NOTIZIARIO DAL CAMPO ANTIMPERIALISTA

 

1. UDIENZA PRELIMINARE
Verranno processati Maria Grazia, Alessia e Moreno? E per che cosa?

L’arresto di tre nostri compagni, avvenuto il 1 aprile del 2004, fece in un battibaleno il giro del mondo. Venne sgominata, dissero gli inquirenti (e quindi i media), una temibile organizzazione terroristica internazionale. In realta’ vennero duramente colpiti la sezione italiana del Campo Antimperialista e i compagni turchi del DHKP-C (Partito-Fronte Rivoluzionario di Liberazione del Popolo) —movimento guerrigliero inserito dagli americani nella loro famigerata Black List. I nostri compagni vennero arrestati, in base all’Art. 270bis, con l’accusa di far parte del medesimo DHKP-C. Accusa falsa da cima a fondo. Accusa destituita di ogni fondamento sia dal Tribunale del riesame (che fece scarcerare i nostri compagni) che dalla Corte di Cassazione (che respinse il ricorso della Procura contro la scarcerazione). La difesa nostra fu limpida: gli arrestati, in quanto membri del Campo, negarono di far parte del DHKC-P ma rivendicarono sia la solidarieta’ con questo movimento, che l’aiuto fraterno offerto ad un loro militante, Er Avni, affinche’ potesse regolarmente stabilirsi in Italia. Davanti ai giudici i nostri compagni hanno rivendicato questo aiuto fattivo sia come un diritto che come un dovere morale e costituzionale —visto che Er era un perseguitato dal regime oligarchico e antidemocratico della Turchia.
La scarcerazione fu una cocente sconfitta per gli ambienti piu’ filo-americani e filo-turchi del governo Berlusconi. Essi prepararono accuratamente gli arresti. Se i ROS (con l’ausilio della DIGOS) svolsero il lavoro sporco sul piano investigativo; se la Procura di Perugia affastello’ il castello di carte giudiziario; una sistematica campagna di stampa diffamatoria, pilotata dai Servizi e durata mesi e mesi, doveva dissodare il terreno. Eravamo dipinti da varie testate, in primis da quelle legate al tridente Pio Pompa-Betulla-Introvigne, ma anche il Corriere della Sera di Mieli-Allam, come antisemiti e fascisti. Questa campagna, che divenne al calor bianco dopo i fatti di Nassiryia, precedette gli arresti con lo scopo evidentissimo di criminalizzarci e isolarci dal resto del movimento contro la guerra. In effetti, proprio nei mesi che precedettero gli arresti, tanti mentecatti di sinistra (anzitutto diessini, rifondaroli ma pure antagonisti --tra i piu’ infami un vero ex-fascista: Grimaldi Fulvio) abboccarono all’amo, ci sbeffeggiarono, scagliarono contro di noi le piu’ squallide accuse. Fu allora che chi doveva colpirci ritenne giunto il momento di farlo. Dovevamo essere severamente puniti per il ruolo di punta svolto in difesa della Resistenza irachena e per i nostri legami  con essa. Dovevamo essere decapitati per aver violato le direttive americane sulla lotta al terrorismo (per cui nessun contatto con tutti coloro che combattono in armi contro l’imperialismo).
I governi vanno e vengono, ma il tentativo di colpire gli antimperialisti resta. Cosi, malgrado alcuni dei nostri persecutori abbiano dovuto mollare i loro incarichi  assieme a Berlusconi, la Procura ha inoltrato la richiesta di processarci. Lo decidera’ il 1 dicembre, presso il Tribunale di Perugia, un GUP, il giudice dell’Udienza preliminare. Logica vorrebbe, dati i pareri gia’ espressi sia dal Riesame che dalla Corte di Cassazione, che la Procura espungesse, dai capi d’accusa, quello piu’ grave: la partecipazione ad organizzazione terroristica (270bis). Invece i nostri accusatori hanno reiterato la richiesta per cui i nostri siano processati proprio con l’accusa di essere membri di un’organizzazione terroristica internazionale. Si giunge poi all’assurdo poiche’ la Procura chiede allo stesso momento che li si processi per il 270ter (che punisce chi, pur non facendo parte di un’organizzazione eversiva, la sostenga anche solo indirettamente).
Consapevoli che quella del 1 aprile 2004 sia stata un’operazione sgangherata e ingiusta; convinti di essere stati puniti proprio per la loro trasparente e coerente militanza antimperialista; forti della solidarieta’ gia’ espressa loro a tutte le latitudini; coscienti di essere un esempio per tanti compagni; Maria Grazia, Alessia e Moreno vanno sereni e a testa alta all’Udienza preliminare. Chiedono solo che non gli venga a mancare la solidarieta’ umana e politica che tanto li aiuto’ nel periodo della detenzione.


