BASSORA ERA CONSIDERATA LA CITTA' PIU' FACILE DA CONQUISTARE E VISTO LA DIFFICOLTA' CHE HANNO TROVATO I SOLDATI ANGLOAMERICANI NON VOGLIO NEANCHE PENSARE A COSA LI ASPETTA DOPO.

DA - LA REPUBBLICA

Le truppe di terra avanzano
"Vinta la battaglia di Bassora"
Quattro militari Usa uccisi da una granata
Dispersa una troupe tv britannica

BASSORA - Nuovi successi della coalizione anglo-americana nell'offensiva nell'Iraq meridionale. E' stato conquistato il centro di Nassiriya, situata sul fiume Eufrate a 320 chilometri da Bagdad. Si tratta della località dove ieri i marines avevano trovato la prima, inaspettata, resistenza. E soprattutto, un po' più a sud, appare ormai segnata la battaglia di Bassora, seconda città del paese. Nello stesso giorno in cui, nella parte centrale dell'Iraq, sono rimasti uccisi quattro militari americani; in cui a Nord si è registrata la prima vittima tra i giornalisti inviati in guerra (un reporter australiano, vittima di un attentato nel Kurdistan); e in cui un altro gruppo di cronisti, a sud, risulta disperso. Mentre Bagdad ha continuato a essere colpita dai bombardamenti.

FRONTE SUD

Bassora. "La battaglia di Bassora è vinta", ha detto questa sera un ufficiale dei marines americani aggiungendo che sono stati presi "centinaia di prigionieri". In precedenza nel pomeriggio la radiotelevisione britannica Bbc aveva detto che truppe americane e britanniche erano entrate in città senza incontrare grande resistenza. Centinaia di soldati iracheni sarebbero stati fatti prigionieri. In realtà si è poi saputo che i marines hanno ingaggiato una furiosa battaglia contro reparti blindati nemici, ma poi la resa di un'intera divisione ha spianato la strada all'avanzata alleata.
La televisione quatariota Al Jazira ha detto che nei bombardamenti aerei su Bassora di stamattina sono state uccise 50 persone. Fra gli uccisi, di cui il giornalista della televisione satellitare araba ha detto di aver visto i corpi in ospedale, ci sarebbe anche un russo. Nei pressi della città, nella località di Iman Anas, tre giornalisti della televisione britannica Itn sono finiti sotto il fuoco mentre a bordo di due veicoli stavano dirigendosi verso la città, e sono dati per dispersi. Un quarto giornalista è riuscito a mettersi in salvo.

La presa di Nassiriya. La conquista è avvenuta nella tarda mattinata di oggi. Si tratta di un centro urbano che si trova 320 chilometri a sud-est della capitale. Una postazione importante, sia dal punto di vista delle comunicazioni (vista la presenza del fiume Eufrate), sia perché è un punto già molto avanzato di penetrazione, all'interno del paese. Gli alleati hanno occupato un ponte e le due arterie che portano verso la capitale.

La battaglia a Umm Qasr. In questa città meridionale, i marines statunitensi hanno dovuto fronteggiare altre sacche di resistenza attorno al porto vecchio, cruciale per i traffici via mare. Lo hanno ammesso gli stessi militari Usa, il giorno dopo che Washington aveva reso noto che le truppe alleate avevano preso il controllo dell'area.

CENTRO

I soldati americani uccisi. Quattro soldati statunitensi sono morti nell'esplosione di una granata, nell'Iraq centrale. Ne ha dato notizia un corrispondente della televisione britannica Sky News, che si trovava sul posto. L'inviato dell'emittente, Colin Brazier, ha detto che gli uomini sono caduti in un'imboscata mentre su due jeep facevano un giro di ricognizione davanti al grosso delle truppe Usa. Nella notte, in un incidente tra elicotteri, erano
morti sette militari inglesi

I missili "sconfinano" in Iran. Pesanti bombardamenti alleati sono stati effettuati oggi anche in una zona dell'Iraq centro-orientale, vicino al confine con l'Iran. Sempre secondo l'Irna, due razzi sono caduti in territorio iraniano. Già ieri sera le autorità del Paese avevano reso noto che un razzo lanciato da un aereo americano aveva colpito una sede della Compagnia nazionale petrolifera iraniana (Nioc). Per questo il ministero degli Esteri di Teheran ha protestato ufficialmente.

NORD

I raid contro gruppi fondamentalisti. Gli aerei americani nella notte hanno preso di mira miliziani di un gruppo integralista islamico molto attivo nel Kurdistan iracheno, e accusato dalle autorità di Washington di essere strettamente legato ad Al-Qaeda. Ci sarebbero numerose vittime.

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LA CIA PROMETTE PROMETTE - MA IN REALTA' E' SOLO PROPAGANDA - E DI QUELLA MOLTO CONFUSA - ANCHE PERCHE' POCHI GIORNI FA DICEVA CHE SADDAM HA MOLTI SUOI DOPPIONI ED ORA VOLGLIO PROPRIO VEDERE CHI HANNO BECCATO - NON E' CHE QUANDO FA COMODO A LORO SADDAM E' QUELLO FALSO E QUANDO GLI CONVIENE E' QUELLO VERO.

DA - LA REPUBBLICA

Guerra di notizie
sulla sorte di Saddam

BAGDAD - Notizie sempre più contraddittorie sulla sorte di Saddam Hussein. Dagli Stati Uniti Fox Tv fa sapere: "La Cia ha le immagini di Saddam ferito e in barella". Da Bagdad la televisione del regime annuncia: "Il raìs ha elogiato le truppe irachene".

E' una guerra nella guerra quella, psicologica, che si combatte sugli annunci e le smentite sulla salute di Saddam Hussein. Nel pomeriggio era stata Fox Tv, televisione molto vicina all'amministrazione Usa a rivelare che l'intelligence americana è in possesso di foto di Saddam Hussein disteso su una barella e caricato su un'autoambulanza. Per ora non ci sono né conferme né smentite ufficiali. Però la Tv sostiene che la foto è stata scattata in un momento di grande panico, fuori del bunker di Bagdad colpito nell'attacco di mercoledì, il primo dell'operazione "Libertà per l'Iraq", condotto con lo scopo di "decapitare la dirigenza del regime".

La voce che Saddam sia stato ferito in quel bombardamento circola a Washington già da ieri e si era già parlato dell'esistenza di immagini del raìs in barella. Adesso, però, la Fox sostiene che le foto in possesso dell'intelligence mostrano "corpi rimossi" dal luogo dell'attacco, uno dei quali sarebbe "quasi certamente" quello di Saddam.

