BASSORA ERA
CONSIDERATA LA CITTA' PIU' FACILE DA CONQUISTARE E VISTO
LA DIFFICOLTA' CHE HANNO TROVATO I SOLDATI ANGLOAMERICANI
NON VOGLIO NEANCHE PENSARE A COSA LI ASPETTA DOPO. DA - LA REPUBBLICA
Le truppe di terra
avanzano
"Vinta la battaglia di Bassora"
Quattro militari
Usa uccisi da una granata
Dispersa una troupe tv britannica
BASSORA - Nuovi
successi della coalizione anglo-americana nell'offensiva
nell'Iraq meridionale. E' stato conquistato il centro di
Nassiriya, situata sul fiume Eufrate a 320 chilometri da
Bagdad. Si tratta della località dove ieri i marines
avevano trovato la prima, inaspettata, resistenza. E
soprattutto, un po' più a sud, appare ormai segnata la
battaglia di Bassora, seconda città del paese. Nello
stesso giorno in cui, nella parte centrale dell'Iraq,
sono rimasti uccisi quattro militari americani; in cui a
Nord si è registrata la prima vittima tra i
giornalisti inviati
in guerra (un reporter australiano, vittima di un
attentato nel Kurdistan); e in cui un altro gruppo di
cronisti, a sud, risulta disperso. Mentre Bagdad ha continuato a essere colpita dai
bombardamenti.
FRONTE SUD
Bassora. "La battaglia di Bassora è
vinta", ha detto questa sera un ufficiale dei
marines americani aggiungendo che sono stati presi
"centinaia di prigionieri". In precedenza nel
pomeriggio la radiotelevisione britannica Bbc aveva detto
che truppe americane e britanniche erano entrate in
città senza incontrare grande resistenza. Centinaia di
soldati iracheni sarebbero stati fatti prigionieri. In
realtà si è poi saputo che i marines hanno ingaggiato
una furiosa battaglia contro reparti blindati nemici, ma
poi la resa di un'intera divisione ha spianato la strada
all'avanzata alleata.
La televisione quatariota Al Jazira ha detto che nei
bombardamenti aerei su Bassora di stamattina sono state
uccise 50 persone. Fra gli uccisi, di cui il giornalista
della televisione satellitare araba ha detto di aver
visto i corpi in ospedale, ci sarebbe anche un russo. Nei
pressi della città, nella località di Iman Anas, tre
giornalisti della televisione britannica Itn sono finiti
sotto il fuoco mentre a bordo di due veicoli stavano
dirigendosi verso la città, e sono dati per dispersi. Un
quarto giornalista è riuscito a mettersi in salvo.
La presa di Nassiriya.
La conquista è avvenuta nella tarda mattinata di
oggi. Si tratta di un centro urbano che si trova 320
chilometri a sud-est della capitale. Una postazione
importante, sia dal punto di vista delle comunicazioni
(vista la presenza del fiume Eufrate), sia perché è un
punto già molto avanzato di penetrazione, all'interno
del paese. Gli alleati hanno occupato un ponte e le due
arterie che portano verso la capitale.
La battaglia a Umm Qasr. In questa città
meridionale, i marines statunitensi hanno dovuto
fronteggiare altre sacche di resistenza attorno al porto
vecchio, cruciale per i traffici via mare. Lo hanno
ammesso gli stessi militari Usa, il giorno dopo che
Washington aveva reso noto che le truppe alleate avevano
preso il controllo dell'area.
CENTRO
I soldati americani uccisi. Quattro soldati
statunitensi sono morti nell'esplosione di una granata,
nell'Iraq centrale. Ne ha dato notizia un corrispondente
della televisione britannica Sky News, che si trovava sul
posto. L'inviato dell'emittente, Colin Brazier, ha detto
che gli uomini sono caduti in un'imboscata mentre su due
jeep facevano un giro di ricognizione davanti al grosso
delle truppe Usa. Nella notte, in un incidente tra
elicotteri, erano morti sette militari inglesi
I missili "sconfinano" in Iran. Pesanti
bombardamenti alleati sono stati effettuati oggi anche in
una zona dell'Iraq centro-orientale, vicino al confine
con l'Iran. Sempre secondo l'Irna, due razzi sono caduti
in territorio iraniano. Già ieri sera le autorità del
Paese avevano reso noto che un razzo lanciato da un aereo
americano aveva colpito una sede della Compagnia
nazionale petrolifera iraniana (Nioc). Per questo il
ministero degli Esteri di Teheran ha protestato
ufficialmente.
NORD
I raid contro gruppi fondamentalisti. Gli aerei
americani nella notte hanno preso di mira miliziani di un
gruppo integralista islamico molto attivo nel Kurdistan
iracheno, e accusato dalle autorità di Washington di
essere strettamente legato ad Al-Qaeda. Ci sarebbero
numerose vittime.
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LA CIA PROMETTE PROMETTE
- MA IN REALTA' E' SOLO PROPAGANDA - E DI QUELLA MOLTO
CONFUSA - ANCHE PERCHE' POCHI GIORNI FA DICEVA CHE SADDAM
HA MOLTI SUOI DOPPIONI ED ORA VOLGLIO PROPRIO VEDERE CHI
HANNO BECCATO - NON E' CHE QUANDO FA COMODO A LORO SADDAM
E' QUELLO FALSO E QUANDO GLI CONVIENE E' QUELLO VERO.
DA - LA REPUBBLICA
Guerra di notizie
sulla sorte di Saddam
BAGDAD - Notizie
sempre più contraddittorie sulla sorte di Saddam
Hussein. Dagli Stati Uniti Fox Tv fa sapere: "La Cia
ha le immagini di Saddam ferito e in barella". Da
Bagdad la televisione del regime annuncia: "Il raìs
ha elogiato le truppe irachene".
E' una guerra nella guerra quella, psicologica, che si
combatte sugli annunci e le smentite sulla salute di
Saddam Hussein. Nel pomeriggio era stata Fox Tv,
televisione molto vicina all'amministrazione Usa a
rivelare che l'intelligence americana è in possesso di
foto di Saddam Hussein disteso su una barella e caricato
su un'autoambulanza. Per ora non ci sono né conferme né
smentite ufficiali. Però la Tv sostiene che la foto è
stata scattata in un momento di grande panico, fuori del
bunker di Bagdad colpito nell'attacco di mercoledì, il
primo dell'operazione "Libertà per l'Iraq",
condotto con lo scopo di "decapitare la dirigenza
del regime".
La voce che Saddam sia
stato ferito in quel bombardamento circola a Washington
già da ieri e si era già parlato dell'esistenza di
immagini del raìs in barella. Adesso, però, la Fox
sostiene che le foto in possesso dell'intelligence
mostrano "corpi rimossi" dal luogo
dell'attacco, uno dei quali sarebbe "quasi
certamente" quello di Saddam.
