Speciale "il nostro Iraq"

http://www.democrazialegalita.it/specialeiraq.htm

1) IL VERO MOTIVO DELLA PRESENZA ITALIANA A NASSIRYA

Di Elio Veltri e  Paolo Sylos Labini

 
Il Senato ha deliberato il rinnovo dell’impegno italiano in Iraq e il centro sinistra si è diviso, deludendo i tanti che avevano visto con favore l’operazione “ triciclo” e che avevano partecipato alla Convenzione, presente Romano Prodi. L’Unità, con un articolo del direttore, ha preso posizione chiara e netta, contro la permanenza delle truppe italiane in Iraq, in una situazione di ambiguità totale, dal momento che operano sotto il comando di un altro paese, dovrebbero svolgere una funzione di pace e invece, di fatto, aiutano gli occupanti che hanno voluto la guerra e che non sono poi tanto amati dai cittadini iracheni se è vero che  la guerriglia si espande, si rafforza giorno dopo giorno e semina morte. Tenuto conto che Saddam Hussein e i maggiorenti del regime sono stati arrestati, è evidente che la guerriglia è sostenuta dal popolo e che gli occupanti non sono percepiti come portatori di libertà e di democrazia.

Lo scopo di questo articolo, però, non è quello di ribadire la posizione che abbiamo sostenuto contro la guerra e contro l’invio del contingente italiano in Iraq. Né di polemizzare  con gli amici del “ triciclo”, anche se riteniamo che avrebbero fatto bene a votare contro. Ci interessa, invece, informare i lettori  e commentare un fatto che riteniamo di grande rilevanza.

Nel libro “ La guerra del petrolio”( Editori Riuniti), l’autore, Benito Li Vigni, entrato all’Eni con Mattei e rimasto nel gruppo fino al 1996, ricoprendovi posizioni di grande responsabilità, a proposito di Nassirya  scrive: “La presenza italiana in Iraq, al di là dei presupposti ufficialmente dichiarati, è motivata dal desiderio di non essere assenti dal tavolo della ricostruzione e degli affari. Questi ultimi riguardano soprattutto lo sfruttamento dei ricchi campi petroliferi. Non a caso il nostro contingente si è attestato nella zona di Nassirya dove agli italiani dell’ENI il governo iracheno, pensando alla fine dell’embargo, aveva concesso - fra il 1995 e il 2000- lo sfruttamento di un giacimento petrolifero, con 2’5-3 miliardi di barili di riserve: quinto per importanza tra i nuovi giacimenti che l’Iraq di Saddam voleva avviare a produzione”.  

Per completare l’informazione, va detto che contratti analoghi il regime iracheno aveva sottoscritto con Francia, Russia e Germania, contrarie alla guerra. Il contratto con l’ENI era particolarmente favorevole all’Italia per due ragioni: i costi di estrazione che la società di bandiera avrebbe dovuto affrontare sarebbero stati scontati con la produzione del petrolio estratto; una volta ammortizzati i costi, la produzione seguente, sarebbe stata divisa a metà tra ENI e Governo Iracheno. L’Operazione era importante a tal punto che uno dei più autorevoli giornali americani, commentandola, aveva scritto che se fosse andata in porto, l’ENI sarebbe diventata la più grande compagnia petrolifera del mondo. Resta da capire perché, dopo avere concluso la trattativa durata cinque anni, l’ENI non abbia cominciato a trivellare i pozzi. La risposta è legata alla decisione di Saddam di attendere la fine dell’embargo, per la quale aveva chiesto  l’aiuto e  l’intervento italiano, francese e tedesco presso la presidenza  degli Stati Uniti, dichiarandosi anche disponibile, ciò che fece, a immettere sul mercato due milioni di barili al giorno per evitare l’aumento del prezzo del greggio. A questo punto qualche domanda è d’obbligo e riguarda l’attuale governo:

1) Era a conoscenza del contratto ENI-Saddam? Essendo il presidente dell’ENI, Poli, persona molto vicina al Cavaliere, non ci sono dubbi che il governo sia stato informato;

2) Gli americani, che sono i veri dòmini della situazione in Iraq e decidono chi deve partecipare agli affari, hanno confermato al nostro governo l’impegno iracheno sui campi petroliferi di Nassirya?