MARIA GRAZIA, ALESSIA E MORENO NON VANNO PROCESSATI!
Inviate questo messaggio (e fatelo circolare) a:
campoantimperialista@virgilio.it



HEZBOLLAH, SHIA E RESISTENZA IRACHENA
un’intervista di Sayyed H. Nasrallah

Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io. Questo adagio calza a pennello per le Resistenze popolari del Medio Oriente. La sinistra occidentale, si sa, e’ esigente e spocchiosa. Pronta ad ingoiare ogni rospo in casa propria, si mostra invece leziosa e schizzinosa quando vien messa davanti ai piatti offerti dalla Resistenze. Lo stesso stomaco tritatutto, in grado di digerire financo Chirac, se serve a sventare Le Pen, o Prodi, se serve a cacciare Berlusconi; lo stesso stomaco da leone, diventa improvvisamente fragile e atonico. Le offerte dalle Resistenze appaiono talmente indigeste che i sinistri occidentali, alla sola vista, sono presi da incontenibili flatulenze ed eruttazioni. Gli islamici sunniti di Hamas! Dio ce ne scampi! Quelli shiiti di Hezbollah? Pussa via! Quelli baathisti di Saddam? Non se ne parla nemmeno! Mica queste reazioni repellenti riguardano solo la sinistra per-benista-governista! Riguardano pacifisti e rifondaroli, antagonisti e disobbedienti. Uniti dalla medesima cinica sordita’ rispetto alle ragioni dei popoli oppressi. Tutti decisi a spaccare il capello in quattro a fare le pulci alle Resistenze armate. Solo gli antimperialisti hanno il coraggio morale e politico di sostenere incondizionatamente le Resistenze, spogliandosi dalla pretesa goffa di insegnar loro cosa debbano o non debbano fare, cosa sia lecito o illecito. Tuttavia anche in questo campo non mancano censori e prefetti. Ci riferiamo a certi laicisti di maniera che hanno il dente avvelenato contro l’Iran «oscurantista». A volte ce l’hanno a ragione, per il nefasto ruolo che Tehran svolge in Iraq. Ma dalla ragione passano al torto quando danno addosso a tutta la Shia, come fosse un blocco di nemici dalla Resistenza irachena, pronto a vendersi agli americani non appena se ne presenti l’occasione. In questo tritatutto e’ finito anche il partito libanese Hezbollah accusato, siccome filoraniano, di essere nemico della Resistenza irachena in quanto questa e’ fondamentalmente sunnita. Questi censori sono caduti in pieno nella trappola della propaganda imperialista che cerca di accreditare l’idea che l’incipiente guerra civile in Iraq sia non una lotta politica, nazionale e sociale, ma biecamente confessionale. Che questo non sia vero, che l’equazione Shia uguale becero confessionalismo sia falsa, c’ha pensato Sayyed H. Nasrallah proprio qualche giorno fa il quale, in un’intervista ad Al Manar, ha non solo smentito categoricamente di sostenere il governo fantoccio di Bagdad ma ha anzi apertamente dichiarato che Hezbollah libanese sostenendo ogni Resistenza antimperialista e’, «col cuore e con la mente dalla parte della resistenza irachena» e si augura la sua vittoria sugli occupanti. Nasrallah ha dunque smontato il trito ritornello della stampa occidentale secondo cui Hezbollah sarebbe una mera protesi dell’Iran o che ubbidisca come un cagnolino al governo persiano.