Sembra, invece, ormai definitivamente accertato che le
immagini di Saddam trasmesse dalla tv irachena dopo
l'attacco di mercoledì fossero proprio del raìs e non
di un sosia. C'è, però, la sensazione che esse possano
essere state pre-registrate.
Immediata la reazione del regime iracheno. La Tv di Stato
dopo poche ore rivela che Saddam Hussein ha presieduto
una riunione dei comandanti delle forze armate e ha
elogiato il comportamento delle truppe di fronte
all'invasione anglo-americana. L'emittente, però, non ha
però mostrato immagini della riunione, che avrebbero
chiarito chi fra i due contendenti dice la verità.
"Il presidente ha espresso la propria soddisfazione
per il comportamento dell'esercito iracheno, così come
dei componenti del Partito Baath e delle tribù
irachene", ha detto il commentatore televisivo.
Alla riunione, secondo la stessa fonte, erano presenti il
secondogenito del presidente, Qusay, il vice presidente
Taha Yassin Ramadan - che ieri fonti davano per morto
sotto i bombardamenti - il vice premier Tareq Aziz, il
ministro per l'Informazione, Mohammed Said al-Sahaf, e il
ministro della Difesa, generale Sultan Hashim Ahmed
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PER LA PACE CI
SONO INCIDENTI... I NERVI COMINCIANO A SALTARE - BUSH DA
UNA GUERRA CORTA ANNUNCIA CHE SARA' LUNGA.... SPERIAMO
CHE GLI ANIMI DELLE CONTESTAZIONI NON SI RISCALDINO :
DA - LA REPUBBLICA.
Italia in piazza per
la pace
incidenti e tensione a Milano
Tafferugli
durante il corteo nel capoluogo lombardo
danneggiati un McDonald's e il consolato israeliano
ROMA - Un'altra
giornata di massiccia mobilitazione contro la guerra
all'Iraq. Decine di migliaia di persone sono scese
nuovamente in piazza in numerose città d'Italia: cortei,
presidi, iniziative di vario genere si sono susseguiti
per tutta la giornata, fra striscioni, bandiere
arcobaleno, slogan e musica. Nel pomeriggio, momenti di
tensione al corteo di Milano: gruppi isolati di
manifestanti hanno danneggiato la sede di un McDonald's e
devastato l'ingresso del consolato israeliano del
turismo.
Roma. Due gli appuntamenti pomeridiani nella
capitale: il corteo da piazza Esedra a piazza Navona
organizzato dal comitato "Fermiamo la guerra" e
la manifestazione dell'Ulivo a piazza del Popolo. Ad
aprire il corteo, uno schieramento di bambini con lo
striscione "La vita è bella quando non c'è la
guerra". Dietro di loro, la "testa
ufficiale", gli organizzatori con lo striscione
"No alla guerra senza se e senza ma", il
segretario di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti,
il diessino Cesare Salvi, il presidente dei Verdi,
Alfonso Pecoraro Scanio e il leader dei Cobas, Piero
Bernocchi. La manifestazione si è conclusa a piazza
Venezia, dove i partecipanti sono arrivati con le mani
simbolicamente alzate. Settantamila i partecipanti,
secondo gli organizzatori. E sempre nel pomeriggio ha
preso il via la manifestazione dell'Ulivo: previsti per
le 21 gli interventi di Francesco Rutelli e Piero
Fassino. Fra centinaia di palloncini con i colori
dell'arcobaleno, sul grande palco con la scritta
"Guerra no" si sono alternati numerosi artisti
(da Cristiano de Andrè a Eugenio Finardi, da Teresa De
Sio a Sabrina Ferilli).
Nella mattinata la
capitale è stata teatro di una clamorosa protesta: verso
le 10,30 attivisti di Greenpeace hanno appeso al
Vittoriano, davanti all'Altare della Patria, un
fotomontaggio con l'immagine di Berlusconi con l'elmetto
e la scritta "Un impegno concreto: guerra"
Milano. Tensione nel corteo dei centri sociali che
ha attraversato le strade di Milano: alcuni manifestanti
incappucciati sono usciti dal corteo ed hanno aggredito,
con mazze e bastoni, le vetrine di un McDonald's in
piazza San Babila, l'ingresso del consolato israeliano,
in corso Europa, ed alcuni istituti di credito. Alcuni
Disobbedienti hanno cercato di far uscire il gruppo dal
corteo, ma i dimostranti espulsi hanno reagito e
picchiato gli altri, accusandoli di fare "gli
sbirri". La manifestazione si è poi conclusa in
piazza Duomo. In testa gli striscioni "Per la
pace" e bandiere arcobaleno portate da bambini, i
gonfaloni dei comuni del milanese, i vessilli dei partiti
e di Emergency. Gli organizzatori parlano di 150
mila persone.
Bologna. Un corteo promosso dal "Tavolo
cittadini contro la guerra" è partito da piazza del
Nettuno, ma prima i manifestanti hanno osservato un
minuto di silenzio in omaggio alle vittime della guerra.
In testa un camion con lo striscione del Bologna Social
Forum, "Stop global war".
Firenze. Erano in trentamila (quindicimila secondo
la questura) questa mattina al corteo da piazza San Marco
fino a piazza Santissima Annunziata, aperto dallo
striscione "Studenti contro la guerra". Alunni
delle superiori e universitari, numerosi insegnanti,
tanti slogan contro il governo Berlusconi e cartelli come
"Bush, la guerra non è un gioco, comprati la
Playstation". Fra i più creativi, quello al collo
di un cane di razza husky: "Al posto di bombe,
nervino e antrace, gettate a noi husky polpette di
pace". Nel pomeriggio, nuova manifestazione al
centro all'Oltrarno.
Napoli. Ventimila persone, Disobbedienti,
militanti dei partiti e dei sindacati, studenti e
cittadini, hanno partecipato questa mattina alla
protesta, culminata in un presidio davanti alla base Nato
di Bagnoli, di fronte ad un imponente schieramento di
forze dell'ordine. Momenti più concitati quando è stata
incendiata una bandiera americana. Poi, un gruppo di
persone, fra le quali anche il leader dei Disobbedienti,
Francesco Caruso, ha occupato i binari della stazione di
Agnano della linea ferroviaria locale della Cumana, e
quelli della stazione di Campi Flegrei, mentre alcuni
Disobbedienti hanno organizzato un blocco stradale in
viale Augusto, non lontano dallo stadio San Paolo.
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LA CINA CON LE DONNE E'
VERAMENTE SCIOCCANTE.... NON CONSIDERANDOLE UN BENE PER
LA PRODUZIONE CONTINUA A TRATTARLE COME STRACCI - PENSATE
CHE MOLTI CONTADINI CINESI QUANDO NASCE LA PRIMA ED UNICA
BAMBINA - PERCHE' IN CINA PIU' DI UN FIGLIO NON SI PUO'
FARE - VOLENDO FAR CONTINUARE IL COGNOME DELLA DISTANIA -
COSA NON PERMESSA ALLE DONNE COME IN OCCIDENTE
...LAUCCIDONO.