3) Se cosi fosse, è lecito chiedere in cambio di cosa?

4) Forse, in cambio dell’impegno del governo di sostenere l’intervento americano in Iraq e di inviare e mantenervi i nostri soldati?

5) La  Francia che pure ha interessi analoghi ai nostri, non si è fatta tentare, perché tiene alla sua autonomia più di ogni inconfessabile interesse : perché noi siamo tanto subalterni?

6) Non sarebbe utile che il centro sinistra chiedesse al governo di parlarne alla  Camera prima di votare la conferma dell’impegno in Iraq?

 Augurandoci che il governo faccia piena luce sull’argomento, anche per il rispetto che tutti dobbiamo ai 19 morti di Nassirya, chiediamo al centro sinistra di ripensare la posizione assunta e di opporsi alla Camera alla conferma dell’impegno italiano in Iraq.

 2) TROPPE COINCIDENZE FORMANO UN DUBBIO ?

di Marco Ottanelli e Roberta Anguillesi

Il contrastato invio dei nostri soldati a Nassirya, in una fantomatica “missione di pace”, si sta rivelando, più che una generosa disloscazione di uomini “dove c’era bisogno”, una ardita opera di penetrazione governativa in Iraq. Qualcosa di simile è paragonabile solo al tentativo di infiltrazione  italiano nella zona di Antalya, città anatolica dell’ Impero Ottomano, all’inizio del secolo scorso. Chiunque legga il libro della professoressa Petriccioli “L’Italia in Asia Minore”, troverà impressionanti ed inaspettate analogie con la situazione odierna: ospedali, missioni di salvaguardia archeologica, “interventi umanitari”, tutto in funzione di una presenza al limite della conquista. Quante similitudini appaiono evidenti. Specie quando, come clamorosamente messo in luce da Elio Veltri e Paolo Sylos Labini nell’articolo precedente, proprio a Nassirya l’Eni aveva – da anni, e nell’incomprensibile silenzio delle parti politiche nostrane - pattuito il controllo di un gigantesco giacimento petrolifero. Ripetiamo fino al parossismo: proprio a Nassirya. Ed è del 24 febbraio 2003 la ulteriore notizia che, per decisione aglo-americana, una italiana (Barbara Contini) è stata nominata governatrice di Nassirya (fino alla restaurazione della sovranità iraquena). Proprio Nassirya. Ma non basta: se il contratto sul petrolio c’è, il controllore c’è, è necessario anche l’esecutore. Ed ecco che il Consiglio dei Ministri, previa relazione dei ministri Frattini e Lunardi, ha autorizzato il prof. Lino Cardarelli ad assumere l'incarico di vice responsabile del Program management office, la struttura guidata a Bagdad dall'ammiraglio Nash e competente nella gestione dei contratti per la ricostruzione dell'Iraq.. Ma Lino Cardarelli, chi è?

