CAMUS AVEVA TORTO

          Ovvero Nobel e snobel

 

di Silvio Cinque

 

Mi sono chiesto spesso perché certe persone, uomini e donne, non abbiamo il Premio Nobel, rispetto ad altre che magari non riconosco in alcun valore e che secondo me non lo meriterebbero affatto. Ho pensato per esempio che il premio per la pace ad Henry Kissinger non sia proprio giusto, mentre viene negato a Gino Strada di Emergency o a missionari e suore comboniane in qualche sperduto disgraziato angolino del mondo. Senza fare paragoni, nel 1952 fu attribuito ad Albert Schweitzer, il Nobel per la pace anche per il suo ospedale di Lambarené.

 

Questa volta però voglio dar torto a Camus, altro Nobel insigne, in una sua interessante teoria che però ha una eccezione, una magnifica eccezione.  Nel Caligola Camus scrive due cose fondamentali: nella prima elogia il valore dell’imperatore romano, uno dei più discussi ed esecrati della storia, che, rendendosi conto della decadenza dell’impero ne ha favorito ed accelerato il processo di dissoluzione attraverso atti e decisioni,anche personali e particolari,di inaudita efferatezza e crudeltà.  Decisioni dirette e personali contro persone ed idee perché, e questa è la seconda teoria: chi avendo il potere assoluto ed impunito di compiere il male, non lo esercita? Anche se questo male è almeno, rispetto alla vastità della Storia, apparente. Dramma di Caligola è stato quello di accettare e subire la condanna dolorosa e senza appello della storia.

 

Ebbene ho una bellissima, significativa ed emblematica eccezione a quest’ultima teoria.

Il Chiacchierone è un periodico molto molto esclusivo: è il giornalino del reparto pediatrico di Ematologia del Policlinico Umberto I di Roma. I suoi redattori sono perciò i/le pazienti (bambini e bambine, ragazzi e ragazze) affetti/e da varie forme di leucemie e linfomi. Nell’ultima visita di controllo per mia figlia, ho trovato nel giornalino di dicembre 2000 un raccontino intitolato: Una storia di un lupo di due pazienti S e G.. Essendo minori e non avendo l’autorizzazione necessaria mi limito a riportare solo le loro sigle, ma soprattutto a riferire il loro racconto.

Ecco il raccontino: Una storia di un lupo

C’era una volta un lupo che aveva un figlio lupacchiotto molto simpatico e vivevano in una foresta pericolosa molto lontana. Un giorno un leone si voleva avvicinare alla loro tana. Voleva mangiare il cucciolo del lupo. Il lupo sentì un rumore strano, si affacciò all’ingresso della tana e uscì silenziosamente, poi nascosto tra i cespugli con il cucciolo che lo seguiva vide il leone e si spaventarono tutti e due. Il leone intanto aveva sentito il rumore tra i cespugli e pensò:-Questi sono i lupi!- Il padre lupo disse al figlio:- Mettiti sulla mia schiena e corriamo che c’è un leone, tieniti forte!- Il leone se ne accorse e disse:-I lupi stanno scappando, ora li acchiapperò- I lupi scapparono lontano dalla loro tana nel bel mezzo della foresta e videro da lontano il loro amico rinoceronte e gli gridarono:- C’è un leone che ci insegue, fallo spaventare. – Il leone stava quasi per raggiungere i lupi, quando il lupo saltò sopra al rinoceronte e poi a terra dietro. Il rinoceronte partì alla carica e attaccò il leone combattendo  con il suo corno e lo ferì tanto che rimase a terra e stava per morire. I lupi e il rinoceronte si addolorarono di vedere il leone soffrire tanto e allora cercarono le erbe medicinali nella foresta tanto finché le trovarono, gliele fecero mangiare e le misero sulle ferite finché il tempo passava e il leone guarì presto.

Diventarono amici per sempre, PER TUTTA LA VITA.

Scritta da S. e G.

 

 

Ecco perché Camus ha torto, almeno per la seconda consequenziale parte della teoria del potere e perché Caligola fa la figura del patetico. I due lupi avrebbero tutto il diritto di difendersi e proteggere le loro vite. Essendo più deboli del feroce leone chiedono aiuto al loro formidabile amico rinoceronte. Con il quale fanno, come si dice a Napoli, nu’ mazz tanto a o’ lione. Ma ecco la meravigliosa novità: potrebbero annientarlo, distruggerlo, ucciderlo. Chi si stupirebbe o scandalizzerebbe per questo? Invece, nel momento estremo e cruciale in cui potrebbero portar a conclusione l’opera di autodifesa, ecco che scatta un moto dell’animo che in questo periodo va poco di moda: la pietà. I lupi e il rino si impietosiscono delle ferite e del dolore giustamente e sacrosantamente inflitte al leo e si fermano. Riescono ad arrestare il moto di furore. Si fermano e trovano in sé stessi la loro “umanità”. Così si prodigano alla ricerca di erbe medicinali, curano e proteggono il leo fino a farlo guarire. L’amicizia tra loro è la naturale conseguenza di questo azione.  Chissà se S. & G. sanno nulla di Etty (sospiro) Hillesum.

Allora ad S. & G. il Nobel per la pace mi sembra indicato per il bellissimo insegnamento che esprimono in questo momento storico; per la fiducia in ciò che hanno scritto e per le persone a cui è rivolto perché basterebbe cambiare i protagonisti del racconto, chiamarli che so: palestinesi ed israeliani, irlandesi e inglesi, cristiani e musulmani, baschi e spagnoli e soprattutto anglo-americani ed popolazione afghana ed allora il raccontino avrebbe ben altra attualità.

Ma è un raccontino che proviene da fanciulli ed è proprio vero: lasciate che i fanciulli vengano a me….