DA - LA REPUBBLICA
Drogate e chiuse in
una valigia
traffico di neonate in Cina
PECHINO - Bambine
appena nate stipate in una valigia e trasportate per
venderle probabilmente a chi non può avere figli. Questo
si sono trovati di fronte gli agenti di polizia cinese
messi sulle tracce di questo traffico di esserei umani da
una soffiata.
I poliziotti hanno fermato una corriera per un controllo
a un casello autostradale e hanno scoperto 28 bimbe, la
maggiore non arriva a tre mesi di età, stipate dentro
delle valige. Erano ammassate due-tre drogate per evitare
che piangessero, alcune con la pelle livida al freddo
della notte, una ormai morta.
La corriera era in viaggio dalle campagne della provincia
di Guangxi nel sudovest, verso il centro del paese. La
polizia è entrata in azione a Binyang.
Le valige in plastica, secondo quanto riferiscono i
giornali, erano sistemate sul piano portabagagli,
sull'ultima fila di sedilie e sui fianchi del veicolo. La
polizia non ha dubbi: erano destinate al traffico di
bambini. Gli agenti hanno raccontato che non credevano ai
loro occhi mano a mano che aprivano le valige. "Non
erano tre, non erano quattro. Aprivamo un'altra valigia e
dentro c'erano altre creature, uno choc", ha
riferito un agente.
Le 27 sopravissute stanno bene. Non si sa per ora da dove
provenivano e dove erano destinate. Nessuno finora si è
fatto avanti per reclamarle. Spesso in Cina i bambini
vengono rapiti e venduti a coppie che non possono avere
figli e le femmine sono quelle che maggiormente vengono
abbandonate o appunto vendute.
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E' VERO -
BERLUSCONI NON HA SMENTITO - MA SU QUESTA NOTIZIA CARI
RAGAZZI DELL'OPPOSIZIONE NON HO SENTITO NEANCHE VOI.
DA - IL MANIFESTO
Iracheni espulsi L'Italia
ubbidisce
Schiaffo diplomatico Washington chiede a tutti i governi
del mondo di espellere i diplomatici iracheni. Francia,
Germania, Russia rifiutano: «Non ce n'è motivo»
Il problema dei soldi La richiesta di Bush comprende
anche la confisca dei fondi iracheni sui conti bancari
esteri. Ma anche qui c'è un rifiuto. «La richiesta è
illegale»
ANNA MARIA MERLO
PARIGI
Gli Stati uniti e la Gran Bretagna stanno probabilmente
vincendo la guerra contro l'Iraq, ma ieri hanno dovuto
incassare una nuova sconfitta diplomatica. Per l'Italia,
una nuova prova di servilismo. Francia, Russia, Germania,
Olanda e anche l'Algeria hanno risposto con un secco
«niet» alla richiesta, avanzata dal dipartimento di
stato statunitense giovedì, di chiudere ovunque le
rappresentanze diplomatiche irachene ed espellere i
diplomatici di Baghdad, in attesa dell'instaurazione di
«un'autorità ad interim» in Iraq. In tutto il mondo,
la richiesta è stata finora accolta solo da Australia e
Romania; l'Italia si appresta a farlo nelle prossime ore
(vedi articolo a lato). Il rifiuto di Chirac si è esteso
anche all'ipotesi di un'amministrazione temporanea
statunitense in Iraq. Nella conferenza stampa a
conclusione del vertice dell'Unione europea a Bruxelles,
ieri pomeriggio, il presidente francese ha minacciato una
volta di più il ricorso al veto: «Non accetterò una
risoluzione del Consiglio di scurezza dell'Onu che dia
agli Usa e alla Gran Bretagna poteri di amministrazione
in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein». Per il
presidente francese questo sembra «un mezzo per
giustificare a cose fatte l'intervento militare», una
manovra «non adatta alla situazione», visto che «Usa e
Gran Bretagna sono uscite dalla legalità
internazionale». La Gran Bretagna starebbe lavorando
alla redazione di una nuova risoluzione dell'Onu in
questo senso, ma per il momento nessun testo è stato
presentato al Consiglio di sicurezza.
Per quanto riguarda l'espulsione dei diplomatici - in
realtà degli incaricati d'affari, visto che la Francia,
come gli altri paesi occidentali, dal 1991 non ha più
relazioni diplomatiche formali con l'Iraq - «la Francia
considera che una tale richiesta riguardi la propria
sovranità. Al momento attuale non ci sono ragioni per
darvi seguito», ha precisato il Quai d'Orsay.
Anche il governo tedesco ha fatto sapere che, «per il
momento», esclude l'espulsione dei diplomatici iracheni
dal proprio territorio. Un portavoce del ministero degli
esteri ha precisato che la Germania ha «preso conoscenza
della richiesta statunitense, ma tali misure non sono
previste per il momento», anche se mercoledì, Berlino
aveva già deciso di espellere quattro diplomatici
iracheni, accusati di aver svolto «attività non
compatibili con lo status di diplomatico». La Russia
rifiuta anch'essa e aggiunge di non avere neppure
l'intenzione di «congelare» i beni iracheni, come
avevano ancora chiesto gli Usa. «Se una tale richiesta
ci pervenisse - ha precisato il ministro russo degli
esteri, Igor Ivanov - non avrebbe nessuna forza legale e
la nostra reazione conseguente». La Russia «non ha
intenzione di interrompere le relazioni con l'Iraq», ha
aggiunto il vice-ministro degli esteri, Aleksandr
Saltanov. Giorni fa, il Belgio aveva rifiutato di
espellere dei diplomatici iracheni, accusati da Washingon
di essere delle spie.
Ieri, nel gelido Consiglio europeo di Bruxelles, Chirac
ha incontrato in tête-à-tête Tony Blair. Si sono messi
d'accordo per «non accumulare i rancori» dopo le
pesanti accuse del premier britannico nei confronti della
Francia, additata come la «causa del fallimento della
diplomazia» all'Onu. Chirac ha comunque sottolineato che
«la Francia non ha avanzato nessun tipo di critiche nei
confronti della Gran Bretagna» nelle ultime settimane,
facendo allusione all'atteggiamento opposto di Blair.
La richiesta di Washington, fatta a tutto il mondo, di
chiudere le rappresentanze diplomatiche irachene è
considerato un mostro giuridico dagli esperti. Secondo
Mario Bettati, professore a Parigi II, «nel diritto
internazionale il riconoscimento di uno stato o una
rottura è una prerogativa sovrana di ogni stato. Forse
alcuni stati barboncini ottempereranno alla richiesta,
per far piacere agli Usa. Ma questa richiesta avviene per
la prima volta in questa forma. Nel passato ci sono state
certo delle rotture, ma sempre in modo concertato».
L'Italia, a quanto pare, rientrerà fra i «barboncini».