Sembra, invece, ormai definitivamente accertato che le immagini di Saddam trasmesse dalla tv irachena dopo l'attacco di mercoledì fossero proprio del raìs e non di un sosia. C'è, però, la sensazione che esse possano essere state pre-registrate.

Immediata la reazione del regime iracheno. La Tv di Stato dopo poche ore rivela che Saddam Hussein ha presieduto una riunione dei comandanti delle forze armate e ha elogiato il comportamento delle truppe di fronte all'invasione anglo-americana. L'emittente, però, non ha però mostrato immagini della riunione, che avrebbero chiarito chi fra i due contendenti dice la verità.

"Il presidente ha espresso la propria soddisfazione per il comportamento dell'esercito iracheno, così come dei componenti del Partito Baath e delle tribù irachene", ha detto il commentatore televisivo.

Alla riunione, secondo la stessa fonte, erano presenti il secondogenito del presidente, Qusay, il vice presidente Taha Yassin Ramadan - che ieri fonti davano per morto sotto i bombardamenti - il vice premier Tareq Aziz, il ministro per l'Informazione, Mohammed Said al-Sahaf, e il ministro della Difesa, generale Sultan Hashim Ahmed

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PER LA PACE CI SONO INCIDENTI... I NERVI COMINCIANO A SALTARE - BUSH DA UNA GUERRA CORTA ANNUNCIA CHE SARA' LUNGA.... SPERIAMO CHE GLI ANIMI DELLE CONTESTAZIONI NON SI RISCALDINO :

DA - LA REPUBBLICA.

Italia in piazza per la pace
incidenti e tensione a Milano
Tafferugli durante il corteo nel capoluogo lombardo
danneggiati un McDonald's e il consolato israeliano

ROMA - Un'altra giornata di massiccia mobilitazione contro la guerra all'Iraq. Decine di migliaia di persone sono scese nuovamente in piazza in numerose città d'Italia: cortei, presidi, iniziative di vario genere si sono susseguiti per tutta la giornata, fra striscioni, bandiere arcobaleno, slogan e musica. Nel pomeriggio, momenti di tensione al corteo di Milano: gruppi isolati di manifestanti hanno danneggiato la sede di un McDonald's e devastato l'ingresso del consolato israeliano del turismo.

Roma. Due gli appuntamenti pomeridiani nella capitale: il corteo da piazza Esedra a piazza Navona organizzato dal comitato "Fermiamo la guerra" e la manifestazione dell'Ulivo a piazza del Popolo. Ad aprire il corteo, uno schieramento di bambini con lo striscione "La vita è bella quando non c'è la guerra". Dietro di loro, la "testa ufficiale", gli organizzatori con lo striscione "No alla guerra senza se e senza ma", il segretario di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, il diessino Cesare Salvi, il presidente dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio e il leader dei Cobas, Piero Bernocchi. La manifestazione si è conclusa a piazza Venezia, dove i partecipanti sono arrivati con le mani simbolicamente alzate. Settantamila i partecipanti, secondo gli organizzatori. E sempre nel pomeriggio ha preso il via la manifestazione dell'Ulivo: previsti per le 21 gli interventi di Francesco Rutelli e Piero Fassino. Fra centinaia di palloncini con i colori dell'arcobaleno, sul grande palco con la scritta "Guerra no" si sono alternati numerosi artisti (da Cristiano de Andrè a Eugenio Finardi, da Teresa De Sio a Sabrina Ferilli).

Nella mattinata la capitale è stata teatro di una clamorosa protesta: verso le 10,30 attivisti di Greenpeace hanno appeso al Vittoriano, davanti all'Altare della Patria, un fotomontaggio con l'immagine di Berlusconi con l'elmetto e la scritta "Un impegno concreto: guerra"

Milano. Tensione nel corteo dei centri sociali che ha attraversato le strade di Milano: alcuni manifestanti incappucciati sono usciti dal corteo ed hanno aggredito, con mazze e bastoni, le vetrine di un McDonald's in piazza San Babila, l'ingresso del consolato israeliano, in corso Europa, ed alcuni istituti di credito. Alcuni Disobbedienti hanno cercato di far uscire il gruppo dal corteo, ma i dimostranti espulsi hanno reagito e picchiato gli altri, accusandoli di fare "gli sbirri". La manifestazione si è poi conclusa in piazza Duomo. In testa gli striscioni "Per la pace" e bandiere arcobaleno portate da bambini, i gonfaloni dei comuni del milanese, i vessilli dei partiti e di Emergency. Gli organizzatori parlano di 150 mila persone.

Bologna. Un corteo promosso dal "Tavolo cittadini contro la guerra" è partito da piazza del Nettuno, ma prima i manifestanti hanno osservato un minuto di silenzio in omaggio alle vittime della guerra. In testa un camion con lo striscione del Bologna Social Forum, "Stop global war".

Firenze. Erano in trentamila (quindicimila secondo la questura) questa mattina al corteo da piazza San Marco fino a piazza Santissima Annunziata, aperto dallo striscione "Studenti contro la guerra". Alunni delle superiori e universitari, numerosi insegnanti, tanti slogan contro il governo Berlusconi e cartelli come "Bush, la guerra non è un gioco, comprati la Playstation". Fra i più creativi, quello al collo di un cane di razza husky: "Al posto di bombe, nervino e antrace, gettate a noi husky polpette di pace". Nel pomeriggio, nuova manifestazione al centro all'Oltrarno.

Napoli. Ventimila persone, Disobbedienti, militanti dei partiti e dei sindacati, studenti e cittadini, hanno partecipato questa mattina alla protesta, culminata in un presidio davanti alla base Nato di Bagnoli, di fronte ad un imponente schieramento di forze dell'ordine. Momenti più concitati quando è stata incendiata una bandiera americana. Poi, un gruppo di persone, fra le quali anche il leader dei Disobbedienti, Francesco Caruso, ha occupato i binari della stazione di Agnano della linea ferroviaria locale della Cumana, e quelli della stazione di Campi Flegrei, mentre alcuni Disobbedienti hanno organizzato un blocco stradale in viale Augusto, non lontano dallo stadio San Paolo.

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LA CINA CON LE DONNE E' VERAMENTE SCIOCCANTE.... NON CONSIDERANDOLE UN BENE PER LA PRODUZIONE CONTINUA A TRATTARLE COME STRACCI - PENSATE CHE MOLTI CONTADINI CINESI QUANDO NASCE LA PRIMA ED UNICA BAMBINA - PERCHE' IN CINA PIU' DI UN FIGLIO NON SI PUO' FARE - VOLENDO FAR CONTINUARE IL COGNOME DELLA DISTANIA - COSA NON PERMESSA ALLE DONNE COME IN OCCIDENTE ...LAUCCIDONO.