NULLA DI PIU’, NULLA DI MENO
Ancora sulle vicende del 18 novembre

Continua la polemica sulla manifestazione del 18 novembre. Bersaglio di critiche da piu’ parti a causa della minaccia di escludere dai prossimi cortei i «colpevoli» del bruciamento dei tre fantocci (comunicato del 19 novembre), il Forum Palestina (FP) ha sentito il dovere di ritornare sulla questione. L’ha fatto con un documento in cui corregge il tiro e fa marcia indietro. Leggiamo « ... la discussione su servizi d’ordine e muscolosità dei cortei non ci interessa né intendiamo alimentarla... Sbaglia –da sempre– chi pensa di irreggimentare i movimenti e le manifestazioni politiche e sociali dietro ringhiose file di servizi d’ordine: è una logica che non ci interessa.» (Comunicato del 23-11)
Bene, meglio così. Tuttavia, mentre ritira la minaccia aleatoria di cacciare i politicamente scorretti dai cortei, il FP annuncia la rottura dei rapporti bilaterali col Coordinamento di Lotta per la Palestina (in cui si anniderebbero i «provocatori» che avrebbero incendiato i tre fantocci). Chiamiamola una «riduzione del danno». I matrimoni si sa, si fanno in due; ma per la separazione e’ sufficiente la volonta’ di uno solo dei contraenti. In effetti, almeno fino al 18 novembre, FP e Coordinamento di Lotta per la Palestina erano, se non coniugati, in un regime di more uxorio. Si puo’ capire la stizza del FP, che esso sia sentito tradito dal Coordinamento, dato che, come sembra, gli accordi su come stare nel corteo erano stati preventivamente stabiliti.
La cosa curiosa e’ che il FP, nello stesso comunicato del 23-11, dichiara solennemente che interrompe i suoi rapporti anche col Campo Antimperialista. Leggiamo:«Vogliamo essere chiari su un ultimo punto: la divergenza che ci divide è sia politica che di metodo.. Vogliamo infine chiarire che i nostri rapporti con gli autori di alcuni documenti diffusi in questi giorni - Coordinamento di Lotta per la Palestina e il Campo Antimperialista - finiscono qui. Nulla di più, nulla di meno».
Problema: noi eravamo nel corteo, e non portavamo pupazzi da bruciare. En passant: La sola scorrettezza stavamo per subirla proprio da parte del FP, il quale pretendeva di farci spostare in coda per far passare davanti Dilibero e il PdCI. Ovviamente l’abbiamo impedito.
La questione non riguarda piu’, quindi, gesti simbolici piu’ o meno condivisibili, ma contenuti e idee. Quale sarebbe il documento diffuso dal Campo? Il FP si riferira’, ne siamo sicuri, al volantino da noi diffuso al corteo del 18-11, nel quale prendevamo di mira il PdCI e attaccavamo, oltre alla sua doppiezza, il tentativo peloso di mettere il cappello alla manifestazione. Denunciavamo come inamissibile che un partito di governo che vota la missione in Libano, che sostiene l’occupazione dell’Afganistan, che sostiene i patti strategico-militari con Israele (gli stessi per la cui abolizione noi tutti manifestavamo); lo stesso che fece bombardare la Iugoslavia.. Ritenevamo assurdo che non solo il PdCI fosse accettato in pompa magna come niente fosse, ma che addirittura tentasse di fare sua, per sterilizzarla e depotenziarla, una manifestazione che era invece contro il governo e la sua politica estera. Qualificavamo infine come un errore politico che il FP, invece di respingere l’abbraccio mellifluo di Diliberto, avesse preferito fargli da sponda e strizzargli l’occhio a danno della manifestaziome medesima.
Il FP si riferira’ poi anche al precedente nostro Notiziario. Leggiamo cosa diceva: «Vorremmo sbagliarci, ma l’interdizione lanciata dal FP sembra essere stata fatta a comando: «Io chiederò al Forum della Palestina che ha organizzato il corteo non soltanto di condannare ma anche di cambiare le regole. D'ora in avanti io scenderò in piazza se la piazza sarà messa al sicuro da queste trappole mediatiche. (...) Bisogna ritornare a un bel servizio d'ordine. Che prima sterilizzi, cinga e si premuri di mandarli, come si faceva una volta, in coda al corteo, tenendoli a una distanza di sicurezza in modo che sia evidente la separazione dei due mondi. E poi convinca, persuada alla calma, alla tranquillità». (Intervista di O. Diliberto a Repubblica del 20-11)
Com’e’ chiaro a tutti si tratta di ferme ma sincere critiche politiche. In evidente affanno il FP non sopporta ne’ la sincerita’ ne’ la fermezza. Rompere le relazioni come gesto di ripicca per l’aver subito critiche e’ spia di arroganza ma pure di impulsivita’ politica. La stessa fragile emotivita’ che avvertimmo nei discorsi infuocati del FP nel luglio scorso, ai tempi delle mobilitazioni contro il rifinanziamento della guerra in Afganistan. In tanti ascoltammo, sotto Montecitorio, Germano Monti e Casadio gridare a squarciagola, riferendosi a quelle forze passate armi e bagagli col “governo amico”: «D’ora in avanti mai piu’ in piazza con certa gente». Non prendemmo queste parole troppo sul serio. Non lo facciamo adesso. Divergenze, anche tra forze antimperialiste, ci sono sempre state. Saranno, speriamo, superate anche questa volta. Del resto, siccome relazioni veraci con noi il FP non ne ha mai avute, questo «embargo» unilaterale non ci spingera’ a strapparci i capelli. Tutto resta come prima. Nulla di piu’, nulla di meno.