Lino Cardarelli, Consigliere speciale del Ministro per le Infrastrutture ed i Trasporti,  è attualmente nel consiglio di amministrazione del progetto della più grande fra le Grandi Opere: il ponte sullo stretto. Di lui- ignorandone i pregi -  possiamo solo riassumere la biografia. Intanto, non è nuovo al ministero, o quantomeno, ne conosce il funzionamento, visto che sua figlia Francesca vi lavorava come segretaria particolare, appunto, di Lunardi. Il quale però non l’ha chiamata a sé dal nulla, poiché nella passata gestione, quella di Nerio Nesi del centrosinistra, Francesca occupava la posizione di addetto stampa. Promossa sul campo, deve aver avuto modo di illustrare le capacità del padre. Che è stato tosto nominato segretario generale del Ministro, ed in tale veste, immaginiamo, partirà per la sua personale missione Babilonia. Forse partirà dall’aeroporto della società di gestione del quale è il nuovo presidente, ovvero quello della città natale del suo capo, il ministro Lunardi, Parma. Perché Lunardi è di Parma, come Cardarelli, e proprio come il suo vecchio compagno di scuola Calisto Tanzi che, detto per inciso, è stato socio, in una società di costruzioni denominata Stone spa,  della figlia del MinistroMarina Lunardi- fino al giugno del 2002, quando, per risolvere ogni possibile conflitto di interessi, Marina ha venduto la sua quota della Stone ad un certo Giugovaz. Solo una maledetta coincidenza ha voluto che Giugovaz fosse colui che Calisto Tanzi ha incontrato in un albergone di Quito nel suo tuttora misterioso viaggio in Ecuador, quella fuga (di)sperata alla fine dell’anno scorso, prima di essere arrestato per il crack Parmalat. Questo Giugovaz si occupava, come Lunari, come Cardarelli e come Tanzi, di costruzioni, e, coincidenza, di petrolio, tramite sue imprese in Libia. E di petrolio, Lino Cardarelli si deve essere pur occupato, quando, nei passati anni ’80, fu Amministratore delegato della Montedison, la Montedison di Mario Schimberni, che, come tutti i presidenti del colosso chimico, fu arrestato per tangenti. Anche il povero Cardarelli fu travolto dall’inchiesta, ma, tra una prescrizione e l’altra, ha avuto modo di scordare le tristezze del passato. Che coincidenza, dunque: un prescritto amico di un arrestato, amico di un ministro, tutti costruttori, tutti finanzieri, tutti di Parma. E adesso, uno di loro, dopo che l’Eni (ma l’Eni, non era accorpata alla Montedison nell’Enimont? Che coincidenza!) si accaparra il petrolio di Nassirya, parte per l’Iraq come distributore di appalti. Scommettiamo che qualche commessa, alle imprese italiane, verrà assegnata proprio a Nassirya?

 3) UN GROVIGLIO IMPRESSIONANTE DI INDAGATI, INCARICHI, TANGENTI, AMICI, AMICI DEGLI AMICI.
La complessa storia dell’uomo di Lunardi che ricostruisce l’Iraq
di Marco Ottanelli