In Francia, sono stati trovati lunedì scorso, in un
deposito bagagli della Gare de Lyon, due flaconi con
tracce di ricina, «in dosi non letali», precisano gli
inquirenti. Il ministro degli interni, Nicolas Sarkozy,
ha affermato che è possibile «stabilire un legame» tra
la scoperta e le inchieste in Francia sulla minaccia
terroristica.
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NON SOLO QUESTA
NOTIZIA E' FOLLE - MA CHE COSA DIRE DELLE BASI AMERICANE
?
DA - IL CORRIERE DELLA
SERA
Attacco in
Kuwait: dieci militari Usa feriti
Lanciate granate contro
due delle tende occupate dai soldati del comando
americano: ci sarebbero 10 feriti
KUWAIT CITY - Attacco con
granate contro alcune tende del comando Usa di stanza in
Kuwait che ha causato il ferimento di almeno dieci
soldati, di cui sei gravi. Alcuni sconosciuti si
sarebbero introdotti a «Camp Pennsylvania», base della
101esima divisione aerotrasportata nel nord del Kuwait a
ridosso della frontiera con l'Iraq, dove hanno cercato di
uccidere il comandante lanciando alcune granate,
provocando il ferimento dei dieci militari.
ARRESTATI DUE ARABI - Due arabi sono stati arrestati in
Kuwait dopo l'attentato, secondo quanto riporta l'inviato
del Time Jim Lacey, in una telefonata a Cnn. Il
giornalista ha raccontato che sono in corso massicce
ricerche per cercare i responsabili e che i due arrestati
non sono ancora stati identificati come sospetti.
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IO NON SO COME
FA A DIRE QUESTE COSE - QUEST'UOMO NON FINISCE DI
STUPIRMI - LA RUSSIA IN EUROPA SI POTREBBE COMPRENDERE -
E' LEGATA AL NOSTRO CONTINENTE ANCHE GEOGRAFICAMENTE E
QUINDI SI PUO' PARLARE DI ALLARGAMENTO... MA GLI
ISRAELIANI ?
DA - IL CORRIERE DELLA
SERA
Berlusconi: in
Ue entrino anche Russia e Israele
Il capo del governo
ridisegna la mappa della futura Europa: dentro anche
Ucraina, Turchia e Bielorussia
BRUXELLES (BELGIO) - Il
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ridisegna la
mappa d'Europa. Indicando quelli che a suo avviso devono
essere i futuri membri dell'Unione europea.
Nell'Europa del futuro deve esserci un posto anche per la
Russia e per Israele. Secondo la «visione» di
Berlusconi nell'Europa del futuro dovranno esserci anche
la Bielorussia, l'Ucraina e la Turchia.
SERVE NUOVA DIFESA
EUROPEA - «L'Unione europea nel futuro deve decidere di
investire nella difesa, come oggi non accade ha aggiunto
Berlusconi - ricordando che in tutti questi anni l'Europa
ha avuto negli Stati Uniti una entità protettrice».
Il premier nel commentare la posizione assunta dalla
Francia nel consiglio di sicurezza dell'Onu a proposito
della crisi irachena, ha ribadito che «Il diritto di
veto è un residuato di importanza storica molto lontano
nel tempo».
«L'Onu - ha sottolineato il capo del governo - si è
dimostrato impotente di fronte alla situazione di
divisione, sono entrati in crisi i rapporti
transatlantici, si è registrata una divisione in
Europa». Al riguardo il premier ha confermato la
necessità che l'Ue «possa avere una sola voce in
politica estera per partecipare a pieno titolo al tavolo
per la soluzione dei problemi dell'ordine mondiale».
21 marzo 2003
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ED ECCO STORACE
A FAR SENTIRE IL SUO NAZIONALISMO CONTRO GLI AMERICANI
DA - IL MESSAGGERO
L'INTERVISTA
«Basta
complessi verso gli Usa, ma la piazza no»
Storace:
«Sbagliatissimo questo conflitto,il pacifismo me lo vivo
in solitudine e ascolto il Papa»
di MARIO AJELLO
ROMA Presidente Storace, anche la destra è angosciata
per la guerra. Ma come esprime questo sentimento?
«Quando si è convinti della giustezza di una posizione,
e secondo me la guerra allIraq è sbagliatissima,
non è importante calcolare quanta gente cè
insieme a te o pensare se devi scendere in piazza oppure
no. Occorre avere il coraggio della solitudine.
Esattamente come ci ha insegnato il Papa».
Non bisogna
scendere in piazza perchè queste piazze, come dice Fini,
sono anti-americane?
«Anche io credo che non bisogna contrabbandare un
sentimento nobile, come il no alla guerra, con vecchi
pregiudizi ideologici. E più che pacifisti quelli di
sinistra mi sembrano pacifondai. Non sono stati loro a
fare, senza lOnu, la guerra in Kosovo, che pure fu
giusta?».
Sempre colpa di
DAlema?
«Stanno strumentalizzando le piazze e riducendo un
dramma globale a una piccola bega da politica
casereccia».
Presidente, è
diventato yankee?
«Non mi pare. Ribadisco la mia contrarietà a questa
guerra e auspico, per lItalia, una posizione senza
troppi complessi nei riguardi dellalleato
americano».
Sarebbe a dire?
«Quando cerano i due blocchi, criticare gli Stati
Uniti poteva apparire una forma di connivenza con il
comunismo».
E ora?
«Senza più il nemico sovietico che inibiva, ci si può
sentire più liberi. E assumere, rispetto alla politica
della Casa Bianca, una posizione nutrita di dubbi e di
perchè».
E secondo lei il
governo questa posizione così poco subalterna ce
lha?
«Ho apprezzato Buttiglione, quando ha detto che questa
guerra legittima per gli Stati Uniti sarebbe stata
illegittima se avessimo partecipato anche noi».
Non a caso sta
citando un ministro cattolico. E la Chiesa il
vostro punto di riferimento in materia di guerra e pace?
«Il messaggio giusto è proprio quello vaticano. Nel
quale non viene escluso, come estrema ratio, il ricorso
alle armi ma lo si collega sempre e comunque
allautorità dellOnu».
Ma allora siete
papisti come una parte della sinistra?
«Nientaffatto. La sinistra usa il Papa».
Però è contro la
guerra come lei.
«Figuriamoci. Per me, tanto per dire una differenza
abissale, Saddam è un criminale. Mentre loro non lo
dicono».
Non è proprio
possibile, per chi comunque non condivide questa guerra,
un briciolo di spirito bipartisan?
«Dopo l11 settembre, a Roma, con il sindaco
Veltroni e con il presidente Moffa abbiamo organizzato
iniziative comuni. Stavolta, mi ha colpito che Veltroni,
il quale è persona intelligente e prudente, non abbia
sentito il bisogno di avviare qualche forma di
collaborazione».
Quindi restate
appartati nel vostro orgoglio di pacifisti
"diversi"?
