

DI CORSO SARDEGNA

Un'incursione rapida sulla stampa locale delle ultime settimane. Obiettivo: l'immigrazione, quali sono gli argomenti proposti dai media e come vengono restituiti, per tastare il polso alla situazione attuale, che, in base ai fatti recenti, pare particolarmente conflittuale. Ecco i risultati: 22 novembre, Corriere Mercantile: "Blitz contro i nuovi schiavi al mercato di frutta e verdura". L'articolo fa riferimento ad un'operazione compiuta dai vigili urbani al mercato di Corso Sardegna, il cui risultato è stato l'arresto di 15 marocchini. Cinque di essi, clandestini secondo la legge Bossi-Fini, avrebbero poi ricevuto, continua l'articolo, il decreto di espulsione, mentre sei fruttivendoli sarebbero stati colpiti dall'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. In coda viene accennato a come questa non sia la prima oper azione del genere, ma sia stata anticipata da altre, di dimensioni più imponenti, ad opera delle forze congiunte di polizia e vigili. Il titolo "Contro i nuovi schiavi", indica l'oggetto dei blitz: sottopagati (5 o 10 euro a carico) e privi di uno statuto giuridico, criminalizzati dalla Bossi-Fini, i "clandestini" sono un ottimo bersaglio più che vittime di soprusi bisognose di tutela. Non si trova traccia di questa notizia nel resto della cronaca locale.

Torna il Corriere Mercantile, 30 novembre, ad occuparsi dell'immigrazione, questa volta in relazione alla pubblica sicurezza: "Caricamento, notte di paura maxi rissa tra bande straniere": la cronaca di una rissa tra "sei albanesi" e altri, "presumibilmente sudamericani". Si ipotizza poi uno spostamento dello "scontro etnico" dalla Commenda a Caricamento. La notizia non compare altrove.

In conclusione, Secolo XIX e Repubblica-Lavoro tacciono sull'argomento in queste ultime settimane. Le tematiche trattate, nei pochi casi presenti, si limitano alla mera cronaca o alla pubblica sicurezza. Uno spunto interessante, a scala nazionale, si legge invece su Metropoli, supplemento domenicale di Repubblica (Anno 1 Numero 37) "I diritti ridotti degli studenti come Nizar": nella storia di un 22enne marocchino, si riflette la situazione di chi a 18 anni, al compimento dell'iter di scolastico in Italia, decide di frequentare l'università e si trova ad essere "studente straniero", senza la possibilità di avere la carta di soggiorno in quanto non produttore di reddito.

La stampa locale per ora tace sui nodi più complessi, come la tutela della fasce più deboli e discriminate ("clandestini") dal mercato della schiavitù, o la cosiddetta G2, seconda generazione cioè i figli degli immigrati, gli italiani di domani.

(e.m.)

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Migranti/2

UN NOME SIMBOLO

DI REPRESSIONE

Sabato 11 novembre, dalla manifestazione dei senegalesi, quando già era giunta nei pressi di piazza De Ferrari dove si sarebbe conclusa, s'è levato a lungo il grido d'un nome. Quello di un ispettore delle forze di polizia dai senegalesi giudicato un persecutore, nonché responsabile diretto dei gravi comportamenti denunciati nel loro volantino.

C'era anche dell'altro nella manifestazione: la questione dei permessi di soggiorno e della legge che disciplina i fenomeni migratori, i Cpt, il carcere, e la criminalizzazione cui è continuamente esposta la vita degli immigrati. È evidentemente questo quadro più ampio ad essere messo in discussione. I dispositivi normativi e sociali che informano la vita dei migranti li costringono a gravitare ai margini del diritto, ai bordi della cittadinanza, in quella zona grigia dove il potere è già un ricatto con la sua presenza.

Ma la manifestazione chiedeva specialmente la libertà per il compagno provocato, aggredito e arrestato, gesti nel caso specifico ricondotti all'operato dell'ispettore di cui veniva urlato il nome. Non deve essere stato facile arrivare a tanto e proprio questo dovrebbe segnalare la situazione esasperata in cui si trovano a vivere gli immigrati a Genova.