DA - LA REPUBBLICA

Drogate e chiuse in una valigia
traffico di neonate in Cina

PECHINO - Bambine appena nate stipate in una valigia e trasportate per venderle probabilmente a chi non può avere figli. Questo si sono trovati di fronte gli agenti di polizia cinese messi sulle tracce di questo traffico di esserei umani da una soffiata.

I poliziotti hanno fermato una corriera per un controllo a un casello autostradale e hanno scoperto 28 bimbe, la maggiore non arriva a tre mesi di età, stipate dentro delle valige. Erano ammassate due-tre drogate per evitare che piangessero, alcune con la pelle livida al freddo della notte, una ormai morta.

La corriera era in viaggio dalle campagne della provincia di Guangxi nel sudovest, verso il centro del paese. La polizia è entrata in azione a Binyang.

Le valige in plastica, secondo quanto riferiscono i giornali, erano sistemate sul piano portabagagli, sull'ultima fila di sedilie e sui fianchi del veicolo. La polizia non ha dubbi: erano destinate al traffico di bambini. Gli agenti hanno raccontato che non credevano ai loro occhi mano a mano che aprivano le valige. "Non erano tre, non erano quattro. Aprivamo un'altra valigia e dentro c'erano altre creature, uno choc", ha riferito un agente.

Le 27 sopravissute stanno bene. Non si sa per ora da dove provenivano e dove erano destinate. Nessuno finora si è fatto avanti per reclamarle. Spesso in Cina i bambini vengono rapiti e venduti a coppie che non possono avere figli e le femmine sono quelle che maggiormente vengono abbandonate o appunto vendute.

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E' VERO - BERLUSCONI NON HA SMENTITO - MA SU QUESTA NOTIZIA CARI RAGAZZI DELL'OPPOSIZIONE NON HO SENTITO NEANCHE VOI.

DA - IL MANIFESTO

Iracheni espulsi L'Italia ubbidisce


Schiaffo diplomatico Washington chiede a tutti i governi del mondo di espellere i diplomatici iracheni. Francia, Germania, Russia rifiutano: «Non ce n'è motivo»
Il problema dei soldi La richiesta di Bush comprende anche la confisca dei fondi iracheni sui conti bancari esteri. Ma anche qui c'è un rifiuto. «La richiesta è illegale»
ANNA MARIA MERLO
PARIGI
Gli Stati uniti e la Gran Bretagna stanno probabilmente vincendo la guerra contro l'Iraq, ma ieri hanno dovuto incassare una nuova sconfitta diplomatica. Per l'Italia, una nuova prova di servilismo. Francia, Russia, Germania, Olanda e anche l'Algeria hanno risposto con un secco «niet» alla richiesta, avanzata dal dipartimento di stato statunitense giovedì, di chiudere ovunque le rappresentanze diplomatiche irachene ed espellere i diplomatici di Baghdad, in attesa dell'instaurazione di «un'autorità ad interim» in Iraq. In tutto il mondo, la richiesta è stata finora accolta solo da Australia e Romania; l'Italia si appresta a farlo nelle prossime ore (vedi articolo a lato). Il rifiuto di Chirac si è esteso anche all'ipotesi di un'amministrazione temporanea statunitense in Iraq. Nella conferenza stampa a conclusione del vertice dell'Unione europea a Bruxelles, ieri pomeriggio, il presidente francese ha minacciato una volta di più il ricorso al veto: «Non accetterò una risoluzione del Consiglio di scurezza dell'Onu che dia agli Usa e alla Gran Bretagna poteri di amministrazione in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein». Per il presidente francese questo sembra «un mezzo per giustificare a cose fatte l'intervento militare», una manovra «non adatta alla situazione», visto che «Usa e Gran Bretagna sono uscite dalla legalità internazionale». La Gran Bretagna starebbe lavorando alla redazione di una nuova risoluzione dell'Onu in questo senso, ma per il momento nessun testo è stato presentato al Consiglio di sicurezza.

Per quanto riguarda l'espulsione dei diplomatici - in realtà degli incaricati d'affari, visto che la Francia, come gli altri paesi occidentali, dal 1991 non ha più relazioni diplomatiche formali con l'Iraq - «la Francia considera che una tale richiesta riguardi la propria sovranità. Al momento attuale non ci sono ragioni per darvi seguito», ha precisato il Quai d'Orsay.

Anche il governo tedesco ha fatto sapere che, «per il momento», esclude l'espulsione dei diplomatici iracheni dal proprio territorio. Un portavoce del ministero degli esteri ha precisato che la Germania ha «preso conoscenza della richiesta statunitense, ma tali misure non sono previste per il momento», anche se mercoledì, Berlino aveva già deciso di espellere quattro diplomatici iracheni, accusati di aver svolto «attività non compatibili con lo status di diplomatico». La Russia rifiuta anch'essa e aggiunge di non avere neppure l'intenzione di «congelare» i beni iracheni, come avevano ancora chiesto gli Usa. «Se una tale richiesta ci pervenisse - ha precisato il ministro russo degli esteri, Igor Ivanov - non avrebbe nessuna forza legale e la nostra reazione conseguente». La Russia «non ha intenzione di interrompere le relazioni con l'Iraq», ha aggiunto il vice-ministro degli esteri, Aleksandr Saltanov. Giorni fa, il Belgio aveva rifiutato di espellere dei diplomatici iracheni, accusati da Washingon di essere delle spie.

Ieri, nel gelido Consiglio europeo di Bruxelles, Chirac ha incontrato in tête-à-tête Tony Blair. Si sono messi d'accordo per «non accumulare i rancori» dopo le pesanti accuse del premier britannico nei confronti della Francia, additata come la «causa del fallimento della diplomazia» all'Onu. Chirac ha comunque sottolineato che «la Francia non ha avanzato nessun tipo di critiche nei confronti della Gran Bretagna» nelle ultime settimane, facendo allusione all'atteggiamento opposto di Blair.

La richiesta di Washington, fatta a tutto il mondo, di chiudere le rappresentanze diplomatiche irachene è considerato un mostro giuridico dagli esperti. Secondo Mario Bettati, professore a Parigi II, «nel diritto internazionale il riconoscimento di uno stato o una rottura è una prerogativa sovrana di ogni stato. Forse alcuni stati barboncini ottempereranno alla richiesta, per far piacere agli Usa. Ma questa richiesta avviene per la prima volta in questa forma. Nel passato ci sono state certo delle rotture, ma sempre in modo concertato». L'Italia, a quanto pare, rientrerà fra i «barboncini».