«Finchè le piazze sono
egemonizzate dagli altri, mi riesce difficile pensare a
una qualsiasi partecipazione di An. Se io mi presentassi
a un corteo organizzato dal noto pacifista verde Paolo
Cento, non credo che mi accoglierebbero con rose e
fiori».
Però, a «Porta a Porta», polemizzando con Fini,
Rutelli ha detto: «Il compagno Storace...».
«E la riprova del gioco sporco che stanno facendo.
Essere contrario alla guerra non significa essere
iscritto al variopinto partito di Rutelli».
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CHE
CARINA L'INDAGINE DEL CENSIS - IO VORREI SAPERE CHI LI
PAGA PER QUESTE RICERCHE - FORSE CE NE SONO DI PIU'
IMPEGNATIVE - COME AD ESEMPIO CAPIRE GLI AMERICANI E
QUELLO CHE FANNO ANTICIPATAMENTE.
DA - IL MESSAGGERO :
Un
popolo di altruisti e benefattori
Il Censis: il
26,6% pratica il volontariato, il 59% lo aiuta con la
beneficenza
ROMA - Gli italiani sono
un popolo altruista e solidale, fanno beneficenza, si
dedicano al volontariato e si mobilitano per cause etiche
e umanitarie. Meno egoisti e individualisti di quanto si
pensi. Lo rivela il Censis, Fondazione Ozanam/De Paoli,
che ha condotto unindagine su un campione di 1300
famiglie evidenziando «quanto sia forte negli italiani
la propensione allaltruismo e alla solidarietà».
Il lavoro è stato presentato dal presidente della
Fondazione, Francesco Paolo Casavola.
In particolare, dallindagine, risulta che il 68,6%
degli italiani ha aiutato persone in difficoltà; il
59,2% ha versato soldi ad associazioni di volontariato;
il 50,5% ha acquistato prodotti dopo aver verificato che
non inquinassero e/o fossero realizzati nel rispetto dei
diritti dei lavoratori senza lo sfruttamento del lavoro
minorile. Inoltre, il 26,6% ha svolto attività di
volontariato mentre il 20,8% ha partecipato a progetti di
adozione a distanza. Attività svolte, nella stragrande
maggioranza dei casi, in silenzio e senza pubblicità.
A partecipare a campagne in favore di temi etici come
labolizione della pena di morte è stato il 16,7%
della popolazione rispetto al 14,2% che ha preso parte a
campagne di boicottaggio di prodotti di aziende che si
ritiene assumano comportamenti non etici. Infine, il 4,8%
ha aperto conti in una banca etica o acquistato fondi
etici. Il Censis ha indagato, inoltre, i disagi sociali
che più preoccupano gli italiani.
Al primo posto cè la tossicodipendenza, indicata
dal 58,6% degli intervistati. La paura che i figli si
avvicinino al mondo della droga spesso spinge gli
italiani a muoversi in prima persona nella lotta sul
campo. Segue la paura dellAids (41,1%), la
disoccupazione di lunga durata (26,3%), soprattutto tra i
giovani. Preoccupano anche la marginalità minorile
(20,3%), la prostituzione (17,8%) e la povertà economica
(15,2%).
In questo contesto il volontariato, ed in particolare
quello gratuito gioca un ruolo fondamentale. Il
volontariato, infatti, continua a rappresentare il
soggetto organizzato che riscuote la quota più alta di
fiducia tra gli italiani che, secondo il 33,7% delle
famiglie intervistate, andrebbe aiutato e potenziato
nella sua funzione di lotta alle diverse forme di disagio
sociale.
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FINALMENTE
QUALCHE BUON ARTICOLO DA PARTE DI UN GIORNALE CHE
DOVREBBE PREVALENTEMENTE PARLARE D'ECONOMIA POLITICA MA
CHE SPESSO FA ALTRO.
DA - IL SOLE 24 ORE
Industria, nel
segno della stagnazione
Il primo trimestre di
quest'anno si chiude con un bilancio deludente:
l'incertezza della guerra e le tensioni geopolitiche
allontanano la ripresa. I nuovi indici Istat confermano, in particolare, il
quadro recessivo del biennio 2001-2002.di Michele De
Gaspari
Anche nei primi tre mesi del 2003 l'industria italiana ha
continuato a non dare segni di ripresa. I dati a
consuntivo o provvisoriamente stimati sulla produzione
manifatturiera tra gennaio e marzo mostrano un livello di
attività pressoché piatto ormai dall'estate del 2001,
caratterizzato da limitate oscillazioni dell'indice
destagionalizzato intorno a quota 97-98. L'Istat, nel
frattempo, ha fornito la nuova serie degli indici della
produzione industriale con base 2000=100. La conseguente
revisione dei dati degli ultimi tre anni non ha, però,
intaccato il profilo complessivamente stagnante della
più recente fase ciclica. E' risultato, in particolare,
meno pronunciato il calo medio del 2002 (-1,4% il dato
grezzo, a fronte del -2,1% stimato con il vecchio
indice).
L'andamento sempre fiacco dell'attività produttiva in
Italia non è, del resto, un'anomalia: esso è in linea
con la tendenza registrata in gran parte dell'Europa a cominciare dalla Germania e
dalla Francia. E non si vedono, inoltre, segnali di una
prossima inversione del ciclo per l'industria
manifatturiera che
continua a manifestare una diffusa debolezza. Pesano,
infatti, le incertezze della guerra e le tensioni nella situazione
geopolitica internazionale; le speranze di ripresa sono,
pertanto, rinviate a non prima della fine del 2003.
A tutt'oggi le imprese scontano una serie di segnali
contraddittori nei principali indicatori qualitativi,
come risulta dalle inchieste Isae condotte negli ultimi mesi presso
il consueto ampio campione di aziende del settore
manifatturiero. L'andamento del clima di fiducia, le
aspettative per gli ordini e la produzione alimentano i
dubbi sui tempi e l'intensità della ripresa, così che
le imprese sono indotte a rinviare gli investimenti e i consumatori fanno altrettanto con le decisioni
di acquisto più impegnative, com'è il caso dei beni
durevoli (auto e apparecchi domestici).
Ristagno ciclico e
prospettive a breve
Tra i grandi settori industriali, in particolare, prevale
una fase di sostanziale ristagno ciclico: essi, in altre
parole, non peggiorano, ma nemmeno si riprendono. L'industria
metalmeccanica per
esempio, ha messo in evidenza un declino più accentuato
di quello dell'industria nel suo complesso. Il calo
produttivo è stato rilevante e ha interessato,
soprattutto, gli autoveicoli, l'elettrotecnica ed
elettronica, a causa sia della caduta della domanda interna
di beni
strumentali (come macchine, attrezzature e mezzi di
trasporto), sia della crisi delle esportazioni per quanto
concerne il mercato estero.