La manifestazione che ha preso le mosse dai fatti di via Pré sembra contenere in se due messaggi, di segno diverso. Da una parte il fatto che spesso le mobilitazioni sono legate ad emergenze contingenti, ad episodi che sembrano colmare la misura. Dall'altra la necessità, per chi si occupa dei fenomeni migratori, specie se in una prospettiva politica, di conoscere la realtà delle forme di repressione e il suo impatto sui modi di vita plurali e molteplici, anche all'interno delle stesse comunità di immigrati. Al momento la repressione non sembra ancora essersi tradotta in un fattore unificante del mondo dei migranti. Alla manifestazione infatti, nonostante i richiami ad una solidarietà più vasta, partecipavano soprattutto senegalesi

(Jeff Quil)

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Libri

QUELLE STORIE DI MADRI

CHE NON SI RACCONTANO

E' come il passaggio di un testimone, il consiglio di un libro. Può essere consegnato come regalo, suggerito dal libraio, evocato da un amico, perché sì, è proprio quello di cui tu hai bisogno nella maniera più assoluta. Può anche scivolare dalle mani di una sposa che nella fretta del commiato sparisce e riappare con il libro in mano chiedendoti: "L'hai già letto?". No, non è una bomboniera. E' l'idea che il matrimonio e la maternità, che in quel caso lo precede, trovino un senso in quelle pagine, e la sposa ti stia regalando una parte di sé.

Il testimone Una madre lo sa - "Tutte le ombre dell'amore perfetto" di Concita de Gregorio (Mondatori, euro 14,00) era meglio tenerlo distante. Guida per madri stressate? Soluzioni? Suggerimenti per la coppia alle prime armi? Manuale per genitori di adolescenti difficili? E infine la domanda più importante: ma cosa sa una madre? L'occhiata nello scaffale della libreria si trasformava in diffidenza per passare oltre. E invece.

Ecco tante storie, le migliori, quelle che si raccontano a fatica, raccolte con attenzione una ad una, e nelle quali la maternità svela tutti suoi volti. Lo spazio della malattia e della morte, lo spazio per la depressione devastante che può generare la nascita, lo spazio per le deliranti riunioni scolastiche, e quello dell'allontanamento dal figlio per il lavoro si trasformano in sipari che si aprono uno dopo l'altro suggerendo al lettore che essere madre ed essere figli può diventare estremamente difficile. E quindi senso di colpa e abbandono, dolore e grazia, ostinazione e felicità, fanno parte del quadro, vanno messi in conto e narrati così come si presentano, senza paura. Perché una madre uccide suo figlio? Si può raccontare a un bambino adottato il giorno in cui è nato? Cosa ci è rimasto delle madri di Plaza de Mayo? E dei loro nipoti sottratti? C'è Stefania Craxi e il modello svedese di Pippi Calzelunghe, ma c'è soprattutto l'idea che i molti racconti, anche i più atroci, possano rispondere alla domanda principale, a seconda della versioni nella quale essa si pone. Cosa sa una madre?

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Acna di Cengio

PRIMA I VELENI

ORA IL BIDONE

"Martedì 28 novembre dallo scalo ferroviario interno allo stabilimento Acna di Cengio partirà l'ultimo treno per la Germania con un carico di reflui salini essiccati". E' il comunicato dell'ufficio stampa del Commissario delegato per lo stato di emergenza nel territorio di Cengio e Saliceto (il prefetto Giuseppe Romano). Dopo cent'anni di veleni la storia dell'Acna si è finalmente chiusa? Purtroppo, no. Certe storie, si sa, non finiscono mai.

Ci sono ancora molte cose da fare ricorda, con evidente preoccupazione, Nicola de Ruggiero, assessore all'ambiente della Regione Piemonte: sono stati svuotati i cosiddetti lagoons (lagunaggi), ma la bonifica dell'intera area, della valle e del fiume Bormida che pochi chilometri dopo Cengio entra, appunto, nel Piemonte, è ben lontana da essere finita. La Regione Piemonte - aggiunge - deve assolutamente condividere con gli altri soggetti interessati il percorso da intraprendere.

La preoccupazione per il destino dell'intera area riguarda anche il protocollo d'intesa firmato tra l'Eni, proprietaria dell'Acna, e la Regione Liguria il 26 luglio 2006 che prevede la vendita a Cengio Sviluppo, società a capitale pubblico con Regione Liguria, Provincia di Savona e Comune di Cengio tra gli azionisti, degli immobili e dei terreni dell'ex Acna a un prezzo che dovrà essere concordato entro la fine dell'anno. In quell'occasione Burlando dichiarò che questi terreni saranno poi ceduti a imprese interessate ad avviare attività compatibili con l'ambiente (Il Sole 24 Ore, 27 luglio 2006).