LA RESISTENZA LIBANESE IN ITALIA
Incontri con Samah Idriss*

Le truppe italiane e francesi in Libano, lungi dal contribuire alla pace, si rivelano un fattore di destabilizzazione e di ingerenza neocolonialistica nella vita politica del paese dei cedri. Risultato: a soli due mesi dal loro arrivo i ministri vicini ad Hezbollah sono dovuti uscire dal governo Siniora —che ha quindi cessato di essere di unita’ nazionale per rivelarsi mero ostaggio delle potenze straniere occupanti alleate di Israele e degli USA. Il Libano precipita verso l’abisso. C’e’ solo un modo per evitare una nuova guerra: ritirare le truppe della NATO, obbligando Israele a rispettare i diritti dei palestinesi e la sovranita’ nazionale del Libano.

Perugia, Venerdì 24 novembre – ore 17,30  Sala della Vaccara, Piazza IV Novembre
promuovono: Umbria contro la guerra, Campo Antimperialista

Fabriano, Sabato 25 novembre – ore 21,15  Centro di Aggregazione Giovanile “Fuori le Mura”, Via De Gasperi 8
Promuovono: Giovani Comunisti del PRC

Fermo, Domenica 26 novembre – ore 17,30 Sala multimediale, Piazza del Popolo
promuove: Coordinamento Antimperialista del Fermano

Milano, Lunedì 27 novembre – ore 21,00 Teatro Verdi, Via Pastrengo 16
promuovono: Iraq Libero, Collettivo politico universitario, Carc

Padova, Martedì 28  novembre – ore 21,00 Sala Polivalente presso Stazione FS
promuovono: Soccorso Popolare, Iraq Libero

Reggio Emilia, Mercoledì 29 novembre – ore 20,30 Laboratorio AQ 16, Via F.lli Manfredi 12
promuovono: Laboratorio AQ 16, Giuristi Democratici, Iraq Libero

Viareggio, Giovedì 30 novembre – ore 21,00  Circoscrizione Marco Polo, Via Repaci 1, traversa via Aurelia
Promuovono: Laboratorio Marxista, Circolo Iskra, Comitato di Solidarietà con i popoli dell’America Latina (CSPAL), Movimento costitutivo del Partito Comunista dei Lavoratori Versilia, Primomaggio, foglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati (redazione toscana), Iraq Libero

Pisa,  Venerdì 1 dicembre – ore 21,00  
auditorium centro Macarrone “la Stecca” - via Silvio Pellico (dietro piazza S. Antonio )
promuovono: Pianeta Futuro, Iraq Libero

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Chi è Samah Idriss
Samah  è un noto intellettuale libanese e pubblica la prestigiosa rivista letteraria araba "Al Adab" (www.adabmag.com <http://www.adabmag.com/> ). E' l'autore di diversi libri e ha un dottorato dalla  Columbia University di New York. Ha militato nel movimento antimperialista di sinistra, ed è il cofondatore di diverse associazioni culturali e politiche che sostengono la lotta di liberazione araba.  Mentre lotta per superare il sistema su basi confessionali lasciato dal colonialismo francese e le divisioni politiche su basi settarie,  Samah Idriss sostiene il movimento di resistenza nazionale, compresi i movimenti islamici, oltre a quelli in altri paesi arabi. E' attualmente impegnato nella Campagna di Resistenza Civile ( http://www.lebanonsolidarity.org ).