La diffusa stagnazione settoriale è confermata, poi, dall'andamento
del portafoglio ordini, che continua a mostrare un saldo
negativo, senza tuttavia peggiorare. Le previsioni di
produzione, a loro volta, si mantengono stabili sui bassi
livelli in precedenza toccati. I segnali positivi,
peraltro intermittenti, che vengono dal clima di
fiducia delle
imprese devono essere considerati con cautela, dal
momento che si registrano anche preoccupazioni sulle
tendenze dell'economia in generale. Se c'è un maggiore
ottimismo riguardo alla produzione, esso è tuttavia
contrastato dalla prevalenza dei giudizi sfavorevoli
sulla situazione degli ordinativi che affluiscono alle aziende.
Le prospettive per i prossimi mesi non segnalano
inversioni di tendenza in atto: il 2003 dovrebbe, quindi,
essere caratterizzato nella gran parte del periodo da una
sostanziale stabilità dell'attività produttiva. Gli
indici anticipatori elaborati dall'Isae - che riguardano, rispettivamente,
l'attività economica in generale (il Pil) e la
produzione industriale - appaiono orientati verso un
profilo di complessiva stagnazione, che potrebbe subire
una correzione di rotta in positivo, qualora vengano
superati i fattori d'incertezza e la conseguente
instabilità del quadro internazionale.
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CHI HA PROVATO
A SEGUIRE LA GUERRA IN PRIMA LINEA CI HA LASCIATO LA
VITA.... IL GIORNALISMO SERIO E' SEMPRE OLTRE OGNI LIMITE
UMANO.
DA - L'UNITA'
Due giornalisti
uccisi, un inglese e un australiano. Reporter inglesi
dispersi
di red
Un giornalista
australiano è rimasto ucciso nellesplosione di
unautobomba nella zona curda dellIraq e nove
persone, tra cui almeno un altro reporter, sono rimaste
ferite. Tragico bilancio dell attentato a un posto
di controllo all'ingresso del villaggio di Khormal.
Secondo quanto riferito da colleghi e testimoni oculari,
sono morti anche tre combattenti curdi. Segno che anche
tra i combattenti potrebbero esserci numerose vittime.
L'attacco è avvenuto
nella roccaforte del gruppo islamico Komala Islami
Kurdistan (Società islamica del Kurdistan), bersaglio,
come il gruppo estremista Ansar al Islam, dell'attacco
sferrato all'alba dalle forze americane. Secondo i
testimoni, i giornalisti erano in attesa di entrare nel
villaggio quando un taxi si è affiancato alla loro auto.
L'autista è sceso ed è corso via; pochi secondi dopo la
macchina è esplosa. La Bbc, invece, riferisce che si è
trattato di un attacco suicida e che il guidatore è
morto nella deflagrazione.
Non è chiaro perché
Khormal sia entrata nel mirino degli Stati Uniti. La
settimana scorsa, il segretario di Stato americano Colin
Powell aveva identificato Khormal come sede di un
impianto di produzione di armi chimiche di Ansar al
Islam, ma fonti curde aveva smentito categoricamente.
La televisione
satellitare del Qatar al Jazeera ha riferito che uno dei
componenti delle troupe televisiva britannica Itn è
morto mentre tre componenti di una sua troupe risultano
dispersi dopo che sono stati attaccati mentre si
dirigevano in auto verso Bassora, nell'Iraq meridionale,
zona in cui si è concentrata loperazione
"stupore e terrore".
I due autoveicoli su cui
viaggiavano i giornalisti sono finiti in mezzo al fuoco
incrociato della Fanteria britannica e dell'esercito
iracheno sulla strada che collega Umm Qasr a Bassora,
all'altezza dell'abitato di Iman Anas. Al momento
dell'attacco nella zona, stando alla Itn, la società che
gestisce la Itv, c'erano truppe irachene e forze alleate.
Oltre alla troupe
britannica sulle auto attaccate erano presenti due
colleghi francesi, un traduttore libanese e un
fotoreporter di nazionalità sconosciuta. Stando alla
ricostruzione della Kuna, un altro operatore, il francese
Daniel Demoustier, che viaggiava su un'altra macchina, è
stato ferito, ma è riuscito a tornare in Kuwait, dove ha
dato l'allarme ed è stato soccorso. Non è stato in
grado, tuttavia, di dire cosa sia successo ai componenti
della troupe dell'Itv.
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L'AMERICA
CONTINUA A CONTESTARE - ANCHE SE I SONDAGGI DANNO BUSH
NUOVAMENTE AL 70 PER CENTO... DOVE INIZIA LA PROPAGANDA ?
VISTO LE
IMMAGINI C'E' DA NON CREDERCI MA CONOSCENDO GLI AMERICANI
- SI !
DA - L'UNITA'
L'America in
piazza grida: Guerra no!
di Roberto
Rezzo
Al terzo giorno di
guerra, la protesta è esplosa per le strade di New York,
dove sabato centinaia di migliaia di persone sono state
protagoniste della più grande manifestazione per la pace
che si sia vista in America dallinizio della crisi
irachena. «Il movimento pacifista non si arrende,
bisogna fermare questo conflitto il più presto
possibile», ha dichiarato Leslie Cagan di United for
Peace, il gruppo che insieme a Answer ha organizzato la
marcia nel centro di Manhattan. Una manifestazione
autorizzata, ma nonostante la responsabilità dimostrata
dagli organizzatori, la polizia è riuscita a provocare
incidenti, inseguendo per strada chiunque tentasse di
abbandonare il percorso stabilito. Alla fine, dieci
arresti.
«Purtroppo insieme a chi
protesta cè chi vuole creare problemi, chi fa di
tutto per farsi arrestare», ha dichiarato il sindaco
Michael Bloomberg, ma le telecamere della Cnn fanno
giustizia delle cariche di polizia contro inermi gruppi
di dimostranti, rei di svoltare langolo.
Lappuntamento era
fra la 30ma Strada e Broadway Avenue per mezzogiorno, ma
i dimostranti sono iniziati ad arrivare di buon mattino,
chi dal New Jersey, chi dal Connecticut, chi dai
quartieri periferici della città. Dalle fermate della
metropolitana escono le famiglie della middle-class
partite da Long Island e i portoricani del Bronx. A bordo
della linea D, resa famosa da una canzone di Jennifer
Lopez, si è accolti da un «Come on babe, lets go
downtown»; i ragazzi ispanici hanno indosso i distintivi
contro la guerra nel Golfo e quelli per far sloggiare la
base americana dallisola di Vieques.
Quando il corteo muove in
direzione di Washington Park, gli slogan gridano rabbia
contro lamministrazione Bush, che ha trascinato gli
Stati Uniti in un conflitto che viola lo statuto delle
Nazioni Unite e che isola lAmerica dal resto del
mondo. «Non in nostro nome», recita lo striscione dei
familiari delle vittime dell11 settembre. «Non
sono contro la patria, non sono contro lAmerica,
mio figlio era un vigile del fuoco e ha dato la vita per
questo paese spiega una madre mentre stringe la
foto del figlio morto sotto il crollo delle Torri Gemelle
Sono contro la guerra e sono stufa di tutte queste
bugie». Contro il cielo azzurro si alzano mani
imbrattate di vernice rossa come il sangue e i cartelli
dicono: «Bush terrorista», «No a un massacro per il
petrolio».
