I doni di ursula

Di tutte le opere di Ursula Kreber Le Guin questo romanzo mi sembra il più crepuscolare. L’intuizione narrativa è di quelle che hanno reso famosa la scrittrice che si colloca tra le più celebri nel sovrapopolato novero dei cultori del genere fantasy. La storia racconta di persone dotate di doni speciali e particolari, di quelli che potrebbero facilmente appartenere all’epopea dei supereroi tanto cari alla fumettistica. Ma lontanissima dal genere comix e da quello che spesso viene rappresentato nelle sceneggiature cinematografiche e televisive, la Le Guin incentra tutto sulle qualità e le caratteristiche dei personaggi piuttosto che sul contesto narrativo. È insomma quel genere fantasy che riporta alla mente l’epopea di Artù, l’età dei draghi e la scienza dei druidi, ma con una attenzione narrativa incentrata sulle specifiche peculiarità dei personaggi, sulla loro personalità e sul loro carattere e che ne riconosce dimensioni extra terrestri ed extra umane. In questo contesto è facile cadere, o scadere, in quello che si chiama heroic-fantasy e che rimanda alla saga di Conan ed alle opere di Sprague le Camp, Howard e Burroughs.

Ma la celebrità della Le Guin sta proprio nel fatto che le sue trame ed i suoi personaggi sono ben lontani da questo genere di eroicità. Se, come accade, il protagonista è destinato ad uccidere un drago o a seguire gli insegnamenti di un saggio mago, antesignano di parecchi anni del mago Gandalf, tuttavia essi mantengono fortissimo il legame e l’appartenenza con la realtà tanto da essere, nella sostanza, persone ordinarie e normali. L’eroicità è rappresentata proprio dalla loro normalità ed è questa che permette loro di essere eroi.

Il concetto molto democratico e progressista della Le Guin è che l’eroe non è un essere superiore predestinato, ma un essere normale, adirittura insignificante ed ordinario, che diventa eroe nel momento che sceglie di esserlo e che, finito il periodo della eroicità (altro concetto Leguiniano che considera l’eroicità una carattersitica transitoria, momentanea ed indotta) torna ad essere, non più ordinario  ed insignificante, ma finalmente e certamente “normale”. Sembra che stia parlando della trama dell’introvabile La soglia, ma in realtà anche in questo suo I doni (collana Fantasy della Ed. Nord, 2006) il protagonista principale possiede le stesse caratteristiche. I doni appartengono a persone speciali.

Ogni dono, molto particolare, appartiene non solo a quella speciale persona, ma al suo clan. Per mantenere il dono ogni clan si imparenta solo con le proprie componenti e spesso tra i clan c’è una educata convivenza attraversata da una guardinga diffidenza oppure da una aperta ostilità che scoppia in scaramucce, imboscate e colpi di mano. Date le potenti caratteristiche del dono di ciascun clan, è difficile che i clan riescano a prevalere definitivamente gli uni sugli altri. Questo non prevalere non accadrebbe se il dono del protagonista non fosse il più potente di tutti e cioè quello che va ben oltre la patetica distruttività umana o la tremenda onnipotenza della natura e si esprime con la distruttività primordiale dell’antimateria: un mucchio informe e pre-caotico di materia informe. Consapevole e autore involontario di questo straordinario dono, il protagonista prende una serie di decisioni ed agisce di conseguenza. Ne esce fuori così un romanzo avvincente e ricchissimo di spunti dai quali mi auguro l’autrice possa continuare ad attingere ispirazione. Ma rispetto ad altre opere il ritmo è più cauto, più lento e talvolta faticoso.

In realtà il romanzo, attraverso alcuni ingredienti essenziali della fantasy, sembra occuparsi e preoccuparsi di tematiche più contemporanee: il difficile rapporto tra il padre ed il figlio che proprio attraverso e grazie al dono sviluppano in maniera complessa e profonda una relazione nella quale ognuno di loro vive la propria particolarità in maniera diversa. Se per il padre il dono è l’espressione responsabile e sofferta del potere, per il figlio diventa l’ostacolo terribile della propria appartenenza alla razza umana in generale ed al suo clan in particolare. In questo la sua crepuscolarità, quasi l’autrice voglia fare conti e chiarezza con il tempo che trascorre e scivola via. La potenzialità pericolosa e devastante dei doni rimanda alla delicata e difficile metafora delle relazioni tra i popoli e soprattutto dei loro governanti, detentori delle armi di sterminio di massa. I doni dei clan equivalgono ad altrettante armi micidiali di fronte alle quali è possibile una vasta gamma di scelte. Quella indicata dall’autrice ripercorre il solco tradizionale delle sue tematiche basate sull’intelligenza dell’aver cura e sulla predilezione di genere di questa intelligenza: femminsimo e pacifismo quindi.

Non a caso, anche in questo romanzo in cui i protagonisti sembrano essere solo maschili, non a caso dietro di essi la paziente, discreta ed attenta presenza delle donne.

Sitografie essenziali:

 

l’immancabile wikipedia

http://it.wikipedia.org/wiki/Ursula_K._Le_Guin

 

sito ufficiale di uklg

http://www.ursulakleguin.com/

 

un sito specializzato

http://www.fantasymagazine.it/libri/6332/

 

di silvio cinque