In Francia, sono stati trovati lunedì scorso, in un deposito bagagli della Gare de Lyon, due flaconi con tracce di ricina, «in dosi non letali», precisano gli inquirenti. Il ministro degli interni, Nicolas Sarkozy, ha affermato che è possibile «stabilire un legame» tra la scoperta e le inchieste in Francia sulla minaccia terroristica.


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NON SOLO QUESTA NOTIZIA E' FOLLE - MA CHE COSA DIRE DELLE BASI AMERICANE ?

DA - IL CORRIERE DELLA SERA

Attacco in Kuwait: dieci militari Usa feriti

Lanciate granate contro due delle tende occupate dai soldati del comando americano: ci sarebbero 10 feriti

KUWAIT CITY - Attacco con granate contro alcune tende del comando Usa di stanza in Kuwait che ha causato il ferimento di almeno dieci soldati, di cui sei gravi. Alcuni sconosciuti si sarebbero introdotti a «Camp Pennsylvania», base della 101esima divisione aerotrasportata nel nord del Kuwait a ridosso della frontiera con l'Iraq, dove hanno cercato di uccidere il comandante lanciando alcune granate, provocando il ferimento dei dieci militari.

ARRESTATI DUE ARABI - Due arabi sono stati arrestati in Kuwait dopo l'attentato, secondo quanto riporta l'inviato del Time Jim Lacey, in una telefonata a Cnn. Il giornalista ha raccontato che sono in corso massicce ricerche per cercare i responsabili e che i due arrestati non sono ancora stati identificati come sospetti.

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IO NON SO COME FA A DIRE QUESTE COSE - QUEST'UOMO NON FINISCE DI STUPIRMI - LA RUSSIA IN EUROPA SI POTREBBE COMPRENDERE - E' LEGATA AL NOSTRO CONTINENTE ANCHE GEOGRAFICAMENTE E QUINDI SI PUO' PARLARE DI ALLARGAMENTO... MA GLI ISRAELIANI ?

DA - IL CORRIERE DELLA SERA

Berlusconi: in Ue entrino anche Russia e Israele

Il capo del governo ridisegna la mappa della futura Europa: dentro anche Ucraina, Turchia e Bielorussia

BRUXELLES (BELGIO) - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ridisegna la mappa d'Europa. Indicando quelli che a suo avviso devono essere i futuri membri dell'Unione europea.
Nell'Europa del futuro deve esserci un posto anche per la Russia e per Israele. Secondo la «visione» di Berlusconi nell'Europa del futuro dovranno esserci anche la Bielorussia, l'Ucraina e la Turchia.

SERVE NUOVA DIFESA EUROPEA - «L'Unione europea nel futuro deve decidere di investire nella difesa, come oggi non accade ha aggiunto Berlusconi - ricordando che in tutti questi anni l'Europa ha avuto negli Stati Uniti una entità protettrice».
Il premier nel commentare la posizione assunta dalla Francia nel consiglio di sicurezza dell'Onu a proposito della crisi irachena, ha ribadito che «Il diritto di veto è un residuato di importanza storica molto lontano nel tempo».
«L'Onu - ha sottolineato il capo del governo - si è dimostrato impotente di fronte alla situazione di divisione, sono entrati in crisi i rapporti transatlantici, si è registrata una divisione in Europa». Al riguardo il premier ha confermato la necessità che l'Ue «possa avere una sola voce in politica estera per partecipare a pieno titolo al tavolo per la soluzione dei problemi dell'ordine mondiale».

21 marzo 2003

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ED ECCO STORACE A FAR SENTIRE IL SUO NAZIONALISMO CONTRO GLI AMERICANI

DA - IL MESSAGGERO L'INTERVISTA

«Basta complessi verso gli Usa, ma la piazza no»
Storace: «Sbagliatissimo questo conflitto,il pacifismo me lo vivo in solitudine e ascolto il Papa»

di MARIO AJELLO

ROMA Presidente Storace, anche la destra è angosciata per la guerra. Ma come esprime questo sentimento?


«Quando si è convinti della giustezza di una posizione, e secondo me la guerra all’Iraq è sbagliatissima, non è importante calcolare quanta gente c’è insieme a te o pensare se devi scendere in piazza oppure no. Occorre avere il coraggio della solitudine. Esattamente come ci ha insegnato il Papa».


Non bisogna scendere in piazza perchè queste piazze, come dice Fini, sono anti-americane?


«Anche io credo che non bisogna contrabbandare un sentimento nobile, come il no alla guerra, con vecchi pregiudizi ideologici. E più che pacifisti quelli di sinistra mi sembrano pacifondai. Non sono stati loro a fare, senza l’Onu, la guerra in Kosovo, che pure fu giusta?».


Sempre colpa di D’Alema?


«Stanno strumentalizzando le piazze e riducendo un dramma globale a una piccola bega da politica casereccia».


Presidente, è diventato yankee?


«Non mi pare. Ribadisco la mia contrarietà a questa guerra e auspico, per l’Italia, una posizione senza troppi complessi nei riguardi dell’alleato americano».


Sarebbe a dire?


«Quando c’erano i due blocchi, criticare gli Stati Uniti poteva apparire una forma di connivenza con il comunismo».


E ora?


«Senza più il nemico sovietico che inibiva, ci si può sentire più liberi. E assumere, rispetto alla politica della Casa Bianca, una posizione nutrita di dubbi e di perchè».


E secondo lei il governo questa posizione così poco subalterna ce l’ha?


«Ho apprezzato Buttiglione, quando ha detto che questa guerra legittima per gli Stati Uniti sarebbe stata illegittima se avessimo partecipato anche noi».


Non a caso sta citando un ministro cattolico. E’ la Chiesa il vostro punto di riferimento in materia di guerra e pace?


«Il messaggio giusto è proprio quello vaticano. Nel quale non viene escluso, come estrema ratio, il ricorso alle armi ma lo si collega sempre e comunque all’autorità dell’Onu».


Ma allora siete papisti come una parte della sinistra?


«Nient’affatto. La sinistra usa il Papa».


Però è contro la guerra come lei.


«Figuriamoci. Per me, tanto per dire una differenza abissale, Saddam è un criminale. Mentre loro non lo dicono».


Non è proprio possibile, per chi comunque non condivide questa guerra, un briciolo di spirito bipartisan?


«Dopo l’11 settembre, a Roma, con il sindaco Veltroni e con il presidente Moffa abbiamo organizzato iniziative comuni. Stavolta, mi ha colpito che Veltroni, il quale è persona intelligente e prudente, non abbia sentito il bisogno di avviare qualche forma di collaborazione».


Quindi restate appartati nel vostro orgoglio di pacifisti "diversi"?