Tutto comincia nel 1985, quando Confindustria rinnova i suoi organi dirigenti. Nella nuova giunta siedono, tra gli altri, nominati dall’allora presidente Luigi Lucchini, Pietro Barilla, Calisto Tanzi, Ugo Beretta, Silvio Berlusconi. Lino Cardarelli viene eletto, con Cesare Romiti, fra i “rappresentanti generali”. Ecco la prima serie di buffe coincidenze. La prima : Tanzi e Cardarelli, oltre che amici di infanzia, si trovarono a collaborare fin da allora. Sia l’uno che l’altro sono concittadini ed amici di Lunardi, come già detto. Coincidenza numero due: accanto a Tanzi siedono Barilla (un altro parmense) e Berlusconi, che, da lì a poco, saranno indissolubilmente uniti dalla “cordata” per il possesso della SME, cordata della quale ampiamente si parla nella motivazione della sentenza per il relativo processo – ove è stato condannato a 5 anni Cesare Previti – depositata venti anni più tardi, il 9 marzo 2004. “Barilla mi pregò, grazie alla mia amicizia e familiarità con l'allora presidente del consiglio Bettino Craxi, di procurargli un appuntamento con lui. Il premier spiegò di non essere informato della situazione della SME, e chiese all'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giuliano Amato, di approfondire la vicenda" (dichiarazioni spontanee di S. Berlusconi al processo Sme, 5/5/2003) Coincidenza numero tre: tranne l’armiere Beretta, tutti i suddetti rappresentanti degli industriali finiranno, prima o poi, nelle maglie di Mani Pulite. Un bel gruppo davvero, non c’è che dire. Sempre nel 1985, Cardarelli entra anche nel Consiglio di Amministrazione della Fondiaria, assieme a Gardini, Schimberni, Garofano. coincidenza numero quattro: Schimberni, presidente della Montedison, (che venderà in quegli anni al gruppo Fininvest una impresa di costruzioni, la BICA) nomina suo amministratore delegato proprio Lino Cardarelli. Anzi, gli assegna incarichi su incarichi in Montedison: direttore del comparto “finanza e controllo” e amministratore delegato della Montedison Holding Zurigo. Schimberni lo apprezza e protegge, ma, una volta che proprio Gardini soppianta Schimberni alla presidenza del colosso chimico italiano, Cardarelli deve mollare almeno un ufficio, quello delle politiche finanziarie, per lasciare il posto, coincidenza numero cinque, a Sergio Cragnotti. Tutti i signori sunnominati vengono tutti coinvolti in scandali di tangenti. Gardini, come tutti sanno, si suicida il 23 luglio ’93 in timore (previsione?) di un arresto, arresto che arriva invece sia per Garofano (14 luglio; il 25 confesserà di aver versato 280 miliardi a Dc e Psi) sia per Schimberni (7 dicembre). Implicati nella vicenda Enimont che generò la Madre di Tutte le Tangenti. Dei nomi Cragnotti e Tanzi, le cronache sono piene in questo periodo, per i crack Cirio e Parmalat. Davvero una bella compagna di personaggi. 

storia recente: guai giudiziari, presidenze, affari

Lasciato l’incarico di responsabile delle finanze della Montedison, Cardarelli, pur occupatissimo, viene nominato amministratore delegato della FIP, la merchant bank del gruppo BNL. Presidente, in quel lontano 1989, della BNL, era Nerio Nesi, proprio il futuro Ministro per i Lavori Pubblici del Centrosinistra che, coincidenza (e sei!) assumerà come addetto stampa la figlia di Cardarelli, Francesca, come già accennato nell’articolo del 26 febbraio. In quell’articolo, raccontavamo anche come nel turbine giudiziario di Mani Pulite viene travolto anche Lino Cardarelli in persona; in fondo, sarebbe stato impensabile il contrario, visto che tutta Montedison e dintorni era in carcere o in procinto di andarci. Il 9 dicembre 1993, con un volo da Londra, Cardarelli giunge a Milano e si consegna alla Guardia di Finanza, inseguito come era da mandato di cattura. Recitano le agenzie di quel giorno: “l'ipotesi di reato e' quella prevista dall'art. 2621 del codice civile (false comunicazioni ed illegale ripartizione di utili) con l' aggravante prevista dall'art. 2640 (danno di rilevante gravita') in relazione a prelievi indebiti di somme di denaro, con occultamento di documenti contabili, per circa 500 miliardi di lire che sarebbero stati dirottati fra il 1984 e il 1986 verso societa' delle Antille Olandesi.” (In poche parole, FALSO IN BILANCIO, quel reato che il suo amico e attuale datore di lavoro Lunardi, in quanto membro del Governo, ha contribuito ad eliminare. Consideriamola una coincidenza). Deve essere stato un periodo amaro, per il supemanager di Parma: trasferimenti a S. Vittore, interrogatori, e, ulteriore delusione, sentirsi scaricato dal suo mentore di sempre, Mario Schimberni. Il quale, in una deposizione-fiume, addossava a Lino molte delle responsabilità: “Quando sono arrivato in Montedison - afferma Schimberni- esisteva una pratica abbastanza diffusa  di finanziamento non palese ai partiti. Io ho cercato di ridimensionare il fenomeno e, da quando sono diventato presidente della società, i finanziamenti  si sono limitati a cifre dell'ordine di 400-600 mila dollari l'anno a favore delle segreterie nazionali di DC e Psi. Questi finanziamenti  avvenivano previ accordi  con i segretari amministrativi nazionali dei partiti, ed erano effettuati estero su estero tramite le strutture della Montedison International Holding, curati praticamente dall'amministratore delegato Cardarelli”. 