Tra i manifestanti
cè la poetessa rock Patty Smith e il rapper
musulmano Mos Def, che produce una rassegna di poeti
metropolitani in cartellone in questi giorni a Broadway.
Ci sono il leader afroamericani, il reverendo Jessie
Jackson e il reverendo Al Sharpton, e i veterani di
guerra. «Siamo solidali con le nostre truppe dice
il deputato democratico Charles Rangel, che ha combattuto
nel Vietnam i soldati non decidono la politica
estera, eseguono gli ordini. Non sono solidale con questo
presidente che imbroglia le carte in tavola e che manda i
nostri ragazzi allo sbaraglio». Poche ore prima in
televisione ha parlato in lacrime Michael Waters-Bey, il
padre di un dei quattro marines morti in un incidente che
ha fatto precipitare un elicottero nel mezzo del deserto:
«Bush mi ha portato via il mio unico figlio, odio questa
guerra». Sfilano i leader dei gruppi religiosi:
«facciamo vedere che siamo capaci di dimostrare pace e
amore, questo sarebbe il vero stupore per il mondo»;
«Faccio il prete da trentanni e non ho mai
incontrato il dio della guerra preventiva».
New York scopre con
orgoglio di essere la città americana più apertamente
schierata contro la guerra: i sondaggi indicano che il 55
per cento della popolazione disapprova la politica di
Bush nel Golfo e tra la minoranza afro americana
lopposizione sale al 72 percento.
La protesta continua
anche a San Francisco, a Los Angeles, a Washington a
Boston, ovunque per gli Stati Uniti il popolo della pace
è deciso a tenere testa alla propaganda della Casa
Bianca e dei network televisivi, a controbattere le false
ragioni di un conflitto che sta facendo strage di una
popolazione innocente che non ha mai chiesto di essere
liberata a suon di bombe dalla superpotenza americana. La
protesta in California continua con iniziative di
disobbedienza civile e boicottaggio delle attività
economiche, e il bilancio delle persone che si sono fatte
arrestare dalla polizia supera un paio di migliaia.
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PER NON
DIMENTICARE - ANCHE IN QUESTO CASINO DELLA GUERRA ... PER
NON DIMENTICARE
DA - L'UNITA'
In tremila per
l'addio a Davide. La madre al corteo per la pace:
ragazzi, no alla violenza
di red
Un commosso abbraccio fra
i genitori di Carlo Giuliani e quelli di Davide Cesare,
il giovane ucciso domenica a Milano da tre neofascisti a
Milano. Così è iniziata la Giornata di lutto cittadino
contro la violenza, proclamata dal sindaco di Rozzano,
Maria Rosa Malinverno in occasione dei funerali di
Davide, il giovane dei centri sociali ucciso a coltellate
da tre estremisti di destra in un'aggressione domenica
scorsa a Milano .
In tremila si sono dati
appuntamento in via Guido Rossa 27 a Rozzano, dove
abitano i genitori di Davide Cesare e da dove è partito
il corteo funebre che ha raggiunto il cimitero della
città.
Tra loro Vittorio
Agnoletto, il leader del Social Forum, Mario Capanna,
Giuliano Pisapia e Giovanni Pesce, ex Comandante Gap e
Medaglia d'Oro per la Resistenza.
Ma soprattutto ragazzi arrivati dai centri sociali di
tutt'Italia, oltre ai militanti di tutti i centri sociali
milanesi Leoncavallo compreso: c'erano gli appartenenti
all'area antagonista di Pisa (Newroz), di Firenze (Cpa),
di Bergamo (Pacì Paciana), di Livorno (centro sociale
Godzilla) e le Brigate autonome di Livorno, Brescia e
Taranto.
Molte le bandiere della
pace, ma tante soprattutto quelle rosse, che hanno
accompagnato il corteo. E sul prato davanti a casa di
Davide, un grande striscione: 'Rozzano non dimentica, Dax
vive".
Don Gennaro, parroco di
Rozzano, pur in un funerale non religioso, ha dato
l'ultimo saluto a Davide. Prima di formare il corteo
funebre, però, Claudio, il più
piccolo della famiglia, ha ricordato il fratello «che
sorrideva sempre» e che «avrà sempre un posto in
Paradiso, anche se lui non ci credeva». La famiglia
Cesare ha ascoltato anche le parole degli amici più cari
di Dax che hanno ricordato la sua
vita: dalla breve militanza di destra («un ambiente che
aveva solo sfiorato perchè lui era troppo diverso da
loro: aveva un gran cuore»), ai quattro anni passati a
Ghedi, nel bresciano, dove aveva vissuto con Guendi e con
la loro figlia, per poi
tornare a Milano «a lottare ovunque ci fosse un debole
che soffre».
Sul piccolo palco
allestito davanti alla sua ex scuola, l'Itc Custodi
(«Non finì gli studi - ricorda un suo professore - ma
quando l'ho rivisto qualche mese fa capii che aveva fatto
comunque la sua strada»), prende la parola anche
Giuliano Giuliani: «Salutiamo un altro figlio e siamo
qui per dire no a questa violenza terribile, a questo
fascismo che rialza la testa. Il ricordo di Carlo, di
Davide e di altri ragazzi che hanno perso la vita ci
aiuterà a costruire un mondo migliore».
Poi il corteo, aperto da
tanti striscioni che ricordano un ragazzo «ucciso
perchè militante antifascista» e chiuso dalla Banda
Bassotti che suona "Stalingrado" in versione
ska, la musica che Davide amava. Assieme a loro,
tantissime altre
persone, dai 15 profughi palestinesi arrivati da Betlemme
per partecipare alla manifestazione per la pace, alla
famiglia Pizzolante, una delle tante che ha rischiato di
perdere la casa nel quartiere Stadera, tra Milano e
Rozzano, e per le quali
Davide aveva combattuto assieme al "Comitato Stadera
per la casa". Dietro la bara, poi coperta con fiori,
una kefiah e una bandiera rossa, la famiglia Cesare e
tante madri che hanno già pianto la morte dei loro
figli: oltre a Rosa Cesare, Daniela
Tinelli madre di Fausto, Heidi Giuliani madre di Carlo.
Nel pomeriggio, cioè a
poche ore di distanza dal funerale, Rosa Cesare, la madre
di Davide, prende la parola sul palco allestito davanti
al Duomo di Milano dove si conclude la manifestazione per
la pace. «In questi giorni - dice - non sapevo mai se ce
l'avrei fatta ad arrivare al giorno dopo, e se ce l'ho
fatta è grazie all'affetto di tanti giovani, di tanti
ragazzi dal cuore semplice che combattono la loro
battaglia quotidiana e lo fanno con i loro valori, la
loro ricchezza. Ma la ricchezza non è quella che dà il
denaro e anche una città ricca come Milano è ricca solo
per pochi».