«Finchè le piazze sono egemonizzate dagli altri, mi riesce difficile pensare a una qualsiasi partecipazione di An. Se io mi presentassi a un corteo organizzato dal noto pacifista verde Paolo Cento, non credo che mi accoglierebbero con rose e fiori».


Però, a «Porta a Porta», polemizzando con Fini, Rutelli ha detto: «Il compagno Storace...».


«E’ la riprova del gioco sporco che stanno facendo. Essere contrario alla guerra non significa essere iscritto al variopinto partito di Rutelli».

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CHE CARINA L'INDAGINE DEL CENSIS - IO VORREI SAPERE CHI LI PAGA PER QUESTE RICERCHE - FORSE CE NE SONO DI PIU' IMPEGNATIVE - COME AD ESEMPIO CAPIRE GLI AMERICANI E QUELLO CHE FANNO ANTICIPATAMENTE.

DA - IL MESSAGGERO :

Un popolo di altruisti e benefattori


Il Censis: il 26,6% pratica il volontariato, il 59% lo aiuta con la beneficenza

ROMA - Gli italiani sono un popolo altruista e solidale, fanno beneficenza, si dedicano al volontariato e si mobilitano per cause etiche e umanitarie. Meno egoisti e individualisti di quanto si pensi. Lo rivela il Censis, Fondazione Ozanam/De Paoli, che ha condotto un’indagine su un campione di 1300 famiglie evidenziando «quanto sia forte negli italiani la propensione all’altruismo e alla solidarietà». Il lavoro è stato presentato dal presidente della Fondazione, Francesco Paolo Casavola.
In particolare, dall’indagine, risulta che il 68,6% degli italiani ha aiutato persone in difficoltà; il 59,2% ha versato soldi ad associazioni di volontariato; il 50,5% ha acquistato prodotti dopo aver verificato che non inquinassero e/o fossero realizzati nel rispetto dei diritti dei lavoratori senza lo sfruttamento del lavoro minorile. Inoltre, il 26,6% ha svolto attività di volontariato mentre il 20,8% ha partecipato a progetti di adozione a distanza. Attività svolte, nella stragrande maggioranza dei casi, in silenzio e senza pubblicità.
A partecipare a campagne in favore di temi etici come l’abolizione della pena di morte è stato il 16,7% della popolazione rispetto al 14,2% che ha preso parte a campagne di boicottaggio di prodotti di aziende che si ritiene assumano comportamenti non etici. Infine, il 4,8% ha aperto conti in una banca etica o acquistato fondi etici. Il Censis ha indagato, inoltre, i disagi sociali che più preoccupano gli italiani.
Al primo posto c’è la tossicodipendenza, indicata dal 58,6% degli intervistati. La paura che i figli si avvicinino al mondo della droga spesso spinge gli italiani a muoversi in prima persona nella lotta sul campo. Segue la paura dell’Aids (41,1%), la disoccupazione di lunga durata (26,3%), soprattutto tra i giovani. Preoccupano anche la marginalità minorile (20,3%), la prostituzione (17,8%) e la povertà economica (15,2%).
In questo contesto il volontariato, ed in particolare quello gratuito gioca un ruolo fondamentale. Il volontariato, infatti, continua a rappresentare il soggetto organizzato che riscuote la quota più alta di fiducia tra gli italiani che, secondo il 33,7% delle famiglie intervistate, andrebbe aiutato e potenziato nella sua funzione di lotta alle diverse forme di disagio sociale.

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FINALMENTE QUALCHE BUON ARTICOLO DA PARTE DI UN GIORNALE CHE DOVREBBE PREVALENTEMENTE PARLARE D'ECONOMIA POLITICA MA CHE SPESSO FA ALTRO.

DA - IL SOLE 24 ORE

Industria, nel segno della stagnazione

Il primo trimestre di quest'anno si chiude con un bilancio deludente: l'incertezza della guerra e le tensioni geopolitiche allontanano la ripresa. I nuovi indici Istat confermano, in particolare, il quadro recessivo del biennio 2001-2002.di Michele De Gaspari

Anche nei primi tre mesi del 2003 l'industria italiana ha continuato a non dare segni di ripresa. I dati a consuntivo o provvisoriamente stimati sulla produzione manifatturiera tra gennaio e marzo mostrano un livello di attività pressoché piatto ormai dall'estate del 2001, caratterizzato da limitate oscillazioni dell'indice destagionalizzato intorno a quota 97-98. L'Istat, nel frattempo, ha fornito la nuova serie degli indici della produzione industriale con base 2000=100. La conseguente revisione dei dati degli ultimi tre anni non ha, però, intaccato il profilo complessivamente stagnante della più recente fase ciclica. E' risultato, in particolare, meno pronunciato il calo medio del 2002 (-1,4% il dato grezzo, a fronte del -2,1% stimato con il vecchio indice).
L'andamento sempre fiacco dell'attività produttiva in Italia non è, del resto, un'anomalia: esso è in linea con la tendenza registrata in gran parte dell'
Europa a cominciare dalla Germania e dalla Francia. E non si vedono, inoltre, segnali di una prossima inversione del ciclo per l'industria manifatturiera che continua a manifestare una diffusa debolezza. Pesano, infatti, le incertezze della guerra e le tensioni nella situazione geopolitica internazionale; le speranze di ripresa sono, pertanto, rinviate a non prima della fine del 2003.
A tutt'oggi le imprese scontano una serie di segnali contraddittori nei principali indicatori qualitativi, come risulta dalle
inchieste Isae condotte negli ultimi mesi presso il consueto ampio campione di aziende del settore manifatturiero. L'andamento del clima di fiducia, le aspettative per gli ordini e la produzione alimentano i dubbi sui tempi e l'intensità della ripresa, così che le imprese sono indotte a rinviare gli investimenti e i consumatori fanno altrettanto con le decisioni di acquisto più impegnative, com'è il caso dei beni durevoli (auto e apparecchi domestici).