Tutto sembra volgere al peggio: la prigione, la solitudine, l’oblio. Un oblio profondo, se si pensa che per circa 10 anni di Cardarelli non si sente più parlare, e che le sue tracce si perdono nei meandri delle sentenze passate sotto silenzio dopo il clamore delle indagini. E invece, ecco, i vecchi amici non spariscono mai. Dopo aver incassato una sentenza di prescrizione, quindi essersela cavata per questioni di tempo, e non di sostanza, Cardarelli viene chiamato da Lunardi al Ministero delle infrastrutture. E’ il maggio del 2002 quando lo nominano nel CDA della Stetto di Messina. Un onore ed un onere non da poco, che, pare pensare Lunardi, è bene affidare ad un vecchio amico, anche se prescritto. Magari garantiva Tanzi, all’apice della sua carriera, ed in ottimi contatti con entrambi. Apice che, come abbiamo ricordato, Cardarelli ha toccato in questi mesi, e precisamente dal 16 gennaio 2004, quando, come recita il comunicato ufficiale “Il Consiglio dei Ministri, previa relazione dei ministri Frattini e Lunardi, ha autorizzato il prof. Lino Cardarelli ad assumere l'incarico di vice responsabile del Program management office, la struttura guidata a Bagdad dall'ammiraglio Nash e competente nella gestione dei contratti per la ricostruzione dell'Iraq”. È questo che sorprende, in certi uomini: la capacità di non terminare mai la loro carriera, qualunque cosa accada. Siamo sicurissimi che la capacità nella gestione dei contratti sia una specialità del professore, e siamo sicurissimi anche che servirà con dedizione gli interessi del nostro Governo nella fertile situazione iraquena. Per la Patria, l’Eni e gli equilibri mondiali, chi meglio di Lino, chi?

4) E TUTTI I SALMI FINISCONO IN GLORIA.

Di Marco Ottanelli e Roberta Anguillesi

In questa atmosfera da fine regime, per proteggere gli interessi e solidificare le infiltrazioni della destra in tutto lo Stato ed il Parastato, il Governo sta tentando il tutto per tutto. In particolare, riguardo a questa vicenda, è necessario muoversi in fretta e assicurarsi un ritorno certo, qualunque sia il futuro scenario nazionale ed internazionale. In poche parole, sia che l’Italia rimanga a Nassyria, sia che si debba o voglia ritirare, i contratti Eni- Iraq devono essere onorati. Ed è bene che ad onorarli sia un uomo di fiducia.

È così che un uomo perbene e un manager efficiente e onesto, Vittorio Mincato, amministratore delegato dell’Eni è stato sostituito da Paolo Scaroni, per improvvisa decisione del governo il 12 maggio 2005.  Mincato era stato nominato dal Governo D’Alema (e qualcosa del petrolio di Nassyria e del contratto con Saddam deve pur averla saputa, perbacco!), ed ha portato l’Ente Nazionale Idrocarburi a ottimi livelli finanziari e di investimento. Con mestizia, immediatamente dopo la sua rimozione, Mincato ha così dichiarato: «Così va il mondo: avevo dalla mia parte soltanto i risultati, ma evidentemente non è bastato. Certamente avrei potuto tentare un avvicinamento con il mondo politico, ma non è mai stato nel mio carattere. Inoltre sono certo che non sarebbe servito a nulla». E in fondo ha ragione: così vanno le cose, in Italia, dove le nomine non le fanno i Governi in nome del Paese, ma i governanti in nome di sé stessi.