Il 20 novembre diverse associazioni ambientaliste del Piemonte si sono espresse con un comunicato contro questo accordo perché: 1) prevede "testualmente che l'ENI non sarà, per nessun motivo, chiamata a rispondere di contaminazioni passate o future, che si evidenziassero successivamente al sesto anno dalla certificazione di avvenuta bonifica e addirittura questo termine temporale potrà essere anticipato di quattro anni"; 2) ammette la possibilità che l'ENI trasferisca a Cengio Sviluppo l'attività di presidio ecologico del sito che, è bene rammentarlo, potrebbe durare anche centinaia di anni ("in questo modo l'ENI potrebbe finalmente riuscire a liberarsi del "bidone" Acna e, come se non bastasse, verrà pure pagata"); 3) ignora il fatto che il sito di "Cengio e Saliceto" è un sito di interesse nazionale, sul quale è territorialmente competente anche la Regione Piemonte. (http://i lnostrogiornale.blogspot.com/2006/08/comunicato-stampa-dell-associazione.html).

Stando così le cose, quella di Cengio è una bonifica che a tutt'oggi non si sa quanto ancora costerà e quando finirà. Ma si comincia a sospettare chi invece pagherà

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L'inchiesta

ANCHE IN PORTO

TANTI FURBETTI

Da tempo la magistratura ha dato il via ad una maxi inchiesta sulle concessioni in area demaniale. La "fascia di rispetto" di Pra è stata la prima ad essere osservata. Polemiche roventi, accuse di "persecuzione del Ponente", poi di fronte alle irregolarità, alle posizioni speculative i toni si sono abbassati. Da Pra a Voltri a Sampierdarena passando per il Porto antico: ad oggi l'inchiesta ha portato alla luce gravi abusi e veri e propri furti. Grandi concessionari, terminalisti privati e società miste come Vte, Genova Parcheggi, Stazioni Marittime Spa, Fiera e altre si sarebbero appropriate abusivamente di aree non sottoposte alla loro concessione. Depositi che da temporanei sono diventati definitivi, raddoppiando e triplicando le aree occupate rispetto alle concessioni in molti casi scadute da tempo. In via di accertamento, oltre le occupazioni abusive, spesso all'origine di ulteriori sub concessioni, ci sono i canoni non aggiornati (spesso irrisori ) delle concessioni regolari.

E' un'inchiesta importante. Il comandante della Capitaneria di porto, che per conto dell'autorità giudiziaria conduce l'indagine insieme ai carabinieri del Noe e i vigili della sezione ambiente ha detto (Repubblica-Lavoro, 29 novembre): "Servirà all'Autorità portuale per fare ordine, costringendo più di un soggetto a mettere le cose a posto". E' auspicabile infatti che a inchiesta conclusa le "le cose" vadano a posto e chi si è appropriato abusivamente di spazi, chi ha fatto i soldi affittando spazi che non possedeva, chi ha impedito attività commerciali altrui in forza di prerogative che invece non aveva, paghi il conto.

E' auspicabile inoltre che l'inchiesta, oltre a scoprire i furbetti nostrani, aiuti a sciogliere anche altri misteri. Ad esempio quali rapporti omertosi hanno permesso un abusivismo così massiccio che - come si è scoperto pochi giorni fa (Repubblica-Lavoro, 2 e 3 dicembre) - è stato messo in opera da grandi concessionari e da potenti società che non è pensabile potessero operare alla chetichella? O, con altre parole, quali le ragioni della mancanza di controllo o dei silenzi da parte degli uffici preposti al controllo?

Il Comandante del porto ha parlato di "egoismi" sollevando la reazione scandalizzata di più di un operatore portuale. Ma oltre gli egoismi e le furbate l'inchiesta della Capitaneria, potrà aiutare a capire questioni che ad oggi sono parse incomprensibili. Ad esempio il duro scontro che ha opposto fino a pochi mesi fa il presidente del porto Novi e il segretario generale Carena. Quali erano i veri termini del contendere?

Infine l'inchiesta in corso sarà di grande aiuto per capire quali reali interessi si sono scontrati fino ad oggi attorno alla proposta di waterfront di Renzo Piano. Dopo quanto si va scoprendo molti hanno cominciato a chiedersi se tutta la serie di commissioni e contro commissioni nominate per sciogliere i nodi, i mezzi sì e i quasi no di questo o di quell'altro, non fossero uno schermo che nascondeva una massa di interessi molto più "tradizionale": pagare poco (o magari niente) per vendere a molto.

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G8 e dintorni

SE LA CRONACA VERA

NON INTERESSA PIU'

Tra notizie taciute o ignorate, nel senso di mancate, è difficile distinguere. C'è di mezzo anche una linea editoriale che spesso privilegia la "foffa", l'aria fritta, a un tipo di informazione puntuale che può creare imbarazzi, quindi automaticamente da bocciare come poco moderna. Fatto sta che il fenomeno dei "buchi" più o meno volontari è in crescita, specie sul fronte della cronaca cittadina. Un esempio, fra i tanti, viene da una doppia notizia oscurata, nonostante si riferisse alla caserma di polizia di Bolzaneto tristemente nota come teatro di orribili violenze ai tempi del G8, quindi obiettivo per molti versi "sensibile".