Ristagno ciclico e prospettive a breve
Tra i grandi settori industriali, in particolare, prevale una fase di sostanziale ristagno ciclico: essi, in altre parole, non peggiorano, ma nemmeno si riprendono. L'
industria metalmeccanica per esempio, ha messo in evidenza un declino più accentuato di quello dell'industria nel suo complesso. Il calo produttivo è stato rilevante e ha interessato, soprattutto, gli autoveicoli, l'elettrotecnica ed elettronica, a causa sia della caduta della domanda interna di beni strumentali (come macchine, attrezzature e mezzi di trasporto), sia della crisi delle esportazioni per quanto concerne il mercato estero.
La diffusa
stagnazione settoriale è confermata, poi, dall'andamento del portafoglio ordini, che continua a mostrare un saldo negativo, senza tuttavia peggiorare. Le previsioni di produzione, a loro volta, si mantengono stabili sui bassi livelli in precedenza toccati. I segnali positivi, peraltro intermittenti, che vengono dal clima di fiducia delle imprese devono essere considerati con cautela, dal momento che si registrano anche preoccupazioni sulle tendenze dell'economia in generale. Se c'è un maggiore ottimismo riguardo alla produzione, esso è tuttavia contrastato dalla prevalenza dei giudizi sfavorevoli sulla situazione degli ordinativi che affluiscono alle aziende.
Le prospettive per i prossimi mesi non segnalano inversioni di tendenza in atto: il 2003 dovrebbe, quindi, essere caratterizzato nella gran parte del periodo da una sostanziale stabilità dell'attività produttiva. Gli indici anticipatori elaborati dall'
Isae - che riguardano, rispettivamente, l'attività economica in generale (il Pil) e la produzione industriale - appaiono orientati verso un profilo di complessiva stagnazione, che potrebbe subire una correzione di rotta in positivo, qualora vengano superati i fattori d'incertezza e la conseguente instabilità del quadro internazionale.

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CHI HA PROVATO A SEGUIRE LA GUERRA IN PRIMA LINEA CI HA LASCIATO LA VITA.... IL GIORNALISMO SERIO E' SEMPRE OLTRE OGNI LIMITE UMANO.

DA - L'UNITA'

Due giornalisti uccisi, un inglese e un australiano. Reporter inglesi dispersi
di red

Un giornalista australiano è rimasto ucciso nell’esplosione di un’autobomba nella zona curda dell’Iraq e nove persone, tra cui almeno un altro reporter, sono rimaste ferite. Tragico bilancio dell’ attentato a un posto di controllo all'ingresso del villaggio di Khormal. Secondo quanto riferito da colleghi e testimoni oculari, sono morti anche tre combattenti curdi. Segno che anche tra i combattenti potrebbero esserci numerose vittime.

L'attacco è avvenuto nella roccaforte del gruppo islamico Komala Islami Kurdistan (Società islamica del Kurdistan), bersaglio, come il gruppo estremista Ansar al Islam, dell'attacco sferrato all'alba dalle forze americane. Secondo i testimoni, i giornalisti erano in attesa di entrare nel villaggio quando un taxi si è affiancato alla loro auto. L'autista è sceso ed è corso via; pochi secondi dopo la macchina è esplosa. La Bbc, invece, riferisce che si è trattato di un attacco suicida e che il guidatore è morto nella deflagrazione.

Non è chiaro perché Khormal sia entrata nel mirino degli Stati Uniti. La settimana scorsa, il segretario di Stato americano Colin Powell aveva identificato Khormal come sede di un impianto di produzione di armi chimiche di Ansar al Islam, ma fonti curde aveva smentito categoricamente.

La televisione satellitare del Qatar al Jazeera ha riferito che uno dei componenti delle troupe televisiva britannica Itn è morto mentre tre componenti di una sua troupe risultano dispersi dopo che sono stati attaccati mentre si dirigevano in auto verso Bassora, nell'Iraq meridionale, zona in cui si è concentrata l’operazione "stupore e terrore".

I due autoveicoli su cui viaggiavano i giornalisti sono finiti in mezzo al fuoco incrociato della Fanteria britannica e dell'esercito iracheno sulla strada che collega Umm Qasr a Bassora, all'altezza dell'abitato di Iman Anas. Al momento dell'attacco nella zona, stando alla Itn, la società che gestisce la Itv, c'erano truppe irachene e forze alleate.

Oltre alla troupe britannica sulle auto attaccate erano presenti due colleghi francesi, un traduttore libanese e un fotoreporter di nazionalità sconosciuta. Stando alla ricostruzione della Kuna, un altro operatore, il francese Daniel Demoustier, che viaggiava su un'altra macchina, è stato ferito, ma è riuscito a tornare in Kuwait, dove ha dato l'allarme ed è stato soccorso. Non è stato in grado, tuttavia, di dire cosa sia successo ai componenti della troupe dell'Itv.

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L'AMERICA CONTINUA A CONTESTARE - ANCHE SE I SONDAGGI DANNO BUSH NUOVAMENTE AL 70 PER CENTO... DOVE INIZIA LA PROPAGANDA ?

VISTO LE IMMAGINI C'E' DA NON CREDERCI MA CONOSCENDO GLI AMERICANI - SI !

DA - L'UNITA'

L'America in piazza grida: Guerra no!
di Roberto Rezzo

Al terzo giorno di guerra, la protesta è esplosa per le strade di New York, dove sabato centinaia di migliaia di persone sono state protagoniste della più grande manifestazione per la pace che si sia vista in America dall’inizio della crisi irachena. «Il movimento pacifista non si arrende, bisogna fermare questo conflitto il più presto possibile», ha dichiarato Leslie Cagan di United for Peace, il gruppo che insieme a Answer ha organizzato la marcia nel centro di Manhattan. Una manifestazione autorizzata, ma nonostante la responsabilità dimostrata dagli organizzatori, la polizia è riuscita a provocare incidenti, inseguendo per strada chiunque tentasse di abbandonare il percorso stabilito. Alla fine, dieci arresti.

«Purtroppo insieme a chi protesta c’è chi vuole creare problemi, chi fa di tutto per farsi arrestare», ha dichiarato il sindaco Michael Bloomberg, ma le telecamere della Cnn fanno giustizia delle cariche di polizia contro inermi gruppi di dimostranti, rei di svoltare l’angolo.

L’appuntamento era fra la 30ma Strada e Broadway Avenue per mezzogiorno, ma i dimostranti sono iniziati ad arrivare di buon mattino, chi dal New Jersey, chi dal Connecticut, chi dai quartieri periferici della città. Dalle fermate della metropolitana escono le famiglie della middle-class partite da Long Island e i portoricani del Bronx. A bordo della linea D, resa famosa da una canzone di Jennifer Lopez, si è accolti da un «Come on babe, let’s go downtown»; i ragazzi ispanici hanno indosso i distintivi contro la guerra nel Golfo e quelli per far sloggiare la base americana dall’isola di Vieques.

Quando il corteo muove in direzione di Washington Park, gli slogan gridano rabbia contro l’amministrazione Bush, che ha trascinato gli Stati Uniti in un conflitto che viola lo statuto delle Nazioni Unite e che isola l’America dal resto del mondo. «Non in nostro nome», recita lo striscione dei familiari delle vittime dell’11 settembre. «Non sono contro la patria, non sono contro l’America, mio figlio era un vigile del fuoco e ha dato la vita per questo paese – spiega una madre mentre stringe la foto del figlio morto sotto il crollo delle Torri Gemelle – Sono contro la guerra e sono stufa di tutte queste bugie». Contro il cielo azzurro si alzano mani imbrattate di vernice rossa come il sangue e i cartelli dicono: «Bush terrorista», «No a un massacro per il petrolio».