«Ed è anche a quelle
madri, che mi rivolgo lanciando un appello: confrontatevi
con i vostri figli, non cedete al tranello della
violenza». «Io stessa - ha concluso Rosa -
non capivo mio figlio quando tornava a casa stanco dal
lavoro e usciva subito per andare ad aiutare quelli che
hanno bisogno: non capivo il suo disagio». Quando gli
interventi si concludono, suona la sirena che annuncia
l'arrivo di un bombardamento, seguita da tre minuti di
silenzio. Un silenzio per tutti i lutti di questo tempo,
i morti della guerra, e anche per Davide, vittima di un
fanatismo cieco e ancor più raccapricciante.
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BELLISSIMA
INTERVISTA SUL CONCETTO DI DEMOCRAZIA
DA - L'UNITA'
"Con la
forza, la democrazia è un'illusione"
GERICO La Cnn mostra le immagini della potenza
militare Usa che si abbatte su Baghdad. «Chissà se ci
faranno vedere un giorno le immagini di tutte le
devastazioni prodotte da questa potenza nelle città
irachene». La tragedia irachena vista attraverso gli
occhi di uno dei dirigenti palestinesi di primo piano:
Saeb Erekat, capo negoziatore e ministro dell'Anp. «Chi
come noi palestinesi sa cosa vuol dire vivere con la
costante minaccia di attacchi aerei, può comprendere al
meglio l'angoscia e la paura che attanagliano in queste
ore milioni di iracheni», dice Erekat ricevendoci nel
suo ufficio di Gerico. In Israele è stato decretato lo
stato di massima allerta per timore di attacchi da parte
dell'Iraq. Chiediamo al ministro palestinese se anche nei
Territori è scattato l'allarme: «Le autorità sanitarie
-spiega- hanno approntato misure di emergenza nel limite
delle nostre possibilità, che sono poche, visto che in
questi anni di occupazione militare, Israele ha distrutto
buona parte delle nostre infrastrutture
medico-ospedaliere».
Dai bombardamenti a tappeto
all'invasione terrestre. In Iraq è guerra totale. Con
quali contraccolpi per il Medio Oriente?
«Le ricadute saranno devastanti, anche se la guerra
dovesse essere, come sostengono gli americani, di breve
durata. Di nuovo un Paese arabo attaccato, di nuovo
l'illusione che l'uso della forza possa aprire la strada
a chissà quale svolta democratica. E invece non è
così, e a dimostrarlo è proprio il conflitto che da
anni insanguina la Palestina. L'uso della forza ha
prodotto e produrrà altra violenza, altro odio e nuovi
bagni di sangue. E poi non è con la sua gigantesca
macchina militare che Bush riuscirà a togliere dalla
mente di milioni di arabi che gli Usa si siano macchiati
dell'ennesimo crimine contro un Paese arabo».
Washington e Londra affermano di
agire nella piena legalità internazionale contro un
regime che questa legalità ha più volte gravemente
disatteso.
«Coloro che sostengono questa tesi dovrebbero spiegare
al mondo perché non hanno mai agito con un millesimo
della stessa determinazione in Palestina, dove la
legalità internazionale è calpestata quotidianamente da
uno Stato, Israele, che rifiuta di rispettare risoluzioni
Onu, votate all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza, e
che viola sistematicamente Convenzioni internazionali sui
diritti umani come quella di Ginevra. Ma la gravità
dell'azione militare contro l'Iraq nasce anche da
un'altra considerazione: Usa e Gran Bretagna hanno agito
senza e contro l'Onu, svilendone così l'autorità. Hanno
creato un precedente gravissimo. Ora ogni Stato potrà
decidere di fare "giustizia" da solo quando
ritiene di essere minacciato o che la "legalità
internazionale" sia in pericolo. È la legge della
giungla elevata a governo delle relazioni internazionali.
Una legge che noi palestinesi conosciamo fin troppo
bene».
Mentre avviano la resa di conti
finale con Saddam, Bush e Blair rilanciano il «tracciato
di pace» per una soluzione negoziale della crisi
israelo-palestinese.
«La coincidenza temporale tra un atto di guerra e una
ventilata disponibilità a lavorare per la pace, pone
più di un interrogativo sulla reale volontà di Usa e
Gran Bretagna. Interrogativi accresciuti
dall'atteggiamento israeliano. Sharon ha già detto di
voler apportare modifiche sostanziali al "tracciato
di pace" del Quartetto (Usa, Russia, Ue, Onu, ndr.),
modifiche per noi inaccettabili. E tra le pretese
israeliane vi è anche quella di voler decidere chi
dovrebbe rappresentare i palestinesi in una ipotetica
trattativa».
Una decisione in tal senso è
stata comunque presa dal Parlamento palestinese, con la
nomina di Mahmud Abbas (Abu Mazen) a primo ministro.
Siamo ad una svolta nella vita politica palestinese?
«La nomina di un primo ministro è parte di una Carta
fondamentale che delinea i caratteri democratici del
futuro Stato palestinese. Uno Stato fondato sul
pluralismo politico e sull'equilibrio tra i poteri
esecutivo, legislativo e giudiziario. In questo senso la
nomina di un premier, e la scelta di un dirigente capace
come Abu Mazen rappresentano l'inizio di una svolta».
Senza Arafat?
«Con Arafat. È stato il presidente Arafat a indicare
Abu Mazen come primo ministro, ed Arafat è presidente
per libera scelta dei palestinesi. Non siamo e non saremo
mai un popolo a sovranità politica limitata. Nessuno
può imporci i nostri dirigenti. Al premier sono stati
assegnati ampi poteri che Abu Mazen eserciterà, ma,
piaccia o meno a Bush e Sharon, non contro il presidente
Arafat».
Vorrei tornare all'Iraq. L'Anp
sostiene Saddam Hussein?
«L'Anp sostiene il principio che nessun regime può
essere imposto o abbattuto dall'esterno con l'uso della
forza. La risoluzione 1441 parlava di disarmo da parte
dell'Iraq, e progressi sostanziali in questo campo erano
stati riferiti dagli ispettori Onu e registrati come tali
dalla maggioranza dei Paesi membri del Consiglio di
Sicurezza, ma la stessa risoluzione non faceva alcun
riferimento all'abbattimento del regime iracheno. La
diplomazia ha fallito perché si è voluto che
fallisse».
Il presidente Bush è convinto
che i soldati Usa saranno accolti da liberatori una volta
entrati a Baghdad.
«Non stiamo girando un film dove il regista decide il
lieto fine. Questa è una guerra reale, che provocherà
distruzione e morte. E la prima vittima sarà, come
sempre, la popolazione civile».
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E ANCHE PER
QUESTA DOMENICA :
UN BACIO DA
LUANA.... CHE LA PACE TORNI IL PIU' PRESTO POSSIBILE.
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