NON VOGLIAMO ESSERE COMPLICI!
Appello per una manifestazione nazionale a Vicenza del 2/12 contro le servitù militari e contro la guerra
 
Vicenza, 2006. O un qualunque anno della guerra globale permanente.
Una tranquilla cittadina di provincia, del nordest produttivo. Che ospita già la caserma USA Ederle, la Gendarmeria Europea, Il Coespu, scuola di addestramento per militari dei “paesi in via di sviluppo”. E ora, forse, anche il Dal Molin aeroporto di guerra, con un investimento del governo americano di 800 milioni di dollari. La nostra città, quindi, destinata a diventare un nodo importantissimo per i nuovi assetti militari mondiali. Ma facciamo un passo indietro: ci sono alcune storie che vanno raccontate. Due anni fa, governo Berlusconi: il sindaco Hullweck inizia una serie di viaggi a Roma, si comincia a parlare di un nuovo progetto per Vicenza, firmato Usa, ma nessuna notizia certa trapela.
2006, governo Prodi: ormai a ridosso della scadenza con gli Stati Uniti, scoppia il caso Dal Molin; il progetto è devastante, sia come impatto sul territorio, sia dal punto di vista che una città Unesco, come Vicenza, non può fondare la sua esistenza su un'economia di guerra.
I cittadini, i movimenti, le associazioni si organizzano e dicono NO al Dal Molin base militare.
Lo dicono in maniera determinata, con rumorose presenze in consiglio comunale, raccolta firme (più di diecimila in un mese!), convegni informativi, blocchi del traffico, fiaccolate, scioperi studenteschi e, non ultima, l'invasione delle piste dell'aeroporto.
Nel frattempo, inizia il rimpallo di responsabilità tra sindaco, di centro-destra, e governo, di centro-sinistra, dove nessuno vuole prendere in mano la patata bollente della decisione finale, ma tutti sono concordi nel definire gli Stati Uniti e la loro politica di difesa “amica” e coerente con le politiche militari italiane.
Tutto questo sulla pelle dei cittadini, il cui parere non viene neanche considerato. Ma queste sono cose già viste: inutile raccontare come i giornali stiano manipolando l'opinione pubblica; come gli Americani stiano già mettendo in piedi delle strategie di apertura alla città, in modo da non creare ulteriori malumori...
Chi si trova a fare i conti con una servitù militare in casa, sa benissimo di cosa si sta parlando.
E si finisce, volenti o nolenti, per esserne complici. Perchè la guerra non è solo quella eclatante delle prime bombe in Iraq. E' anche il piccolo gesto quotidiano, le azioni minime a cui finiamo per abituarci. E' il defender dell'esercito che ti passa ogni due minuti sotto casa, perchè di fianco hai una base militare, sono i soldati in assetto di guerra che corrono alle 7 del mattino di fronte alle scuole elementari, sono l'abitudine a vedere muri di cemento armato e fili spinato.
Le basi della guerra sono il paradigma della guerra globale permanente nei nostri territori, la guerra che plasma menti e coscienze. La guerra irrompe costantemente nelle nostre vite, non è una cosa astratta, quanto invece tremendamente reale. La guerra ha bisogno di nascondersi, di imbellettarsi, di truccarsi, per cercare di trovare consenso. Così le guerre diventano addirittura umanitarie, i soldati diventano missionari di pace. La politica abdica al proprio compito e demanda a fucili e diavolerie militari la risoluzione dei conflitti. Von Clausewitz finisce nel cestino, la guerra diventa l'elemento costituente del “nuovo ordine mondiale”. Iraq, Palestina, Libano, così come il Messico o il Darfur, la risposta delle diplomazie e delle elites politiche sono sempre le stesse: armi e guerra. Però guerre buone, che diamine! Guerre che portano pace. Peccato che per migliaia di uomini, donne e bambini questa pace sia eterna. Come spiegare loro che le pallottole umanitarie sono per il loro bene? Ingrati.
Dire NO al Dal Molin in maniera forte e determinata vuol dire dire no alla guerra e a chi ne è complice. Basta basi di guerra e non solo nel nostro territorio, ma in tutta Italia, in tutta Europa, ovunque. Perchè è una questione che riguarda tutti, pur partendo da una piccola città di provincia. Lo diciamo lanciando, come gli Zapatisti, un'altra campagna: una campagna verso il 2 dicembre, giornata nazionale di manifestazione contro la guerra e le basi che nel nostro territorio ne rappresentano la logistica e gli interessi. Ovviamente a Vicenza. Per fare la guerra ci rubano la terra, ed è il tempo di difenderla.

Il 2 dicembre 2006 tutti a Vicenza: basta basi, basta guerra.
Osservatorio contro le servitù militari- Vicenza.

Per info e adesioni: nodalmolin@libero.it