Tra i manifestanti c’è la poetessa rock Patty Smith e il rapper musulmano Mos Def, che produce una rassegna di poeti metropolitani in cartellone in questi giorni a Broadway. Ci sono il leader afroamericani, il reverendo Jessie Jackson e il reverendo Al Sharpton, e i veterani di guerra. «Siamo solidali con le nostre truppe – dice il deputato democratico Charles Rangel, che ha combattuto nel Vietnam – i soldati non decidono la politica estera, eseguono gli ordini. Non sono solidale con questo presidente che imbroglia le carte in tavola e che manda i nostri ragazzi allo sbaraglio». Poche ore prima in televisione ha parlato in lacrime Michael Waters-Bey, il padre di un dei quattro marines morti in un incidente che ha fatto precipitare un elicottero nel mezzo del deserto: «Bush mi ha portato via il mio unico figlio, odio questa guerra». Sfilano i leader dei gruppi religiosi: «facciamo vedere che siamo capaci di dimostrare pace e amore, questo sarebbe il vero stupore per il mondo»; «Faccio il prete da trent’anni e non ho mai incontrato il dio della guerra preventiva».

New York scopre con orgoglio di essere la città americana più apertamente schierata contro la guerra: i sondaggi indicano che il 55 per cento della popolazione disapprova la politica di Bush nel Golfo e tra la minoranza afro americana l’opposizione sale al 72 percento.

La protesta continua anche a San Francisco, a Los Angeles, a Washington a Boston, ovunque per gli Stati Uniti il popolo della pace è deciso a tenere testa alla propaganda della Casa Bianca e dei network televisivi, a controbattere le false ragioni di un conflitto che sta facendo strage di una popolazione innocente che non ha mai chiesto di essere liberata a suon di bombe dalla superpotenza americana. La protesta in California continua con iniziative di disobbedienza civile e boicottaggio delle attività economiche, e il bilancio delle persone che si sono fatte arrestare dalla polizia supera un paio di migliaia.

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PER NON DIMENTICARE - ANCHE IN QUESTO CASINO DELLA GUERRA ... PER NON DIMENTICARE

DA - L'UNITA'

In tremila per l'addio a Davide. La madre al corteo per la pace: ragazzi, no alla violenza
di red

Un commosso abbraccio fra i genitori di Carlo Giuliani e quelli di Davide Cesare, il giovane ucciso domenica a Milano da tre neofascisti a Milano. Così è iniziata la Giornata di lutto cittadino contro la violenza, proclamata dal sindaco di Rozzano, Maria Rosa Malinverno in occasione dei funerali di Davide, il giovane dei centri sociali ucciso a coltellate da tre estremisti di destra in un'aggressione domenica scorsa a Milano .

In tremila si sono dati appuntamento in via Guido Rossa 27 a Rozzano, dove abitano i genitori di Davide Cesare e da dove è partito il corteo funebre che ha raggiunto il cimitero della città.

Tra loro Vittorio Agnoletto, il leader del Social Forum, Mario Capanna, Giuliano Pisapia e Giovanni Pesce, ex Comandante Gap e Medaglia d'Oro per la Resistenza.
Ma soprattutto ragazzi arrivati dai centri sociali di tutt'Italia, oltre ai militanti di tutti i centri sociali milanesi Leoncavallo compreso: c'erano gli appartenenti all'area antagonista di Pisa (Newroz), di Firenze (Cpa), di Bergamo (Pacì Paciana), di Livorno (centro sociale Godzilla) e le Brigate autonome di Livorno, Brescia e Taranto.

Molte le bandiere della pace, ma tante soprattutto quelle rosse, che hanno accompagnato il corteo. E sul prato davanti a casa di Davide, un grande striscione: 'Rozzano non dimentica, Dax vive".

Don Gennaro, parroco di Rozzano, pur in un funerale non religioso, ha dato l'ultimo saluto a Davide. Prima di formare il corteo funebre, però, Claudio, il più
piccolo della famiglia, ha ricordato il fratello «che sorrideva sempre» e che «avrà sempre un posto in Paradiso, anche se lui non ci credeva». La famiglia Cesare ha ascoltato anche le parole degli amici più cari di Dax che hanno ricordato la sua
vita: dalla breve militanza di destra («un ambiente che aveva solo sfiorato perchè lui era troppo diverso da loro: aveva un gran cuore»), ai quattro anni passati a Ghedi, nel bresciano, dove aveva vissuto con Guendi e con la loro figlia, per poi
tornare a Milano «a lottare ovunque ci fosse un debole che soffre».

Sul piccolo palco allestito davanti alla sua ex scuola, l'Itc Custodi («Non finì gli studi - ricorda un suo professore - ma quando l'ho rivisto qualche mese fa capii che aveva fatto comunque la sua strada»), prende la parola anche Giuliano Giuliani: «Salutiamo un altro figlio e siamo qui per dire no a questa violenza terribile, a questo fascismo che rialza la testa. Il ricordo di Carlo, di Davide e di altri ragazzi che hanno perso la vita ci aiuterà a costruire un mondo migliore».

Poi il corteo, aperto da tanti striscioni che ricordano un ragazzo «ucciso perchè militante antifascista» e chiuso dalla Banda Bassotti che suona "Stalingrado" in versione ska, la musica che Davide amava. Assieme a loro, tantissime altre
persone, dai 15 profughi palestinesi arrivati da Betlemme per partecipare alla manifestazione per la pace, alla famiglia Pizzolante, una delle tante che ha rischiato di perdere la casa nel quartiere Stadera, tra Milano e Rozzano, e per le quali
Davide aveva combattuto assieme al "Comitato Stadera per la casa". Dietro la bara, poi coperta con fiori, una kefiah e una bandiera rossa, la famiglia Cesare e tante madri che hanno già pianto la morte dei loro figli: oltre a Rosa Cesare, Daniela
Tinelli madre di Fausto, Heidi Giuliani madre di Carlo.

Nel pomeriggio, cioè a poche ore di distanza dal funerale, Rosa Cesare, la madre di Davide, prende la parola sul palco allestito davanti al Duomo di Milano dove si conclude la manifestazione per la pace. «In questi giorni - dice - non sapevo mai se ce l'avrei fatta ad arrivare al giorno dopo, e se ce l'ho fatta è grazie all'affetto di tanti giovani, di tanti ragazzi dal cuore semplice che combattono la loro battaglia quotidiana e lo fanno con i loro valori, la loro ricchezza. Ma la ricchezza non è quella che dà il denaro e anche una città ricca come Milano è ricca solo per pochi».