Primo, un'inchiesta della magistratura porta alla scoperta di armi pesanti, da guerra, quali granate e pezzi smontati di artiglieria, in un deposito interno del Reparto mobile, dove non c'era alcuna ragione perché vi si trovassero, dal momento che estranee alle dotazioni di reparti addetti a compiti di ordine pubblico. Secondo, e ancora più sorprendente dato, a distanza di qualche mese dal presunto "attentato" allo stesso distaccamento, salta fuori che in realtà il razzo, del tipo in uso per le segnalazioni marittime, non era stato sparato contro i locali della polizia, ma da un cortile interno della stessa caserma. Come dire che tutto il chiasso fatto a suo tempo per fare passare quello sparo come una "vendetta" di noglobal o simili e indurre il prefetto a convocare perfino il comitato per l'ordine e la sicurezza, era semplicemente una balla.

La doppia notizia si poteva leggere solo sul Corriere Mercantile, inserto locale della Stampa, in un servizio a firma di Andrea Ferro, uno dei più attenti cronisti, il quale non mancava di dare atto delle tesi difensive dei due ufficiali inquisiti per le armi da guerra: a loro dire si trattava di souvenir, cimeli di missioni compiute all'estero. Ad ogni buon conto, nessun altro giornale ha voluto o potuto riportare quelle "fastidiose" scoperte giudiziarie, riprese invece qualche tempo dopo da Liberazione e il Manifesto, in appoggio alla richiesta di una commissione d'inchiesta parlamentare sulle troppe cose oscure avvenute dentro e fuori la caserma del G8: dal ministro della Giustizia di allora, Castelli, che visitò nella notte il lager di Bolzaneto senza notare "alcuna anomalia", all'ex vicepremier Fini che con la sua presenza "impropria" a forte San Giuliano, quartier generale delle operazioni, incoraggiava implicitamente la linea dura, la prova di forza c ontro i manifestanti.

Quale fosse il clima tra le forze che dovrebbero essere dell'ordine, lo ha confermato nella sua recente intervista l'ex carabiniere Placanica: al suo rientro i colleghi lo accolsero come un eroe, applausi e grida di "benvenuto killer"; altri invece lo avrebbero perentoriamente invitato a tacere la verità sull'accaduto. Cose spiegabili solo in base a una determinata filosofia formativa e a una coerente catena di comando. Ma approfondire questi fatti interessa ancora alla gente, o -secondo la linea editoriale postmoderna- è meglio sorvolare, come fanno generalmente i tg?

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Costume

CORRE L'ARROGANZA

SUL TELEFONINO

Mentre si sta parlando con un tutor - o con chiunque altro - come ci si deve comportare col telefonino? Credevo che la risposta fosse ovvia, evidente (quasi) a tutti. Invece no, mi sbagliavo. Mi ha anche sorpreso come non siano tanto i ragazzi appena immatricolati (vivono al pari di tutti ormai in simbiosi col cellulare) a mettere in piedi altre conversazioni mentre già stanno parlando con me, ma gli adulti, i "grandi".

L'ultima è di qualche giorno fa: una lei, signora, bionda, distinta, sulla trentina, che al suono d'un suo piccolo e grazioso gingillo ha fatto lo scatto d'una molla. Le stavo spiegando la differenza tra non so bene quali antropologie e lei con mano sontuosa, inanellata mi ha intimato l'alt. Solita scena: voce crescente "mi senti? Mi sentiii?" Il segnale in aula O è pessimo. Stizzita si alza, mi dà le spalle e si allontana. Non faccio in tempo ad irritarmi che lei, prima di oltrepassare la porta alla ricerca del segnale, si gira di scatto e mi intima: allora metti altri 15 crediti, capito?

Sono i casi in cui il mio occhio sinistro inizia a contrarsi in un tic nervoso ma conosco la terapia di contrasto. Inspiro profondamente, a lungo; così reprimo la tentazione di raggiungerla, toglierle di mano il telefono e seppellirlo nel giardinetto di Balbi 4, come faceva Snoopy con la coperta di Linus. Chiudo la schermata del computer con l'accesso al piano di studi che tentavo di compilarle e immediatamente faccio accomodare una ragazza super in tutto che era appena entrata. Non ricordo di aver mai dato informazioni e compilato un piano di studi con tanta dedizione. Ci avrò messo almeno un'ora. Nessun altro studente ad aspettare. A parte la signora bionda, naturalmente.

(The Pupil)