IRAQ LIBERO – COMITATI PER LA RESISTENZA DEL POPOLO IRACHENO

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GOOD MORNING, IRAQI RESISTANCE !

Chi ha veramente sconfitto George W. Bush?

George W. Bush ha dunque subito una sonora sconfitta elettorale. Donald Rumsfeld ha dovuto rassegnare le dimissioni in fretta e furia, all’indomani delle elezioni di “medio termine”.

E almeno su un punto tutti sono concordi: la sconfitta non è avvenuta sul terreno della politica interna e neppure su quello dell’economia, la sconfitta è arrivata dai rovesci politico-militari subiti in un lontano paese, l’Iraq.

Ma questa verità tanto innegabile, quanto pericolosa, è stata subito annegata in un mare di discorsi general-generici, ripresi in Italia da un teatrino mass-mediatico della politica che ha giustapposto il voto del Connecticut a quello del Molise, con analisi esilaranti di ogni tipo.

A sinistra, ha brillato ancora una volta il Manifesto che, anche per rifarsi dell’indimenticabile gaffe di due anni fa, ha riproposto il titolo di allora: “Good Morning America”.

Premesso che storicamente la politica estera del Partito Democratico è stata spesso più interventista e guerrafondaia di quella del partito Repubblicano, premesso che negli USA le grandi scelte di politica estera sono sempre bipartisan, è innegabile la portata politica della bocciatura toccata al figlio dell’inventore del “Nuovo ordine mondiale” seguito al crollo dell’Urss.

Bush padre si fermò prima di arrivare a Baghdad; quello che aveva fatto era più che sufficiente per sancire la supremazia USA nel dopo Yalta. A Bush figlio è capitato di dover completare l’opera, scatenando una guerra “infinita” senza limiti né spaziali né temporali. A differenza del padre è arrivato a Baghdad, ma lì è stato inchiodato da una Resistenza che, sia pure in mezzo a tante difficoltà, non si è fatta spaventare dalla schiacciante supremazia dell’aggressore a stelle e strisce.

Chi ha dunque sconfitto George Bush? Il popolo americano o la Resistenza irachena? L’elettorato americano avrebbe forse cambiato idea se anziché le bare dei marines fosse arrivato solo petrolio a buon prezzo?

Questa domanda è talmente retorica che vien quasi da vergognarsi a doverla formulare. Ma così va il mondo, e allora dobbiamo insistere con altre domande: dove sono oggi gli imbroglioni professionali che nell’autunno 2003 negavano (spesso da “sinistra”, si badi bene) l’esistenza stessa della Resistenza? Come mai un fenomeno “inesistente” ha prodotto un riflesso così potente a migliaia di chilometri di distanza?

Domande alle quali nessuno col bollino del “politicamente corretto” potrà mai rispondere, perché questo vorrebbe dire rassegnarsi ad un minimo di onestà intellettuale, cioè ad una merce rigorosamente bandita dal teatrino della politica. Una merce che, anche se usata con parsimonia, porterebbe ad evidenziare il vero fatto storico e cioè che a sconfiggere Bush è stata la Resistenza irachena.

Noi sappiamo che la guerra scatenata da Bush nel 2001 non è certo finita, ma le resistenze hanno indubbiamente segnato un punto.

Sappiamo che l’imperialismo americano, quanto mai pragmatico nei cambi tattici, sta già predisponendo nuovi piani per conseguire l’obiettivo del mantenimento della supremazia planetaria. Sappiamo anche che questi stessi piani sono già stati preparati per l’Iraq (vedi piano Baker).

Ma, in una guerra che continua, finalmente le lotte di resistenza dei popoli oppressi sono riuscite ad incidere nel terreno avversario. Era dai tempi del Vietnam che ciò non avveniva. Non è un fatto da poco, ed è un fatto che da ragione a chi, fin dal marzo 2003, si è pronunciato per la Resistenza senza se e senza ma.