«Ed è anche a quelle madri, che mi rivolgo lanciando un appello: confrontatevi con i vostri figli, non cedete al tranello della violenza». «Io stessa - ha concluso Rosa -
non capivo mio figlio quando tornava a casa stanco dal lavoro e usciva subito per andare ad aiutare quelli che hanno bisogno: non capivo il suo disagio». Quando gli interventi si concludono, suona la sirena che annuncia l'arrivo di un bombardamento, seguita da tre minuti di silenzio. Un silenzio per tutti i lutti di questo tempo, i morti della guerra, e anche per Davide, vittima di un fanatismo cieco e ancor più raccapricciante.

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BELLISSIMA INTERVISTA SUL CONCETTO DI DEMOCRAZIA

DA - L'UNITA'

"Con la forza, la democrazia è un'illusione"

GERICO La Cnn mostra le immagini della potenza militare Usa che si abbatte su Baghdad. «Chissà se ci faranno vedere un giorno le immagini di tutte le devastazioni prodotte da questa potenza nelle città irachene». La tragedia irachena vista attraverso gli occhi di uno dei dirigenti palestinesi di primo piano: Saeb Erekat, capo negoziatore e ministro dell'Anp. «Chi come noi palestinesi sa cosa vuol dire vivere con la costante minaccia di attacchi aerei, può comprendere al meglio l'angoscia e la paura che attanagliano in queste ore milioni di iracheni», dice Erekat ricevendoci nel suo ufficio di Gerico. In Israele è stato decretato lo stato di massima allerta per timore di attacchi da parte dell'Iraq. Chiediamo al ministro palestinese se anche nei Territori è scattato l'allarme: «Le autorità sanitarie -spiega- hanno approntato misure di emergenza nel limite delle nostre possibilità, che sono poche, visto che in questi anni di occupazione militare, Israele ha distrutto buona parte delle nostre infrastrutture medico-ospedaliere».


Dai bombardamenti a tappeto all'invasione terrestre. In Iraq è guerra totale. Con quali contraccolpi per il Medio Oriente?


«Le ricadute saranno devastanti, anche se la guerra dovesse essere, come sostengono gli americani, di breve durata. Di nuovo un Paese arabo attaccato, di nuovo l'illusione che l'uso della forza possa aprire la strada a chissà quale svolta democratica. E invece non è così, e a dimostrarlo è proprio il conflitto che da anni insanguina la Palestina. L'uso della forza ha prodotto e produrrà altra violenza, altro odio e nuovi bagni di sangue. E poi non è con la sua gigantesca macchina militare che Bush riuscirà a togliere dalla mente di milioni di arabi che gli Usa si siano macchiati dell'ennesimo crimine contro un Paese arabo».


Washington e Londra affermano di agire nella piena legalità internazionale contro un regime che questa legalità ha più volte gravemente disatteso.


«Coloro che sostengono questa tesi dovrebbero spiegare al mondo perché non hanno mai agito con un millesimo della stessa determinazione in Palestina, dove la legalità internazionale è calpestata quotidianamente da uno Stato, Israele, che rifiuta di rispettare risoluzioni Onu, votate all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza, e che viola sistematicamente Convenzioni internazionali sui diritti umani come quella di Ginevra. Ma la gravità dell'azione militare contro l'Iraq nasce anche da un'altra considerazione: Usa e Gran Bretagna hanno agito senza e contro l'Onu, svilendone così l'autorità. Hanno creato un precedente gravissimo. Ora ogni Stato potrà decidere di fare "giustizia" da solo quando ritiene di essere minacciato o che la "legalità internazionale" sia in pericolo. È la legge della giungla elevata a governo delle relazioni internazionali. Una legge che noi palestinesi conosciamo fin troppo bene».


Mentre avviano la resa di conti finale con Saddam, Bush e Blair rilanciano il «tracciato di pace» per una soluzione negoziale della crisi israelo-palestinese.


«La coincidenza temporale tra un atto di guerra e una ventilata disponibilità a lavorare per la pace, pone più di un interrogativo sulla reale volontà di Usa e Gran Bretagna. Interrogativi accresciuti dall'atteggiamento israeliano. Sharon ha già detto di voler apportare modifiche sostanziali al "tracciato di pace" del Quartetto (Usa, Russia, Ue, Onu, ndr.), modifiche per noi inaccettabili. E tra le pretese israeliane vi è anche quella di voler decidere chi dovrebbe rappresentare i palestinesi in una ipotetica trattativa».


Una decisione in tal senso è stata comunque presa dal Parlamento palestinese, con la nomina di Mahmud Abbas (Abu Mazen) a primo ministro. Siamo ad una svolta nella vita politica palestinese?


«La nomina di un primo ministro è parte di una Carta fondamentale che delinea i caratteri democratici del futuro Stato palestinese. Uno Stato fondato sul pluralismo politico e sull'equilibrio tra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. In questo senso la nomina di un premier, e la scelta di un dirigente capace come Abu Mazen rappresentano l'inizio di una svolta».


Senza Arafat?


«Con Arafat. È stato il presidente Arafat a indicare Abu Mazen come primo ministro, ed Arafat è presidente per libera scelta dei palestinesi. Non siamo e non saremo mai un popolo a sovranità politica limitata. Nessuno può imporci i nostri dirigenti. Al premier sono stati assegnati ampi poteri che Abu Mazen eserciterà, ma, piaccia o meno a Bush e Sharon, non contro il presidente Arafat».


Vorrei tornare all'Iraq. L'Anp sostiene Saddam Hussein?


«L'Anp sostiene il principio che nessun regime può essere imposto o abbattuto dall'esterno con l'uso della forza. La risoluzione 1441 parlava di disarmo da parte dell'Iraq, e progressi sostanziali in questo campo erano stati riferiti dagli ispettori Onu e registrati come tali dalla maggioranza dei Paesi membri del Consiglio di Sicurezza, ma la stessa risoluzione non faceva alcun riferimento all'abbattimento del regime iracheno. La diplomazia ha fallito perché si è voluto che fallisse».


Il presidente Bush è convinto che i soldati Usa saranno accolti da liberatori una volta entrati a Baghdad.


«Non stiamo girando un film dove il regista decide il lieto fine. Questa è una guerra reale, che provocherà distruzione e morte. E la prima vittima sarà, come sempre, la popolazione civile».

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E ANCHE PER QUESTA DOMENICA :

UN BACIO DA LUANA.... CHE LA PACE TORNI IL PIU' PRESTO POSSIBILE.