Gli è stato preferito, dicevamo, Paolo Scaroni, un manager proveniente dall’Enel, con un curriculum ineccepibile: è stato un tangentaro filocraxiano. Da amministratore delegato della Thecnit, una azienda privata, per ottenere appalti e affari vari, versò “in contanti o su conti esteri” due miliardi e mezzo di lire (è solo la cifra accertata, ndr) al PSI di Bettinone. La cosa che può essere considerata comica, ma che è invece tragica, è che Scaroni pagava il PSI per ottenere appalti dall’Enel, che a quei tempi era, evidentemente, controllata dai socialisti. E, lo abbiamo appena detto, fino all’11 maggio ’05   Scaroni era l’amministratore delegato dell’Enel stessa, nominato a quell’incarico dal Governo Berlusconi il 13 maggio 2002!

In poche parole, il corruttore dell’Enel negli anni 80-90, ne è diventato il leader negli anni 2000.

“Fandonie”, dirà qualcuno; “chiacchiere”… No, confessioni. Perché Paolo Scaroni, arrestato nel 1992 e poi ancora nel 1993, patteggiò la pena, raccontando i dettagli della corruzione Enel-PSI, e beccandosi una condanna definitiva, passata in giudicato, di 1 anno e 4 mesi.

Elementi, quindi, evidentemente necessari per un buon curriculum imprenditoriale. Un vero cavallo di razza. Con tanto di pedigree, oltretutto, visto che è di sangue nobile: Paolo Scaroni, infatti, è pure il cugino di Margherita Boniver, craxiana di ferro , pasionaria del bettinismo (sue parole: “Craxi è il Giacomo Matteotti degli anni ‘90”), e attuale membro del Governo (sottosegretaria agli esteri), quel governo che gli ha concesso nomine due volte (prima all’Enel, poi all’Eni). Affari di famiglia, dunque, oltre che di partito. Ed un altro piccolo conflitto di interessi (ma la Legge Frattini, che dice, al riguardo?) dell’esecutivo del record di impunità.

Allegato 1

Interrogazione su un contratto dell’ENI relativo allo sfruttamento di giacimenti petroliferi nella zona di Nassirya

Senatori Antonio Falomi, Achille Occhetto, Tana de Zulueta

        –        Al Presidente del Consiglio dei ministri e Ministri degli affari esteri e della difesa.

        –        Premesso:

            che, secondo quanto riportato in un articolo a firma Elio Veltri e Paolo Sylos Labini, apparso su «L’Unità» di sabato 21 febbraio 2004, l’ENI ha sottoscritto in passato con il governo iracheno di Saddam Hussein un contratto che prevedeva lo sfruttamento di un consistente giacimento petrolifero (2,5-3 miliardi di barili di riserve) nella zona di Nassirya;

che contratti analoghi vennero sottoscritti dall’Iraq di Hussein con Francia, Germania e Russia;
              che, nel caso dell’ENI, i costi di estrazione sarebbero stati scontati con quote di produzione di petrolio e che, una volta ammortizzati i costi, il petrolio estratto sarebbe stato diviso a metà tra Iraq e Italia;
 considerato:
            che Francia, Germania e Russia, pur avendo da tutelare interesse analogo a quello dell’Italia, hanno ritenuto di non inviare truppe in Iraq facendo prevalere interessi più generali rispetto alle loro particolari esigenze; che, fino a questo momento, alle notizie di stampa sopra riportate non vi è stata alcuna replica ufficiale da parte del Governo o di altri soggetti interessati,

gli interroganti chiedono di sapere:

se il Governo fosse e sia a conoscenza del contratto ENI-Saddam

            se la scelta di dislocare le truppe italiane a Nassirya abbia a che fare con il giacimento petrolifero situato in quel territorio e oggetto del contratto tra l’ENI e il governo iracheno di Saddam;
            se l’Amministrazione provvisoria americana dell’Iraq abbia confermato al Governo italiano l’impegno assunto dagli iracheni nei confronti dell’Italia sui campi petroliferi di Nassirya;
            se la scelta del Governo italiano di sostenere l’intervento americano in Iraq non sia stata il prezzo pagato per continuare a garantirsi lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi di Nassirya;
            se, infine, il Governo non ritenga di dover chiarire al Parlamento la vicenda prima del voto sul rinnovo della missione militare italiana alla Camera dei deputati.

(11 marzo 2004)

Allegato 2

 Annuncio ufficiale del Primo Ministro spagnolo sul ritiro delle truppe dall’Irak

(traduzione di Marco Ottanelli)

Questa mattina, non appena il ministro della difesa ha giurato per il suo incarico, gli ho dato ordine di disporre il necessario affinché le truppe spagnole dislocate in Irak ritornino a casa nel minor tempo e con la maggiore sicurezza possibili. Nel marzo 2003, più di un anno fa, formulai un impegno pubblico, che ho reiterato nuovamente il passato mese di febbraio. Dissi allora che, nel caso fossi stato eletto presidente del governo dai cittadini, avrei ordinato il ritorno delle truppe spagnole in Irak se l'Onu non si fosse fatta carico della situazione politica e militare. Con le informazioni delle quali disponiamo e che abbiamo raccolto nelle ultime settimane, non è prevedibile che si vada ad adottare una risoluzione dell'Onu che si adatti al contenuto delle condizioni che possono determinare la nostra permanenza in Irak. Tanto le manifestazioni pubbliche degli attori principali di questo conflitto, come i contatti mantenuti dal ministro della difesa a mia richiesta nell'ultimo mese, non hanno portato indizi che permettano prevedere una variazione sostanziale nella situazione politica e militare esistente in Irak nei termini previsti e nel senso reclamato dal popolo spagnolo. Queste circostanze mi hanno portato alla decisione di ordinare il rientro dei nostri soldati con la massima sicurezza, e, conseguentemente, nel minor tempo possibile. Questa decisione risponde, prima di tutto, alla mia volontà di fare onore alla parola data più di un anno fa agli spagnoli. Il governo, animato dalle più profonde convinzioni democratiche, non vuole, non può e non intende comportarsi contrariamente né volgerà le spalle alla volontà degli spagnoli. Questo è il suo obbligo principale, e contemporaneamente il suo principale impegno

 La decisione risponde anche al proposito di contribuire alla lotta che oppone la comunità internazionale al terrorismo secondo  più stretto rispetto della legalità internazionale. Il Governo spagnolo continuerà ad appoggiare fermamente la stabilità, la democratizzazione, la integrità territoriale e la ricostruzione dell'Irak e, in accordo con tale principio, promuoverà tutte le azioni delle Nazioni Unite e della Unione Europea che offrano un margine di cooperazione internazionale che contribuisca efficacemente a che gli irakeni recuperino la loro sovranità e possano organizzare liberamente  e democraticamente le loro elezioni per costruire il loro proprio futuro in pace, indipendenza e sicurezza. Il governo manterrà la condizione della Spagna come alleato fedele ai suoi partners. Rispetteremo i patti internazionali del nostro paese, specialmente quelli relazionati con la nostra partecipazione nelle missione internazionali di pace e sicurezza. Voglio espressamente mostrare il mio riconoscimento alle forze armate (...) per la loro preparazione, professionalità e disciplina, così come per la loro umanità e impegno nell'aiuto alla popolazione civile (...)Il ministro della difesa darà conto,  nei prossimi giorni, del processo di rientro delle truppe. Da parte mia, concordemente con quanto manifestato nel recente discorso di investitura, oggi stesso ho richiesto la convocazione urgente del plenum del Congresso dei Deputati affinché il governo informi i gruppi parlamentari sulle ragioni e la portata di questa decisione, che, d'altra parte, ho comunicato personalmente al leader dell'opposizione.

Josè Luis Rodriguez Zapatero, 18/4/2004